tag:blogger.com,1999:blog-66976386927280562912024-02-18T21:25:35.791-08:00FANTASYfantasia , crazy ,funny ,Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.comBlogger637125tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-74661881169558747672017-11-20T12:39:00.002-08:002017-11-20T12:39:15.613-08:00AMOR SACRO E AMOR PROFANO.<br />
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“Amor sacro e Amor profano” è il titolo che abitualmente si da ad uno dei capolavori di Tiziano, gemma della Galleria Borghese. Il quadro è un’opera di estrema altezza e affascina con il segreto del suo significato, con l’incertezza della committenza e dell’occasione di realizzazione.<br />
La tela parte di un lotto di dipinti venduto dal cardinal Sfondrato a Scipione nel 1608. Lo stemma sulla fronte del sarcofago ha permesso di legare l'opera alle nozze tra il veneziano Nicolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, e Laura Bagarotto, figlia di un giurista padovano, celebrate nel 1514. La donna seduta indossa in effetti tutti gli ornamenti abituali di una sposa: l'abito candido con una manica rossa e l’altra bianca, i guanti, la cintura e la corona di mirto, simboli di amore coniugale. Il bacile sul bordo della fontana, parte integrante del corredo perché utilizzato dopo il parto, e la coppia di conigli sullo sfondo, sono invece augurio di unione feconda. Ispirato agli ideali della dottrina neoplatonica, il soggetto è tra i più studiati della storia dell'arte e presuppone molteplici livelli di lettura.<br />
<br />
Il quadro è abitualmente datato al 1515 in un momento in cui lo stile dell’artista è caratterizzato dalla perfetta fusione del colore e della figura umana con il paesaggio circostante. Il dipinto è stato liberato da vecchie vernici giallastre che ne offuscavano l’equilibrio cromatico e che lo rendevano quasi monocromo. Le zone più colpite erano soprattutto quelle della vegetazione eseguite con verdi a base di rame che si presentavano molto scure. Durante il restauro è stato possibile evidenziare dati interessanti relativi la tecnica pittorica di Tiziano in età giovanile. Essa consisteva essenzialmente nell’abbozzare con un disegno a carboncino le figure o gli elementi essenziali della scena utilizzando poi il colore steso per aree. Sono inoltre emersi i pentimenti dell’artista che si concentrano soprattutto sulla donna di sinistra. Dall’analisi stratigrafica è emerso che la veste era stata originariamente eseguita in rosso e solo in un secondo momento è stata ricoperta di grigio portando così dei sostanziali cambiamenti al significato del dipinto. Altri pentimenti riguardano la probabile presenza di un’altra figura femminile seduta e di una più ricca vegetazione costituita da fiori e foglie di vario genere.<br />
<br />
Alcuni hanno ipotizzato che il Tiziano si sia ispirato al paesaggio della Val Lapisina, presso Serravalle, per alcuni anni residenza del pittore: così il castello di sinistra corrisponderebbe alla torre di San Floriano e lo specchio d'acqua al lago Morto. Altri ipotizzano essere un paesaggio delle colline Asolane e il castello di sinistra è la Rocca Asolana.<br />
<br />
Il titolo con cui l'opera è nota non è che uno di quelli arbitariamente attribuiti dai curatori degli inventari e cataloghi della Borghese, in particolare nel 1792 e nel 1833. Esso allude a una lettura in chiave moralistica.<br />
<br />
Altri titoli susseguitisi nel tempo sono stati Beltà disornata e beltà ornata (1613), Tre Amori (1650), Amor profano e Amor divino (1693), Donna divina e donna profana (1700). Anche in epoca moderna le ipotesi per decifrare il soggetto sono state molteplici. Wickoff (1895) pensò a Venere che persuade Medea come negli Argonauti di Valerio Flacco; Gerstfeld credette di riconoscere nella donna a sinistra Violante, la figlia di Palma il Vecchio sulla scorta di un suo presunto ritratto a Vienna; Amore celeste e amore umano per Wind.<br />
<br />
Il titolo tradizionale, per quanto errato, continua però ad esercitare fascino e ad essere usato, poiché mette bene in evidenza l'armonico dualismo che è alla base dell'incanto del dipinto.<br />
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<br />
Un'interpretazione che a lungo ha attirato gli studiosi è stata quella legata al Sogno di Polifilo di Francesco Colonna, pubblicazione di grande successo nella letteratura colta dell'epoca. Hourtiq, Panofski e Saxl pensarono che le due donne fossero Polia e Venere dal suddetto racconto, mentre concordi, anche se più vaghi nel riconoscere specifici personaggi, furono Clerici (1918), Friedländer (1938), Wischnitzer-Bernstein (1943), Della Pergola (1955) e Mayer (1939), il quale ipotizzò che il tema fosse stato suggerito dal Bembo. La decorazione della fontana mostra infatti simboli di morte e vita, con figure che sono state lette a destra come Venere che si punge un piede nel soccorrere Adone aggredito da Marte (scena derivata dal Sogno di Polifilo), mentre a sinistra come il ratto di Proserpina.<br />
<br />
In questo senso la donna vestita potrebbe essere la stessa Polia, eroina del romanzo, o Proserpina.<br />
<br />
Un altro fiorente filone interpretativo è legato alle dottrine dell'Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino, soprattutto riguardo alla contrapposizione tra la Venere terrena e la Venere celeste.<br />
<br />
La figura della donna nuda è di solito spiegata come Venere Celeste, cioè immagine della bellezza universale e spirituale, che solleva un braciere acceso, variamente leggibile come simbolo di carità, di conoscenza o di illuminazione spirituale. Al contrario dell'interpretazione moralistica che ispirò i curatori seicenteschi della galleria, da cui deriva il titolo tradizionale dell'opera, essa non è una donna scollacciata, dedita all'amore carnale, ma è un ideale di bellezza classico, simbolo di semplicità e purezza, infatti ha come sfondo un paesaggio aperto, immerso nella luce (esempio di paesaggio moralizzato).<br />
<br />
La donna vestita invece, per contrapposizione, sarebbe la Venere Terrena, simbolo degli impulsi umani e della forza generatrice della Natura, che è posta su uno sfondo ombroso. La posizione di Eros, al centro delle due, sarebbe quindi il punto di mediazione tra aspirazioni spirituali e carnali, tra il cielo e la terra.<br />
<br />
Anche lo sfondo contribuisce a esprimere i diversi concetti legati alle allegorie: a sinistra, dietro all'Amor profano, si nota un paesaggio montuoso, con un sentiero in salita percorso da un cavaliere diretto al castello, leggibile come metafora di un percorso da compiere per giungere alla virtù, che si conquista con fatiche e rinunce o, alternativamente, come allusione al carattere "secolare" e "civile" dell'Amor profano; a destra il paesaggio è pianeggiante, disteso, punteggiato da greggi al pascolo che evocano le utopie bucoliche e in lontananza si scorge una chiesa, legandosi alla sfera religiosa e spirituale. Cantelupe si applicò poi a un esauriente esame iconologico elencando la molteplicità di spunti cristiani e pagani.<br />
<br />
L'opera sarebbe così l'unica di Tiziano interpretabile in chiave neoplatonica, corrente caratteristica dell'ambiente toscano, cui si contrapponeva l'aristotelismo tipico di Venezia.<br />
<br />
In realtà, con l'identificazione del committente e delle circostanze della creazione del dipinto, supportate da inoppugnabili prove documentarie (Rona Goffen, 1993), il campo delle interpretazioni si è oggi ristretto ai temi matrimoniali, superando in un certo senso il fiume di inchiostro versato sulle letture legate alla letteratura amorosa e alla filosofia dell'epoca.<br />
<br />
Interrompendo o per lo meno restringendo l'ormai secolare serie delle interpretazioni allegoriche, l'interpretazione che oggi va per la maggiore è legata al tema nuziale e alla celebrazione dell'amore. Le due fanciulle infatti, tanto simili da sembrare gemelle, sarebbero un'allusione alle due facce del matrimonio, una di "sessualità" (voluptas), legata alla sfera privata, e una di "castità" (pudicitia), legata alla sfera pubblica e al decoro della sposa. Queste due facce sono legate indissolubilmente, come le acque che il putto mescola al centro.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-59410645241767960582017-10-01T09:50:00.002-07:002017-10-01T09:50:22.794-07:00ABRACADABRA.<br />
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<br />
Abracadabra viene considerata la parola universalmente più adottata fra quelle pronunciate senza traduzione nelle singole lingue. Ci sono varie ipotesi circa l'origine del termine:<br />
<br />
Una proveniente dall'aramaico Avrah KaDabra che significa Io creerò come parlo.<br />
Altre proveniente dall'ebraico ha-berakah daberah ossia pronunciare la benedizione o da Abreq ad habra con significato di invia la tua folgore fino alla morte.<br />
Essa è ora comunemente utilizzata dai prestigiatori come parola magica durante i loro spettacoli d'illusionismo. Nell'antichità, comunque, la parola fu considerata molto più seriamente come un incantesimo da utilizzare come maledizione contro febbri ed infiammazioni. La prima testimonianza conosciuta si trova nel Liber medicinalis di Quintus Serenus Sammonicus (III secolo d.C.), medico presso l'imperatore romano Caracalla, il quale prescrisse che il paziente malato indossasse un amuleto contenente la parola scritta in forma di un triangolo capovolto:<br />
<br />
A B R A C A D A B R A<br />
A B R A C A D A B R<br />
A B R A C A D A B<br />
A B R A C A D A<br />
A B R A C A D<br />
A B R A C A<br />
A B R A C<br />
A B R A<br />
A B R<br />
A B<br />
A<br />
Questo, egli spiegava, avrebbe diminuito il potere dello spirito della malattia sul paziente. Altri imperatori, fra cui Geta e Alessandro Severo, furono seguaci degli insegnamenti medici di Serenus Sammonicus ed utilizzarono l'incantesimo. Molto in voga ed utilizzata per tutto il Medioevo a scopo magico-rituale.<br />
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<br />
<br />
Carlo Levi, nel suo libro di maggior successo Cristo si è fermato a Eboli, autobiografico, in qualità di medico riferisce di aver notato spesso il triangolo dell'Abracadabra rivolto verso l'alto e portato come ciondolo in metallo o come foglietto scaramantico dai contadini della Lucania.<br />
<br />
Altri studiosi pensano che l'idea della diminuzione del potere dei demoni fosse comune nel mondo antico e che Abracadabra fosse semplicemente il nome di uno di questi demoni.<br />
<br />
Alcuni pensano alle parole ebraiche ab ("padre"), ben ("figlio"), e ruach hacadosch ("spirito santo").<br />
<br />
Alcuni hanno ipotizzato che il termine derivi dall'arabo Abra Kadabra, che significa 'fa che le cose siano distrutte', che in questo caso è riferito alla malattia, oppure dall'aramaico abhadda kedhabhra, col significato di 'sparisci come questa parola'. Piuttosto che essere utilizzata come maledizione, si crede che la frase in lingua aramaica fosse utilizzata come un mezzo per la cura delle malattie.<br />
<br />
Si è pensato anche che la parola possa derivare da Abraxas, una parola gnostica per indicare il nome del Dio increato (origine dei 365 cieli, apparentemente le lettere greche per Abraxas ammontano a 365 se decifrate secondo la numerologia).<br />
<br />
Insomma, è una parola misteriosa e, una volta, aveva anche una funzione magica. Era adottata da Quinto Sereno Sammonico, medico romano del III secolo, in alcuni passaggi del suo Liber Medicinalis. Forniva ricette per la guarigione, pozioni e farmaci. Per essere efficaci dovevano essere accompagnati da alcune parole, e "Abracadabra" era una di queste. Già allora si era persa contezza del suo significato. Per le febbri malariche il rimedio proposto da Sammonico era uno solo: coprirsi con un papiro con su scritta la parola Abracadabra in forma piramidale. Più o meno così:<br />
<br />
È un rimedio che, nei tempi, si è ripresentato più e più volte. Perfino nella Londra del 1600, di fronte alla peste, gli abitanti, disperati, appendevano questo talismano fuori dalle proprie porte, sperando che tenesse lontano i cattivi spiriti (cioè la malattia). Inutile dire che, con ogni probabilità non funzionava. Né ai tempi di Sammonico né in quelli successivi. Anche per questo “Abracadabra”, col tempo, ha perso popolarità ed è rimasta confinata nel repertorio degli illusionisti.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-8664608905767895882017-08-28T09:34:00.001-07:002017-08-28T09:37:26.924-07:00IL SENTIERO DELLA FIDUCIA.<br />
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" data-original-height="575" data-original-width="767" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikJkgJ3DIH43hZoxImK6FlNe8M7q87VVa5C7WKwGFmKmqwvFf02snt0c0-dTjfJixnmocyFMuKYYiuaI8m7uC1o5mKssHkIjydwwCSqRkAeI3hnBZQkVpqomsyoP4zNqagjN9J4IMwttM/s400/skywalk.jpg" width="400" /></a></div>
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Il Sentiero della Fiducia (Walk of Faith) è un cammino da brivido, lungo 60 metri e si trova in Cina nel Parco Nazionale attorno al monte Tianmen.<br />
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Una passeggiata da record quella nel parco naturale di Wansheng, a Chongqing, in Cina. I visitatori, al massimo trenta persone per volta, incamminandosi attraversano un'opera entrata nel Guinness dei primati: con i suoi 70 metri di lunghezza, la passerella trasparente, che sorge a 123 metri di altezza, è il più lungo skywalk a sbalzo del mondo. A sostenere la struttura ci sono solo dei cavi dall'alto, mentre tutto il pavimento è completamente trasparente<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" data-original-height="564" data-original-width="990" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWZGmaOMTS3xffmPTQFTpGpYb3Fmn7LAgn0-CDiGWwn_fXKNoJyANi1hj1mB3cwosUWS-028UURq7ttI5q6n_-qEEFDEJF68jOlhfvF6Umwhol0exJjmou1eo0tUw8MMoDVFm1DpKZ3pc/s400/skywalkkk.jpg" width="400" /></a></div>
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<br />
Il panorama è mozzafiato e l’adrenalina (ma anche il divertimento) è destinato a salire quando la montagna viene avvolta dalle nuvole. Unica condizione per poter salire sulla piattaforma: le pattine. Infatti, ai turisti che si mettono in coda per la passeggiata, viene chiesto di indossare dei copriscarpa, per aiutare a tenere pulita (e non graffiare) la superficie.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-6019593834381507692017-08-06T01:39:00.000-07:002017-08-06T01:39:02.912-07:00LA MADONNA DEI NODI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />
<br />
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<i>« Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria l’ha sciolto con la sua fede »</i></div>
<div style="text-align: center;">
<i>(Sant'Ireneo di Lione, Adversus Haereses III, 22, 4)</i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
Maria che scioglie i nodi (Virgen Maria Knotenlöserin) è un dipinto a olio su tela realizzato intorno al 1700 dal pittore tedesco Johann Georg Melchior Schmidtner e conservato ad Augusta; da esso ha avuto origine una grande devozione mariana.<br />
<br />
Il dipinto, in stile veneziano con influenza barocca, di cm 182 x 110, fu realizzato dall'artista nella chiesa di St. Peter am Perlach, su commissione di Hieronymus Ambrosius Langenmantel, un nobile prelato e canonico dottore.<br />
<br />
In esso viene rappresentata Maria al centro, con al lato destro un angelo che le porge un filo pieno di nodi intrecciati e al lato sinistro un altro angelo che raccoglie il filo libero dai nodi che Maria ha sciolto. La Vergine è rappresentata con la luna ai suoi piedi (secondo la visione riportata al capitolo 12 dell'Apocalisse), mentre calpesta un serpente (rappresentazione del diavolo, secondo la profezia di Genesi 3,15).<br />
<br />
<br />
In basso al centro è rappresentata la scena biblica di Tobia: il giovane israelita, in viaggio per raggiungere colei che diventerà la propria sposa, è guidato dall'arcangelo Raffaele e accompagnato dal proprio cane, simbolo della fedeltà di Dio. Sul capo, Maria ha una corona di dodici stelle, simbolo di trionfo e di vittoria. Il numero dodici è tradizionalmente ricco di simboli: essendo il prodotto di tre (la Trinità) per quattro (l'umanità), indica la perfetta unione tra umano e divino. Nel mondo ebraico dodici rappresentava la pienezza: dodici sono le tribù d'Israele, dodici gli apostoli scelti da Gesù. La corona richiama anche il capitolo 12 dell'Apocalisse, in cui si presenta la visione della lotta tra la donna il drago. Il manto azzurro di Maria rappresenta la trascendenza, la vita divina, Maria "piena di grazia". Il colore rosso, tratto dalla terra, indica la dimensione umana. La tunica rossa della Madonna vuole indicare, quindi, la sua totale sottomissione alla volontà del Padre che ha reso possibile l'Incarnazione del Figlio. Gli angeli sono servitori di Dio e custodi del cammino dell'uomo (Esodo 23, 20-22). A destra si vede un angelo che porge a Maria un nastro con nodi di tutti i tipi. Con il suo sguardo ci vuole dire di non dubitare anche se i nodi sono molti e difficili. All'altro lato, il sinistro, tra la luce della misericordia e della salvezza divina, un altro angelo riceve un nastro che scivola liscio tra le sue mani: ciò significa che la preghiera del fedele è stata ascoltata e che il nodo è stato sciolto per intercessione di Maria. La tradizione racconta che il nonno del canonico committente avesse attraversato una crisi coniugale e fosse riuscito a superarla pregando la Vergine Maria: questo spiegherebbe la presenza sulla tela del riferimento biblico a Tobia.<br />
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<br />
<br />
<br />
Il nobile Wolfgang Langenmantel, si era sposato con Sophie Imhoff nel 1612, e successivamente a seguito di una crisi matrimoniale era in procinto di divorziare.<br />
Lo stesso Wolfgang si recò dal prete gesuita Jakob Rem, nel monastero ed università di Ingolstadt, che si trova a circa settanta chilometri al nord di Augsburgo.<br />
<br />
Dopo avere visitato il monastero in quattro diverse occasioni, in un lasso di tempo di 28 giorni, si consultò col venerabile sacerdote Gesuita Jakob Rem SJ, il quale grazie alla sua esperienza, pietà ed, intelligenza, ebbe una Illuminazione Mariana, durante il quale il sacerdote lusingò la Vergine Maria col titolo di "Tre Volte Ammirabile" (Mater Ter Admirabilis).<br />
<br />
Nei giorni seguenti il nobile Wolfgang Langenmantel, grazie alla preghiera recitata alla Vergine Maria in compagnia dello stesso prete gesuita ottenne dei cambiamenti. Infatti la sua situazione familiare cambiò.<br />
Come corollario, essendo l’ultimo sabato del mese, il giorno 28 Settembre del 1615, il prete gesuita Jakob Rem stava pregando di fronte all’immagine della Vergine Maria Nostra Signora della Neve che si trovava nella cappella del Monastero, e durante il rituale di azione solenne, sollevando il nastro matrimoniale si sciolsero tutti i nodi facendolo diventare liscio, e il bianco nastro produsse una lucentezza tanto intensa che la tavolozza di nessun pittore poteva mai riprodurre. Con questo gesto, la coppia evitò il divorzio e il matrimonio continuò.<br />
<br />
E’ importante sottolineare che il nastro era messo dalle monache come simbolo di un nodo invisibile che avrebbe unito gli sposi per tutta la loro vita, durante il rito di unione delle loro braccia durante la cerimonia del matrimonio.<br />
In commemorazione dell'arrivo dell'anno 1700, Hieronymus, il figlio del nobile Wolfgang Langenmantel, e suo nipote, decisero di donare come ringraziamento, un altare di famiglia come era abitudine in San Pietro in Perlach.<br />
La pala d’altare fu dedicata alla Beata Vergine del Buon Consiglio e vi è contenuta la storia della loro famiglia.<br />
<br />
Il pittore, Johann Melchior Georg Schmittdner, la rappresenta come la Vergine Maria, "che scioglie i nodi dalla cintura della vita coniugale" col nobile Wolfgang camminando preoccupato verso il Monastero, accompagnato dall'Arcangelo Raffaele.<br />
Dello studio dell'iconografia risulta chiaramente che non esiste nessun elemento riferito alla tradizione scritta nella Genesi, "il nodo che legò Eva, Maria lo slegò".<br />
<br />
A causa dell'incertezza della sua vera origine, a questa opera gli sia stato attribuito un altro significato. In questa opera, Maria è considerata come Santa donna, aiuto e consigliera delle famiglie, come Avvocata, Ausiliatrice, di fronte a Gesù Cristo.<br />
<br />
Papa Francesco, quando era giovane prete gesuita durante i suoi studi di teologia in Germania, vide questa raffigurazione della Vergine, rimanendone profondamente colpito. Tornato in patria, si è impegnato a diffonderne il culto a Buenos Aires e per tutta l'Argentina.<br />
<br />
Il culto è ora presente in tutta l'America del Sud, in particolare in Brasile.<br />
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<br />
<br />
L’immagine mariana della Madonna di Guadalupe rappresenta un eccezionale testimonianza catechetica, che permette anche agli indigeni più umili di comprendere l’essenza del mistero cristiano dell’incarnazione. La Madonna infatti vi appare con la pelle leggermente scura e sembianze meticce: indossa una tunica color rosa che porta disegnati dei motivi floreali simili l’un l’altro tranne uno, posto al centro del ventre. Quel simbolico fiore diverso dagli altri è un’immagine che richiama, nella tradizione indigena, la divinità. Inoltre indossa una cinta tipicamente utilizzata dalle donne in gravidanza. Gli indigeni che la guardano capiscono immediatamente che si tratta di una donna che sta portando in grembo Dio.<br />
<br />
Secondo il racconto tradizionale, espresso in náhuatl nel testo conosciuto come Nican Mopohua, Juan Diego avrebbe visto per la prima volta la Madonna la mattina del 9 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac vicino a Città del Messico. Ella gli avrebbe chiesto di far erigere un tempio in suo onore ai piedi del colle: Juan Diego corse a riferire il fatto al vescovo Juan de Zumarrága, ma questi non gli credette. La sera, ripassando sul colle, Juan Diego avrebbe visto per la seconda volta Maria, che gli avrebbe ordinato di tornare dal vescovo l'indomani. Il vescovo lo ascoltò di nuovo e gli chiese un segno che provasse la veridicità del suo racconto.<br />
<br />
Juan Diego tornò quindi sul Tepeyac dove avrebbe visto per la terza volta Maria, la quale gli avrebbe promesso un segno per l'indomani. Il giorno dopo, però, Juan Diego non poté recarsi sul luogo delle apparizioni in quanto dovette assistere un suo zio, gravemente malato. La mattina dopo, 12 dicembre, lo zio appariva moribondo e Juan Diego uscì in cerca di un sacerdote che lo confessasse. Ma Maria gli sarebbe apparsa ugualmente, per la quarta e ultima volta, lungo la strada: gli avrebbe detto che suo zio era già guarito e lo avrebbe invitato a salire di nuovo sul colle a cogliere dei fiori. Qui Juan Diego trovò il segno promesso: dei bellissimi fiori di Castiglia, sbocciati fuori stagione in una desolata pietraia. Egli ne raccolse un mazzo nel proprio mantello e andò a portarli al vescovo.<br />
<br />
Di fronte al vescovo e ad altre sette persone presenti, Juan Diego aprì il mantello per mostrare i fiori: ed ecco, all'istante sulla tilma si sarebbe impressa e resa manifesta alla vista di tutti l'immagine della S. Vergine Maria. Di fronte a tale presunto prodigio, il vescovo cadde in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagnò il presule al Tepeyac, per indicargli il luogo in cui la Madonna avrebbe chiesto Le fosse innalzato un tempio e l'immagine venne subito collocata nella cattedrale.<br />
<br />
A causa della sua origine miracolosa, l'immagine della Madonna di Guadalupe è oggetto di devozione paragonabile a quella rivolta alla Sindone. La sua fama si sparse rapidamente anche al di fuori del Messico: nel 1571 l'ammiraglio genovese Gianandrea Doria ne possedeva una copia, dono del re Filippo II di Spagna, che portò con sé sulla propria nave nella battaglia di Lepanto. Negli anni venti del XX secolo i Cristeros, cattolici messicani che si erano ribellati al governo anticlericale, portavano in battaglia l'immagine della Virgen morenita sulle proprie bandiere.<br />
<br />
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<br />
<br />
Il mantello è del tipo chiamato tilma: si tratta di due teli di ayate (fibra d'agave) cuciti insieme. L'immagine di Maria è di grandezza lievemente inferiore al naturale, alta 143 cm. Le sue fattezze sono quelle di una giovane meticcia: la carnagione è scura. Maria è circondata dai raggi del sole e ha la luna sotto i piedi; porta sull'addome un nastro di colore viola annodato sul davanti che, tra gli aztechi, indicava lo stato di gravidanza; sotto la luna vi è un angelo dalle ali colorate di bianco, rosso e verde (i colori dell'attuale bandiera messicana), che sorregge la Vergine.<br />
<br />
La figura ha caratteristiche particolari che la ricollegano alle divinità della religione azteca. Il mantello verde e blu che indossa la Madonna era anche un simbolo della divinità chiamata Ometeotl. La Luna è un simbolo ricorrente nelle raffigurazioni mariane e pagane, quasi sempre associato alle divinità femminili. Elemento non trascurabile è il luogo dell'apparizione, ovvero la collina di Tepeyac, sulla quale sorgeva un tempio dedicato ad una dea locale, la cui pianta sacra era proprio l'agave associata all'apparizione mariana.<br />
<br />
Alcuni autori, che hanno eseguito degli studi scientifici sul mantello, sostengono che effettivamente l'immagine non sarebbe dipinta, ma acheropita (non realizzata da mano umana); essa presenterebbe inoltre caratteristiche particolari difficili da spiegare naturalmente. Altri autori sostengono il contrario.<br />
<br />
Il telo (in fibra di agave) è di immagine grossolana: gli spazi vuoti presenti tra l'ordito e la trama sono così numerosi che ci si può guardare attraverso.<br />
Nonostante in Messico il clima (caratterizzato da un'atmosfera ricca di salnitro) causi il rapido deterioramento dei tessuti (specialmente di quelli in fibra vegetale), la tilma invece si è conservata pressoché intatta per circa cinquecento anni.<br />
L'immagine non ha alcun tipo di fondo, tanto che si può guardare da parte a parte del telo (questo è un elemento a sostegno dell'ipotesi che si tratti di un'immagine acheropita). Già nel 1666 la tilma fu esaminata da un gruppo di pittori e di medici per osservarne la composizione: essi asserirono che era impossibile che l'immagine, così nitida, fosse stata dipinta sulla tela senza alcuna preparazione di fondo, e inoltre che nei 135 anni trascorsi dall'apparizione, nell'ambiente caldo e umido in cui era conservata, essa avrebbe dovuto distruggersi. Nel 1788, per provare sperimentalmente questo fatto, venne eseguita una copia sullo stesso tipo di tessuto: esposta sull'altare del santuario, già dopo soli otto anni era rovinata. Al contrario l'immagine originale, a distanza di quasi 500 anni, è ancora sostanzialmente intatta.<br />
La tecnica usata per realizzare l'immagine è un mistero: alcune parti sono affrescate, altre sembrano a guazzo altre ancora (certe zone del cielo) sembrano fatte a olio (elemento a sostegno dell'ipotesi che si tratti di un'immagine acheropita).<br />
Gli Aztechi dipingevano i volti in modo elementare usando la prospettiva frontale o quella di profilo. La figura presente sulla tilma è, invece, rappresentata con la prospettiva di un volto leggermente piegato in avanti e visto di tre quarti. La realizzazione dell'immagine (se fosse stata realizzata da mano umana) richiede capacità superiori a quelle esistenti all'epoca in Messico; parimenti, nessun artista occidentale era attivo nella regione in quegli anni (elemento a sostegno dell'ipotesi dell'origine acheropita dell'immagine).<br />
I caratteri somatici della donna raffigurata sono quelli tipici di una persona di sangue misto, meticcia. L'immagine risale a pochi anni dopo la conquista del Messico, quando il tipo meticcio era assolutamente minoritario. La Madonna del Guadalupe prefigura un tipo di popolazione che diverrà maggioritario sono dopo alcune generazioni. Rimane un mistero come il presunto autore abbia raffigurato in forma così perfetta un soggetto allora così poco diffuso (elemento a sostegno dell'ipotesi dell'origine acheropita dell'immagine).<br />
La disposizione delle stelle sul manto azzurro che copre la Vergine non sembra casuale ma rispecchierebbe l'area del cielo che era possibile vedere da Città del Messico durante il solstizio d'inverno. Se ne accorsero per primi gli astronomi messicani dell'epoca.<br />
Particolarità singolari presenti e riscontrate sugli occhi dell'immagine sono assolutamente inspiegabili se si ritiene che l'immagine sia stata realizzata da mano umana.<br />
<br />
Nel 1791 si rovescia accidentalmente acido muriatico sul lato superiore destro della tela. In un lasso di 30 giorni, senza nessun trattamento, si sarebbe ricostituito miracolosamente il tessuto danneggiato.<br />
Nel 1936 il chimico Richard Kuhn esaminò due fibre di colore diverso prelevate dal mantello: analizzate, non mostrarono la presenza di alcun pigmento.<br />
Nel 1979 Philip Serna Callahan scattò una serie di fotografie all'infrarosso. L'esame di queste foto rivelò che, mentre alcune parti dell'immagine erano dipinte (potrebbero essere state aggiunte in un secondo momento), la figura di Maria era impressa direttamente sulle fibre del tessuto; solo le dita delle mani apparivano ritoccate per ridurne la lunghezza.<br />
Nel 1951 il fotografo José Carlos Salinas Chávez dichiarò che in entrambe le pupille di Maria, fortemente ingrandite, si vedeva riflessa la testa di Juan Diego. Nel 1977 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann analizzò al computer le fotografie ingrandite 2500 volte e affermò che si vedono ben cinque figure: Juan Diego nell'atto di aprire il proprio mantello, il vescovo Juan de Zumárraga, due altri uomini (uno dei quali sarebbe quello originariamente identificato come Juan Diego) e una donna. Al centro delle pupille si vedrebbe inoltre un'altra scena, più piccola, anche questa con diversi personaggi. Nella puntata di Voyager del 12 ottobre 2009, viene detto che i personaggi fino a quel momento trovati sono 13.<br />
<br />
Elaborazioni fotografiche ottenute con tecnica di ripresa ai raggi infrarossi evidenziano alcuni ritocchi successivi e rendono lecita l'ipotesi che l'autore abbia realizzato il contorno della figura a mo' di schizzo, per poi colorarla.<br />
Nel 1556, nel corso di un esame del mantello, fu affermato che l'effigie fosse stata dipinta dal “pittore indiano Marcos” (che alcuni studi riconducono a Marcos Cipac d'Aquino, un artista azteco dell'epoca) l'anno prima.<br />
Nel 1982 José Sol Rosales esaminò il tessuto al microscopio e affermò che la colorazione dell'immagine è dovuta ad alcuni pigmenti già disponibili e utilizzati nel XVI secolo.<br />
Le caratteristiche dell'immagine rispecchiano gli schemi dell'arte figurativa spagnola del XVI secolo, avente come oggetto le rappresentazioni mariane; la tradizione su Juan Diego invece, secondo alcuni studi, risalirebbe al secolo successivo.<br />
L'esistenza stessa di Juan Diego è stata decisamente messa in dubbio, anche da importanti esponenti cattolici, nel periodo del processo di canonizzazione di Juan Diego, come ad esempio da Guillermo Schulemburg Prado, membro della Pontificia Accademia Mariana e primo amministratore (per trent'anni) della basilica di Guadalupe; dall'ex nunzio apostolico messicano, Girolamo Prigione; dall'arcivescovo polacco Edward Nowak, segretario della Congregazione per le Cause dei Santi ("sull'esistenza di questo Santo si sono sempre avuti forti dubbi. Non abbiamo documenti probatori ma solo indizi. Nessuna prova presa singolarmente dimostra che Juan Diego sia esistito", in un'intervista al quotidiano Il Tempo).<br />
L'immagine che si vede nelle pupille ha una risoluzione troppo bassa per poter affermare con certezza che vi si vedano i personaggi che alcuni affermano di riconoscere. Gli scettici liquidano questa affermazione come un caso di pareidolia, la tipica tendenza umana a ricondurre a forme note degli oggetti o dei profili dalla forma casuale.<br />
<br />
Alfonso Marcué, fotografo ufficiale dell'antica Basilica di Guadalupe di Città del Messico, ha scoperto nel 1929 quella che sembrava l'immagine di un uomo barbuto riflessa nell'occhio destro della Madonna. Nel 1951 il disegnatore José Carlos Salinas Chávez ha scoperto la stessa immagine mentre osservava con una lente d'ingrandimento una fotografia della Madonna di Guadalupe. L'ha vista riflessa anche nell'occhio sinistro, nello stesso posto in cui si sarebbe proiettato un occhio vivo.<br />
<br />
Nel 1956 il medico messicano Javier Torroella Bueno ha redatto il primo rapporto medico sugli occhi della cosiddetta Virgen Morena. Il risultato: come in qualsiasi occhio vivo si compivano le leggi Purkinje-Samson, ovvero c'è un triplice riflesso degli oggetti localizzati davanti agli occhi della Madonna e le immagini si distorcono per la forma curva delle sue cornee.<br />
<br />
Nello stesso anno, l'oftalmologo Rafael Torija Lavoignet ha esaminato gli occhi della Santa Immagine e ha confermato l'esistenza nei due occhi della Vergine della figura descritta dal disegnatore Salinas Chávez.<br />
<br />
Dal 1979, il dottore in sistemi computazionali e laureato in Ingegneria Civile José Aste Tönsmann ha scoperto il mistero racchiuso dagli occhi della Guadalupana. Mediante il processo di digitalizzazione di immagini per computer, ha descritto il riflesso di 13 personaggi negli occhi della Virgen Morena, in base alle leggi di Purkinje-Samson.<br />
<br />
Il piccolissimo diametro delle cornee (di 7 e 8 millimetri) fa escludere la possibilità di disegnare le figure negli occhi, se si tiene conto del materiale grezzo sul quale è immortalata l'immagine.<br />
<br />
Il risultato di 20 anni di attento studio degli occhi della Madonna di Guadalupe è stata la scoperta di 13 figure minuscole, afferma il dottor José Aste Tönsmann.<br />
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<br />
<br />
La gorgia è uno dei fenomeni di variazione allofonica più indagati dell’italiano e, nel corso degli anni, non ha mancato di suscitare anche l’interesse di stranieri. Le prime attestazioni tra le fonti documentarie risalgono al periodo rinascimentale. Molti hanno nel tempo cercato di spiegare, con argomentazioni spesso molto distanti, l’origine di questo processo.<br />
<br />
Le ricerche mostrano eterogeneità teorica e metodologica; è tuttavia possibile identificare un trattamento classico (sostratista o antisostratista), un trattamento sincronico e sociolinguistico, e infine un trattamento fonetico a orientamento acustico. I vari studi, in cui è ravvisabile una certa sequenzialità cronologica, differiscono non solo per impostazione metodologica ma soprattutto per le conclusioni interpretative cui pervengono. Un primo filone di studi, definito sostratista, a partire dal XIX secolo ha intravisto nella gorgia toscana l’azione determinante, o comunque tendenziale, del sostrato etrusco, lingua prelatina in cui vigeva l’opposizione grafica, e probabilmente fonologica, tra occlusive sorde non aspirate /p/, /t/ e /k/ e, rispettivamente, occlusive sorde aspirate /ph/, /th/ e /kh/ (cfr., tra tutti, Merlo 1927). La presenza in etrusco di suoni aspirati, insieme a una certa coincidenza geografica tra l’odierna Toscana e l’antica Etruria, sono soltanto alcuni degli argomenti considerati dai sostenitori dell’azione etrusca.<br />
<br />
La tesi sostratista è stata in seguito fortemente ridimensionata (posizione antisostratista) e dagli anni Settanta del XX secolo definitivamente rigettata come non scientifica. Gli antisostratisti, tra i quali è opportuno citare almeno Rohlfs (1966: § 196) e Izzo (1972), confutano tutte le prove sostratiche, poiché fondate su presupposizioni non dimostrabili e non sostenute da considerazioni linguistiche di portata generale.<br />
<br />
Successive sono le ricerche condotte in ambito dialettologico e sociolinguistico, le quali, in prospettiva sincronica, sostengono l’ipotesi, oggi la più accreditata, che la gorgia sia un fenomeno romanzo originatosi all’interno del volgare toscano nel basso medioevo. Secondo questo filone di studi (cfr. Giannelli 1983; Cravens 1983), la ricostruzione del toscano antico può essere avviata solo a partire dalle attuali condizioni fonetiche rilevabili sul territorio. L’interpretazione della gorgia, più che ancorata all’interferenza sostratica, si colloca così nel dominio dei fenomeni di variabilità linguistica e di bilinguismo.<br />
<br />
Più precisamente, la gorgia riguarda le consonanti occlusive sorde (scempie) /k/ /t/ e /p/, che passano a fricative (o, più precisamente, approssimanti) in posizione postvocalica (e in assenza di raddoppiamento sintagmatico). Molti usano ancora il termine spirantizzazione.<br />
<br />
La gorgia è un fenomeno fonetico diffuso nei dialetti toscani (noto anche come spirantizzazione o aspirazione toscana). È un processo di indebolimento che coinvolge le consonanti occlusive scempie determinando la perdita della fase di occlusione, motivo per cui le consonanti interessate sono pronunciate fricative o spesso approssimanti.<br />
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<br />
<br />
La gorgia è soggetta a varie restrizioni. La prima è di natura sillabica: l’occlusiva che subisce spirantizzazione deve obbligatoriamente occupare la posizione di attacco sillabico. Il processo infatti si attiva solo in posizione postvocalica: è questo il motivo per cui non si ha spirantizzazione in posizione iniziale assoluta, dopo pausa né in posizione post-consonantica. L’occlusiva può essere invece seguita da una vocale, da una consonante liquida o da un legamento. In tali situazioni contestuali, la gorgia si manifesta tanto in corpo di parola quanto al confine di parola.<br />
<br />
L’incidenza del fenomeno è proporzionale al grado di posteriorità dell’occlusiva; in termini percentuali la gorgia è più presente nelle occlusive velari /k/ e /g/ e progressivamente minore in quelle dentali /t/ e /d/ e infine in quelle bilabiali /p/ e /b/. Nei segmenti velari, in primis /k/, l’indebolimento può raggiungere il suo stadio più estremo, causando la cancellazione del suono, ad es., amico = a'mio.<br />
<br />
La realizzazione della gorgia è regolare tra le occlusive sorde, mentre è variabile tra le sonore. Anche per /b/, /d/ e /g/ vige, comunque, il condizionamento operato dal luogo di articolazione: in contesto postvocalico, la presenza di una fricativa sonora o di un’approssimante è molto più frequente per /g/, meno per /d/ e /b/, le quali mostrano un comportamento oscillante. In modo parallelo, la spirantizzazione coinvolge anche le affricate /?/ e /?/ che per questo sono realizzate /?/ e /?/: ad es., facile='fa?ile, fragile =fra?ile.<br />
<br />
A dispetto della sua denominazione, la gorgia non è presente in pari misura su tutto il territorio toscano, ma ha una distribuzione variabile. Il centro di irradiazione del fenomeno si identifica con il toscano centrale, corrispondente alle province di Firenze, Pistoia e Siena; in quest’area il processo è anche denominato spirantizzazione fiorentina.<br />
<br />
Nei territori marginali, rappresentati dal toscano meridionale e orientale, dalla Garfagnana e dall’isola d’Elba, la gorgia ha distribuzione instabile, sebbene in progressiva espansione, come provano le indagini condotte nei centri di Bibbiena e di Cortona. Precisamente, nella Toscana meridionale (provincia di Grosseto) la spirantizzazione coinvolge prevalentemente /k/ e /t/, mentre al confine con il Lazio si ha per lo più la lenizione, un processo che riduce la forza articolatoria dell’occlusiva, determinando segmenti variamente sonorizzati. Nel lucchese e nel pisano-livornese (toscano nord-occidentale), l’occlusiva più coinvolta è /k/. Infine, nella fascia orientale (provincia di Arezzo), zona di transizione, le occlusive risultano caratterizzate da processi di lenizione e di sonorizzazione, sul modello umbro-laziale.<br />
<br />
Sebbene il toscano centrale possa legittimamente considerarsi l’area in cui la gorgia trova la sua manifestazione massima, il processo non può essere postulato come regola obbligatoria, poiché è socialmente molto oscillante.<br />
<br />
La realizzazione della gorgia varia secondo lo stile e il ritmo di elocuzione; il processo è più marcato negli stili meno controllati e veloci, anche tra parlanti della stessa area geografica. Non a caso la produzione di allofoni deboli, ovvero segmenti aperti e rilassati, come le approssimanti, è favorita da un contesto verbale poco sorvegliato. Il processo è comunque presente anche nei registri formali o tra le classi sociali più elevate. La pronuncia spirantizzata non è associata a giudizi negativi e non dà luogo a forme di stigmatizzazione sociale.<br />
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<br />
<br />
Le lattine possono trasmettere malattie dal momento che dei germi si sviluppano sulla superficie esterna delle lattine, che non è sterile. E questa è un’eventualità che può riguardare qualsiasi contenitore alimentare, dalle bottiglie, al tetrapak, fino alle posate e ai bicchieri. Perché virus e batteri patogeni diventino un pericolo per la salute è però necessario che i “contenitori” siano conservati male. Solo in condizioni igieniche precarie (ad esempio lattine esposte alle intemperie o magazzini sporchi), infatti, si può correre il rischio che si contaminino”.<br />
<br />
La contaminazione può fondamentalmente avvenire al momento della vendita delle lattine in negozi, bar e supermercati. Nelle prime fasi di trasporto e conservazione, infatti, le lattine sono avvolte nel cellophane e quindi è molto difficile che vengano a contatto con germi pericolosi. Il rischio cresce invece se prima della vendita le lattine sono conservate in luoghi polverosi o troppo umidi, e se vengono maneggiate con le mani sporche.<br />
<br />
In genere virus e batteri non sopravvivono nell’ambiente per più di 24-48 ore.<br />
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<br />
<br />
Per evitare brutte sorprese vale la pena prendere qualche semplice precauzione. Innanzitutto è utile lavare con acqua e detersivo la superficie della lattina (e in particolare la linguetta che va a diretto contatto con il contenuto) prima di consumarne il contenuto, sia che si beva direttamente dalla lattina, sia che si versi la bibita in un bicchiere. Inoltre, sciacquare bene il detersivo prima di bere, e se si è fuori casa non bisogna utilizzare le salviettine detergenti per pulire la lattina, altrimenti si rischia di bere il detersivo: vale piuttosto la pena chiedere aiuto al barista. Attenzione anche a come si conservano le lattine a casa: bisogna riporle al fresco e all’asciutto senza mai lasciarle al caldo o esposte alla polvere e alle intemperie. Se sono state conservate in condizioni non ideali è meglio buttarle indipendentemente dalla data di scadenza riportata sulla confezione.<br />
<br />
Se ci si accorge di aver acquistato una confezione sporca, è legittimo chiedere al gestore del punto vendita la sostituzione della merce. Quanto ai produttori, in diversi casi adottano un coperchietto di plastica sul tappo delle lattine; altre ditte ricoprono il set di 6 lattine con un film plastico per proteggerle da polvere e altri materiali. Questi sistemi, che incidono in misura minima sui costi, sono graditi dai clienti e rappresentano un metodo intelligente per venire incontro alle esigenze del consumatore. In altri Paesi, c’è chi propone un sistema per cui, aprendo la linguetta, sbuca una cannuccia telescopica.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-31777057648993241832017-04-20T09:33:00.002-07:002017-04-20T09:33:51.234-07:00FARMACI come DROGHE.<br />
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<br />
<br />
Il destrometorfano (conosciuto con la sigla DMX) è un principio attivo contenuto in alcuni farmaci per la cura del raffreddore ma se assunto in grandi quantità può condurre il paziente ad uno stato di euforia, diventare una sostanza quasi allucinogena. Assumere una grande quantità del prodotto può condurre a convulsioni, allucinazioni, perdita di controllo.<br />
<br />
Sniffare antidolorifici, sonniferi, analgesici, psicofarmaci, neuroelettici ed altri causa effetti simili ed a volte più forti delle droghe di strada.<br />
I farmaci a base di anfetamine tendono a “chiudere” la bocca dello stomaco. Se associati ad alcool e se viene il vomito, la persona può ritrovarsi con una specie di “tappo” sullo stomaco che impedirebbe allo stesso di fuoriuscire. Se finisce nei polmoni la persona muore.<br />
<br />
In alcuni dei principali paesi occidentali come USA e Canada, è diventato addirittura un fenomeno “comune”. Farmaci al posto delle droghe illegali, medicine al posto delle classiche droghe di strada. E la cosa riguarda grandi e piccini.<br />
<br />
Antidolorifici, analgesici oppioidi, che agendo sul sistema nervoso centrale, danno una sensazione di benessere diffusa ed oltre ad allontanare il dolore fisico finiscono, in qualche modo, per fugare anche eventuali dolori della mente o dell’animo.<br />
<br />
Un trip “a basso rischio” di appeal trasversale che ben si attaglia ai giovani delle fasce sociali più agiate che non vedono nella droga una forma di fuga dalla disperazione ma dal disagio esistenziale.<br />
<br />
Peccato che in realtà, il rischio non sia affatto basso, anzi, negli USA il numero delle visite al pronto soccorso dovute all’abuso di farmaci supera ormai di gran lunga quello delle visite dovute al consumo delle droghe illegali.<br />
<br />
Perché la ricerca dello sballo non sarebbe l’unico motivo per cui sempre più giovani si rivolgerebbero a questi antidolorifici. Tra le varie ragioni vi sarebbero anche quella di sciogliere l’ansia, dormire meglio, aumentare la concentrazione. Una sorta di medicina fai da te aiutata dal fatto che tutto sommato, procurarsi questi farmaci, non è affatto difficile. Nella maggior parte dei casi basta esplorare l’armadietto del bagno dei propri genitori che magari dopo essere andati dal medico di base per un semplice mal di schiena si sono visti prescrivere antidolorifici oppioidi.<br />
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<br />
<br />
"Gli adulti sono i primi utilizzatori di questi farmaci" spiega Joseph Califano, direttore del National Center on Addiction and Substance Abuse (CASA) della Columbia University. "Ma il problema è che li lasciano in giro per la casa diventando una sorta di pusher passivi".<br />
Complice una categoria medica dalla ricetta facile, in solo dieci anni, dal 1991 al 2010, il numero delle ricette di analgesici oppioidi sarebbe passato da 30 a 180 milioni, praticamente una confezione per abitazione. Per ottenerne una scatola, basta anche un semplice mal di denti. E i ragazzi lo sanno tanto è vero che secondo la Substance Abuse and Mental Health Services Administration a procurare il 70% degli antidolorifici utilizzati per motivi non medici, sarebbero proprio familiari e amici. Per non parlare di come sia semplice ottenerli tramite Internet o il mercato nero di strada.<br />
<br />
Diverse possibilità per un solo scopo, farsi di farmaci per sopravvivere all’adolescenza e non deludere gli amici. Già perché oggi il consumo di antidolorifici è diventato anche un rito di passaggio, dall’infanzia direttamente nell’età adulta. Un terzo dei ragazzi dichiara che proprio l’uso di questi farmaci certificherebbe l’ingresso nel mondo dei grandi, fatto di adulti molto dolenti che per lenire il male di vivere vanno avanti a ingoiando di caffè, alcolici e psicofarmaci.<br />
<br />
Per un adolescente, il rischio di diventare dipendente da farmaci di questo tipo è molto più alto che per un adulto. Non solo, "il cervello di un adolescente è ancora in via di sviluppo" spiega Ralph Lopez pediatra del Weill Medical College della Cornell University. "Droghe come Vicodin o Oxycontin possono facilmente comprometterne giudizi e valutazioni portandolo a sottovalutare pericoli e ad incorrere in comportamenti a rischio e quindi ad essere esposti ad incidenti, sesso non protetto e ad un maggior consumo di droghe".<br />
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<br />
<br />
Comprare case abbandonate potrebbe essere una nuova iniziativa per entrare in possesso di un’abitazione e comprare casa senza soldi da parte.<br />
<br />
Per farlo è necessario mettere insieme molti tasselli, come ad esempio: la struttura, i pendenti su di essa, i proprietari, i recapiti, il recupero, la ristrutturazione e cosi via dicendo. Fatto ciò se l’immobile abbandonato scelto si rivela interessante non si dovrà fare altro che procedere, continuare nelle pratiche e fare di tutto per compralo anche se non in vendita.<br />
<br />
La prima cosa da fare è cercare di rintracciare il proprietario della casa chiedere ad esso informazioni sull'immobile residenziale visto, analizzare le condizione e fare cosi una proposta di vendita. Nel caso l’immobile non sia di nessuno o il proprietario privato non fosse più disponibile (se durante la ricerca noterete che il titolare della casa è deceduto, dovrete recarvi all'ufficio anagrafe e controllare se è presente una dichiarazione di successione), la casa sarà molto probabilmente diventata proprietà dello Stato e per questo si dovrà chiedere maggiori info ad un apposito ufficio Statale. Nel caso invece fosse stata ceduta in successione sarà necessario parlare e conoscere l’erede della casa in questione, in quanto sarà lui il legittimo proprietario interessato o meno alla vendita.<br />
<br />
Comunque sia per fare tutto questo bisogna recarsi al catasto, consegnare numero civico, indirizzo della casa abbandonata ed attendere le indicazioni dell’impiegato addetto. Una volta svolto il colloquio ed aver consegnato al catasto tutte le informazioni possibili, essi provvederanno a fornirvi i dati di proprietà della casa indicandovi se esiste o meno un proprietario.<br />
<br />
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<br />
<br />
Quando le case abbandonate non hanno un erede e neanche dopo le varie ricerche si riesce a trovare un erede di sangue più prossimo; lo stabile in questione diventa proprietà dello Stato. Esso potrà decidere se metterlo all'asta per ricevere subito un compenso, al fine di ampliare le casse dello Stato; oppure tenerlo pronto per un futuro acquirente. Quando una casa abbandonata che ci piace e siamo intenzionati a comprare, diventa proprietà del Comune è obbligatorio rivolgersi al Consiglio Comunale. La valutazione del progetto immobiliare di restaurazione e acquisto verrà dunque presa in considerazione dal Comune del territorio. Esso provvederà dunque a stabilire le condizioni di compravendita, come se fosse un utente privato al 100% (questo avviene perché lo Stato in questo caso risulta registrato come proprietario; quindi agli occhi di tutti risulta un privato che vuole vendere una casa). Questa è un ottima cosa, perché essendo registrato “come privato” si possono iniziare le fasi di trattativa precedentemente descritte anche con il Comune o Stato indicato. L’unica cosa che potrà un pochino frenarvi, saranno i margini di prezzo e riuscita della trattativa, in quanto saranno meno ampi e più difficile da portare a termine.<br />
<br />
Durante la visita al Catasto sarà possibile prendere visione della particella riguardante la casa abbandonata; non ignoratela. La suddetta particella catastale (mappale catastale) nel nostro paese serve ad indicare il tipo di porzione immobiliare, il terreno, il fabbricato in questione e la proprietà della casa. Questo permetterà di capire se lo stabile abbandonato è dello Stato, di un privato o di una Società.<br />
<br />
Una volta entrati in possesso dell’indirizzo e numero civico, si potrà anche avere il numero mappale e il numero del foglio riguardante la particella. Il tipo mappale alla fine non è altro che un aggiornamento dell’atto del Catasto (terreni, immobili, ecc…) di natura semplicemente tecnica.<br />
<br />
Durante il controllo è opportuno fare una ricerca incrociata grazie ai registri immobiliari della conservatoria. Questo passaggio vi aiuterà ad evitare futili discordanze tra il nome del proprietario attualmente proprietario della casa e il nome presente sul catasto non più attivo.<br />
<br />
Per la dichiarazione di successione controllate effettivamente se il proprietario non c’è più e assicuratevi veramente che non ci siano eredi; perché altrimenti ci si dovrà rivolgere esclusivamente all'amministrazione pubblica. Infatti nel caso remoto il rustico abbandonato fosse dello Stato, la trattativa potrà essere fatta solo in comune.<br />
<br />
Se il rustico abbandonato o le case abbandonate invece facessero parte del demanio comunale o ci fosse anche solo il terreno in una prossimità non adeguata, non sarà in alcun modo possibile comprarlo.<br />
<br />
La maggior parte degli edifici residenziali è di proprietà di un privato, infatti ci sono pochi rari casi in cui un immobile in condizioni di abbandono appartenga allo Stato.<br />
<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-55965489050979097622017-03-23T09:28:00.002-07:002017-03-23T09:28:51.295-07:00VITA IMMAGINARIA.<br />
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<br />
<br />
Immaginare una vita diversa, dove si è protagonisti delle più strabilianti avventure, o anche solo di piccole soddisfazioni personali capita a tutti.<br />
Il sognatore spesso si perde nell’immaginare situazioni talmente coinvolgenti da perdere il senso dello scorrere del tempo, o dell’azione che sta compiendo. All’atto pratico, ciò può comportare distrazione, confusione e soprattutto il perpetrarsi della base intima del fenomeno del wandering, ciò il voler evitare sempre di più lo “scontro” con la realtà.<br />
Il sognatore vive vite parallele perfette e appaganti nella sua mente in maniera esponenziale a quanto teme la sofferenza, l’umiliazione nella realtà. Se nella vita vera prende le cose “alla lontana”, nella sua immaginazione spesso invece è il protagonista assoluto di grandi “scene madri”, che nella quotidianità non ha il coraggio di mettere in atto.<br />
<br />
La maggioranza delle persone inventano storie a contenuto romantico, si immaginano come sarebbero le loro vite con un altra persona con la quale non hanno nessun tipo di relazione sentimentale. Queste storie possono essere rappresentate da un semplice contenuto nato dall’immaginazione e senza nessuna trascendenza, caratteristico negli adolescenti, che molto spesso, di fronte alla mancanza d’esperienza in questo ambito ricreano le situazioni e le possibili risposte. In questo caso si tratterebbe di una forma di preparazione mentale di fronte al non conosciuto o semplicemente l’espressione del desiderio di intrattenere una relazione amorosa.<br />
<br />
Comunque, esiste anche ciò che viene definito il “delirio erotomaniaco”, nel quale la persona si innamora platonicamente. Colui che soffre di “delirio erotomaniaco” normalmente non cerca il contatto fisico neppure tenta di dichiarare il suo amore ma semplicemente interpreta tutti i segnali provenienti dall’altra persona come se fossero segni di interesse verso di lui quando non è così. Questo disturbo si riscontra negli anziani o in persone con problemi cognitivi o depressione.<br />
<br />
Anche le persone che soffrono di “schizofrenia paranoide” suolono inventarsi storie molto ben strutturate anche se il loro contenuto è relazionato con persecuzioni o delirio di grandezza, nelle culture dove ancora esiste il maschilismo i contenuti possono essere relazionati con storie di gelosia ed insicurezza. Per diagnosticare la “schizofrenia paranoide” è essenziale che il paziente non sia critico riguardo alla propria malattia, il fatto di preoccuparsi per le storie o riconoscere che sono il prodotto della nostra immaginazione esclude il disturbo psicotico.<br />
<br />
Le storie inesistenti possono essere considerate come un disturbo quando creano problemi alla persona che le immagina e provocano un deterioramento in alcune aree del comportamento come per esempio, il fatto di immaginare storie con un amante immaginario porta al punto in cui progressivamente la persona si svincola dalle relazioni sociali e dalla ricerca del partner reale. Inoltre, quando queste storie occupano buona parte del quotidiano.<br />
Nel caso in cui inventare storie arrivi ad essere patologico ma senza convertirsi in psicosi, le cause sono molteplici anche se le più comuni sono quelle in cui prevale una storia personale piena di paure, rigidezza ed isolamento sociale. Essenzialmente la persona intenta a supplire alle carenze e privazioni alla quale è stata sottoposta durante buona parte della sua vita. Sarebbe un meccanismo per evadere dalla realtà e costruirsi un mondo nel quale sentirsi a proprio agio.<br />
<br />
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<br />
<br />
In ogni modo, a volte inventarsi storie è sinonimo di una immaginazione fertile e può rappresentare un fenomeno perfettamente normale in persone equilibrate. Gli esseri umani sono capaci di unire l’immaginazione con la realtà e non sempre il risultato è negativo.<br />
<br />
La dissociazione in psicopatologia e in psichiatria è quel meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo: tale condizione si può ritrovare in molte reazioni psicologiche (ad esempio, davanti a situazioni traumatiche).<br />
<br />
Nel caso si cristallizzino, i processi dissociativi possono determinare specifiche sindromi psicopatologiche.<br />
<br />
Nonostante alcune riserve sull'opportunità di descrivere i disturbi dissociativi attraverso categorie descrittive o se preferire un approccio dimensionale, gli studi epidemiologici sinora svolti confermano una diffusione delle psicopatologie dissociative con percentuali che si attestano in un range compreso tra il 5 ed il 15% (Putnam, 2001).<br />
<br />
I criteri diagnostici per il DDI sono: presenza di due o più identità o stati di personalità distinte, ciascuna con i suoi modi relativamente costanti di percepire, relazionarsi, pensare nei confronti di sé stesso e dell'ambiente; almeno 2 o più di queste identità o stati di personalità assumono in modo ricorrente il controllo del comportamento della persona; incapacità di ricordare importanti nozioni personali non spiegabili con una banale tendenza alla dimenticanza; l'alterazione non è dovuta né agli effetti fisiologici diretti di una sostanza né a una condizione medica generale.<br />
<br />
Il DDI sembra rappresentare il precipitato di un fallimento nei processi di integrazione tra i vari aspetti della memoria, della coscienza e dell'identità associata a gravi traumi (Kluft, 2003). L'alternarsi dei diversi stati di personalità può essere causa di una confusione diagnostica per l'emergere di formazioni sintomatiche di discontinuità della coscienza comuni ad altre psicopatologie, oltre ad una vasta gamma di “sintomi secondari” (sintomi ansiosi, ossessivo-compulsivi, depressivi, fobici, di abuso di sostanze psicotrope, di disturbi del comportamento alimentare, di comportamenti antisociali etc.) su cui spesso i clinici si concentrano erroneamente (Steinberg, Schanll, 2001), giungendo inevitabilmente a diagnosi errate e improntando trattamenti che risultano inefficaci.<br />
<br />
Al fine di evitare tali confusioni diagnostiche, il clinico si può avvalere dell'ausilio di interviste strutturate, come ad esempio la Dissociative Disorders Interview Schedule (DDIS, Ross et al., 1989), la Structured Clinical Interview for DSM-IV Dissociative Disorders-Revised (SCID-D-R, Steinberg, 1994). Altri strumenti standardizzati disponibili per la valutazione del DD comprendono una scala di screening per la dissociazione patologica negli adulti, la Dissociative Experience Scale - DES (Bernstein e Putnam, 1986), cui fa da pendant una scala per i bambini dai 5 ai 12 anni, la Child Dissociative Checklist - CDC (Putnam et al., 1993).<br />
<br />
Il disturbo da depersonalizzazione fu concettualizzato per la prima volta nel DSM-II (APA, 1968) come nevrosi da depersonalizzazione, il Disturbo da Depersonalizzazione rappresenta un tipico disturbo dissociativo caratterizzato da sentimenti di estraneità da sé, che si accompagnano alla sensazione di guardarsi dall'esterno e ad un appiattimento emotivo.<br />
<br />
Diverse sono le forme attraverso cui si manifesta la sensazione di distacco da sé stessi (Steinberg, Schnall, 2001), tra le quali:<br />
<br />
l'esperienza di essere fuori dal corpo;<br />
la perdita di sensibilità di parti del corpo;<br />
una percezione distorta del corpo;<br />
la sensazione di essere invisibili;<br />
l'incapacità di riconoscersi allo specchio;<br />
un senso di distacco dalle proprie emozioni;<br />
la sensazione di guardare un film su sé stessi;<br />
il senso di irrealtà;<br />
la sensazione di essere scisso in una parte partecipante ed una osservante;<br />
la presenza di dialoghi interattivi con una persona immaginaria.<br />
In relazione alla gravità ed intensità con la quale si manifestano i sintomi elencati si può distinguere una depersonalizzazione lieve, particolarmente diffusa presso la popolazione generale, da una depersonalizzazione grave (Steinberg, Schnall, 2001).<br />
<br />
La depersonalizzazione lieve rappresenta una risposta transitoria, funzionale a contrastare intensi vissuti d'ansia in un situazione di stress o di pericolo di vita. Nelle condizioni gravi rappresenta invece una sindrome capace di procurare intensi stati di ansia e di angoscia legati proprio al deficit dell'integrazione delle emozioni traumatiche all'interno di un sistema associativo, tipico di un Sé stabile e coeso. È quanto avviene ad esempio in coloro che hanno subìto ripetuti abusi sessuali durante l'infanzia. Si è constatato che tra i pazienti psichiatrici la depersonalizzazione viene diagnosticata il più delle volte come sintomo associato con altri disturbi come la schizofrenia, il disturbo dissociativo d'identità, la depressione, i disturbi d'ansia, piuttosto che come disturbo puro (Gabbard, 1994).<br />
<br />
<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-25936646386416542612017-03-17T08:54:00.002-07:002017-03-17T08:54:40.248-07:00SFIDA ACCETTATA.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="156" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAETbOs9r_eQwsJwO8su0oe7CQ_sodvlZCuH_f54lkfUF1y6meo-gx0ED-SY9WSAYRJDW1wOTSmLyhcNU9mLob0pC8lYHQC05GKh5sd4ZuSQPiGdNSy2G61K6TFZhz3qgiHiQoor_msP0/s400/sfida.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
"Sfida accettata" è una catena di Sant'Antonio. Una volta postata l'immagine, bisognerebbe controllare chi mette 'mi piace' e, una volta incassato il like, inviargli il seguente messaggio: "Since you liked my picture, you now have to post a black & white picture of you and write Challenge Accepted. Let’s fill Facebook with black & white pictures to show our support for the battle against cancer. That is the challenge. When your friends like your post, you send them this message". Tradotto: "Siccome hai messo 'mi piace' alla mia foto, ora devi postare un'immagine in bianco e nero e scrivere 'Sfida accettata'. Riempiamo Facebook con foto in bianco e nero per mostrare la nostra lotta contro il cancro. Questa è la sfida. Quando i tuoi amici mettono 'mi piace' al post, inviagli questo messaggio".<br />
Nel messaggio non viene specificato da nessuna parte di mettere immagini personali. E, soprattutto, la conditio sine qua non è quella di postare foto in bianco e nero. Basta scorrere rapidamente Facebook per verificare come raramente la regola venga rispettata. Il narcisismo di molti utenti ha trasformato la catena, che probabilmente voleva sfruttare il contrasto del bianco e nero col coloratissimo mondo social attuale, in un'occasione di mostrare sè stessi. Magari con un pizzico di nostalgia (e voyeurismo). Quel che, invece, ha funzionato è l'attenzione sulla 'Challenge Accepted', con milioni di utenti che in questi giorni hanno cercato di capire l'origine del tormentone.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqH7T1t4fbl8bDBX_nThiUzzAnncN46dpg-TCcFTmmwbkESNePn0fbVAQYI83A7fOnTW2HPVdyjPtZVpEjHO6ivgvLROV_4vI8GMobaLnmdYgp_y1FcE81GclsDIIKHNKsB824PRYsNkA/s400/sfidaa.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
Molte foto affiorano dal passato per essere pubblicate e in molti casi si tratta di immagini scattate prima che il digitale segnasse per sempre le nostre vite.<br />
<br />
Il tam tam è nato diversi mesi fa per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla lotta contro il cancro, ma poi è diventato un inno al passato e alla nostalgia. <br />
<br />
L’iniziativa aveva subito preso piede in India, allargandosi al Regno Unito. Non tutti però hanno gradito: Rebecca Wilkinson, 36enne madre di due bambini a cui, nel 2013, è stato diagnosticato un cancro al seno, ha protestato: "Tutta questa campagna va contro quelli che hanno un tumore. Non li aiuta, non hanno bisogno di selfie. Qualcuno ha deciso di iniziare una campagna virale su Facebook che non serve a ottenere un bel niente. Stanno usando il cancro solo per il gusto di far diventare virale qualcosa. Fermatevi".<br />
<br />
La catena non è nuova per Facebook ed era partita già in agosto in Inghilterra per spronare le persone a fare prevenzione attraverso esami medici e corretta informazione circa la delicata malattia, ma l’iniziativa aveva già riscontrato ingenti critiche da parte delle pazienti oncologiche, prima tra tutte Deborah, donna di 41 anni, che in un lungo post pubblicato sul suo profilo scrisse:”Il Cancro non sono sfumature di grigio. Il grigio è sterile, arido, morto. Il Cancro ha tanti colori. Anche il colore della paura, ma ce l’ha! Perché il Cancro spiazza, fa paura, terrorizza. Sensibilizzare le persone alla lotta contro il Cancro, è farle pensare a cosa sia davvero”.<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div style="text-align: center;">
<a href="http://www.mundimago.org/" target="_blank">http://www.mundimago.org/ </a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.mundimago.org/" target="_blank"><img alt="http://www.mundimago.org/ " border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj55pcWCziGnxYLXp7OU8kk6xIf3Ij6nXKU6Iq4uvw9AvfqXtsQPLFY_4Xktr7GmKAvcYNcTV6HY4YLKTv4RkSj3_9jhLc5FYWmP2Pf0XT1jW-Acv190Z90cLwWkin-3rv2RKENSkK01nU4/s1600/tel_le_imago.jpg" width="187" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-90041546846706593372017-03-14T07:20:00.002-07:002017-03-14T07:20:53.379-07:00ABB..IONI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3DxTHAqniCv6gGc_VVNA6G1Zczy2SbmwE-NTbG5JHyErUqoB2-B6g85fEiosIN-TwVbzKfkg96LpJGw9WtzzS2NvQ8dgd88n4Wul3XdMommrkLNCeS0K9pb4M7ldSa8a4sC31l_z0nTc/s400/abb.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
qualcuno = qlc</div>
<div style="text-align: center;">
qualcosa = qls</div>
<div style="text-align: center;">
che = ke</div>
<div style="text-align: center;">
per = x</div>
<div style="text-align: center;">
per favore = pls (please) </div>
<div style="text-align: center;">
tu sei = tu6</div>
<div style="text-align: center;">
mi fai venire sonno = zzz </div>
<div style="text-align: center;">
buonanotte = hagn (have a good night) </div>
<div style="text-align: center;">
ti voglio tanto bene = tvtb</div>
<div style="text-align: center;">
ti amo tanto = tat</div>
<div style="text-align: center;">
amore a prima vista = lafs (love at first sight) </div>
<div style="text-align: center;">
flirtiamo? = fli? </div>
<div style="text-align: center;">
mi sono innamorato di te = msidt</div>
<div style="text-align: center;">
bacio = ba</div>
<div style="text-align: center;">
coccole = coc</div>
<div style="text-align: center;">
ti penso = tipe</div>
<div style="text-align: center;">
mi dispiace = midi</div>
<div style="text-align: center;">
non ti merito = ntm</div>
<div style="text-align: center;">
togliti dai piedi = tdp </div>
<div style="text-align: center;">
Amò = amore</div>
<div style="text-align: center;">
Ap = a presto</div>
<div style="text-align: center;">
Cmq = comunque</div>
<div style="text-align: center;">
Cvd = ci vediamo dopo</div>
<div style="text-align: center;">
Tvb = ti voglio bene</div>
<div style="text-align: center;">
Tvtb = ti voglio tanto bene</div>
<div style="text-align: center;">
Tvtbtt = ti voglio bene tanto tanto</div>
<div style="text-align: center;">
Tvtttb = ti voglio tanto tanto tanto bene</div>
<div style="text-align: center;">
X = per</div>
<div style="text-align: center;">
Xò = però</div>
<div style="text-align: center;">
Xchè = perchè</div>
<div style="text-align: center;">
Xkè = perchè</div>
<div style="text-align: center;">
Xso = perso</div>
<div style="text-align: center;">
Axitivo = aperitivo</div>
<div style="text-align: center;">
Nn = non</div>
<div style="text-align: center;">
Ke = che</div>
<div style="text-align: center;">
TaT = ti amo tanto</div>
<div style="text-align: center;">
Risp = rispondimi</div>
<div style="text-align: center;">
“xxx” = tanti baci</div>
<div style="text-align: center;">
Cel = cellulare</div>
<div style="text-align: center;">
Tel = telefono</div>
<div style="text-align: center;">
Dom = domani</div>
<div style="text-align: center;">
Dx = destra</div>
<div style="text-align: center;">
Sx = sinistra</div>
<div style="text-align: center;">
Nm = numero</div>
<div style="text-align: center;">
Se# = settimana</div>
<div style="text-align: center;">
Msg = messaggio</div>
<div style="text-align: center;">
x fv = per favore</div>
<div style="text-align: center;">
xdere = perdere</div>
<div style="text-align: center;">
-male = meno male</div>
<div style="text-align: center;">
disc = discoteca</div>
<div style="text-align: center;">
6 la + = sei la migliore</div>
<div style="text-align: center;">
6 Sxme = sei speciale per me</div>
<div style="text-align: center;">
t tel + trd = ti telefono + tardi</div>
<div style="text-align: center;">
Vng dp = vengo dopo</div>
<div style="text-align: center;">
TO = ti odio</div>
<div style="text-align: center;">
Ttp = torno tra un pò</div>
<div style="text-align: center;">
CVD = come volevasi dimostrare</div>
<div style="text-align: center;">
MMT+ = mi manci tantissimo</div>
<div style="text-align: center;">
Xh = per ora</div>
<div style="text-align: center;">
x = per</div>
<div style="text-align: center;">
+o- = più o meno</div>
<div style="text-align: center;">
x me = per me</div>
<div style="text-align: center;">
-male = meno male</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
La sostituzione del gruppo consonantico "ch" con la singola consonante "k" per l'occlusiva velare sorda, in sillabe come "che", "chi", o l'uso della consonante "c" in luogo della particella (pronome o avverbio) "ci" (come nel già visto nel caso di "c6").<br />
<br />
Un altro espediente brachilogico consiste nella troncatura di vocaboli lunghi mediante caduta di sillabe o foni terminali (apocope ed elisione): così, si avrà raga per ragazzi, prof per professore/professoressa, dmn/doma per domani, risp per risposta/rispondere, ecc., o la sostituzione di nomi e luoghi, conosciuti ai due parlanti, con le semplici iniziali. La comprensibilità del reale significato di simili abbreviazioni si affida in buona parte al contesto linguistico in cui esse sono calate ma, soprattutto, fa leva anche sull'intrinseca ridondanza di contenuti di cui è portatore ogni messaggio verbale, perfino quello estremamente conciso e prosciugato degli SMS.<br />
<br />
Nella resa delle voci del verbo avere inizianti per "h", si opta normalmente per la caduta della consonante iniziale: "ho"/"ha"/"hai", ad esempio, diventano "o"/"a"/"ai", con una grafia che, in altri contesti della comunicazione scritta, comporterebbe un'eclatante violazione delle regole dell'ortografia, tanto più grave, in questo caso, perché l'omissione della "h" iniziale stravolge la funzione grammaticale e logica del termine.<br />
<br />
Altro fenomeno è la tendenza a compendiare il testo omettendo alcune, o tutte, le vocali: "quanto" diventa "qnt", "grazie" diventa "grz", "prego" "prg". Si tratta di una sorta di "scrittura fonetica", resa più facile in lingue, come l'inglese, in cui vi è una maggiore incoerenza tra la prassi ortografica e la prassi fonetica (a differenza dell'italiano, in cui il rapporto tra segni e fonemi è più univoco).<br />
<br />
Le abbreviazioni nascono soprattutto a causa delle limitazioni dovute al costo degli sms.<br />
<br />
L’incredibile diffusione dei telefoni cellulari e dei messaggini ad uso degli utenti più giovani ha fatto nascere l’esigenza di creare abbreviazioni anche nella comunicazione cellulare.<br />
<br />
L'importanza del fenomeno ha stimolato una ricca serie di studi da parte di linguisti, studiosi della comunicazione, sociolinguisti, psicologici e altri specialisti. L'area linguistica francofona è stata la prima a beneficiare di uno studio organico e approfondito del fenomeno: infatti, al fine di poggiare tali studi su basi più solide, l'Università Cattolica di Lovanio ha lanciato l'iniziativa di volontariato «Faites don de vos SMS à la science ;-)», che ha permesso di mettere insieme 75.000 SMS, e dare il via a uno specifico studio scientifico, basato sulla costruzione di un corpus, il primo nel suo genere, e sulla sua sottoposizione ad analisi sistematica: dal corpus grezzo è stato estratto un corpus standardizzato e anonimizzato di 30.000 testi, pubblicati su CD-Rom insieme alla loro trascrizione in francese normalizzato.<br />
<br />
L'adozione di scritture tachigrafiche e brachilogiche degli SMS ripropone, in forma nuova, un fenomeno che esiste da molti secoli: sono note le abbreviazioni epigrafiche, che permettevano di ridurre la lunghezza dei testi incisi, riducendo la dimensione del supporto lapideo e il tempo necessario per la realizzazione dell'epigrafe. Analoghi vantaggi si avevano dall'uso di abbreviazioni nella faticosa scrittura su altri supporti, come le tavolette cerate dell'antichità. Nella scrittura su questi e altri supporti, è noto l'uso delle cosiddette notae tironianae, le scorciatoie tachigrafiche inventate da Marco Tullio Tirone, liberto e scriba di Cicerone.<br />
<br />
La scrittura abbreviata era già particolarmente presente nelle scritture medievali, quando simili espedienti di abbreviazione scribale, adottati dagli amanuensi degli scriptoria, erano resi necessari dal costo del supporto scrittorio: queste forme di scrittura compendiata comportano difficoltà nella lettura e nell'interpretazione dei manoscritti medievali, che possono essere superate attraverso la consultazione di appositi manuali redatti allo scopo.<br />
<br />
Il conseguimento di forme di economia nella comunicazione rappresenta, peraltro, un'esigenza interna e costante del linguaggio stesso: si manifesta, ad esempio, nell'accorciamento, rispetto al passato, della pronuncia delle parole inglesi.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhnW1vbl_fifs18hcuXZqLXFNJw800PgI2Ei7ika2mEJE6qfxDmsQKzVRbo2iRfA5tyrJVJ_MIdB8pZz10qLXp5baL63Fn3ZKwtL_bARwh7u6sFU6pox-jhIGkhiVe7xmZ6_FCqYAqo6Y/s400/abbr.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
Studi sociolinguistici hanno messo in evidenza come il canale degli sms assolva a molteplici funzioni, due delle quali assumono particolare rilevanza: a quella primaria, comunicativa e referenziale in senso stretto, si affiancano, nella cultura adolescenziale, funzioni secondarie, quali la funzione ludica (frutto di una tipica inclinazione del temperamento umano) e, in aggiunta, molto più importante, la funzione fatica, ovvero quella dimensione della comunicazione interpersonale le cui implicazioni investono la costruzione e il mantenimento dei rapporti sociali. Quest'ultima ipotesi è stata verificata in ampi contesti culturali e geografici: ad esempio, è stato notato come "nella cultura degli adolescenti europei e nordamericani, l'invio di sms non rappresenta solo un mezzo efficace per far circolare informazione in maniera rapida e comoda. Si tratta, piuttosto, di una performance verbale attraverso la quale i giovani costruiscono e mantengono il loro mondo sociale", facendo, della scrittura degli SMS, un efficacissimo "strumento di socializzazione, di costruzione di relazioni sociali informali". Vi è anche chi sostiene che sia la funzione relazionale ad egemonizzare la comunicazione via sms, dal momento che l'invio di un sms dà l'opportunità di stabilire un contatto, e di infondere il senso di "vicinanza", in maniera molto più disimpegnata e informale, sottraendosi al più intenso coinvolgimento emotivo richiesto da una telefonata.<br />
<br />
Questo tratto generale assume un rilievo ancor maggior in specifici contesti culturali, come è il caso del Giappone, in cui lo stile di comunicazione associato agli SMS (ma anche alle e-mail), più informale e superficiale, permette di superare tutti gli ostacoli e le difficoltà che la particolare cultura giapponese frappone alla conversazione orale, a causa della necessità di conformarsi a una serie di regole di etichetta che implicano, tra l'altro, il rispetto delle rigide gerarchie sociali che la tradizione giapponese impone agli individui nelle loro relazioni interpersonali.<br />
<br />
Elemento fondamentale del linguaggio dei messaggini è la brachilogia, derivante in gran parte dal mancato rispetto della corretta ortografia, ma anche dall'adozione di alcuni artifici di scrittura. Infatti, altra caratteristica di questo linguaggio è la trasgressione di fondamentali regole della produzione scritta, come la punteggiatura, assente o fuori standard, le convenzioni tipografiche e ortografiche sull'uso della maiuscola (spesso carente o del tutto assente), la sintassi, assente o estremamente semplificata, o come, infine, il travolgimento della stessa grammatica della lingua. Altre regole infrante sono quelle della composizione tipografica, con l'assenza di spazi dopo i segni di punteggiatura, l'assenza di accapo, ecc.<br />
<br />
Altre scelte, tendenti a raggiungere obiettivi di concisione, non sono specifiche della comunicazione tramite SMS. Alcuni strumenti, infatti, appartengono già allo stile delle cartoline postali e dei titoli di giornale: si tratta innanzitutto di scelte sintattiche semplificate, con predominio della paratassi (la costruzione attraverso giustapposizione di frasi, senza elementi di collegamento), e l'uso dello stile nominale.<br />
<br />
Esistono, peraltro, casi di sms in cui emerge l'ambizione dell'autore nel ricercare una sintassi complessa, con esiti che possono definirsi di tipo "letterario", senza rinunciare all'uso degli altri elementi di tipo "telegrafico", come fonetizzazioni, effetto rebus", ecc.<br />
<br />
A questo arsenale di strumenti testuali, si aggiungono elementi extra-verbali, come emoticon o smiley, composizioni grafiche, puntini sospensivi, ecc., che aggiungono al testo un "riflesso emotivo" e tentano di riprodurre e simulare, nella parola scritta, mimeticamente, il tenore e la temperatura emotiva del messaggio, al pari di quanto avviene con gli elementi paralinguistici ordinariamente dispiegati nella comunicazione orale (elementi cinesici come mimica facciale e scelte prossemiche; tratti prosodici (o soprasegmentali), come tono e inflessioni della voce, ecc.) non riproducibili nell'ordinaria scrittura o comunque non traducibili se non a prezzo di una perdita di concisione e tempestività. Si travasano così elementi analoghi nella comunicazione veloce, attraverso l'uso di una sorta di simboli ideografici o di moderni pittogrammi.<br />
<br />
L'esigenza di brevità e velocità implica la riduzione o l'espunzione, dalla comunicazione scritta dei messaggi telefonici, di molti di quegli elementi di ridondanza linguistica che fanno normalmente parte della comunicazione parlata, anche telefonica, e della comunicazione scritta: si tratta di elementi formali, referenziali, e pleonastici che arricchiscono il contenuto informativo, anche a costo di qualche ripetizione, e vengono solitamente utilizzati, in molti contesti comunicativi, per superare i possibili elementi di patologia della comunicazione, per migliorare l'affidabilità nella trasmissione e ricezione del messaggio, e per rendere più facilmente comprensibile il messaggio al destinatario. La rarefazione di elementi ridondanti, unita all'alterazione dell'ortografia, può opporre ostacoli alla comprensione del testo: soccorre, in questi casi, la capacità di interpretare le allusioni a elementi di conoscenza condivisi dai due soggetti in comunicazione, e la competenza pragmatica del ricevente, vale a dire la sua capacità di valutare il contesto linguistico a cui appartengono i segni e l'intenzione dello scrivente.<br />
<br />
Elemento accessorio è la varietà della lingua utilizzata: nel caso dell'italiano, si tratta normalmente di un linguaggio medio o basso, strutturalmente semplificato, che si avvicina al registro linguistico del parlato, con inflessioni gergali, dialettali, idiolettali e la presenza di notevoli dosi di corruzione e alterazione dovute all'uso esteso di forestierismi: si tratta, in alcuni casi, di una caratteristica giustificata dall'utilizzo di anglicismi che richiedono una scrittura più breve dell'equivalente in lingua locale, o più facilmente abbreviabili secondo modalità largamente riconoscibili: a titolo di esempio, imo (in my opinion) per secondo me, asap (as soon as possible) per prima possibile, 2nite (tonight) per stanotte.<br />
<br />
Se da un lato, per raggiungere l'economia e la concisione, il linguaggio degli SMS attinge a usi e convenzioni provenienti da contesti comunicativi preesistenti, esistono invece alcuni fenomeni che sono manifestazioni tipiche degli SMS. Il primo è la consuetudine delle "risposte a raffica", vale a dire un'unica infilata di risposte alla molteplicità di domande presenti nel messaggio a cui si risponde. Un secondo è la tendenza osservata a far seguire, a una domanda posta all'interlocutore, la propria risposta alla stessa domanda, in qualcosa che suona come: «Sei poi stato al concerto? Io sì, con mio fratello» (in quest'ultimo caso, evidentemente, si evita l'invio di un successivo messaggio per comunicare la propria risposta).<br />
<br />
Lo studio sul corpo di sms di area francofona ha permesso di affermare che, anche in un'area linguistica omogenea, non esiste una varietà univoca di linguaggio, ma una molteplicità di "linguaggi degli SMS". Altro aspetto, legato a quest'ultimo è la capacità di elaborare codici comunicativi criptici, non comprensibili a tutti, e di inventare nuove parole.<br />
<br />
Spesso, i vari strumenti e procedimenti sono combinati in maniera tale da determinare l'"effetto rebus", un miscuglio di lettere, cifre, simboli, anglicismi, abbreviazioni, con l'aggiunta eventuale di emoticon, da interpretare in base al loro valore denominativo: in questo caso, gioca anche l'intento dello scrivente nel voler perseguire un fine ludico, ma con ingredienti solitamente dispensati a "dosi ridotte", senza spingersi a un punto tale da sacrificare la leggibilità del messaggio.<br />
<br />
La pratica degli SMS, e il linguaggio correlato, rivestono una notevole importanza dal punto di vista linguistico e comunicativo, soprattutto fra i giovani. Va tenuto presente, infatti, che essi sono diventati il medium di massa quasi esclusivo della comunicazione scritta giovanile. Secondo il sociologo Alberto Abruzzese, la pratica del messaggio breve telefonico ha inaugurato una nuova epoca della comunicazione. Per l'italiano, ad esempio, i canali di scrittura telematica (sms, email, Twitter, ecc.), hanno portato un elemento di novità di portata storica: "per la prima volta, nella storia della lingua italiana, c'è una forma di scrittura, di lingua scritta, condivisa da una larghissima parte della popolazione" che ha sottratto l'italiano a una condizione "paradossale", quella di vivere quasi esclusivamente come lingua scritta, appannaggio, tuttavia, quasi esclusivo, di un'élite culturale, una condizione in cui, per secoli, la maggioranza della popolazione italiana è rimasta esclusa dalla comunicazione scritta, dapprima per l'imperante analfabetismo, poi per l'avvento e la preponderanza di mezzi di comunicazione di massa non-alfabetici, come la comunicazione telefonica o televisiva.<br />
<br />
È poi lo stesso aspetto ludico a costituite uno dei pregi del linguaggio degli SMS: la familiarità con il "texting" tra i bambini, ad esempio, è legata al grado di alfabetizzazione raggiunto e alle abilità acquisite nella scrittura; non è possibile "giocare" con il linguaggio, le regole, le trasgressioni, le parole, le abbreviazioni, e raggiungere una competenza settoriale, se non si è conquistato un buon grado di confidenza con l'ordinaria comunicazione, se non si conosce, in particolare, lo "spelling" e il suono delle parole. Anzi, l'utilizzo di tale modalità di comunicazione è ritenuto uno strumento utile proprio ad affrontare i problemi di quei bambini che mostrano difficoltà nel livello di alfabetizzazione e di competenza linguistica.<br />
<br />
Altro rischio avvertito è che la stringatezza del messaggio e soprattutto l'assenza di elementi accessori della comunicazione –pleonastici, formali e referenziali– assecondi un impoverimento della comunicazione.<br />
<br />
Il linguaggio degli sms non si caratterizza unicamente per le scelte tecniche di abbreviazione, ma anche per una marcata connotazione linguistica, per quanto riguarda il registro impiegato, la varietà linguistica, la gergalità, gli artifici non verbali (in forma di particolari segni grafici) messi in campo nella comunicazione.<br />
<br />
Da una serie caratteristiche molto varie, emerge, tuttavia, una connotazione di notevole coerenza e regolarità, suscettibile perfino di essere sottoposta a un'analisi stilistica tesa ad accertare l'autenticità della scrittura: questa strada è stata seguita in una vicenda giudiziaria che ha destato notevole interesse nell'ambito delle scienze forensi.<br />
<br />
Il linguaggio degli SMS si è presto diffuso anche in ambiti diversi della comunicazione telematica, perfino laddove il suo uso non è giustificato dalle limitazioni di spazio imposte dal mezzo: ad esempio, è stato importato nelle chat di Internet, nonostante, in questo caso, si disponga normalmente di una tastiera completa, senza sottostare alle limitazioni di lunghezza e senza scontare quelle dovute al costo dei singoli messaggi.<br />
<br />
Un uso simile, più o meno esteso, sempre in assenza di limitazioni estrinseche, lo si può occasionalmente incontrare nei blog, nei forum telematici, nelle e-mail. Spesso però, in tali ambienti virtuali, la libertà espressiva, grafica e ortografica dispiegabile dagli scriventi nel dominio comunicativo degli sms sono spesso deprecate, a causa alle limitazioni oggettive suggerite da più restrittive regole di etichetta (si tratta della cosiddetta netiquette, che si basa sulla vigenza informale di una serie regole di comportamento e di scrittura, a cui è normalmente richiesto di aderire e conformarsi quando si utilizzino tali ultimi mezzi di comunicazione).<br />
<br />
L'espansione della sfera d'uso, lo ha fatto approdare anche ad altri ambiti della ordinaria produzione scritta, non solo nella comunicazione mediata da computer e gadget telefonici, ma anche nella scrittura su supporti, come la scrittura su muro, la tradizionale scrittura su carta, ecc.<br />
<br />
Ne è nato, quindi, un vero e proprio fenomeno di costume, in cui spiccate connotazioni di gergo generazionale si fondono con spinte giovanili all'inventività e all'espressività, al gioco linguistico creativo, all'interno del perimetro costituito da un canone condiviso e in parte criptico e iniziatico, all'uso consapevole di regole comuni, incuranti di come queste regole condivise possano essere difformi e trasgressive rispetto alle ordinarie prescrizioni grammaticali e norme linguistiche.<br />
<br />
L'infrazione dei canoni della scrittura (ortografia, punteggiatura, grammatica) ha dato luogo anche a forme negative di reazione, tanto che l'uso diffuso di questo stile di comunicazione incontra spesso remore e resistenze culturali. Esistono, in rete, iniziative che si proclamano come organizzazioni di lotta o di resistenza all'uso del linguaggio degli sms, percepito come dilagante: in area francofona, ad esempio, è stato costituito il Comité de lutte contre le langage sms et les fautes volontaires sur Internet (Comitato di lotta contro il linguaggio degli sms e gli errori volontari su Internet).<br />
<br />
Nella letteratura scientifica prevalgono opinioni opposte, come quella espressa dal prof. Michele Cortelazzo, che vede nel fenomeno linguistico degli sms una rivitalizzazione della pratica scrittoria nell'universo giovanile, in una dimensione in cui l'immediatezza del risultato comunicativo fa premio sulla rinuncia apparente a ogni aspirazione poetica. In un altro caso, peraltro, ne sono state messe alla prova proprio le potenzialità come medium di espressione poetica mediante l'indizione di un apposito concorso, avvenuta in un ambito scolastico istituzionale. Lo stesso corpus standardizzato raccolto dall'Università cattolica di Lovanio contempla un «florilegio di messaggi deliziosi», in grado di dimostrare la capacità degli utenti di coniugare invenzione linguistica ed elaborazione poetica, pur nei limiti di brevità imposti dalla tecnologia e dalla prassi degli SMS.<br />
<br />
L'uso delle abbreviazioni per velocizzare la digitazione è stato reso meno stringente con l'introduzione di algoritmi predittivi basati sulla frequenza d'uso del lessico, che cercano di indovinare il termine che si vuole digitare e, sostanzialmente, lo suggeriscono prima che si sia finito di comporlo interamente (dizionari T9). Allo stesso modo, esistono algoritmi che offrono un'ulteriore funzione che velocizza la digitazione senza l'uso di abbreviazioni, cercando di prevedere la parola successiva a quella appena digitata, proponendo più alternative.<br />
<br />
Questi sistemi software semplificano notevolmente l'inserimento dell'ortografia completa, diminuendo il numero di pressioni sui tasti e, di conseguenza, riducendo il tempo necessario all'introduzione del testo. Ciò rende le abbreviazioni meno utili e anche più laboriose da usare perché, non essendo presenti nel dizionario della lingua locale del software, la loro digitazione entra in conflitto con il sistema T9 (l'incompatibilità può essere aggirata, semplicemente, disattivando la funzionalità T9 sul dispositivo mobile). Un altro sistema è aggiungere le abbreviazioni al dizionario del T9, in modo che quest'ultimo non le riconosca come errori. In caso il terminale subisca una completa re-inizializzazione (Factory restore), ad esempio a causa di una riparazione, le aggiunte andranno perse. Altrettanto succede quando si compra un nuovo terminale, poiché le modifiche al dizionario non sono importabili (tranne rarissime eccezioni).<br />
<br />
Per contro, non tutte le parole possibili sono presenti nel dizionario caricato, e talvolta è necessario aggiungerne manualmente di nuove, o comporle all'istante attraverso la combinazione altre parole o spezzoni di esse (ad esempio, un avverbio come "manifestamente" potrebbe essere generato dall'unione di "mani", "festa" e "mente", tre parole certamente più frequenti e sicuramente presenti nei dizionari T9).<br />
<br />
La diffusione del T9 è assai differenziata da paese a paese: ad esempio, è tanto presente in Italia quanto di scarso utilizzo nei paesi slavi.<br />
<br />
In alcuni smartphone, la normale tastiera può essere temporaneamente commutata in una tastiera numerica con T9. Viste le potenzialità di tali terminali, questa funzione può sembrare inutile. In effetti ha l'unico scopo di rendere l'utilizzo all'utente che proviene da un terminale "classico", più "amichevole". Ad esempio, un utente anziano, abituato da anni al T9, potrà utilizzarlo senza l'ansia di commettere errori, fino a che non si sarà abituato alla tastiera standard.</div>
<br />
.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-49674466786866302522017-03-02T06:34:00.000-08:002017-03-02T06:34:08.632-08:00GLI ESOPIANETI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6DstRGbIObGne8raWo0eDjAeFNSIv7fqa3tyt5wsiC-ehdBJPYq925_fvr14HjNIbPXMKELEQt5VsbvjPyvUaBdTAIyZzF-KZ8skYrlAb4xS4VUe3h8qR5SfJtIaRVJffCUBTLh1CACw/s400/esopianeti.jpg" width="400" /></a></div>
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L’annuncio della scoperta degli esopianeti è una delle notizie scientifiche più importanti degli ultimi anni. I sette nuovi esopianeti, con dimensioni paragonabili a quelle della Terra, si trovano in un unico sistema solare a 40 anni luce di distanza da noi. Almeno tre di loro sono in una “zona abitabile”, forse con acqua liquida sulla superficie, una condizione che rende più probabile la formazione della vita. La scoperta degli esopianeti – nome usato per indicare i pianeti che si trovano all’esterno del nostro sistema solare – è stata effettuata da un gruppo di astronomi guidati da Michaël Gillon dello STAR Institute dell’Università di Liegi, Belgio, ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature. Il nuovo gruppo planetario ha la quantità più alta di pianeti con dimensioni paragonabili alla Terra mai scoperta finora, e al tempo stesso ha il maggior numero di mondi con un’alta probabilità di avere laghi e oceani sulla loro superficie.<br />
I sette esopianeti orbitano intorno a una “nana rossa”, una stella più piccola e fredda del Sole, che si chiama TRAPPIST-1 e che è visibile (non a occhio nudo) nella costellazione dell’Acquario nel cielo notturno terrestre. Come da prassi, i pianeti sono stati chiamati con il nome della loro stella di riferimento, cui è stata aggiunta una lettera in ordine alfabetico dal più vicino al più lontano; sono quindi: TRAPPIST-1b, TRAPPIST-1c e così via fino a TRAPPIST-1h.<br />
La nana rossa ha una massa pari all’8 per cento di quella del Sole, con dimensioni paragonabili a quelle di Giove, il pianeta più grande del nostro sistema solare con un diametro che è circa 11 volte quello della Terra. La stella deve il suo nome al telescopio belga Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope installato nei pressi di La Silla, in Cile, e utilizzato per la sua osservazione. L’acronimo TRAPPIST, derivato dal nome per esteso del telescopio, è stato scelto per ricordare l’ordine monastico dei trappisti, noti per essere produttori di alcuni tipi di birra in Belgio. La stella era inoltre una vecchia conoscenza di Gillon e colleghi, e aveva portato alla scoperta di tre esopianeti nel 2015.<br />
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I ricercatori hanno determinato l’esistenza e le caratteristiche dei sette pianeti grazie alle osservazioni e ai dati raccolti da diversi telescopi, come il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) sempre a La Silla e dello Spitzer Space Telescope della NASA, in orbita intorno alla Terra per evitare i disturbi e le distorsioni che si hanno osservando il cielo dal suolo attraverso l’atmosfera.<br />
La scoperta degli esopianeti è stata effettuata con una tecnica molto diffusa e perfezionata negli ultimi anni, che consente di osservare indirettamente nuovi corpi celesti. Semplificando molto: si osserva una stella e si rilevano i suoi periodici cambiamenti di luminosità, che si verificano quando un pianeta le passa davanti coprendola in parte (rispetto al punto di osservazione dalla Terra). Basandosi sui cambiamenti della luce e di altri parametri, gli astronomi riescono a ricostruire molte informazioni sui pianeti, determinando le loro dimensioni, la composizione e la distanza dalla stella di riferimento.<br />
Gillon e colleghi scrivono nel loro studio che almeno 6 pianeti su 7 sono comparabili con la Terra, non solo per quanto riguarda le dimensioni, ma anche per la temperatura sulla loro superficie. I dati dicono anche che i 6 pianeti più vicini alla nana rossa sono rocciosi, come il nostro. Le orbite di questi esopianeti intorno a TRAPPIST-1 sono relativamente strette rispetto a quella della Terra: sono inferiori persino all’orbita di Mercurio, il pianeta più prossimo al nostro Sole. La minore distanza non comporta che il clima sugli esopianeti scoperti sia torrido e insostenibile per la vita, perché TRAPPIST-1 è una stella meno calda rispetto alla nostra.<br />
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I ricercatori stimano che TRAPPIST-1c, d ed f ricevano una quantità di energia paragonabile a quella ricevuta rispettivamente da Venere, Terra e Marte grazie al Sole. Potenzialmente tutti e sette gli esopianeti potrebbero avere acqua allo stato liquido sulla loro superficie, anche se TRAPPIST-1b, c e d sono forse troppo caldi per averne grandi quantità diffuse in più aree. Ci sono inoltre ulteriori prudenze su TRAPPIST-1h, il più distante di tutti dalla nana rossa, per il quale si ipotizza un clima troppo freddo per mantenere molta acqua allo stato liquido in superficie. Nel complesso, i tre pianeti con i requisiti più in ordine per essere abitabili sono TRAPPIST-1e, f e g.<br />
La scoperta dei 7 esopianeti pubblicata su Nature, e annunciata ieri dalla NASA nel corso di una conferenza stampa molto attesa, è un’ottima notizia non solo per la parte dell’astronomia che si occupa dei pianeti esterni al nostro sistema solare, ma anche per la ricerca di forme di vita che si sono sviluppate su corpi celesti diversi dalla Terra. È ancora prematuro sostenere che ci sia vita su uno dei 7 pianeti, ma la loro scoperta consentirà ora ai ricercatori di concentrare le attenzioni su un gruppo planetario vicino, in termini astronomici, e che potrà essere indagato meglio in futuro con i nuovi telescopi più potenti cui sono al lavoro sia ESO sia NASA, e che dovrebbero essere pronti entro pochi anni.<br />
Viene da pensare alle parole del celebre cosmologo Stephen Hawking, che auspica per l’umanità la possibilità, anzi la necessità, di trovare una nuova casa tra le stelle. “In un universo infinito, dev’esserci altra vita – sostiene da sempre il padre della teoria dei buchi neri -. È tempo d’impegnarsi per trovare una risposta”.<br />
<br />
Gli scienziati della Nasa che considerano il nuovo sistema solare “uno dei migliori laboratori per capire l’evoluzione dei piccoli pianeti” hanno, infatti, descritto la scoperta come un importante passo verso la ricerca di una risposta alla domanda se c’è vita al di fuori del nostro Pianeta. “Sentiremo parlare molto di questo nuovo sistema nei prossimi anni e decenni”, commenta Nature. Il telescopio Hubble, ad esempio, ha già rivolto il proprio sguardo verso i nuovi mondi, a caccia dell’eventuale presenza di atmosfere. E nei prossimi anni nuovi occhi si apriranno sul Cosmo e, in particolare, su questi ultimi arrivati. Come quelli del telescopio spaziale Nasa/Esa James Webb, il cui lancio è in calendario tra poco più di un anno. O quelli dell’osservatorio terrestre Extremely large telescope dell’European southern observatory (Eso) che, una volta in funzione – la prima luce è attesa per il 2024 – sarà “il più grande occhio del mondo sul cielo”.<br />
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“È urgente moltiplicare gli sforzi per la caratterizzazione delle proprietà fisiche e delle atmosfere dei gemelli della nostra Terra, nella regione di abitabilità di stelle simili al nostro Sole”. L’esortazione viene da Alessandro Sozzetti, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf). “Il nuovo sistema planetario è straordinario sotto diversi aspetti – sottolinea lo studioso italiano -. Tre dei suoi sette pianeti sono, ad esempio, soggetti a livelli di irraggiamento da parte della stella centrale simili a quelli che Venere, Terra e Marte ricevono dal nostro Sole”. I nuovi osservatori consentiranno agli scienziati di guardare direttamente l’aspetto di questi nuovi mondi. ma anche la voglia di capire quante e quali siano le somiglianze con la nostra Terra.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-59103850886033132562017-02-08T09:42:00.001-08:002017-02-08T09:42:20.102-08:00LE MADONNE CHE PIANGONO .<br />
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<br />
Lungo i secoli del Cristianesimo, Maria è apparsa varie volte, di tanto in tanto, quasi ad accompagnare l’umanità, che gli fu affidata da Gesù sulla Croce, nel cammino faticoso della vita di ognuno e delle Nazioni.<br />
<br />
Non tutte le immagini che piangono sono il risultato di truffe e di abili contraffazioni, ci sono numerosi casi che non rivelano alcun intervento umano e sembrano sfuggire ad ogni spiegazione scientifica. Alcuni di questi casi sono stati studiati a fondo da scienziati e da commissioni teologico-scientifiche senza che fosse possibile trovare una causa naturale che potesse spiegarli. Alcuni di essi, dopo lunghi anni di indagine, sono stati anche riconosciuti dalla Chiesa.<br />
<br />
Il 21 marzo del 1953, Angelo e Antonina Iannuso celebravano le loro nozze a Siracusa, una città italiana della Sicilia. Ricevettero come regalo una scultura in gesso a forma di busto piano che rappresenta il "Cuore Immacolato di Maria".<br />
<br />
Antonina successivamente rimase incinta, condizione a cui si accompagnarono alcune malattie che i suoi medici diagnosticarono come toxemia associata ad una sintomatologia di convulsioni e cecità temporanea.<br />
<br />
Il 29 agosto dello stesso anno, giorno di sabato, ebbe un attacco di convulsioni che la lasciò cieca fino alle 8.20 di mattina. La signora riferì quanto segue: "Aprii gli occhi e fissai lo sguardo sulla Vergine che stava sopra il mio capezzale. Con mia grande sorpresa vidi che stava versando lacrime. Chiamai mia cognata Grazia e mia zia Antonina Sgarlata che vennero da me e allora mostrai loro le lacrime. All'inizio pensarono che avessi le allucinazioni per via della mia malattia, ma quando si avvicinarono alla placca poterono distinguere le lacrime che le scendevano dagli occhi, videro anche come le lacrime cadevano sulla spalliera del letto. Con timore presero l'immagine e la portarono fuori dalla casa per mostrarla ai vicini che confermarono a loro volta il fenomeno...".<br />
<br />
Numerose persone assistettero all'accaduto: Mario Messina, molto considerato nel quartiere, accertò che non c'era alcun meccanismo interno che potesse spiegare il fenomeno, un altro asciugò le lacrime ma immediatamente ne uscirono delle altre.<br />
<br />
Domenica 30 agosto, alle 2.00 del mattino cominciò l'effusione di lacrime. Tre sacerdoti che assistettero all'evento informarono la Cancelleria del Vescovo, il quale inviò immediatamente degli esperti per prelevare campioni del liquido e condurre su di essi degli studi chimici. Alcuni membri della commissione esaminarono la composizione dell'effigie non trovandovi né porosità né irregolarità nella superficie. Analizzarono la parte posteriore confermando che era asciutta, tuttavia davanti era inumidita dalle presunte lacrime. Alla fine raccolsero 20 gocce. Dopo l'esame l'immagine "pianse" per altri 51 minuti circa. Alle ore 11.40 della mattina del 1° settembre la lacrimazione ebbe termine e il fenomeno non tornò mai più a ripetersi.<br />
<br />
Le conclusioni della Commissione furono le seguenti: "... il liquido esaminato mostra di essere formato da una soluzione di cloruro di sodio in cui si rilevano tracce di proteine e nuclei che provengono dai centri escretori di tipo quaternario, è identico a quello che è stato trovato in secrezioni umane simili usate come modelli comparativi durante l'analisi". "L'aspetto, l'alcalinità e la composizione inducono a considerare che il liquido esaminato è analogo alle lacrime umane".<br />
<br />
Il rapporto venne trasmesso il 9 settembre del 1953, firmato dai dottori Michele Cassola, Francesco Cotzie, Leopoldo Rosa e Mario Marietta. Dopo aver ricevuto questo documento l'Arcivescovo di Palermo, il cardinale Ernesto Ruffini, annunciava nel dicembre del 1953 per trasmissione radiofonica: "...Dopo aver analizzato con attenzione le numerose informazioni, aver ottenuto risultati positivi nelle diligenti analisi chimiche a cui sono state sottoposte le lacrime, noi Vescovi di Sicilia; esprimiamo unanimemente il giudizio che non può essere messa in dubbio la realtà dei fatti".<br />
<br />
L'anno seguente, il 17 ottobre del 1954, Sua Santità Pio XII proclamava in un'altra trasmissione radiofonica: "...prendemmo conoscenza della unanime dichiarazione dell'Episcopato della Sicilia sulla realtà di quell'evento... Comprenderanno gli uomini l'arcano linguaggio di quelle lacrime?".<br />
<br />
Successivamente venne formata un'altra commissione medica che si incaricò di esaminare 290 casi di guarigioni da mettere in relazione con questo speciale evento.<br />
<br />
La storia di Akita deve essere tenuta in grande considerazione da coloro che hanno la responsabilità dell'orientamento delle persone in questo delicato ambito di eventi straordinari, poiché per molti le ultime apparizioni riconosciute e autorizzate sono quelle di Fatima. Ne ignorano molte altre come quelle di Beauraing e di Banneux (1932-33) nel Belgio, quelle di Betania in Venezuela, riconosciute dall'Arcivescovo Mons. Pío Bello Ricardo nel 1987.<br />
<br />
A 42 anni Agnese Katsuko Sasagawa entra nel convento delle "Serve della Sacra Eucarestia". Come attestano i registri del 12 maggio 1973, la suora era completamente sorda ed irrimediabilmente incurabile.<br />
<br />
Gli eventi acquistano rilievo quando il 12 giugno dello stesso anno Suor Sasagawa nota una luce brillante provenire dal tabernacolo a cui segue una specie di fumo, successivamente le figure si fanno più definite e la religiosa dice di vedere degli angeli che circondano il Tabernacolo in atteggiamento di adorazione davanti alla Santa Ostia. Casualmente, in quei giorni il Vescovo Ito si trovava in quel luogo per fare una settimana di ritiro spirituale e poté essere testimone di molti degli eventi, assieme al direttore spirituale del convento R. P. Teiji Yasuda.<br />
<br />
Nella notte del 28 giugno 1973 appare nella palma della mano sinistra di Agnese una ferita a forma di croce di tre centimetri per due che le causa un intenso dolore; il 5 luglio si apre causandole maggiore dolore e versando sangue.<br />
<br />
La mattina del 6 luglio entra per pregare nella Cappella davanti a una statua realizzata in legno dallo scultore buddista M. Saburo Wakasa. "Quando mi avvicinai alla statua - riferisce Agnese -, sentii che la statua dava l'impressione di essere viva... era immersa nella luce e una voce risuonò nelle mie orecchie sorde". Secondo lei la Vergine le parlò esprimendo una promessa: "la tua sordità sarà guarita...".<br />
<br />
Il giorno seguente, quando le consorelle entrarono nella Cappella per pregare davanti alla Vergine, scoprirono con stupore che dalla mano destra della statua fuoriusciva del sangue. Osservarono con maggiore attenzione constatando che c'era una ferita a forma di croce identica a quella che aveva Suor Agnese. La ferita sanguinò tutti i venerdì del mese di luglio del 1973, così come avvenne con la ferita della religiosa.<br />
<br />
La notte del 29 settembre tutta la comunità notò che dalla statua emanava una grande luce che immediatamente si trasformava in qualcosa che sembrava umidità. Il liquido venne asciugato con del cotone che venne poi inviato ai laboratori dell'Università di Akita, i quali accertarono che la composizione corrispondeva a "secrezioni umane".<br />
<br />
Nel 1982 visitò la sua opera lo scultore buddista che l'aveva realizzata; rimase stupito quando rivide l'immagine e constatò che nessuna parte era cambiata tranne il viso che appariva assolutamente diverso. Il 4 gennaio 1975 il Vescovo Ito e molte persone che si trovavano in quel luogo per fare un ritiro spirituale, osservarono quel giorno la statua versare lacrime per tre volte. Durante i 10 anni di studio successivi non fu possibile attribuire questi fenomeni ad altre cause se non quella soprannaturale.<br />
<br />
L'Arcivescovo Ito incaricò il professor Sagisaka, M.D., specialista in medicina forense e non credente, di fare l'esame scientifico dei tre fluidi, senza averlo informato da dove provenissero. I risultati dei test indicarono che: "la materia presente nella garza è sangue umano. Il sudore e le lacrime assorbite dai due pezzi di cotone sono di origine umana". Successivamente si scoprì che il sangue apparteneva al gruppo B, il sudore e le lacrime al gruppo AB.<br />
<br />
Un sacerdote gesuita, non giapponese, dell'Università di Sofia a Tokyo, al corrente del fatto che anche Agnese aveva sangue del tipo B, sostenne che Suor Sasagawa esercitasse il potere occulto della "pratica ectoplasmatica", con la quale era in grado di "trasferire" il proprio sangue sulla statua così come il sudore e le lacrime. Quando al religioso venne chiesto come fosse possibile che potesse fare lo stesso stando a 250 chilometri dal quel luogo, rispose che "c'era un'altra persona vicino alla Vergine" con le stesse facoltà ectoplasmatiche.<br />
<br />
Karou Sagisaka, M.D., del Dipartimento di Medicina forense della Scuola di Medicina dell'Università di Akita, fece un altro esame dei fluidi, i cui risultati vennero consegnati alle autorità ecclesiastiche il 30 novembre 1981 e nei quali si rivela: "L'oggetto esaminato ha in aderenza liquidi umani che corrispondono a sangue di tipo 0". Ma un'altra analisi precedente aveva dato come risultato un tipo B e le sudorazioni e le lacrime corrispondevano al gruppo AB, per cui i campioni appartenevano a tre gruppi diversi.<br />
<br />
Spiega Joan Carroll (1993), che è un dato di fatto medico che il sangue, le lacrime e le sudorazioni di un individuo appartengano allo stesso tipo di sangue. Un fluido non può differire nel tipo da altri fluidi dello stesso corpo. Se Suor Agnese apparteneva al gruppo B, non poteva "trasferire" sangue o fluidi che appartengono ai gruppi AB o 0. La teoria del sacerdote venne quindi confutata dagli esperti in ematologia. In virtù di questi risultati, quando si studiano eventi simili "il tipo" di sangue non è un criterio fondamentale di analisi, poiché tanto Gesù quanto Maria potrebbero avere "il sangue di tutti i loro figli". Pertanto risulta priva di senso l'insistenza nel voler conoscere il "gruppo sanguigno" di ogni statua che sanguina. Gli scienziati concordano nell'affermare che l'analisi preponderante è quella genetica, perché è in grado di stabilire senza limiti l'origine umana o meno di un campione.<br />
<br />
La statua ebbe 101 lacrimazioni che si succedettero a periodi irregolari dal 4 gennaio 1975 al 15 settembre 1981. I testimoni sono migliaia, fra loro molti non cattolici come il sindaco della città di Akita.<br />
<br />
Terminate le analisi, il Vescovo Ito, ordinario della diocesi di Niigata, scrisse il 22 aprile 1984 una Lettera Pastorale annunciando le seguenti disposizioni: "Autorizzo in tutta la diocesi di mia competenza la venerazione della Santa Madre di Akita".<br />
<br />
Il caso di Teresa Musco, morta in Italia nel 1976, certifica la lacrimazione di 24 immagini nel suo domicilio. Nel 1982, nella casa di Mirna Nazour a Damasco (Siria), un piccolo quadro della Vergine comincia ad avere effusioni di olio, l'analisi mostra che è olio di oliva; casi simili si registrano in Ecuador a partire dal 1988. A Naju (Corea), nell'abitazione di Julia Kim, l'immagine dello Madonna essuda lacrime di sangue umano dal 1985.<br />
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<br />
Nel 1995 le informazioni in merito si moltiplicano, fra gennaio e marzo piangono e sanguinano circa 30 immagini nel mondo, una delle ultime in Argentina.<br />
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A partire dal 2 febbraio 1995 a Civitavecchia un'immagine della Vergine di Medjugorje sanguina 15 volte, le analisi condotte da un'équipe di ricercatori dell'Ospedale Gemelli di Roma, confermano che il campione è umano dopo avere identificato la catena genetica corrispondente.<br />
<br />
Il 9 marzo 1995, un caso agita la mente e il cuore di tutti i boliviani: per la prima volta nella storia della Chiesa ufficiale, un busto di Cristo piange a Cochabamba (Bolivia).<br />
<br />
Il 9 marzo del 1995 la Sig.ra. Silvia Arévalo, una hostess della compagnia aerea "Lloyd Aéreo Boliviano", acquistò un'immagine del Cristo a forma di busto, con l'intento di metterla in una cappella privata all'interno della sua casa di Cochabamba, in Bolivia.<br />
<br />
Poche ore dopo aver collocato l'immagine nella cappella, si produsse la prima lacrimazione, che causò gran sorpresa sulla Sig.ra. Silvia, su sua madre, la Sig.ra Emma Urquidi, ed altri parenti che erano presenti. Alcuni giorni dopo, il 2 aprile, l'immagine cominciò a sanguinare.<br />
<br />
Da allora le lacrimazioni e le essudazioni di sangue si sono ripetute in maniera intermittente, e non hanno mancato di risvegliare non soltanto curiosità, ma anche un'enorme religiosità popolare. Questo evento suscitò col tempo una grande eco e sono ormai sempre più numerosi i devoti che si recano a venerare l'immagine.<br />
<br />
In riguardo a questo argomento, esiste una leggenda su papa Sisto V che venuto a conoscenza di un Crocifisso che sanguinava, si recò sul posto e con un ascia spaccò il Crocifisso recitando la frase: “Come Cristo ti adoro, come legno ti spacco.” Infatti nel legno del Crocifisso emersero spugne bagnate di sangue.<br />
<br />
Nei pressi di Podenzana si gridò al miracolo allorché, in località Gaggio, un eretico con l’accetta in mano ad ogni colpo per abbattere una pianta di castagno pronunciava una bestemmia. Udì una voce "Perché mi fai male?" e subito dopo dalla pianta uscì l’immagine della Madonna piangente. Alla conversione dell’uomo seguì la costruzione di una Chiesa nel cui altar maggiore fu appunto murato il castagno. Un vescovo incredulo, siamo quasi ai giorni nostri, volle verificare a metà del secolo scorso, la veridicità della storia. Dall’altare dove fu aperta una breccia apparve il tronco dell’albero, il 5 agosto di ogni anno i pellegrini salgono alla Madonna del Gaggio implorando grazie e benedizioni. E dopo aver soddisfatto lo spirito pensano al corpo gustando gli squisiti panigacci, specialità del paese.<br />
<br />
Nel Medioevo, mentre si sviluppa il culto dell’Addolorata, incontriamo la prima lacrimazione mariana. Nel 1489 a Pennabilli nelle Marche "un’immagine della Vergine Maria, dipinta a olio sul muro, iniziò improvvisamente a lacrimare. L’avvenimento provocò grande scalpore". Seguono quelle di Assisi (1494), Treviglio (1522) e Dongo (1553), dove le immagini di Maria lacrimano e danno origine a Santuari.<br />
<br />
Non occorrerà attendere molto per trovare le prime Lacrimazioni di sangue: quella di un’immagine a Ponte Nossa (Bergamo) nel 1511; quella di una statuetta della Madonna troneggiante su una grande falce lunare che nel 1583 a Copacabana (Bolivia) cambia i tratti del volto e versa lacrime di sangue, e quella avvenuta nel 1598 a Mesagne (Brindisi), dove un’immagine di Maria fu vista da numerose persone lacrimare sangue.<br />
<br />
I segni della presenza di Maria nella vita delle Comunità assumono un triplice significato: partecipano alla sofferenza del popolo (condivisione), lo preservano e immunizzano da un pericolo imminente (preservazione) e infine lo proteggono dagli attacchi avversari (protezione).<br />
<br />
La figura di Maria assume il ruolo di difesa contro l’avanzare dell’eresia o del paganesimo dei tempi moderni. Non per nulla, in Francia e altrove, Santuari e immagini di Maria sono bersaglio da parte di Calvinisti e poi dei rivoluzionari. Ella diviene il simbolo della Controriforma.<br />
<br />
Si possono distinguere con Chiron apparizioni preventive, che intendono prevenire l’affermarsi del Protestantesimo in una data regione (per esempio, le apparizioni di Maria a Locarno nel 1504, a Utelle nel 1510, a Cotignac nel 1519, nei Pirenei tra 1510 e 1520, a Savona nel 1536, ecc.), e Apparizioni di riconquista, che mirano a ripristinare la religione cattolica e la devozione mariana, come quelle avvenute all’inizio del Seicento a Siluva in Lituania e a Szydlow in territorio polacco: in ambedue la Vergine appare piangente, deplorando il progresso del Calvinismo in quelle regioni che ritorneranno poi al Cattolicesimo.<br />
<br />
Con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese la società si stacca dal Cristianesimo e perfino lo combatte e deride. Il culto, compreso quello mariano, perde ogni rilevanza e Voltaire non manca di lanciare il suo sarcasmo su Notre Dame de Liesse e sulla sultana convertita Ismeria. Non si tratta solo di parole, perché la furia iconoclasta dei rivoluzionari distrugge i Santuari mariani di Médous e di Boulogne, ne chiude altri, come quelli di Bétharram e di Liesse, ne brucia la statua o addirittura la ghigliottina, come avviene a Notre Dame des Ardilliers.<br />
<br />
Come in tutti i periodi di turbolenze, fioriscono i prodigi: apparizioni, "Madonne occhiomoventi", statue piangenti… Tra queste va segnalata la Lacrimazione abbondante di una statua della Vergine nel Dicembre 1790 in un Convento di ‘Recollette’ a Parigi. Il suo significato è posto in relazione con la soppressione dei Voti religiosi da parte dell’Assemblea Costituente, che ha comportato l’uscita nel mondo di parecchi membri di Congregazioni e Ordini. Anche ad Avignone nel 1791 una statua piange quattro mesi dopo l’annessione della città papale alla Francia; segue una sollevazione di popolo e una repressione. Un’altra statua lacrima nel 1792 presso Blois; l’anno seguente il Santuario viene saccheggiato e la statua mutilata.<br />
<br />
Nel contesto della folgorante "Campagna d’Italia" di Napoleone Bonaparte che avanzava minaccioso nei territori della Chiesa con i suoi Francesi "divenuti barbari tanto nel costume, quanto nella religione", avviene quella che Renzo De Felice chiama un’"ondata di miracoli" che, soprattutto nel corso dell’estate 1797, invade il territorio dello Stato Pontificio, sicché a Roma l’Autorità ecclesiastica riconosce che dal 1796-97 ben 26 immagini della Vergine, di cui 11 "Madonnelle", hanno mosso gli occhi. I gesti dell’immagine mariana sono visti come "un segno positivo, rassicurante, e così infatti lo interpretarono i testimoni presenti". Lo storico Gabriele De Rosa riferisce di una statua di Maria piangente a Roma nel 1798 davanti a 50.000 persone.<br />
<br />
Nel 1813 a Lipsia (Germania) si registra l’Apparizione di Maria piangente a un soldato polacco, Tommaso Klossowski, gravemente ferito nella battaglia contro Napoleone. La Madonna tiene stretta al petto, in segno di protezione, l’aquila polacca e gli predice la guarigione e il ritorno in patria.<br />
<br />
Poi, il 19 Settembre 1846, appare sulla montagna di La Salette a Massimino e Melania, rispettivamente di 11 e 15 anni: con la testa fra le mani piange silenziosamente e le sue lacrime raggiungono il suolo, mentre dice: "Da quanto tempo soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, devo incaricarmi di pregarlo incessantemente per voi, e voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete, non potete mai compensare la pena che io mi sono presa per voi".<br />
<br />
Nel corso dell’Ottocento si alternano Lacrimazioni di statue e Apparizioni della Madonna in lacrime. Anzi, queste sono incorniciate da due statue piangenti, una nel 1830 a Parigi e una nel 1892 a Campocavallo. Maria appare piangente, oltre che nel 1813 a Lipsia e nel 1846 a La Salette, nel 1848 a Obermauerbach (Germania), nel 1853 a Cerreto (Firenze), nel 1872 a L’Hôpital dove le lacrime sono di sangue e nel 1888 a Vallensanges (Francia).<br />
<br />
Il Novecento è il secolo delle dittature comunista, fascista e nazista, con le persecuzioni e orrori di cui sono state responsabili, ognuna secondo la propria misura. In mezzo si colloca il Concilio Vaticano II che segna l’apertura definitiva della Chiesa in rapporto all’ecumenismo e al mondo contemporaneo. Proprio in questo secolo si registra una proliferazione di Apparizioni e Lacrimazioni da non temere il paragone con le altre precedenti epoche storiche. Bouflet e Boutry riferiscono 400 segni straordinari, veri o presunti, quattro volte più di tutti gli eventi analoghi anteriori al Novecento. Essi, pur muovendosi su un piano spirituale, rivestono talvolta in modo esplicito un carattere protestatario in rapporto alla Russia comunista, come emerge dal Messaggio di Fatima.<br />
<br />
Dopo Siracusa sono segnalate almeno altre 69 Lacrimazioni, di cui 16 di sangue, 49 di liquido lacrimale e 4 di ambedue. Si registra quindi un’escalation che tocca il suo apice quantitativo negli anni ’80 e qualitativo nel 1995 con la sanguinazione di Civitavecchia, ripetuta 14 volte e molto pubblicizzata dalla stampa.<br />
<br />
A far 'lacrimare' la Madonna nella chiesa di Santa Lucia di Forli', sarebbe stato - secondo le indagini - il custode della stessa chiesa. L'uomo, un napoletano di 63 anni, e' indagato dalla procura di Forli' con le ipotesi di reato di abuso della credulita' popolare e deturpamento di cose altrui. Il custode, riporta il Resto del Carlino, nega tutto. Secondo gli inquirenti complice sarebbe stato un commerciante e il movente quello di incrementare il business per l'afflusso di fedeli e curiosi.<br />
<br />
Il grazioso e devoto Santuario della Madonna della Caravina si trova sulla strada che collega Lugano e Porlezza, sulle rive del Ceresio.<br />
Nel punto dove, fra il verde chiaro degli ulivi e quello più cupo dei cipressi, biancheggia il Santuario e dove il monte sembra protendersi sul lago quasi a contemplarne la severa bellezza, esisteva fin dagli inizi del 1500 una rozza cappelletta campestre che aveva dipinta sullo sfondo la Madonna Addolorata con Gesù morto sulle ginocchia. Nel 1530, un fuoriuscito valsoldese, sfuggito alla giustizia, aveva potuto salvarsi varcando il confine italo-svizzero. Arrivato alla cappelletta della Caravina, le autorità sanitarie della Valsolda lo sottoposero per misura precauzionale ad una rigorosa quarantena. Purtroppo il poveretto era infetto da peste bubbonica. Consunto dall’inedia e rifuggito da tutti, l’infelice passava le lunghe ore della giornata all’interno della cappelletta a domandare conforto a Colei che i Padri della Chiesa chiamano "Pubblico Ospedale dei poveri peccatori". Un giorno vide in sogno la Madonna della Caravina, prendere vita, avvicinarsi a lui e fargli quello che il Buon Samaritano fece al viandante di Gerico. Svegliatosi, s’accorse d’essere guarito. Il sogno era diventato realtà. Pochi anni dopo accadrà il miracolo che darà origine al Santuario odierno.<br />
<br />
L’undici Maggio 1562, lunedì dopo l’Ascensione e primo giorno delle Rogazioni secondo il rito ambrosiano, verso mezzogiorno, terminata a Cima la processione di penitenza, i fedeli facevano ritorno alla spicciolata alle loro case. Due donne, Pedrina di Cortivo e Beltramina Mazzucchi, alla Caravina, vollero entrare nella cappelletta per salutare la Madonna. Con loro grande meraviglia, arrivate La videro piangente da entrambi gli occhi.<br />
<br />
In breve, si sparse la notizia: "La Madonna della Caravina piange!".<br />
<br />
Altri miracoli confermarono, il giorno stesso, il pianto miracoloso della Vergine: una donna di Oria, malata ad una gamba da parecchi anni, guarì improvvisamente. Tre giorni dopo, due sacerdoti ammalati, guarirono celebrando la S. Messa. Un povero sordo, oltre ad ottenere la guarigione, vide un turbinio di piccole stesse attorno all’immagine miracolosa della Madonna. Questi ed altri miracoli arrivarono all’orecchio dell’Arcivescovo di Milano, che era allora S.Carlo Borromeo. Egli ordinò l’indagine canonica per stabilire l’autenticità dei miracoli. Il risultato fu che l’Autorità Ecclesiastica dichiarò miracoloso il quadro della Caravina ed ordinò la costruzione del Santuario.<br />
<br />
A ritroso nel tempo, a 155 anni fa, ai primi di agosto del 1834.<br />
<br />
Tra le borgate sparse di Valmala si diffonde una strana notizia:<br />
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- Lassù al Chiotto è apparsa una Signora piangente!<br />
<br />
- 'Na frema ch'a paura, ch'a pioura sempe...<br />
<br />
La notizia portata a valle da alcuni pastorelli fa tosto il giro del paese, suscitando commenti diversi, per lo più sfavorevoli.<br />
<br />
Ai primi di agosto le quattro Marie col piccolo Chiffredo ed alcuni altri sono giunti al Chiotto. Sono circa le dieci del mattino. Deposto sul lastrone il loro zainetto, già stanno per mettersi a giocare, quando una Bella Signora, sui vent'anni, colle mani tese verso di loro e le braccia aperte in atteggiamento benevolo, materno.<br />
Indossa un lungo vestito rosso cupo che le scende fino ai piedi ed un altrettanto lungo velo azzurro, unito sul davanti da un bottoncino dorato brillantissimo. Stringe i fianchi una lucente cintura dorata. In capo porta una corona abbagliante di luce.<br />
Il suo aspetto è triste. I suoi occhi sono pieni di lacrime.<br />
<br />
A Jaffna, la zona del nord Sri Lanka al centro della guerra civile tra ribelli ed esercito nazionale, una statua della Madonna di Lourdes ha versato lacrime di sangue. La statua, che si trovava in una casa nei pressi della strada che conduce all’ospedale di Jaffna, è stata subito trasferita nella chiesa più vicina, quella di San Giovanni Battista.<br />
<br />
Dagli anni del dopoguerra in poi si è assistito ad una proliferazione eccezionale di fenomeni mistici quali apparizioni, visioni, messaggi celesti, praticamente in tutti i paesi del mondo.<br />
Il noto mariologo francese René Laurentin ne ha studiati circa 1800 ed ha pubblicato parecchi libri sull'argomento, reperibili con facilità presso le librerie cattoliche. Gli autori che hanno scritto su tali eventi sono invero molti ma basterà citare la fama internazionale di Laurentin, i suoi precedenti studi su Lourdes, le solide argomentazioni.<br />
<br />
La Chiesa, giustamente sempre cauta su questi fenomeni, ha súbito assunto un atteggiamento di distacco e ha invitato a non creare una sorta di psicosi del miracolo. <br />
Non v'è dubbio che fenomeni del genere possano benissimo ascriversi all'intervento dall'alto, ma è altrettanto indubbio che piú spesso si tratta semplicemente dell'azione del pathos popolare, che finisce col creare apparenze anche eclatanti, all'occhio umano. <br />
Un sottile filo sembra collegare i vari fattori che intervengono nella manifestazione di accadimenti del genere: ed allora il problema si complica non poco. C'è da chiedersi quanto influisca su tutto questo la oggettiva condizione interiore dell'uomo moderno, la sua condotta esistenziale, la sua capacità cognitiva, il suo bisogno di soprannaturale, la sua disperazione spirituale: siano esse vissute in modo conscio o, come è ormai norma oggigiorno, in modo inconscio.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-64291096399545526262017-01-05T07:19:00.001-08:002017-01-05T07:19:12.072-08:00IL TERZO SEGRETO DI FATIMA.<br />
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGkImpAD0Fd8VqpS8Ww6hYCg_MITh7MZcDXxdlpyqcMGRQkTdVn1ghu6SUZ0fXmHuSYeimWfWB5TKaJp0Za1CHiELv1TrUHm8ledP8uP-mtuuefrFAhFxxMbJhIdz5k5knjcfFySZfSHQ/s400/segreto.jpg" width="307" /></a></div>
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<i>« Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo ("qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti"), in una luce immensa che è Dio, un vescovo vestito di bianco ("abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre"), altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. »</i></div>
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<i><br /></i></div>
La trascrizione delle prime due parti del segreto si trova nella terza memoria di Suor Lucia, del 31 agosto 1941: gli altri due pastorinhos, Giacinta e Francisco erano morti infatti subito dopo la prima guerra mondiale. Nella successiva stesura, l'8 dicembre dello stesso anno, suor Lucia vi aggiunse qualche annotazione. La terza parte fu da lei scritta su ordine del vescovo di Leiria il 3 gennaio 1944 e consegnata in busta chiusa, sulla quale si legge: "Per ordine espresso di Nostra Signora questa busta può essere aperta nel 1960..." .<br />
<br />
Giovanni XXIII e i suoi successori non ritennero opportuno rivelarne il contenuto, fino al 2000, anno in cui la Chiesa cattolica lo rese pubblico per volontà di papa Giovanni Paolo II. Il cardinale Joseph Ratzinger, che aveva mostrato di conoscere il segreto, insieme al papa e a suor Lucia, dichiarò nel 1996 a una radio portoghese che non c'era nulla di preoccupante nel segreto, e che rimaneva tale per evitare di confondere la profezia religiosa con il sensazionalismo.<br />
<br />
L’intero messaggio della Madonna di Fatima è stato a lungo, e in parte lo è ancora adesso, oggetto di congetture e ipotesi da parte di teologi e studiosi anche non cattolici. In particolare la terza parte del messaggio, tenuto riservato dalla Chiesa per lungo tempo, è stata quella che ha fatto credere a catastrofi, che avrebbero sconvolto la vita della Chiesa stessa. Il testo fu messo per iscritto da una dei tre veggenti, suor Lucia, allora ancora suora di Santa Dorotea, il 3 gennaio 1944.<br />
Il documento inviato in Vaticano è stato letto da tutti i pontefici succedutisi e da pochissimi altri stretti collaboratori e conservato presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. Di quella Congregazione il cardinale e teologo Joseph Ratzinger, ora Papa emerito, è stato Prefetto dal 1981 al 2005. È stato lui a firmare il commento teologico quando il Terzo Segreto di Fatima è stato reso pubblico e divulgato nel giugno 2000 per volere di Giovanni Paolo II che all’intercessione della Madonna di Fatima legò la sua sopravvivenza dopo l’attentato subito in piazza San Pietro il 13 maggio 1981 ad opera di Alì Agca.<br />
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<br />
Nella relazione di Ratzinger che accompagnava il testo della pubblicazione, si ribadisce che il Terzo Segreto non aggiunge nulla a quella che è la Rivelazione di Cristo. «Si chiama “Rivelazione”, perché in essa Dio si è dato a conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uomo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio incarnato Gesù Cristo». E aggiungeva: «In Cristo, Dio, ha detto tutto, cioè sé stesso, e pertanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento…<br />
La rivelazione privata (come i messaggi trasmessi dalla Madonna ai tre pastorelli di Fatima) è un aiuto per questa fede in Cristo». E infine: «La parola chiave di questo “Segreto”, è il triplice grido: “Penitenza, Penitenza, Penitenza!… A suor Lucia appariva sempre più chiaramente come lo scopo di tutte quante le apparizioni sia stato quello di far crescere sempre più nella fede, nella speranza e nella carità – tutto il resto intendeva portare solo a questo…».<br />
<br />
La parola chiave di questo « segreto » è il triplice grido: « Penitenza, Penitenza, Penitenza! ». Ci ritorna alla mente l’inizio del Vangelo: « paenitemini et credite evangelio » (Mc 1, 15). Comprendere i segni del tempo significa: comprendere l’urgenza della penitenza – della conversione – della fede. Questa è la risposta giusta al momento storico, che è caratterizzato da grandi pericoli, i quali verranno delineati nelle immagini successive.<br />
<br />
Il messaggio centrale di Nostra Signora di Fatima era “Penitenza”. Ha cercato di ricordare al mondo la necessità di allontanarsi dal male e di riparare ai danni provocati dai nostri peccati. Questa è la “chiave” per comprendere il resto del “segreto”. Tutto gira intorno alla necessità di penitenza.<br />
<br />
L’angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini dell’Apocalisse. Esso rappresenta la minaccia del giudizio, che incombe sul mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incenerito in un mare di fiamme, oggi non appare assolutamente più come pura fantasia: l’uomo stesso ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco. La visione mostra poi la forza che si contrappone al potere della distruzione — lo splendore della Madre di Dio, e, proveniente in un certo modo da questo, l’appello alla penitenza.<br />
<br />
Questa parte dell’apparizione tende ad essere la più angosciante. Sembra che Dio possa distruggerci tutti con una “spada di fuoco”. Il cardinale Ratzinger, però, sottolinea che la “spada di fuoco” sarebbe qualcosa che creiamo noi (come la bomba atomica) in opposizione a qualsiasi fuoco che scenda dal cielo. La buona notizia è che la visione afferma che la spada di fuoco si estingue a contatto con lo splendore della Madonna, in collegamento con la chiamata alla penitenza. La Vergine ha l’ultima parola e il suo splendore può fermare qualsiasi cataclisma.<br />
<br />
Viene sottolineata l’importanza della libertà dell’uomo: il futuro non è affatto determinato in modo immutabile, e l’immagine, che i bambini videro, non è affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe più essere cambiato.<br />
<br />
Contrariamente alla convinzione popolare, le intense visioni offerte da Nostra Signora di Fatima non sono una previsione di quello che accadrà. Sono una previsione di quello che potrebbe succedere se non risponderemo all’appello alla penitenza e alla conversione del cuore che la Madonna ci ha rivolto.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-5637324993034809902016-12-30T07:55:00.000-08:002016-12-30T07:55:00.440-08:00IL SALTO DEL SECONDO.<br />
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<br />
La notte di San Silvestro vedrà andare in scena cenoni e veglioni, ma anche concerti in piazza gratuiti. Qualunque sia il modo in cui si attenderà l’arrivo del 2017 dobbiamo sapere una cosa, quest’anno bisognerà attendere un secondo in più prima di stappare lo spumante e fare il brindisi. Il 2016, infatti, durerà di più, seppur di pochissimo, perché bisognerà uniformarsi al rallentamento della rotazione della Terra. Nella notte del 31 dicembre, dunque, verranno spostati avanti di un secondo gli orologi atomici, quelli che regolano il tempo universale.<br />
<br />
Il provvedimento è stato deciso da parte dell’International Earth Rotation and Reference Systems Service. L’ente provvederà all’adeguamento del tempo scandito dagli orologi atomici con la lunghezza del giorno dettata dalla rotazione terrestre. Quest’ultima non è costante, perché ci sono diversi fattori ad influenzarla. In primis la forma sferica non perfetta, poi i movimenti del nucleo della Terra e i grandi sismi in superficie, nonché la Luna e il Sole, che contribuiscono al rallentamento del moto con la loro forza di gravità. Gli scienziati hanno constatato una diminuzione della velocità di circa 2 millisecondi giornalieri, che con il passare del tempo si accumulano fino a formare un intero secondo. Seppur a molti possa sembrare poco, ciò non lo è affatto. Per tale motivo, si provvede a riassestare il tutto.<br />
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Ad oggi abbiamo accumulato un rallentamento, che ha portato ad una disparità tra UTC e UT1. L’UTC è il Tempo Coordinato Universale, quello che permette di ricavare i fusi orari del nostro pianeta, mentre l’UT1 è la misura del tempo, che si basa su metodi astronomici. Solitamente, per tenerli allineati, si procede con una correzione agli orologi atomici, visto che è impossibile adeguare la rotazione della Terra a questi ultimi. L’ultima volta in cui si è provveduto ad aggiungere un secondo è stato nel giugno del 2015, ma dal 1972 è stato fatto addirittura 26 volte, con intervalli che variano tra 6 mesi e 7 anni. Nell’eventualità che non si procedesse a questo adeguamento, avremmo delle conseguenze importanti, specie nell’era moderna con tutti i computer che ci sono, il cui tempo si basa sull’NTP, regolato a sua volta sull’UTC; le conseguenze sarebbe il tilt del trasferimenti tramite internet.<br />
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L’anno bisestile che sta per andare in archivio sarà dunque uno dei più lunghi: al giorno in più del 29 febbraio si aggiunge anche questo secondo, poco più di un battito del cuore – se non soffrite di tachicardia.<br />
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Il secondo aggiunto, detto intercalare, è stato deciso nel luglio scorso dal Servizio Internazionale Rotazione della Terra e Sistemi di Riferimento per mettere d’accordo il tempo scandito in modo approssimativo dalla rotazione terrestre) con il tempo precisissimo segnato dagli orologi atomici, che invece impiegano milioni di anni per accumulare un secondo di scarto. In definitiva, l’ultimo minuto del 2016 durerà 61 secondi anziché i soliti 60.<br />
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Per convenzione il giorno, cioè il tempo impiegato dalla Terra a completare un giro su se stessa, dura 86.400 secondi esatti ma in realtà circa ogni 18 messi si accumula un secondo di ritardo. Il disaccordo tra il tempo della rotazione terrestre, detto “astronomico”, e il tempo atomico viene quindi periodicamente corretto. La rotazione della Terra in complesso tende a rallentare in quanto gli attriti delle maree e altri fenomeni sottraggono quantità di moto. Ciò però avviene ad un ritmo irregolare, con accelerazioni e rallentamenti stagionali dovuti a spostamenti di masse nell’interno del pianeta, nelle acque oceaniche e nell’atmosfera. Dal 2006 al 2016 il giorno astronomico è diventato più lungo di 0,011 secondi.<br />
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E’ proprio necessario spaccare il milionesimo o addirittura il miliardesimo di secondo come si fa oggi? La risposta è sì. La sincronizzazione delle reti di distribuzione elettrica, dei computer collegati via Internet, dei satelliti di navigazione e di molti altri servizi di utilità quotidiana avviene con orologi atomici. Il tempo astronomico in questo concerto perfetto si comporta come una nota dissonante. Inserire il secondo aggiuntivo comporta infatti la regolazione di tutti i sistemi e i servizi che utilizzano il tempo atomico. Per questo la maggior parte della comunità scientifica e civile sarebbe favorevole all’abolizione del tempo astronomico. Ma non tutti gli astronomi, specie quelli di Greenwich e del Naval Observatory statunitense, sono d’accordo. Nel corso di decine di millenni, infatti, si arriverebbe ad avere il Sole in orario notturno e viceversa. Una proposta di mediazione ragionevole potrebbe essere quella di fare la sincronizzazione solo quando la discrepanza diventa sensibile: per esempio di 10 minuti, cioè circa ogni 400 anni.<br />
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Il mezzo minuto di differenza fu raggiunto vent’anni fa: dal 1958, esordirono gli orologi atomici, al 1996, la rotazione della Terra ha perso esattamente mezzo minuto da quando l’uomo, inventando gli orologi atomici, è diventato più preciso della natura. Il trentesimo secondo venne conteggiato tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996. Da allora sei volte gli orologi si sono fermati per un secondo, la prossima sarà la settima. <br />
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I primi orologi al cesio risalgono al 1955, quando già si sapeva del ritardo della Terra, messo in evidenza dalla ricostruzione di fenomeni astronomici dell’antichità e poi anche dai migliori orologi piezoelettrici al quarzo. Qualche anno dopo gli scienziati trassero le conseguenze del fatto di aver creato orologi nettamente migliori della natura. E nacque la scala del «tempo atomico». D’altra parte però la maggior parte delle attività umane non può scostarsi dal tempo astronomico scandito dalla Terra: di qui la necessità del periodico adeguamento. I migliori orologi atomici oggi disponibili scartano di un secondo ogni 10 milioni di anni. Presto, passando agli orologi ottici, si potrà raggiungere una precisione un miliardo di volte migliore. La vecchia Terra ci apparirà sempre più scassata. Come una clessidra rispetto all’orologio che abbiamo al polso.<br />
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieRlTWiGZJvjtraOpwSIlkQ6kXrrxowJuuaefQfqgcl3Zq5CxgxTg3TWPR8Pj1fdRAvBJs7bPc_rTkKLGFuTTTk0HEeythGPo1d7bHX9QwrBvoVLPOiOT4CLUCBe1PhBbj3wFRWKjCHSU/s1600/luna.jpg" /></a></div>
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Lunedì 14 novembre 2016 quando nei nostri cieli potremmo osservare una super Luna, la più grande e luminosa degli ultimi 68 anni. Per vederne un'altra simile dovremmo aspettare altri 18 anni.<br />
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La cosiddetta Super Luna sarà così grande e luminosa perché quando sarà nella fase di plenilunio in contemporanea si troverà nel perigeo della sua orbita, ovvero nel punto più vicino alla Terra, esattamente a 356.410 km da noi. Ecco così che essa ci sembrerà il 14% più grande e ben il 30% più luminosa rispetto a tutte le altre lune piene. Secondo i tecnici della NASA la Luna diventerà piena circa due ore dopo il suo passaggio nel perigeo, il che renderà quindi una super Luna particolarmente grande e luminosa. La Luna piena del 14 novembre, quindi, non sarà solo la Luna più vicina del 2016, ma anche quella più grande del 21° secolo. La prossima proseguono sarà il 25 novembre 2034.<br />
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Il perigeo sarà raggiunto a mezzogiorno circa del 14 novembre e alle 14:00 raggiungerà il culmine della fase di plenilunio. Quindi il momento migliore per osservarla sarà sia la notte di domenica su lunedì e quella successiva.<br />
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Il termine "superluna" non è un termine strettamente astronomico, in quanto la definizione scientifica per il momento del massimo avvicinamento della Luna alla Terra è perigeo lunare. L'associazione della Luna con le maree oceaniche ha portato a credere che in presenza di una superluna ci possa essere un rischio maggiore di eventi come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Tuttavia, tali timori sono ritenuti molto poco convincenti e, secondo gli scienziati, solo le maree potrebbero essere leggermente più ampie rispetto alla norma, senza comunque portare conseguenze evidenti.<br />
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La distanza della Luna dalla Terra varia ogni mese ed è compresa approssimativamente fra 356 410 km e 406 740 km a causa dell'eccentricità orbitale della Luna rispetto alla Terra.<br />
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La definizione scientifica per il momento del minimo avvicinamento della luna a Terra è perigeo lunare; secondo la NASA una superluna è fino al 14% più grande e al 30% più luminosa di come appare durante la maggior parte delle volte.<br />
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Un fenomeno che può avvenire anche più volte in un anno, tanto che nel 2016 si ripete ben tre volte. A generarlo è il fatto che il nostro satellite si muove lungo un'orbita ellittica, non circolare, quindi la sua distanza dalla Terra varia nel tempo. La differenza tra quella minima e quella massima è di circa 40.000 chilometri. «A livello scientifico - ha detto uno specialista - il fenomeno non ha nulla di rilevante, ma rappresenta a modo suo un piccolo record: sarà la luna piena più grande, ossia il diametro apparente, mai vista dal 1948 e per averne una ancora più grande dovremo aspettare il 2034». La fasi della Luna sono indipendenti dalla distanza a cui si trova dalla Terra, ma quando è piena e contemporaneamente si trova alla distanza minima (perigeo) a noi appare più grande e luminosa.<br />
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Secondo le stime della Nasa la SuperLuna di lunedì sarà, rispetto alle lune piene più lontane, più grande del 14% e più luminosa del 30%: numeri rilevanti, ma un effetto molto difficile da notare per un profano. Per la precisione luna piena e passaggio al perigeo non avverranno esattamente nello stesso momento: «la Luna sarà alla distanza minima alle 12,24, mentre sarà piena alle 14,54, con una discrepanza di 2 ore e mezza. Per avere di meglio dovremo aspettare il 2034 quando questa differenza sarà davvero minima: appena 30 minuti», ha precisato l'esperto. Lo spettacolo della SuperLuna da record farà però una vittima eccellente: le Leonidi, la spettacolare pioggia di meteore tipiche del mese di novembre dovute alle polveri lasciate dai passaggi della cometa Tempel-Tuttle. Il picco di stelle cadenti è previsto nella notte tra il 17 e 18, ma l'incredibile luminosità delle prossime notti ridurrà di molto la possibilità di vederle.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-35970905906628049282016-10-30T08:55:00.004-07:002016-10-30T08:55:50.188-07:00MAGIA.<br />
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Con il termine magia molto spesso si tende a indicare tutto ciò che non è scientificamente spiegabile. Dalla maggior parte delle persone però la magia viene vista come una cosa distinta e separata dalla scienza quindi tende ad attribuirvi tutti i fenomeni di cui non riesce a capacitarsi.</div>
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Una distinzione che viene generalmente fatta è quella tra magia bianca e magia nera, a seconda che i fini dell'operatore siano benefici o malvagi, e se nella sua pratica possono essere coinvolte delle entità positive (angeli, divinità, spiriti degli antenati, animali totemici) o negative (demoni); questa distinzione non viene però accettata da tutti, infatti alcuni operatori considerano la magia neutra in sé stessa, da questi infatti essa viene considerata come il fuoco, che, a seconda di come viene usato, può risultare molto utile e benefico, oppure altamente distruttivo. Esiste inoltre un insieme di nozioni e pratiche facenti capo ad una categoria intermedia denominata magia rossa che non può essere definita ne buona né cattiva, ma indirizzata ad ottenere uno scopo personale, il più delle volte a carattere sentimentale.</div>
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La scienza magica agisce in genere attraverso simboli, siano essi parole, pensieri, figure, gesti, danza o suoni, e strumenti vari. Solitamente viene però sottolineato che lo strumento primario della magia è la mente dell'operatore e tutto il resto gli serve per focalizzare meglio il suo intento.</div>
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Solitamente i riti magici utilizzano una combinazione tra le diverse tecniche. Nei casi in cui il mago, durante una pratica rituale, ricorre all'intervento di un'entità soprannaturale, a seconda dell'entità in questione si entra nei campi della negromanzia, dello spiritismo e della demonologia, mentre l'arte di evocare o invocare potenze sovrumane benefiche (angeli, divinità, spiriti elementali ecc.) è più propriamente chiamata teurgia.</div>
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La cosiddetta magia simpatica o d'incanalamento, in cui l'effetto magico è perseguito tramite l'utilizzo d'immagini od oggetti che possono essere usati, ad esempio come rappresentazione simbolica della persona cui si vuole fare del bene o si vuole nuocere, oppure per rappresentare lo scopo che ci si prefigge (ad esempio con l'uso di amuleti e talismani).</div>
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La magia da contatto, caratterizzata dalla preparazione di pozioni e filtri magici, sacchettini da indossare, talismani o amuleti da portare con sé, creati utilizzando oggetti ed ingredienti più o meno naturali.</div>
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Una forma di pratica magica è l'incantesimo, che agisce tramite parole (un esempio tipico è abracadabra) o altre formule magiche.</div>
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Una categoria è quella della divinazione, utilizzata per ricevere informazioni attraverso varie arti mantiche (come l'astrologia, la cartomanzia, la chiromanzia) oppure attraverso dei talenti propri dell'operatore (come ad esempio attraverso i presagi, o nella preveggenza e nella medianicità).</div>
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Una categoria è quella di similitudine: il simile produce il simile, un esempio può essere quello rappresentato da alcuni popoli primitivi, i quali, prima di andare a cacciare, imitavano i movimenti, i versi ed i comportamenti in genere dell'animale che desideravano catturare.</div>
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Nella maggior parte delle culture antiche e moderne, fin dagli albori della civiltà, sono esistite credenze e pratiche magiche, con caratteristiche sostanzialmente simili anche se formalmente diverse, che si possono trovare in relazione ad aspetti tipici dell'occultismo, della superstizione e della stregoneria. Alcune scene di pitture del paleolitico superiore trovate nelle caverne francesi sono state interpretate come aventi finalità magiche (ad esempio l'ottenere successo nella caccia). Nell'antichità si credeva anche che la magia si potesse relazionare alla varie fasi lunari: luna piena = magia nera, mezza luna = magia bianca.</div>
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La società dell'Antico Egitto è fortemente intrisa di credenze occulte. Nel pantheon egizio, oltre a Werethekau e Heka, Neter della magia, anche Iside e Thot, da cui derivò l'ermetismo, sono caratterizzati da poteri magici. Sono stati trovati molti papiri magici, scritti in greco, copto e demotico, che contengono formule ritenute capaci di prolungare la vita, fornire aiuto in questioni amorose e combattere i mali. È attestata anche la credenza nella cerimonia magica dell'apertura della bocca per mezzo della quale si riteneva possibile conferire un'anima a statuette, utilizzate come controfigure magiche dei defunti. Il cosiddetto libro dei morti degli antichi egiziani (che in origine era definito: "incantesimi che narrano l'uscita dell'Anima Verso la piena Luce del Giorno"), scritto su papiri, muri tombali e sarcofagi, è l'insieme di incantesimi da pronunciarsi per la «...resurrezione dello spirito e il suo ingresso nelle Regioni dell'Al di là». Per gli antichi egizi tutto è animato, per loro il mondo spirituale non impone leggi al mondo fisico, ma, per analogia, così come il volto di una persona è considerato espressione dell'anima, il mondo spirituale si esprime tramite quello fisico. La natura non è inanimata e non sottostà a "leggi", bensì l'espressione della vita passa attraverso varie fasi spirituali che, in questo mondo, vengono rappresentate dalle esperienze fisiche vissute direttamente dall'uomo. Tutto è animato e vivente, ogni fenomeno, per analogia, esprime la manifestazione di un piano spirituale nel piano fisico. L'analogia è applicata alla posizione degli astri, al simbolismo del colore, alle forme geometriche (ad esempio la figura geometrica della piramide), alle caratteristiche degli animali (zoolatria) e così via ad ogni espressione della vita. Questa civiltà, oltre cinquemila anni fa, è stata quindi crogiolo per la nascita e la codifica dell'astrologia, della teurgia e della negromanzia.</div>
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In Mesopotamia, nelle culture sumera, accadica e caldea, come anche in Persia, la terra d'origine dei Magi, si trovano numerose attestazioni di rituali di magia cerimoniale. Tutte le fonti antiche riportano esempi di pratiche magiche, come:</div>
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l'utilizzo di "parole magiche" che hanno il potere di comandare gli spiriti;</div>
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l'uso di bacchette ed altri oggetti rituali;</div>
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il ricorrere a un cerchio magico per difendere il mago contro gli spiriti invocati;</div>
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l'utilizzo di simboli misteriosi o sigilli per invocare gli spiriti;</div>
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l'uso di amuleti che rappresentano l'immagine del demone per esorcizzarlo.</div>
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Comunque il più grande apporto culturale del Medio Oriente consisté nell'astrologia: l'osservazione degli astri era non solo magicamente inscindibile dal computo del tempo, ma anche strettamente legata ad ogni evento naturale.</div>
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In Grecia fu Erodoto a coniare il termine "mago" per indicare un sacerdote di una tribù della Persia antica. Dal IV secolo a.C. il vocabolo mageia cominciò ad essere utilizzato per indicare un insieme di dottrine nate dalla commistione di tradizioni arcaiche e le pratiche rituali ereditate dai Persiani. Fu comunque nella koinè culturale ellenistica che ebbe luogo quella fusione dei riti magici con elementi astrologici e alchimistici, che sarà alla base di tutta la speculazione magica dei secoli successivi.</div>
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Nella tarda antichità troviamo numerose testimonianze riguardo a rituali di teurgia la cui provenienza è spesso attribuita, dagli stessi teurghi, all'antico Egitto. Verso il III - IV secolo della nostra era compaiono anche trattazioni filosofiche a favore di tale pratica, in particolare per opera del filosofo neoplatonico Giamblico.</div>
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Nella letteratura latina si trovano numerose testimonianze relative a tutta una serie di attività occulte. Esperimenti di negromanzia, uccisioni a distanza, animali parlanti, statue che camminano, filtri d'amore, metamorfosi, divinazioni, talismani che curano le malattie, sono solamente alcuni degli oggetti e dei rituali magici adoperati dai maghi che compaiono nelle opere di Orazio, Porfirio, Plinio il Vecchio e Virgilio. Nel panorama letterario di magia latina un posto di prim'ordine spetta a Le metamorfosi (anche conosciuto come L'asino d'oro) di Apuleio. L'opera, l'unico romanzo della letteratura latina pervenutoci intero, si compone di undici libri, nei quali viene narrata la storia di Lucio, un giovane trasformato per magia in asino, che, dopo varie peripezie, ritorna uomo per intercessione della dea Iside. Da ricordare che lo stesso Apuleio fu processato per aver costretto con la magia una ricca vedova a sposarlo per impadronirsi della dote. Tuttavia riuscì a scagionarsi dall'accusa presentando il testamento della vedova, in cui la donna (dietro consiglio dello stesso Apuleio) lasciava tutto al figlio piccolo.</div>
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Del resto, nel diritto romano le leggi antiche prevedevano pene severe per quanti utilizzavano mezzi magici per conseguire scopi criminali.</div>
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Nonostante la polemica antimagica di alcuni scrittori cristiani, come Origene, Sant'Agostino e Tommaso d'Aquino, e l'ostilità della Chiesa nei riguardi delle arti occulte, il substrato culturale della magia medievale ebbe una certa rilevanza. Persino il mondo religioso germanico fu prodigo di divinità intrise di doti magiche, come Thor e Odino; anzi lo scopo della magia era quello di liberare le forze occulte possedute dalle potenze superiori.</div>
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La produzione letteraria di carattere magico, soprattutto in età umanistica, fu molto ricca, grazie anche alla mediazione di scrittori arabi. Alcune opere astrologiche, come il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo, l'Introductiorum di Albumasar, il Liber Vaccae (o Libro degli esperimenti) ed il famoso Picatrix, ebbero una enorme influenza sulla speculazione magica dell'età rinascimentale.</div>
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Tuttavia alcuni autori, come Isidoro da Siviglia e più tardi Ugo da San Vittore, accomunano la magia all'idolatria, in quanto scienza conferita dai demoni. È nel XIII secolo con Guglielmo d'Alvernia e Alberto Magno, che s'iniziò a porre l'accento sulla categoria della magia naturale, che tanta fortuna ebbe nei secoli immediatamente successivi. Sempre nel XIII secolo, tornò in auge anche l'astrologia, con autori allora famosissimi come il forlivese Guido Bonatti, la cui influenza sarà notevole ancora nel XVI secolo.</div>
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Il periodo che va dal XV agl'inizi del XVII secolo segna la grande rinascita della magia, in sostanziale parallelismo con il crescere degli interessi scientifici. L'inizio di questa rivoluzione magica può essere considerata l'opera di traduzione che alcuni umanisti, il più importante dei quali fu Marsilio Ficino, fecero delle quattordici opere che formavano il cosiddetto Corpus Hermeticum, degli "Oracoli Caldaici" e degli "Inni Orfici". Queste opere, attribuite dagli studiosi rinascimentali rispettivamente ad Ermes Trismegisto, Zoroastro ed Orfeo, erano in realtà raccolte di testi nate in età imperiale romana, che combinavano elementi neoplatonici, concetti ricavati dal Cristianesimo, dottrine magico-teurgiche e forme di gnosi mistico-magica. Nel Rinascimento sul substrato colto di dottrine neoplatoniche, neopitagoriche ed ermetiche si incardinò la riflessione speculativa magico-astrologica-alchemica, arricchita da idee derivanti dalla Cabala ebraica, come testimoniano emblematicamente le figure di Pico della Mirandola e Giordano Bruno. Il compendio forse più interessante per la magia rinascimentale è il De occulta philosophia di Cornelio Agrippa von Nettesheim. In questa opera il medico, astrologo, filosofo e alchimista tedesco definisce la magia "la scienza più perfetta", e la divide in tre tipi: naturale, celeste e cerimoniale, dove i primi due rappresentano la magia bianca, ed il terzo quella nera o necromantica. Queste argomentazioni saranno riprese più tardi nel Magia naturalis sive de miraculis rerum naturalium del napoletano Giovanni Battista Della Porta, il quale vede nella magia naturale il culmine della filosofia naturale, e nel Del senso delle cose e della magia di Tommaso Campanella. Altra importante figura nel contesto magico-alchemico rinascimentale è quella di Paracelso, la cui iatrochimica risente della simbiosi tra magia naturale e scienza sperimentale, tipica del XVI secolo.</div>
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Proprio mentre la tradizione magica è al suo culmine, nel XVII secolo s'iniziano a vedere le avvisaglie della polemica contro la cultura magico-alchimistica, che caratterizzerà maggiormente il Secolo dei Lumi. Il precursore della condanna delle varie dottrine magiche in nome del sapere scientifico è da considerarsi Francesco Bacone. A partire da questo momento la magia inizierà un lento declino, favorito da pensatori come Cartesio e Hobbes e dallo sviluppo delle correnti filosofiche del meccanicismo, del razionalismo e dell'empirismo. Nel XVIII secolo, con l'avvento dell'Illuminismo, la magia, definitivamente sconfitta nell'ambito della cultura dominante, venne relegata in una specie di limbo, nel quale tuttavia riuscì in qualche modo a sopravvivere.</div>
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La seconda metà del XIX secolo è caratterizzata da un rinnovato interesse nei confronti dell'occultismo e dell'esoterismo magico. La figura che meglio incarna il revival delle scienze occulte nel XIX secolo è il mago Eliphas Lévi, nato Alphonse Louis Constant, la cui ricca produzione letteraria influenzò grandemente la speculazione occultista del secolo successivo. L'ultimo scorcio del secolo vide anche il sorgere di numerose organizzazioni e società segrete nelle quali la magia aveva un ruolo significativo, come l' Ordre Kabbalistique de la Rose+Croix fondato in Francia da Stanislas De Guaita, l' Hermetic Order of the Golden Dawn, fondato in Inghilterra da Samuel Liddell MacGregor Mathers, l' Ordo Templi Orientis, fondato in Germania da Franz Hartmann. Anche nella Società Teosofica, fondata negli Stati Uniti d'America da Helena Petrovna Blavatsky, esistono alcuni elementi che rimandano a una concezione magica dell'esistenza e dei rapporti con i mondi ultraterreni.</div>
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Il panorama della magia dei nostri giorni è molto variegato e di difficile analisi sistematica, soprattutto a causa del coacervo sincretistico che caratterizza la maggior parte delle odierne dottrine magiche, esoteriche e occultistiche. In genere il substrato comune è costituito da alcune teorie che si riallacciano alle tradizioni neoplatoniche, gnostiche, ermetiche, cabalistiche, astrologiche, alchimistiche e mitologiche antiche. Su queste e sul pensiero dei moderni occultisti, da Madame Blavatsky a Gérard Encausse, da Samuel Liddell MacGregor Mathers ad Aleister Crowley, da G. I. Gurdjieff a Gerald Gardner, a Dion Fortune, a Eusapia Palladino, a Gustavo Rol sono nate tutta una serie di associazioni e gruppi esoterici, più o meno influenzati dalle nuove correnti della New Age, della Wicca, della Stregoneria Tradizionale e del Neopaganesimo. In Italia uno degli ultimi celebri rappresentanti e divulgatori della teoria e della prassi magica fu Giuliano Kremmerz.</div>
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La magia, in quanto fenomeno ubiquitario che ha accompagnato la civiltà umana dagli albori, è stata ed è oggetto di studio da parte delle scienze sociali, prime fra tutte l'antropologia culturale, l'etnologia e la psicologia. Le tematiche affrontate nello studio della magia solitamente riguardano la sua relazione con la scienza e la religione, la sua funzione sociali e la natura del suo pensiero.</div>
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Nel 1871 Edward Tylor nella Cultura dei primitivi arrivò alla conclusione che la magia fosse una «scienza sbagliata» in quanto non in grado di distinguere i rapporti causa-effetto da quelli propriamente temporali. Vicino alla posizione tyloriana fu James George Frazer, il quale, nel Ramo d'oro, pur considerando la magia un primo stadio nello sviluppo della civiltà, ebbe il merito di fornire una prima classificazione della magia. Egli distinse i processi magici in simpatetici/imitativi, basati sulla credenza che il simile agisca sul simile (es. travestirsi da animale per augurarne la caccia) e contigui/contagiosi, basati sulla credenza che le cose che sono state in contatto possono continuare a interagire anche se distanti (es. ciocche di capelli, oggetti appartenenti alla persona su cui gettare il malocchio).</div>
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L'etnologo francese Lucien Lévy-Bruhl considerò le culture cosiddette primitive come guidate esclusivamente da una visione magico-mistica del mondo, quindi prescientifica, nella quale ogni cosa si può trasformare in qualsiasi momento in un'altra. Agl'inizi del XX secolo Henri Hubert e Marcel Mauss pubblicarono Teoria generale della magia. In quest'opera i due etnologi francesi assunsero un orientamento più sociologico rispetto al passato, rivolgendo la loro attenzione non tanto alla struttura dei riti magici, quanto al contesto sociale nel quale essi si svolgono. Hubert e Mauss studiarono anche i rapporti della magia con la scienza e la religione, giungendo alla conclusione che queste posseggono delle analogie con la magia in quanto hanno terreni comuni di intervento: la natura (scienza e magia) e il sacro (religione e magia).</div>
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Anche Émile Durkheim intervenne nella discussione dei rapporti tra magia e religione. Nel suo Le forme elementari della religione afferma che la magia essendo per sua natura una pratica privata e quasi segreta, non può essere paragonata alla religione, che è un fenomeno sociale e prettamente collettivo.</div>
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L'attenzione degli studi antropologici sul fenomeno magico si è basata fondamentalmente su due costanti interagenti e soggiacenti il rituale magico ed interagenti: sistema di simboli e comunicazione sociale.</div>
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Un notevole contributo in questa direzione è venuto da Claude Lévi-Strauss. In Antropologia strutturale lo studioso dedica un saggio dal titolo Lo stregone e la sua magia all'universo simbolico della magia. La funzione semantica del concetto magico è alla base dell'esempio riportato da Levi-Strauss sulla base di un racconto di Franz Boas. I casi di guarigione magica per opera dello sciamano Quesalid dimostrano, secondo l'antropologo francese, che ogni atto magico presuppone l'esistenza di un rituale basato su segni, che abbiano un significato per la collettività che partecipa all'esperimento magico e ne condivide la speranza di riuscita.</div>
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All'antropologo inglese Alfred Reginald Radcliffe-Brown si deve la prima disamina seria del concetto di mana, utilizzato per la prima volta dall'etnologo R. Codrington. Questa forza non individualizzata insita in tutte le cose permea l'atto magico (il rituale), chi lo compie (lo sciamano), quanti vi assistono (la società) e l'ambiente in cui viene svolta l'azione (la natura). L'accento posto dal Brown sul valore rituale e sociale della magia, contrapposto al presupposto legame magia-scienza condizionò la successiva discussione sull'argomento.</div>
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Un'altra opera che ebbe una considerevole risonanza fu Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, scritta nel 1937 da Edgar E. Evans-Pritchard. La ricerca da lui effettuata nel Sudan sud-occidentale lo portò a conclusioni vicine a quelle del Radcliffe-Brown. Anche l'Evans-Pritchard teorizzò la centralità del contesto sociale nel quale la magia si esplica e l'assenza di un legame tra scienza e magia, in quanto l'obiettivo finale del rituale magico non consisterebbe nel modificare la natura, ma nel contrastare i poteri di streghe o maghi.</div>
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Un contributo fondamentale alla interpretazione della magia dal punto di vista antropologico lo diede Bronislaw Malinowski. Nel suo Magia, scienza, religione, lo studioso polacco nega qualsiasi contatto della magia con la pratica empirica, che vede come entità separate. Famoso l'esempio della canoa, durante la costruzione della quale l'artefice non ha bisogno della magia per l'esecuzione tecnica del natante, che reggerebbe il mare comunque, ma il rituale magico interviene durante il lavoro come sussidio rassicurante. L'atto magico sarebbe quindi l'espressione simbolica di un desiderio, completamente slegato dal rapporto causa-effetto, che è comunque tenuto ben presente. Sulla scia di Malinowski, gli antropologi successivi hanno sottolineato che il ricorso alla magia si ha solitamente in presenza di fenomeni inesplicabili, davanti ai quali le pratiche empiriche sono considerate impotenti.</div>
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Una posizione interessante e diversa rispetto a quella del funzionalismo è quella dell'antropologo Ernesto de Martino, il quale sosteneva che l'universo magico facesse da mediatore con la concezione dell'aldilà e con la paura delle persone di perdere la presenza.</div>
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Nei suoi studi nel Mezzogiorno d'Italia nel 1948 egli rivelò come, davanti ad una grave crisi, come la morte di una persona cara, la magia, assieme ad una buona pianificazione sociale, consentisse di incanalare il dolore per riscattarsi dagli istinti animali.</div>
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La natura della magia è stata studiata anche dal punto di vista psicologico. Basandosi sulle teorie evoluzioniste del Frazer, studiosi come Wilhelm Wundt, Gerardus van der Leeuw e soprattutto Sigmund Freud accostarono il pensiero magico dell'uomo primitivo a quello del bambino, il quale ritiene che la realtà sia influenzabile secondo i suoi pensieri ed i suoi desideri. Più recentemente anche Ernesto De Martino ne Il mondo magico pone l'accento su alcuni fenomeni tipici di pratiche sciamaniche, quali la spersonalizzazione e lo scatenamento di impulsi incontrollabili.</div>
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Secondo alcuni anche la Magia si può in un certo senso considerare religione. La magia è concettualmente diversa dalla religione? Nella magia l'uomo cerca di far sì che la divinità faccia ciò che l'uomo vuole, o è nella religione, che di solito l'uomo cerca di fare ciò che la divinità vuole?</div>
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Probabilmente entrambe si pongono di fronte al mistero della creazione e della esistenza di uno o più esseri divini o creatori ma essendo spesso confusa la parola magia con setta occulta, viene considerata spesso solo nell'accezione negativa, cioè quella in cui si cerca di risolvere problemi terreni (denaro, amore, successo) con una pozione o formula ed essere felici senza sforzi, come per magia. «La magia riguarda la sfera pratica dell'agire, conscio o inconscio che sia» si sente dire come non ci fosse nulla di spirituale, solo formule ripetute a memoria, ma al contrario molti si avvicinano alla magia spinti dal desiderio di capire, di conoscere, ciò che ci è oscuro e occulto, spinti dalla curiosità. A seconda dell'uso che se ne fa, viene distinta in magia bianca, magia rossa o magia nera. L'unione tra magia e religione è rappresentata dalla medianità, ossia da una forma di esoterismo che esula dai comuni maghi e stregoni e si propone, attraverso l'azione di un Medium e l'evocazione di entità superiori di sommo livello, d'intervenire unicamente in magia positiva per recare beneficio ad un individuo. Chi opera per il flusso regolare della natura e per districare le situazioni riguardanti le persone attua magia bianca (alcuni esempi riguardano togliere negatività e malefici quali fatture e malocchio, oppure propiziare la fortuna, gli affari e la riuscita personale) o magia rossa (in caso di legamenti d'amore e ritorni d'amore, legature e fatture d'amore e rituali d'amore per risolvere questioni sentimentali). Chi, al contrario, tende a dividere, creare conflitti, imporre il proprio volere ad altri, in maniera palese oppure occulta, e perciò tende a distorcere il normale corso degli eventi, attua magia nera.</div>
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Ufficialmente, Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo considerano la magia una cosa proibita (stregoneria) ed hanno spesso perseguitato i presunti praticanti secondo diversi gradi di punizione. Altre tendenze nel pensiero monoteiste hanno respinto tutte le tendenze come l'inganno e l'illusione, ritenendoli niente di più che espedienti disonesti. Alcuni ritengono che la recente popolarità del Vangelo della prosperità costituisca un ritorno al pensiero magico all'interno del Cristianesimo. Si noti inoltre che il Cristianesimo gnostico ha una forte corrente mistica, ma evita la pratica della magia e si concentra maggiormente sulla teurgia, ovvero l'aspetto più alto e nobile della stessa.</div>
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La Magia Bianca è la Magia che si fonda sulla preghiera e sui rituali che si rivolgono agli spiriti positivi, spesso identificati con gli Spiriti Angelici. Il termine Bianca non indica in realtà una caratteristica propria inerente a questa pratica, ma si è diffuso per il semplice motivo che la maggior parte delle operazioni di Magia Bianca sono rivolte a scopi benefici ed utilizzano l’ausilio di questi Spiriti Angelici, se non addirittura l’invocazione a Dio stesso e ai suoi attributi e manifestazioni.</div>
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Molti di questi rituali od esorcismi ci sono stati tramandati dagli “Enchiridion”, ovvero le raccolte di antiche preghiere e formule tradizionali, particolarmente dotate di forze evocatorie. Al tempo del Medioevo questi “Enchiridion” erano in grandissima voga anche se il loro apice lo ebbero nel Rinascimento.</div>
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Alcuni fra essi furono famosissimi nell’antichità, taluni erano attribuiti a religiosi di chiara fama e, a volte, appartenenti alle più illuminate gerarchie della chiesa. La chiesa infatti non ne ostacolava la diffusione, forse per consentire al popolo bisognoso di avere degli strumenti per alleviare le proprie sofferenze, e non rivolgersi alla Magia Nera o comunque a pratiche lontane dall’ortodossia.</div>
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La fonte primaria usata dalla Magia Bianca, l’energia, è la volontà stessa del praticante, sarà quindi bene inizialmente esercitare le proprie capacità in modo da riuscire a portare fuori dagli spazi temporali la propria energia e successivamente a controllarla. L’uso di questa Magia necessita di una fede indiscussa nel Signore (non necessariamente il Dio cristiano) e nelle sue opere. La preghiera è il mezzo più forte per dare valore alla Magia, e la scelta di una particolare preghiera e dell’uso di un determinato pentacolo devono essere “sentiti”, la nostra sensibilità sarà la nostra guida.</div>
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Qualsiasi nostra scelta in quest’ordine di cose non sara mai veramente dell’individuo che la compie, ma sempre e misteriosamente la “bontà di Dio” che la compierà per lui. Lasciatevi quindi guidare dalla sua mano.</div>
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Da molti, oggi, la Magia Rossa viene considerata “neutra” e ciò non è esatto: è più corretto pensare ad essa come una cosa ben distinta sia dalla Magia Bianca sia dalla Magia Nera, con differenti scopi e riti totalmente diversi. La Magia Rossa può essere applicata sia per il bene che per il male, la scelta è vostra, ed è una delle poche forme di Magia che non ha limitazioni, può essere applicata per qualsiasi scopo, e per qualsiasi cosa, ma è bene sapere che ogni incantesimo di Magia Rossa è irreversibile, dunque bisogna pensarci più volte prima di effettuarlo.</div>
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La Magia Rossa non è detta rossa perché relativa all’amore, o al desiderio o alla passione, non è la “Magia dell’Amore” o la “Magia dei Desideri”, come molti la definiscono, ma è detta rossa in quanto in origine era legata all’utilizzo nella ritualistica di sangue (di animali, del richiedente, dell’operatore). Già in uso ai tempi degli antichi Egizi essa prende il suo “nome” proprio dal colore delle tuniche indossate dai sacerdoti Tolemaici, color rosso sangue, durante i loro alti rituali. Questo tipo di Magia può essere considerata, infatti, la Magia ritualistica per eccellenza, prevede l’uso di erbe ed in alcuni rari, o antichi casi, del sangue.</div>
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La Magia Rossa può essere dunque utilizzata per ogni settore della vita, anche per l’amore, ed è una valida alternativa a quanti tra i richiedenti non si sentono cosi spirituali da affidarsi esclusivamente ad una ritualistica Bianca, ma temono gli esiti di un lavoro Nero, infatti essa non produce effetti negativi o effetti boomerang. La Magia Rossa applicata ad una problematica amorosa, si potrebbe definire una versione “soft” della Magia Nera, in cui comunque c’è costrizione e c’è concretezza (ad esempio la sessualità), ma senza appunto necessità di effettuare maledizioni contro nessuno. Gli esiti di un legamento d’amore di Magia Rossa spesso toccheranno l’attrazione sessuale e il desiderio, ed andranno ad alimentarli per dare la possibilità di mettere catene naturali al rapporto.</div>
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Molto più spesso questa Magia si basa sulla cosiddetta, oggigiorno, magia simpatica.</div>
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Sulla Magia Nera è stata prodotta un’immensa letteratura. Misteriosa ed affascinante essa ha contraddistinto l’operare di alcune figure storiche dall’esistenza spesso controversa.</div>
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Molti confondono la Magia Nera con il Satanismo, come insegnò lo stesso Magistero, ma in ultima analisi per i credenti bigotti qualsiasi forma di Magia è “demoniaca”, è probabile che non si salvi neppure la Magia Bianca da questa loro convinzione. Non è sempre vero che chi usa o studia la Magia sia un credente del Dio cristiano, di conseguenza difficilmente potrebbe essere un credente in Satana.</div>
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La Magia Nera è stata più volte confusa in questo modo per la sua principale caratteristica di potere sulle entità, ma ha la capacità di attrarre queste “energie” che non è detto debbano essere “buone” nel senso cristiano cattolico o “cattive”. Esse sono semplicemente totalmente aliene a queste definizioni, è quindi soltanto chi le evoca o ne sfrutta il potere ad indirizzarle in un senso o nell’altro. Indubbiamente essendo composta da rituali non diretti verso le cosiddette Entità Angeliche (come la Magia Bianca), c’è molta più “libertà” di compiere il “male”.</div>
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Nella Magia moderna, quindi sfrondata dalle credenze religiose o dalle tradizioni censuristiche, le tre Magie devono essere equipollenti, ciascuna con una sua ragion d’essere; è sciocco pensare di poter “usare” o studiare soltanto la Magia Nera, e non conoscere a fondo anche le altre due che in realtà la comprendono e la completano.</div>
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Il termine grafofagia si intende per tutti quei tipi di Magia che implicano l’ingerimento per appropriarsi delle virtù della scrittura e degli incantesimi. Questo tipo di rito era già usato nell’antichità e in alcune tradizioni sopravvive ancora ai giorni nostri.</div>
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La Magia del Caos, o Chaos Magic, nasce intorno agli anni ’70 del secolo scorso, e si ispira a vari campi non necessariamente di origine “mistica”, ovvero include sì le basi di Stregoneria e Magia cerimoniale, ma anche teorie scientifiche e la sperimentazione scientifica, la matematica, perfino la fantascienza, le religioni del mondo ed in particolare lo sciamanesimo moderno. In sostanza è una forma di Magia Rituale, con la quale il praticante, utilizzando diverse tecniche, si prefigge di raggiungere determinati scopi individualistici: possiamo dire che le persone facenti parte di questa catena magica, fanno uso di pratiche che riequilibrano la realtà trasformandola in un qualcosa di nullo, appunto un caos, per poi plasmarla a proprio piacimento, o più che altro, vantaggio. In ogni caso la Magia del Caos è, ed il fatto non sorprende, la meno organizzata branca della Magia.</div>
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La Magia del Caos si basa sulla seguente teoria: la mente cosciente non è direttamente in grado di operare azioni magiche, anzi, essa costituisce un impedimento stesso alla Magia. Invece è la mente subconscia che opera azioni portentose, ed è dunque necessario fissare in quest’ultima l’intento magico, così il subconscio potrà “inconsapevolmente” manipolare le energie eteriche in modo da provocare il risultato voluto.</div>
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Questo modello teorico può essere agevolmente utilizzato per qualsiasi forma o tecnica magica. </div>
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Una delle caratteristiche peculiari della Magia del Caos, è il saper fondere in un unico rituale tecniche provenienti da ambiti e tradizioni anche tra loro apparentemente distanti, persino contrastanti, in un Atto Magico che sembrerebbe, appunto, molto caotico. Un rituale potrebbe essere architettato partendo da un testo lovecraftiano, per continuare con pratiche di Stregoneria e chiudersi con un atto tantrico tibetano, ed esserci a presiedere una Forza Divina del pantheon nordico.</div>
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I praticanti della Magia del Caos tendono ad essere fuori da ogni schema. Per essi le visioni del mondo, le credenze, le opinioni, le abitudini e persino le differenti personalità, sono strumenti che possono essere scelti e cambiati in modo arbitrario, allo scopo di manipolare e capire il mondo che essi vedono e si creano intorno. I Chaos Magician sono estremi o molto individualisti, e si considerano eccezionalmente tolleranti, tenendo conto del fatto che qualsiasi opinione, anche a loro contrastante, è comunque modificabile.</div>
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Infatti, uno dei principi della Magia del Caos è “nulla è vero, tutto è permesso”, utilizzato anche da Friedrich Nietzsche nel suo Così parlò Zarathustra. Anche il «fa ciò che vuoi sarà tutta la legge» di Crowley, è una frase da essi frequentemente fraintesa ed interpretata in senso letterale, col significato di “non c’è una verità oggettiva, quindi qualunque cosa tu voglia fare è giusta”, tuttavia un’interpretazione più precisa è “non esiste una verità oggettiva al di fuori della nostra percezione, in questo contesto tutte le cose sono vere e possibili”.</div>
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Tra le varie tecniche abbiamo l’uso dei sigilli (simboli personali creati dai Maghi del Caos) e l’utilizzo degli stati di estasi (lo stato di gnosi) per potenziarli. La tecnica della sigillazione è un metodo molto usato e comune a molte culture, la cui origine si perde nella notte dei tempi. In generale, un sigillo è un geroglifico o simbolo con un significato mistico o magico. Con l’uso dell’immaginazione attiva e di certi “trucchi” per aggirare la mente razionale (come, per l’appunto, i sigilli), si possono infrangere le barriere dell’inconscio con astuzia anziché in modo diretto e quindi in modo molto più facile.</div>
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Lo stato di gnosi è invece uno speciale stato di coscienza che, nella teoria magica, è ciò che è necessario per lavorare con molte forme di Magia, ma in questo caso il concetto devia dalle vecchie teorie che descrivono energie, spiriti o atti simbolici come sorgente dei poteri magici. Esso si raggiunge quando la mente di una persona è focalizzata su un solo punto, pensiero od obiettivo, e tutti gli altri pensieri sono eliminati. Ogni Caote, Caoista o a volte Caosita, sviluppa i propri personali metodi per raggiungere lo stato di gnosi, e tutti questi metodi si fondano sulla teoria secondo cui, ogni pensiero sviluppato durante lo stato di gnosi, influenza la mente inconscia, che influenza in seguito la realtà riuscendo così a raggiungere lo scopo magico prefissato.</div>
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Anche le parole sono parte della loro tecnica magica, nella creazione di un mantra magico, mediante lettere ricavate dall’intenzione del praticante: il potere della parola è un fattore comune a molte tradizioni magiche, ma una volta esso creato, le lettere devono essere riorganizzate in modo casuale seguendo le disposizioni della propria fantasia, per ottenere una serie di parole o frasi senza alcun senso logico, anzi, che possano trascendere la logica. Il loro personale alfabeto sacro, inoltre, permette la costruzione di una frase che tratteggi dettagliatamente l’intento magico, l’eliminazione di lettere ridondanti, e la ricombinazione artistica delle rimanenti lettere per formare un sigillo.</div>
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La cosiddetta “magia sessuale” è più diffusa e comune di quanto si possa immaginare negli ambienti occultisti ed esoterici, e il punto di forza di molti maghi e presunti guaritori è di instaurare un vero e proprio rapporto sessuale continuativo con il proprio cliente.</div>
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Nel caso dei maghi la donna verrà convinta della necessità dell’atto per ottenere i benefici richiesti, mentre nel caso della strega riuscirà molto facilmente a conquistare la vittima facendo uso delle armi della seduzione femminile. In entrambi i casi lo scopo è quello di portare quanto meno a commettere il peccato di fornicazione e, se possibile, di adulterio, tradendo il rispettivo coniuge. In questi casi di grave peccato, si spalancano realmente le porte a Satana.</div>
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Di particolare importanza è la valenza data all’atto sessuale stesso, in cui viene invocato in modo forte il Demonio per operare sulla base delle richieste del mago. Presunte energie e forze si scatenerebbero infatti durante l’orgasmo e le fasi precedenti. Gli occultisti stanno infatti molto attenti a gestire questi momenti in cui, a loro detta, è possibile incanalare enormi forze spirituali ed energetiche. </div>
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Ancora più perverso è pervertitore è l’atto sessuale multiplo in cui vengono cambiati i partner e si da sfogo ai più reconditi desideri sessuali. Queste casistiche sono frequenti molto spesso anche in ambito satanico e massonico deviato, in cui l’orgia rappresenta un’importante tappa per il raggiungimento di certi obiettivi e per la glorificazione del Demonio.</div>
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Anche le streghe che abitualmente operano in maniera solitaria, non disdegnano l’orgia o l’accoppiamento di stampo magico, soprattutto nelle occasioni in cui devono chiedere a Satana particolari favori o per ottenere determinate capacità e forze per eseguire malefici o rituali specifici.</div>
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La Magia del Caos risulta un caso unico nel panorama delle tradizioni magiche, in quanto non attribuisce significati particolari a particolari divinità o simboli. Seguendo infatti il principio che qualsiasi cosa può avere significato ed apportare potere magico, i rituali della Magia del Caos possono essere centrati su simboli molto diversi e addirittura bizzarri, come ad esempio uno scarabocchio, un calzino spaiato, una pentola arrugginita… infatti in alcuni casi questo si risolve in temporanei, ma elaborati culti che possono sembrare vere e proprie parodie di tradizioni magiche o della tradizione in generale.</div>
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Secondo Spare, che può essere considerato il padre della Magia del Caos, non esiste un potere magico legato ad un qualsiasi simbolo, è solamente la manipolazione del subconscio che rende magico il simbolo. Tuttavia per il praticante è magicamente più efficace un determinato simbolo appartenete alla sua tradizione o cultura. In questo caso, senza coltivare dubbi, ha a disposizione la fede necessaria a far lavorare attivamente le simbologie magiche a lui familiari.</div>
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Sigmund Freud e Karl Jung offrono il fondamento teoretico sulla natura subliminale del lavoro sui sigilli, chiarendo che tra la mente cosciente e quella subcosciente esistono delle vere e proprie «valvole di sicurezza»: si tratta di un filtro che elimina dalla coscienza tutti i pensieri, tutti i ricordi e le impressioni giudicate assurde o scomode. Spare chiamava questo filtro censore psichico.</div>
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Perciò un sigillo magico utilizza determinati geroglifici per formare una sorta di ponte, una breccia tra la mente consapevole e il subconscio. Queste considerazioni conducono ad assumere un atteggiamento comunque rispettoso nei confronti del tradizionale Talismano magico, nei confronti degli emblemi universali (come i geroglifici planetari o astrologici), che sarebbero utilizzati solo per arricchire uno stratagemma fisico, che fungerà da scaturigine al vero potere rappresentato da quelle simbologie.</div>
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Anche le pratiche sciamaniche, quali la danza, le percussioni ritmiche, o gli sforzi fisici portati sino all’estremo delle forze possono essere validi supporti per raggiungere lo scopo prefisso. In effetti, continuando a seguire il filo di questa interessante teoria, ciò che è realmente importante è giungere al punto in cui si superano gli ostacoli alla comunicazione con la parte più spirituale e profonda di se stessi.</div>
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In ultimo, un sigillo il cui significato è ricordato in modo cosciente è un sigillo che non avrà alcuna azione magica. Dunque si deve necessariamente trovare un modo per “dimenticare” il significato che sta dietro un sigillo per farlo agevolmente funzionare. Un metodo per raggiungere questo scopo è di creare il geroglifico e in un secondo momento nasconderlo alla vista dell’operatore per qualche giorno. Quando il significato del geroglifico (e l’intenzione ad esso legata) è stato dimenticato dalla coscienza, allora l’operante si potrà caricare con la sua energia evocativa.</div>
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Il simbolo ufficiale e l’unico riconosciuto della Magia del Caos è la Stella Caote ad otto punte (Caosfera o Ruota del Caos), dato che sintetizza le infinite possibilità di direzione. È formata da un punto da cui si dipartono otto frecce equidistanti, ma comunque ne esistono diverse varianti.</div>
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Il noto sociologo Massimo Introvigne usa un semplice esempio per chiarire la differenza tra la genuina mentalità religiosa e l’atteggiamento magico-superstizioso: “Se, avendo bisogno della pioggia, mi rivolgo con una preghiera a Dio sapendo bene che Dio risponderà comunque in modo sovrano e libero alla mia invocazione (cioè risponderà o concedendomi la pioggia oppure non concedendomela), e io resto fermo nella mia fede in lui e sereno davanti alla sua libera decisione, allora il mio è un atteggiamento perfettamente religioso. Se invece, avendo bisogno della pioggia, sono convinto che mi basti recitare una formula per obbligare Dio, oppure una divinità o uno spirito, o forse il Diavolo, a far piovere, allora io sono in pieno atteggiamento magico-superstizioso”.”</div>
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Incantesimi, sortilegi, divinazioni caratterizzano la società umana fin dai tempi più remoti, dalla cultura egizia a quella romana, in cui la magia si scontrava con il cristianesimo, fino al Medioevo, in cui diviene “pratica maledetta”, e al Rinascimento, quando la magia si fonde con le scienze, l’alchimia, l’ermetismo. Secondo il “pensiero magico”, l’uomo è parte del tutto, dove a un macrocosmo, che è il mondo, corrisponde un microcosmo, che è l’uomo stesso. Nell’ambito di questa corrispondenza il “mago” è un uomo (microcosmo) che sa penetrare i segreti del tutto (macrocosmo) e che sa dominare la natura e gli eventi.</div>
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La stregoneria, a differenza di alcuni tipi di magia, non nasconde di ricorrere apertamente a forze demoniache e allo stesso Demonio, esattamente come nell’ambito della magia nera.</div>
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Nella nostra società l’elemento magico si è trasforma nei fenomeni paranormali, nello spiritismo, nel Channeling, nell’occultismo, nell’esoterismo ed esprime la tendenza di molte persone a credere in un dio magico e miracolistico, che può essere utilizzato per soddisfare i propri bisogni.</div>
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L’elemento magico non è altro che l’espressione del bisogno dell’uomo di sfuggire ai limiti della propria condizione e di cambiare il corso degli eventi a proprio vantaggio. I rituali esoterici servono a superare la sensazione di impotenza e a integrare tutti quegli aspetti dell’esistenza sui quali sembra di non poter esercitare alcun controllo. Il fascino dell’occulto siede, quindi, nell’illusione di poter influire direttamente sulla propria condizione, modificandola in relazione ai propri bisogni, di avere potere su se stessi e sugli altri, piuttosto che sentirsi in balia degli eventi esterni per trovare una soluzione ai propri problemi.</div>
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Oggigiorno la magia è di gran voga e ciò è spiegabile nel fatto che ogni volta che nel corso della storia cala la fede, aumentano le pratiche superstiziose come alternativa alla stessa; la magia è infatti radicata ovunque a prescindere dal grado di sviluppo, dal progresso o dalla localizzazione geografica. Non tutti coloro che frequentano maghi sono persone ingenue ed analfabete ma vi si trovano anche importanti uomini d’affari, personaggi dello spettacolo, politici, campioni sportivi, ecc.</div>
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Sono principalmente tre i motivi che spingono costoro a frequentare i maghi: disperazione, curiosità, ricerca di potere.</div>
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– DISPERAZIONE: quando una persona vede che tutto va male nella sua vita e i rimedi naturali a cui ha ricorso sono risultati inutili, si sente quasi costretto a ricorrere ai cosiddetti mezzi alternativi. Tra i mezzi alternativi c’è anche il ricorso ai maghi (“ti hanno fatto un fattura”, è una delle diagnosi più ricorrenti) che pretendono di saper spiegare il perché va tutto storto e promettono il magico rimedio.</div>
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Quando l’uomo è abbattuto dalla disgrazia e della malattia, si trova in uno stato psicologico per cui non ragiona più; accetta ogni soluzione pur di uscire da quella problematica, fregandosene al contempo di indagare da parte di chi viene questo aiuto.</div>
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– CURIOSITA’: da quella ingannevolmente innocente (per sapere cosa ci verrà detto), alla volontà di conoscere per vie magiche ciò che è oscuro ed inaccessibile (uno dei capisaldi dell’occultismo). Il più delle volte si richiede al mago il futuro, altre volte si chiede la causa dei mali che si hanno (cercando un colpevole a tutti i costi), il chiarimento di dubbi (se il proprio coniuge ci tradisce), o il comportamento da tenere in un caso particolare (sul futuro di una relazione, di un lavoro ecc.).</div>
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– RICERCA DI POTERE: si intende il guadagno materiale, il successo, il protagonismo, i godimenti sessuali, comprendendo anche la vittoria sui rivali lavorativi, commerciali, politici, ecc. Si entra quindi nel campo di voler prevalere ad ogni costo anche danneggiando gli altri; è lo specifico campo d’azione della magia nera. Si è spinti dal desiderio di raggiungere, per via magica e ricorrendo all’aiuto di nefaste forze occulte, risultati o poteri che non si riesce ad ottenere per via naturale (intelligenza, studio, abilità, amore, ecc.).</div>
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I veri maghi hanno una grande abilità a legare psicologicamente a sé le persone, per renderle sempre dipendenti dai loro servizi e quindi ricavarne un guadagno economico periodico e duraturo. Si presentano come benefattori, veri amici che possono capire e che vogliono aiutare in cambio di un piccolo compenso economico per il servizio prestato (a volte gratuitamente le prime volte, per poi raggiungere cifre da capogiro quando il legame di dipendenza si è instaurato).</div>
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E’ una triste realtà che molte importanti personaggi di successo non si muovono e non prendono decisioni importanti senza aver prima interpellato il loro mago di fiducia.</div>
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Si avvalgono di collaboratori che percepiscono una percentuale sul guadagno finale ottenuto dal cliente a loro indirizzato e di investigatori privati per rivelare al malcapitato cose nascoste personali che attestino i loro poteri soprannaturali.</div>
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Molto spesso richiedono una foto per poter fare una diagnosi “a distanza” oppure dicono di portare da loro anche il tal familiare che sta sperimentando alcune difficoltà o che è sottoposto ad influenze negative che solo loro sono in grado di allontanare. Generalmente additano la causa dei problemi personali, a qualche familiare che avrebbe fatto una fattura a morte che solo loro sono in grado di sciogliere. A tal proposito è bene ricordare che spingere all’odio (specialmente familiare) è uno dei marchi distintivi del Demonio che mira a sfasciare le famiglie.</div>
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I metodi più ricorrenti con cui i maghi si fanno pubblicità sono: il passaparola, le riviste, la radio, la televisione, internet, il volantinaggio e la pubblicità lungo le strade.</div>
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Tra le moltissime pratiche che i maghi ed i fattucchieri svolgono nei loro “laboratori”, ce ne sono alcune che vengono attuate direttamente in presenza del cliente, magari per diagnosticare qualche male malefico o malattia. Chi purtroppo è caduto tra le mani di questi individui può sicuramente riconoscere alcune delle seguenti:</div>
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– l’idromanzia, l’aeromanzia, la piromanzia e l’aruspicina, che consistono nel cercare segni rivelatori di fatti nascosti o futuri rispettivamente nell’acqua (spesso facendovi cadere dentro qualche goccia di olio), nell’aria, nel fuoco e nelle viscere degli animali;</div>
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– la cartomanzia, che ritiene di poter conoscere cose occulte dall’uso dei cosiddetti tarocchi;</div>
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– l’uso del pendolino (radiestesia) e della sfera di cristallo;</div>
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– La geomanzia, ottenuta tracciando simboli casuali sul terreno o su un pezzo di carta per poi interpretarne le figure ed i segni;</div>
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– la chiromanzia, che pretende di conoscere il futuro della persona interpretando le linee del palmo della mano;</div>
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– la lettura di segni e figure nei fondi di caffè, in bacchette lasciate cadere a caso, nelle corde, ecc.</div>
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– l’astrologia, che pretende di predire il futuro della persona in base alla posizione delle stelle e dei pianeti;</div>
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– la scrittura automatica, che consiste nello scrivere frasi e discorsi che non arrivano dal pensiero cosciente dello scrittore;</div>
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– la recita di particolari frasi o formule occulte sul soggetto insieme all’imposizione delle mani per individuare le eventuali negatività e tracciare la diagnosi finale.</div>
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-6905197530000186772016-10-17T00:12:00.002-07:002016-10-17T00:12:31.130-07:00IL MALOCCHIO.<br />
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzkD_eSkZtiSX7mamNjf8Fzit_8oUXDGd1r7se2EV5b5BGJFdWDnQb4sGxzu87hNs2mxo6IeBsB5AEeB1bAC9CI9IHENTKkHYAqLPzqPibBqRqj1cEqggdRsTPjQ1VRZlEh96x-ZaOsko/s400/malocchi.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
Il malocchio è una tradizione popolare molto radicata e dalle origini antichissime (anche Cornelio Agrippa, nella sua opera La Filosofia Occulta o la Magia ne fa un’accurata descrizione definendolo come una forza che partendo dallo spirito del fascinatore entra negli occhi del fascinato e giunge fino al di lui cuore. Lo spirito è, dunque, lo strumento della fascinazione).<br />
<br />
La diffusione di questa credenza è maggiore in determinate aree culturali.<br />
<br />
Il malocchio, termine il cui significato è “occhio che getta il male” è una vera e propria forma di superstizione; chi gli attribuisce credibilità (ma non vi sono evidenze scientifiche che possano giustificarla) ritiene che alcune persone (ma anche animali, per esempio il rospo o il serpente) abbiano il potere di provocare eventi malefici con il proprio sguardo.<br />
<br />
Secondo la tradizione alcune persone possono “dare il malocchio” volontariamente, mentre altre possono esercitarlo in modo involontario (a causa di invidie, ossessioni, delusioni amorose e via discorrendo).<br />
<br />
Dal punto di vista fisico i problemi provocati alla persona colpita dal malocchio sarebbero violenti mal di testa, nausea, vomito, cattivo umore, depressione; più in generale poi potrebbero verificarsi eventi particolarmente negativi sia dal punto di vista affettivo sia dal punto di vista economico ecc. Il malocchio può essere a carico di una persona, ma anche di cose.<br />
<br />
Nelle aree dove il malocchio è ancora relativamente diffuso vi sono persone che ritengono di avere la capacità di sapere se una certa persona è stata colpita da malocchio. Generalmente si tratta di donne piuttosto anziane che tramandano poi il loro “potere” a persone di loro fiducia, solitamente familiari. Sembra che, dopo che è avvenuta la trasmissione del potere, la persona che lo ha trasmesso perda la sua capacità di effettuare il rito; è per questo motivo che molte volte la trasmissione avviene quando la persona sente che si sta avvicinando alla fine dei suoi giorni.<br />
<br />
In alcune zone il malocchio sembra più radicato che in altre; non esistono statistiche ufficiali in proposito, ma sembra che nelle regioni meridionali tale credenza sia tenuta più in considerazione che nel centro Italia e nel settentrione.<br />
<br />
Alcuni studi sono interessanti e rivelano i diversi modi di interpretare questa particolare credenza. In Sardegna, per esempio, sembra che sia la donna l’oggetto e il soggetto del malocchio; le donne infatti sono più predisposte a essere colpite dal cosiddetto “occhio malvagio”; sono sempre però le donne quelle che hanno più potere in tal senso. Anche la “medicina dell’occhio”, ovvero i riti di guarigione, è gestita dal sesso femminile. Nei paesi sardi, ma anche in altre culture, c’è sempre un mischiarsi di credenza e religione. I riti “terapeutici” che si riscontrano nella regione sarda sono numerosi (sicuramente più di venti) e spesso, sebbene in forme diverse, vi si ritrovano recite di preghiere appartenenti alla tradizione religiosa cattolica legate a utilizzi di acqua, sale, olio, riso, grano, corna di muflone o di bue, carbone, carta ecc.<br />
<br />
Tutto è basato su una serie di credenze popolari e di pratiche tramandate di persona in persona. Innanzitutto, sembra che dare una bella pulita negli ambienti in cui si vive e si lavora, sia un buon primo passo nella battaglia per sconfiggere il malocchio.<br />
<br />
Armati di straccio e secchio, una bella lavata ai pavimenti, preferibilmente con acqua e sale. Il sale è tradizionalmente utilizzato per sconfiggere le iettature perché ha il potere di rimuovere le energie negative. Poi una bella spolverata a tutti gli ambienti e per finire, finestre aperte per cambiare l'aria. Sembra che in alcuni casi, già questo depotenzi l'azione dell'energia negativa.<br />
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<br />
<br />
Si possono anche posizionare dei sacchetti di sale grosso negli angoli delle stanze, preferibilmente in sacchetti di colore rosso, altro elemento anti iella.<br />
<br />
Una delle pratiche preferite da chi osserva la religione cattolica, è quella di chiamare il prete della propria parrocchia e chiedergli di benedire la casa, ma anche la macchina e semmai fosse disponibile, il luogo di lavoro.<br />
<br />
Per difendersi mentre si è fuori casa e a contatto con la gente alcuni consigliano di portare con se dei talismani specifici, ma la protezione primaria deve essere la recinsione della propria aura: per fare questo immaginatevi protetti da una luce bianca e impenetrabile; pregate e meditate regolarmente per la vostra protezione. Evitate sentimenti di odio, vendetta e rancore e concentratevi su pensieri elevati, puri e spirituali.<br />
<br />
La superstizione suggerisce di eseguire il gesto delle corna o della mano di fica per allontanare da se il malocchio.<br />
<br />
Oltre alle cure esiste anche la prevenzione; la prevenzione dal malocchio viene effettuata ricorrendo ad amuleti vari o a particolari gesti.<br />
<br />
A seconda delle zone e delle regioni esistono diversi tipi di amuleti; c’è chi tiene un sacchetto con sale benedetto, un chiodo, uno spicchio d’aglio, un ramoscello d’olivo ecc, appeso al collo; altri portano in tasca un cornetto di colore rosso, un chiodo ecc. altri si cuciono sugli abiti un pezzo di nastro rosso.<br />
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Un rito molto utilizzato nelle regioni del Sud Italia prevede l'uso di un piatto in cui viene versata acqua e qualche goccia di olio. Serve innanzitutto per verificare la presenza del malocchio e si fa così. Si pone sulla testa della persona che teme di esser vittima della iattura, un piatto di ceramica in cui si versa dell'acqua e nell'acqua si fanno cadere tre gocce di olio.</div>
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A seconda della forma che l'olio prende, si può capire innanzitutto se lo iettatore è un uomo o una donna. Se la macchia che si forma è tonda, possiamo esser certi si tratti di un uomo. Se invece le gocce d'olio assumeranno una forma unica, allungata, la cospiratrice è donna. Se infine l'olio si spande allargandosi nessuna paura: nessuno ha tramato contro di voi.</div>
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Constatata la presenza del malocchio, la persona che sta conducendo l'allontanamento del malocchio, procederà a questo punto con la recita di una sorta di preghiera. Si sappia che ogni praticante ha la sua formula segreta oppure, si utilizza la Preghiera di san Cipriano.</div>
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Alla fine della preghiera, si passa a segnare con olio la fronte del malcapitato con tre segni della croce per sette volte e si getta poi il contenuto del piatto. Alcuni praticano invece il "taglio" dell'olio nel piatto con una forbice, a simboleggiare la distruzione materiale del malocchio.</div>
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Dopo aver gettato l’acqua si deve ripetere nuovamente il rito per altre due volte; già la seconda volta gli “occhi” che compaiono nell’olio dovrebbero essere più piccoli, mentre alla terza volte non dovrebbe esserci più niente. Se gli “occhi” compaiono anche durante la terza ripetizione del rito, significa che il malocchio trasmesso è piuttosto forte ed è necessario seguire una determinata procedura; si “tagliano” gli “occhi” con le forbici e si ripete il rito il giorno dopo. Preferibilmente il rito andrebbe ripetuto da persone diverse, una dopo l’altra. È importante che, una volta iniziato il rito contro il malocchio, esso non venga mai interrotto.</div>
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Se tutto è andato bene, la persona colpita dal malocchio comincia a sentirsi subito meglio.</div>
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Alcune tradizioni prevedono che all’affatturato venga lavata la testa con latte; altre utilizzano miscele di erbe da strofinare sul corpo o portare con se. Erbe considerate molto efficaci sono ulivo, ruta, anegelica, aneto, iperico e verbena. Il talismano più noto per prevenire e combattere l’occhio maligno è l’immagine di un’occhio stesso.</div>
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-2935908443393115942016-10-16T14:15:00.002-07:002016-10-16T14:15:22.566-07:00STREGHE.<br />
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Le origini più antiche della stregoneria si fanno risalire al codice di Hammurabi, siamo quindi al secondo millennio avanti Cristo. In questo codice sono riportate delle disposizioni contro quegli stregoni e maghi che hanno arrecato danni ad altri.<br />
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Troviamo esempi di stregoneria in Omero, negli episodi sulla Maga Circe che trasformava i marinai in porci, e in Medea che lanciava il malocchio con intrugli che produceva mescolando diversi ingredienti.<br />
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Nel folclore popolare occidentale la figura della strega ha avuto solitamente un'accezione negativa: si riteneva che le streghe usassero i loro poteri per nuocere alla comunità, soprattutto a quella agricola, e che prendessero parte a dei raduni periodici chiamati sabba dove adoravano il Demonio.<br />
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La figura della strega ha radici antichissime, che precedono di molto il cristianesimo: basti ricordare la cosiddetta strega di Endor, in realtà una negromante, citata nella Bibbia, come anche le celebri streghe della Tessaglia, nell'antica Grecia.<br />
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A partire dal tardo Medioevo e con l'inizio del Rinascimento, la Chiesa cattolica e, in seguito, anche alcune confessioni protestanti hanno individuato nelle streghe delle figure eretiche, pericolose per la comunità e dedite al culto del Maligno, da perseguitare ed estirpare dalla società con la violenza. L'insieme dei fenomeni persecutori contro la presunta setta di adoratori del Demonio è noto come "caccia alle streghe" e in Italia l'ultimo caso di una donna che sia stata uccisa perché ritenuta una strega avvenne nel 1828 a Cervarolo in Valsesia.<br />
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Fra le varie ipotesi proposte a spiegazione della stregoneria ne è stata avanzata una secondo la quale essa sarebbe l'interpretazione fantastica dell'intossicazione da ergot.<br />
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Il medico olandese Johann Wier, con il suo libro De praestigiis daemonum del 1563, è stato uno dei primi a stabilire una connessione tra il possibile stato allucinatorio di anziane donne malate e frustrate e i tipici comportamenti di coloro che venivano ritenute delle streghe. Tra i seguaci di questa visione scettica, ancorché non del tutto scientifica, vi fu l'inglese Reginald Scot, autore di un'opera intitolata The Discoverie of Witchcraft (1584).<br />
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Pur con intenti tutt'altro che assolutori, l'inquisitore francese Pierre de Lancre, nel suo trattato Tableau de l'inconstance des mauvais anges et démons del 1612, ha riflettuto prima di ogni altro sulle caratteristiche che accomunavano le streghe da lui perseguite nella regione del Labourd e i "maghi" della Lapponia, ossia gli sciamani. Secondo il de Lancre, streghe e sciamani si abbandonavano a un'estasi di tipo diabolico.<br />
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Alla metà del XVIII secolo, quando sono già molto numerose le manifestazioni di scetticismo da parte di intellettuali ed eruditi verso la realtà della stregoneria, Girolamo Tartarotti pubblica il suo Del Congresso notturno delle Lammie (1749), nel quale afferma la realtà della magia diabolica (e dunque la possibilità di operare malefici e incantesimi con l'aiuto del Maligno), mentre nega l'esistenza del sabba considerandola pura illusione, arrivando con ciò a ridefinire lo stereotipo della strega che a quel tempo era ancora prevalentemente incentrato sulla credenza nel volo notturno e nelle tregende.<br />
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A partire dall'Ottocento è iniziata la rivalutazione della figura della strega attraverso varie opere storiche e letterarie, tra le quali basti citare La Sorcière di Jules Michelet, in cui lo storico francese afferma tra i primi la tesi che la stregoneria sia un residuo di antichissime pratiche pagane. Una notevole influenza ha avuto il saggio Aradia, o il Vangelo delle Streghe, scritto da Charles Godfrey Leland nel 1899, in cui l'autore descrive in forma romanzata antichi riti della tradizione stregonesca italiana, chiamandola "stregheria". Nel testo si narra di Aradia, figlia della dea Diana, che scende sulla terra per insegnare l'arte della stregoneria ai suoi seguaci.<br />
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Altrettanta importanza hanno avuto, nei primi decenni del Novecento, le tesi di Margaret Murray, secondo le quali la stregoneria sarebbe la sopravvivenza per tradizione misterica, soprattutto nelle campagne, di culti e pratiche di origini remote: pratiche di guarigione, rituali di fertilità, conoscenze dell'uso delle erbe, comunicazione con gli spiriti e il numinoso, e viaggi extracorporei. La strega della cultura occidentale corrisponderebbe allo sciamano delle culture cosiddette primitive.<br />
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Questo nuovo contesto ha contribuito alla nascita del neopaganesimo e della wicca, nel cui ambito per strega si intende colei che è stata iniziata a una delle varie tradizioni neopagane o wiccan, o una praticante della stregoneria tradizionale.<br />
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Fu nel XIII secolo che iniziarono i processi per stregoneria, con l'istituzione della tortura voluta da Papa Innocenzo IV, attraverso la bolla chiamata Ad extirpanda emanata il 15 maggio 1252, poco prima della sua morte.<br />
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Il titolo della bolla prende il nome dal suo incipit:<br />
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"Ad extirpanda de medio Populi Christiani haereticae pravitatis zizania, quae abundantius solito succreverunt, superseminante illa licentius his diebus hominis inimico tanto studiosius, juxta commissam nobis sollucitudinem insudare proponimus, quanto perniciosius negligeremus eadem in necem catholici seminis pervagari."<br />
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Bisogna però andare qualche anno indietro, fino al 13 giugno 1233, quando fu promulgata da Papa Gregorio IX la sua prima bolla, Vox in Rama, che esortava i vescovi tedeschi ad aiutare l'inquisitore papale Conrad di Marburg, che vedeva nella tortura e nel terrore il mezzo per ottenere la confessione di quanti adoravano Lucifero e il suo diabolico gatto nero.<br />
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Il primo processo per stregoneria, o meglio il primo documento storico su una pubblica esecuzione di una strega, si ebbe in Francia, a Tolosa, nel 1275, quando fu arsa viva Angela de la Barthe, accusata di aver avuto rapporti sessuali col Diavolo. La donna confessò di aver partorito una creatura dalla testa di lupo e la coda di serpente, che nutrì con neonati rapiti.<br />
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Non è certo il numero di presunte streghe uccise dall'Inquisizione. La persecuzione fu definita da alcuni un vero "olocausto di donne". C'è chi parla di centinaia di migliaia di vittime, chi arriva a nove milioni. È impossibile stabilirne il numero preciso, poiché fu un'operazione che dilagò per tutta Europa e si spinse fino al Nuovo Mondo.<br />
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La caccia alle streghe scoppiò a partire dal XIV secolo e durò fino al XVII, per mezzo di una congrega di cosiddetti cacciatori di streghe, gente convinta dell'esistenza e soprattutto della validità e utilità della propria missione.<br />
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Il risultato finale fu la strage di migliaia e migliaia di persone, torturate e mandate al rogo. C'era sì la presenza di gente impossessata dal male, c'erano veri mostri, ma erano gli stessi cacciatori.<br />
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I benandanti: buoni camminatori sono gruppi di uomini e donne che si riunivano per combattere il male. Congreghe del genere apparvero in Friuli attorno ai secoli XVI e XVII ed erano legate a culti pagani e contadini.<br />
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I benandanti erano uomini nati con la camicia, ossia con un pezzo di placenta, che nelle tradizioni popolari rendevano una persona speciale, in quanto la placenta era ritenuta la sede dell'anima.<br />
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Erano gli unici che potevano estinguere il potere dei malocchi e difendere i campi e i raccolti da streghe e stregoni. Si dice infatti che in particolari notti i benandanti combattessero contro le streghe, gli uni armati di rami di finocchio e le altre di rami di sorgo. La vittoria o la sconfitta dei benandanti segnava la fertilità dei campi o la perdita del raccolto. Gli scontri avvenivano in sogno, erano quindi battaglie oniriche, ma che avevano effetti anche nella vita reale.<br />
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I benandanti sono anche legati alle Processioni dei Morti, sempre di origine contadina. Era ritenuto benandante chi vedeva i morti e andava con loro. A loro è anche legata la caccia selvaggia, presente in Europa centrale.<br />
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Nonostante i benandanti combattessero il male, la Santa Inquisizione li dichiarò eretici tra il 1570 e il 1670. La missione di questa congrega si fondava su culti pagani, che non potevano trovare un riscontro positivo nella Chiesa. Furono molti i processi giudiziari a cui furono sottoposti i benandanti, che col tempo erano divenuti essi stessi stregoni.<br />
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Se prima erano visti come difensori della fertilità dei campi, più tardi, verso la fine del XVI secolo, erano riconosciuti come quelli che tolgono malocchio e fatture, fino a essere considerati stregoni alla fine del '600.<br />
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L’immagine della strega evocava rapporti con il diavolo, il male oscuro poteva giustificare le immani tragedie che colpivano la popolazione del Medioevo. E così durante i processi si cercava il marchio lasciato dal demonio sulle sue adepte: si trattava di un segno invisibile che però rendeva insensibile la carne. Con uno spillone il corpo della presunta strega veniva punzecchiato in ogni suo punto fino a trovare una parte dove non si sentiva dolore, quella era la prova inequivocabile, si trattava di una serva del diavolo.<br />
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Il processo alle presunte streghe veniva svolto dinanzi al Tribunale dell’Inquisizione, che, a partire dal 1542, con la bolla “Licet ab initio” di papa Paolo III, divenne ancora più severo , escludendo qualsiasi intervento di vescovi ed autorità laiche.<br />
Bastavano due testimoni “attendibili” per una condanna. Diversi erano i casi di denunce di vicini o di mariti desiderosi di “ disfarsi” delle mogli non gradite.<br />
Anche quando venne introdotta la figura dell’avvocato difensore, questi non agiva mai per il bene dell’accusata, altrimenti i giudici avrebbero potuto dubitare della sua fedeltà e pensare che anche lui fosse “ manovrato” dal diavolo.<br />
La confessione veniva estorta con ogni forma di tortura, “citra membri diminutionem et mortis periculum”, salvo mutilazione e pericolo di morte.<br />
La sentenza poteva essere di assoluzione ( previa condanna a pene lievi, di natura più che altro morale: penitenze, pellegrinaggi, preghiere), prigionia ( temporanea o a vita) o di morte sul rogo.<br />
Quel che è certo è che le condanne sul rogo aumentarono in proporzione all’ espandersi delle epidemie di peste, la terribile morte nera giunta in Italia nel 1347 a bordo di 12 vascelli fantasma provenienti dal Vicino Oriente e carichi di morti, corpi putrefatti e topi infetti. Le streghe venivano considerate le colpevoli del male che si scagliava sui villaggi senza pietà, provocando, in soli tre giorni dalla comparsa del bubbone pestilenziale, la morte.<br />
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Il Canon Episcopi si rivela un importante documento storico, inizialmente attribuito al Concilio di Ancira del 314, ma ritenuto più recente, forse dell'867. Nel testo, in alcuni punti contraddittorio, si riteneva una follia credere che le streghe potessero volare.<br />
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Era comunque un testo affidato ai vescovi, per istruirli sui comportamenti da adottare nei confronti di questa credenza.<br />
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È comunque un importante documento storico, perché mostra la posizione della Chiesa cattolica nei confronti della stregoneria.<br />
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Nel testo si menzionava Diana, come dea pagana. E si mettevano in guardia i vescovi sulle donne convinte di obbedire ai suoi ordini o perfino cavalcare la notte su non specificate bestie e di attraversare immense distanze. Donne che, comunque, vanno condannate, anche se siamo ancora lontani dai roghi dell'Inquisizione.<br />
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Il Canon Episcopi quindi non è da considerare un testo di riferimento per combattere la stregoneria:<br />
"…i vescovi e i loro ministri vedano di applicarsi con tutte le loro energie per sradicare interamente dalle proprie parrocchie la pratica perniciosa della divinazione e della magia, che furono inventate dal diavolo; e se trovano uomini o donne che indulgono a tal genere di crimini, devono bandirli dalle loro parrocchie, perché gente ignobile e malfamata."<br />
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Fu infatti sostituito più tardi con il ben noto Malleus Maleficarum.<br />
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Maleficarum (Hexenhammer), in latino maglio delle streghe, con cui se ne simboleggiava l'abbattimento, è un famoso testo medievale sulla stregoneria, scritto nel 1486 dai domenicani e inquisitori della Chiesa Cattolica Heinrich Kramer e Jacob Sprenger e pubblicato in Germania nel 1487. Il suo scopo principale era di istruire i giudici su come identificare, interrogare e imprigionare le streghe.<br />
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Fu presentato alla Facoltà di Teologia dell'Università di Colonia il 9 maggio 1487.<br />
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Il titolo completo riportato nel frontespizio del libro era: Mallevs Maleficarvm in Tres Divisvs Partes, In quibus Concurrentia ad maleficia, Maleficiorum effectus, Remedia aduersus maleficia, Et modus deniq; procedendi, ac puniendi Maleficos abundè continentur, præcipuè autem omnibus Inquisitoribus, et diuini verbi Concionatoribus vtilis, ac necessarius.<br />
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Secondo questo testo, erano tre gli elementi necessari alla stregoneria: le intenzioni malvagie, l'aiuto del Demonio e il permesso di Dio.<br />
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L'intero volume è suddiviso in tre sezioni.<br />
Nella prima si parla dell'esistenza del Diavolo e dei rapporti sessuali fra le donne e il demonio, come mezzo per diventare streghe.<br />
Nella seconda sezione sono discussi casi reali, si parla dei poteri delle streghe e come reclutano adepti e quali metodi sono efficaci per contrastarle.<br />
Nell'ultima parte si spiega come perseguire una strega, attraverso una guida dettagliata per condurre un processo, per raccogliere le accuse e interrogare testimoni e infine definire l'imputazione delle accusate.<br />
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Il Malleus Maleficarum ha avuto venti edizioni fra il 1487 e il 1520 e sedici fra il 1574 e il 1669.<br />
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Il termine stregoneria proviene dalla parola latina strix, che significa propriamente strige, un uccello notturno presente in antiche favole, che succhiava il sangue dei bambini nella culla e instillava loro il proprio latte avvelenato. È citato da vari autori latini, come Ovidio, Plauto e Plinio il Vecchio.<br />
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Troviamo il termine anche nel greco antico strix, di origine indoeuropea, che significa uccello notturno, strige. È però una parola onomatopeica, che proviene dal verbo latino strideo, cioè stridere, emettere suoni acuti e sibilanti.<br />
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Il verso dei rapaci, quindi, ha portato alla creazione di questa parola, e se il rapace è notturno ecco che la fantasia popolare si accende e nella mente semplice degli uomini di quei tempi si formano le immagini di creature fantastiche, che a loro volta danno vita a esseri dotati di poteri sovrannaturali.<br />
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La classica iconografia sulle streghe vede queste donne volare a cavallo di una scopa. È una tradizione che risale perfino all'epoca precristiana e è presente negli atti processuali per stregoneria dei secoli XVI e XVII.<br />
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Sono poi viste con un mantello nero, che però non possiede una funzione specifica, a differenza del calderone che invece è strumento indispensabile per produrre incantesimi e malefici.<br />
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Le erbe si rivelano un ingrediente importante: raccolte durante la luna calante erano usate per i malefici, durante la luna pieni erano invece per riti benefici.<br />
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Anche le candele erano uno degli strumenti utili alle streghe, durante i sabba, unitamente a un cerchio magico tracciato in terra, che serviva sia a unificare il potere delle streghe che ad aumentarlo.<br />
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Bottiglie di vetro e orci servivano per contenere i filtri magici, in cui venivano infilati capelli, pezzi di unghie e stoffa trafitta da spilli.<br />
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Si parla anche di una ghirlanda delle streghe, che consiste in un pezzo di corda a cui sono attaccate penne di oca, corvo e cornacchia e usata per lanciare il malocchio.<br />
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La strega si manifesta sotto varie forme e assume nomi e caratteristiche differenti in base alla località in cui vive. Ogni regione d'Italia possiede così un proprio folclore e dà alle streghe i nomi più disparati, contribuendo a creare per queste creature una famiglia popolosa e variegata.<br />
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Le abitatrici dei campi sono presenti nelle leggende della Calabria e della Basilicata, che hanno subito l'influenza delle comunità albanesi. Si dice che rapiscano i bambini nelle culle, per poi nasconderli nei tronchi delle querce.<br />
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Le animulari sono presenti in Sicilia e rientrano nella famiglia delle Streghe. Sono donne che hanno venduto la loro anima al diavolo. Questo potrebbe far pensare che il loro nome derivi da "anima", mentre invece sembra che sia dovuto al termine dialettale siciliano "anunulu", che significa arcolaio, poiché si dice che volino la notte girandolo. L'arcolaio compare anche nella fiaba La bella addormentata nel bosco, in cui la strega Malefica si trasforma appunto in un arcolaio per far pungere la principessa. Queste streghe, con opportuni unguenti e formule magiche, possono passare attraverso le fessure di porte e finestre.<br />
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Le Bàzure sono anche chiamate "streghe marinare", poiché si dice che riescano a navigare nelle tempeste, che riescono anche a scatenare. Possono inoltre rovinare il pane nei mulini e il vino nelle botti, rapire i neonati e succhiargli il sangue.<br />
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Le beate donnette sono popolari nelle province di Trento e Vicenza e talvolta sono scambiate per le Fate. Esistono infatti delle fiabe in cui non sono viste come streghe, come essere malefici. Il loro nome trae quindi in inganno, come quelle delle Belle butele venete che sono donne avvenenti, quando si mostrano con aspetto umano, mentre la loro natura è ben diversa. Hanno zampe caprine o equine, braccia di scimmia e orecchie lunghe. Le bele butele vanno in cerca di uomini che si attardano la sera, prima di rincasare, dopo l'Ave Maria. È in quell'ora che sono pericolose queste creature. Donne e bambini, invece, corrono un pericolo maggiore, perché possono essere prelevati dalle case, se non ci uomini dentro, e scannati.<br />
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Le Cogas sono streghe della tradizione sarda. Una coga è la settima figlia in una famiglia in cui sono nate sette femmine. Le leggende la vedono volare a cavallo di una scopa e succhiare il sangue dei neonati. Può persino trasformasi in una mosca per entrare nelle case. Per combattere le cogas è sufficiente lasciare nella stanza in cui dorme un bambino un abito rovesciato. Se invece si sentiva arrivare la strega, che faceva un rumore simile alla caldaia battuta, bastava rovesciare un indumento e la coga cadeva a terra nuda. In provincia di Cagliari c'è persino una festa in suo onore, ad agosto, che dura tre giorni. Ne esiste una versione maschile, i cogus.<br />
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Le gatte masciare si trovano a Bari e possono trasformarsi in gatti e girovagare per la città di notte, operando i loro malefici. Al tramonto, si dice, questa donne si ungono di olio masciaro, che permette loro di potersi gettare nel vuoto, dai tetti delle case, e volare. Ecco dunque che ritorna l'unguento come uno degli strumenti magici delle streghe. Il termine masciaro sembra derivi dal latino megaera, da cui appunto proviene il nostro megera, che significa strega, maga. C'è un piccolo collegamento fra le gatte masciare pugliesi e le cogas sarde: se un uomo era convinto che un gatto fosse in realtà una strega, poteva recitare una formula magica e il gatto si sarebbe immediatamente trasformato in una donna nuda. Erano inoltre chiamati masciari coloro che si erano venduti al demonio e potevano così entrare in possesso di poteri straordinari.<br />
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Le genti beate sono diffuse nel veronese e qualcuno le ascrive alla famiglia delle Fate e più precisamente alle anguane. Vivono nelle grotte e si riuniscono la notte per tenere i loro concili. Vanno a caccia di serpenti, uccelli e caprioli, di cui si nutrono. Per qualcuno si tratta perfino di spiriti, che vivono nei pressi delle sorgenti.<br />
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Le janare sonno terribili streghe della Campania – nei pressi di Caserta esiste il monte Ianaro, che da loro ha preso il nome – brutte e con lunghe zanne di cinghiale. Vestono con un mantello nero macchiato di sangue. Poteva penetrare nelle fessure delle finestre diventando vento e si dice che rubasse asini e cavalli nelle stalle, riportandoli all'alba stremati. Il suo nome probabilmente deriva da Dianare, ossia le sacerdotesse di Diana.<br />
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Le lavandaie hanno diverse appartenenze: possono essere fate, ma anche fantasmi. In alcuni casi si tratta però di streghe. L'elemento che accomuna queste creature è l'acqua. Sono donne viste nei pressi di una sorgente a lavare i panni. Si fanno aiutare dai viandanti incauti, che sono così costretti a strizzare i panni finché si ritrovano spezzate le ossa delle braccia. Le streghe lavandaie possono anche rapire i bambini dalle case e la loro sorte è in questo caso peggiore, perché le piccole vittime sono sbattute sulle rocce in continuazione, come fossero delle lenzuola. Questa leggenda è propria di Istria.<br />
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Nel folclore della provincia di Trapani le madri sono streghe brutte, orribili, che hanno occhi gialli e pupille ovali (elemento caratteristico dei gatti). Sono in grado di lanciare malefici e sortilegi e conoscono le arti magiche. In Calabria queste streghe sono conosciute coi nomi magare e magarat.<br />
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La tribù delle masche è attiva in Piemonte, ma ve ne sono tracce anche in Lombardia e Liguria. Il termine sembra di origine celtica. Contro i malefici e le fatture delle masche si usavano diversi rimedi, come alcune gocce d'acqua nel latte o sale benedetto nel burro o foglie di ulivo benedetto nelle sorgenti.<br />
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La missuia è una strega particolare, perché ha la facoltà di trasformarsi in scrofa. Con sé ha dodici maialini, uno per ogni mese dell'anno. È una strega che si trova in Svizzera, ma che può anche comparire in Italia. Si limita a fare baccano con la sua dozzina di figli e a cantare in coro.<br />
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Nella provincia di Belluno impazza la stria della Diassa, altrimenti detta "strega del ghiaccio". Padrona degli elementi atmosferici invernali, può scatenare bufere di neve e valanghe. Nessuno ne conosce l'aspetto.<br />
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Le streghe tempestare sono proprie di tutta la nostra penisola e si tratta di streghe – ma anche stregoni – che hanno ormai da tempo imparato a controllare gli agenti atmosferici. Possono procurare bufere, tempeste, grandinate e rovinare così i raccolti. Si dice che la bora, il ben conosciuto vento triestino, sia causata da streghe del luogo. Nella zona di Brescia due disastri, che hanno causato la perdita di centinaia di alberi, sono attribuiti all'azione di queste streghe.<br />
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La vecia barbantana arriva dal Veneto e la sua caratteristica, molto temuta dai bambini, è di camminare in continuazione per i centri abitati, catturando i bambini sperduti e nutrendosene.<br />
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La Zöbia vive in Lombardia. Il nome potrebbe significare giovedì, poiché è il giorno del loro sabba. Sono anche dette zöbiane o giubbane. Non sembra molto malefica, anzi si limita a entrare nelle case dai camini attendendo il risotto tradizionale oppure fa sparire i vestiti delle donne, trasformati da gomitoli di refe, in modo che si ritrovino in strada quasi nude.<br />
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E’ soprattutto nelle campagne che si va diffondendo l’immagine della strega.<br />
In realtà queste donne erano solo l’espressione delle credenze popolari; a loro ci si affidava per guarire persone e animali nella comunità in cui vivevano o per praticare aborti o chiedere consigli sui metodi contraccettivi.<br />
Poiché la medicina non dava risposte ai tanti mali che colpivano la gente si ricorreva all’intervento delle streghe.<br />
A questo si univa il fatto che i medici erano molto costosi e solo chi aveva molto denaro poteva permettersi una visita a domicilio. Questa, comunque, riusciva ben poco a salvare i malati, visto che spesso il medico si limitava a fare un’analisi sommaria dell’ aspetto del paziente a cui si univa un rudimentale esame delle urine, raccolte in un contenitore a forma di vescica, la matula, che consentiva al dottore l’ analisi del colore e l’assaggio con la punta delle dita. Non vi erano veri e propri medicinali; si trattava più che altro di pozioni medicamentose, ricavate da erbe. Tra le più famose e costose la triaca, un composto di cinquanta elementi, che si riteneva, erroneamente ovviamente, fosse in grado di guarire dalla lebbra. La maggior parte della gente non poteva permettersi di chiamare un medico e quindi ricorreva a queste donne guaritrici.<br />
Se riuscivano a guarire erano santificate se fallivano erano considerate spiriti malvagi.<br />
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Tra le credenze popolari c’era anche quella che riteneva che le streghe potessero trasformarsi in animali, in particolare in gatti, l’animale per eccellenza associato al diavolo. Altri credevano che potessero mutarsi in lupi mannari aggirandosi di notte alla ricerca di prede.<br />
Si pensava anche che avessero potere nei confronti degli elementi della natura, che potessero scatenare temporali e fulmini.<br />
Nella realtà quelle che venivano comunemente considerate streghe erano spesso donne anziane, malviste per diversi motivi, future mogli rifiutate dai loro mariti, donne non più vergini, levatrici e curatrici che non potevano esercitare in pubblico, donne malate di mente.<br />
Tutto ciò che esulava dalla “ normalità”, il diverso, era guardato con sospetto ed era fonte di timori. Donne che si ritrovavano con altre donne in casa potevano erano considerate pericolose, perché nei loro incontri potevano invocare il diavolo.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-54995604239794246172016-10-11T05:41:00.001-07:002016-10-11T05:41:09.683-07:00CUSCINO FREDDO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Opinione comune che in montagna la temperatura sia sempre più fredda che al suolo. Cosa spesso falsa, specie in inverno. In un primo momento, quando aria fredda giunge sull'Italia, i primi luoghi a risentirne sono i luoghi posti in alto. L’aria fredda però è più densa, e col passare dei giorni, dopo la cessazione dei venti, si deposita nei bassi strati. Questo viene chiamato cuscino freddo. La Val Padana è ben custodita da imponenti e continue catene montuose, dall’estremo Nord-Est, attraverso la catena delle Alpi, per poi giungere alla Liguria e diventare poi Appennino, che segue con andamento da NW a SE la stessa pianura, fino alla Romagna. Quando l’aria calda e umida collegata o meno a una perturbazione arriva, non può scalzare subito questa aria fredda, ed è ovvio che si scalderà prima una zona elevata di una posta al piano.<br />
<br />
Se riguardiamo un attimo la conformazione della Pianura notiamo come mai alcune aree sono molto più avvantaggiate per le nevicate rispetto ad altre: sono quelle più distanti da quella apertura naturale che è il Mare Adriatico, in particolare lo è il Piemonte nell’area di Cuneo, Asti, Alessandria, l’Oltrepò Pavese e il piacentino. A Nord del Po le cose cambiano, anche repentinamente, anche a causa della presenza di grandi aree industriali con imponenti isole di calore. L’effetto cuscino si affievolisce poi generalmente dall’Est Lombardia verso Levante, mentre a Ovest può perdurare per settimane.<br />
E’ da notare che benché il termine di cuscino freddo si usi per la Pianura Padana, è applicabile a qualunque situazione naturale favorisca la stratificazione di aria, anche vallate molto piccole a volte presentano effetti straordinari, specie quando sono poco soleggiate: pensiamo alla gelida valle di Livigno, che fa segnare temperature sbalorditive.<br />
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A volte comincia a nevicare per poi piovere nonostante si registrino temperature di 0°C o anche di poco inferiori. Ciò può dipendere da diversi fattori, in ogni caso il più frequente rimane il passaggio di un fronte caldo dopo una precedente avvezione fredda: il cuscinetto di aria fredda sottostante si assottiglia mano a mano che entra l'aria calda in quota. Inoltre se il gradiente barico è sufficientemente intenso si possono stabilire correnti temperate dai quadranti sudorientali che risalgono l'Adriatico e tendono ad interessare la pianura padana orientale, in questo caso si viene a stabilire uno strato di aria calda a temperature positive da 500 m a 1000-1200 m circa che fa fondere la neve e non riesce più a risolidificare passando attraverso il sottile cuscinetto freddo a contatto col suolo. A volte si ha pioggia sopraffusa con temperature negative al suolo.<br />
Ad inizio avvezione il cuscino freddo sarà ancora abbastanza spesso da consentire nevicate anche in pianura, ma tenderà ad assottigliarsi sempre di più finchè nonostante la temperatura favorevole al suolo cominci a piovere.<br />
Nella pianura padana occidentale invece la presenza delle Alpi a N e dell'Appennino a S intrappola il cuscino freddo, mentre l'aria calda riesce a scorrere solo a quote elevate: lì continua a nevicare anche con temperature al suolo lievemente più elevate che non sulla pianura orientale, anche perchè sfruttando l'altimetria montuosa il cuscino freddo rimane abbastanza spesso.<br />
Ecco perchè nelle nostre zone sono più frequenti le nevicate da irruzione polare od artica che non quelle da "raddolcimento" per l'arrivo di aria calda: da noi il cuscino si assottiglia troppo.<br />
Può essere che cominci a nevicare con +1°C, ma poi la temperatura cala fino a 0,3°C e contemporaneamente inizi a piovere fino alla fine delle precipitazioni. Questo é un caso che talvolta riguarda ancora le avvezioni calde su aria fredda precedentemente affluita: l'aria calda risale da SE-S-SW generalmente tra 700-800 m e 1200-1300 m e si pone al di sopra dell'aria fredda nei bassi strati, diffondendosi lentamente verso il basso; nel contempo la precipitazione in atto non tutta riesce a scendere verso il suolo, una parte evapora ed innesca un raffreddamento dell'aria nei primissimi strati troposferici. Quindi si può benissimo avere neve a +1°C quando il cuscino è sufficientemente spesso; poi lo strato caldo ispessitosi fonde i fiocchi in caduta e nonostante il calo termico indotto dall'evaporazione della precipitazione negli strati bassi non consente il mantenimento della neve stessa. Oppure si può avere l'insorgenza di un vento sinottico da NE-E-ESE che attraversando l'Adriatico mitiga notevolmente la temperatura (vento marittimo meno freddo), portandosi anche di 3-4°C sopra lo zero.<br />
<br />
L'aria è tanto più stabile quanto è più secca e quindi densa; gli strati inversionali che vengono a costituirsi dopo importanti avvezioni fredde sono in genere molto stabili, specie finchè la massa d'aria è giovane e di conseguenza fredda e secca; ciò perchè l'aria fredda e secca "pesa" molto e conseguentemente si stratifica con maggiore facilità nelle aree pianeggianti. Inoltre all'arrivo di un fronte caldo con aria secca e fredda sottostante, avremo l'evaporazione di una discreta parte delle precipitazioni durante la caduta in aria secca; ciò non farà altro che raffreddare l'aria sottostante le nubi facilitando precipitazioni nevose anche con valori termici intorno a 0°C o anche superiori (fino a 2°C-3°C) pure quando la temperatura prima dell'innesco delle precipitazioni sia positiva di alcuni gradi. La maggiore stabilità di uno strato inversionale caratterizzato da aria fredda e secca la si riscontra in caso di fohn (sia alpino che appeninico); infatti la corrente catabatica troverà maggiori difficoltà nell'aprirsi un varco entro uno strato di tale tipo per la maggior differenza di densità tra l'aria nelle adiacenze del suolo e quella in afflusso immediatamente al di sopra (di solito molto "leggera").<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-59108340048106329012016-10-09T01:14:00.002-07:002016-10-09T01:14:25.224-07:00LE TORTURE CINESI.<br />
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<br />
Le torture cinesi rimandano nell'immaginario a metodi disumani che vengono utilizzati per obbligare la vittima a fornire informazioni o per modificare il comportamento e il proprio modo di pensare.<br />
<br />
La camicia di forza è costituita da tela di canapa e ha le maniche più lunghe di 25 centimetri rispetto alle braccia. Una volta indossata questa camicia, la vittima è costretta a stare immobile con le braccia incrociate e diritte dietro la schiena: la stretta della camicia diventa maggiore tanto più ci si muove. A volte la vittima è seduta su una panca, con una bacchetta di metallo attaccata alle braccia o alle gambe. Alla vittima normalmente viene richiesto di piegare la testa, ma non è consentito chiudere gli occhi.<br />
<br />
Le persone che subiscono questa tortura riportano fratture a braccia, tendini, spalle, polsi e gomiti. I più resistenti vanno incontro a frattura delle vertebre e muoiono agonizzanti dal dolore. Ci sono testimonianze secondo cui questa tortura è applicata ai praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale cinese perseguitata dal 1999, nel Campo di Lavoro forzato n° 3 della Provincia cinese dell'Henan. I praticanti del Falun Gong quando subiscono questa tortura sono costretti ad ascoltare con degli auricolari dei messaggi di calunnia nei confronti della loro disciplina spirituale.<br />
<br />
Li Jinke è stato sottoposto a questa tortura da aprile a ottobre 2003. Ogni giorno nel cuore della notte, le sue urla strazianti echeggiavano in tutto il campo di lavoro. A causa del dolore prolungato che ha patito, il signor Li Jinke ha perso 40 chili.<br />
<br />
Infilare degli aghi d'acciaio di circa dieci centimetri su collo, schiena, petto e altre parti sensibili del corpo. Alcuni sono spinti così in profondità che diventa difficile tirarli fuori. Il dolore che provoca è indescrivibile. Quando si tratta di ferire le unghie, a volte vengono usati dei bastoncini di bambù.<br />
<br />
Tra le tante vittime si può ricordare la signora Liu Jinfeng, che è stata detenuta nel centro di detenzione Xiangcheng nella provincia dell'Henan. Per costringerla a fornire i nomi di altri praticanti del Falun Gong, gli agenti di polizia le hanno inserito dei bastoncini di bambù appuntiti nelle sue dita della mani e dei piedi. La signora Liu Jinfeg ha perso coscienza, ma la polizia ha ripetuto la tortura per svegliarla.<br />
<br />
La panca della tigre: la vittima si siede su una piccola panca di ferro alta circa 20 centimetri. Le ginocchia sono legate saldamente alla panca, le mani dietro alla schiena o a volte appoggiate alle ginocchia. La vittima sta con la schiena diritta senza poter fare alcun movimento e delle guardie la obbligano a stare ferma. Normalmente sono inseriti oggetti duri sotto le gambe o le caviglie per intensificare il dolore.<br />
<br />
Il letto dei morti, chiamato anche il letto che si allunga, questo metodo viene utilizzato per torturare i praticanti del Falun Gong che non vogliono rinunciare al loro credo. La vittima viene legata con le braccia dietro la schiena e il collo è legato alle gambe. Poi viene incastrata sotto un letto e costretta a stare in questa posizione.<br />
<br />
La testimonianza della signora Yoko Kaneko ha evidenziato la brutalità di questo metodo: costretta per 20 giorni di fila in quella posizione, le sue mani e i suoi piedi sono stati ammanettati con così tanta forza, da farle sanguinare i polsi. Non le è stato permesso di usare il bagno, ma le è stato inserito un catetere nell'uretra. Dopo la liberazione, il suo corpo è diventato insensibile, incapace di muoversi e la sua pelle era piena di ulcere.<br />
<br />
Arrostire un agnello intero: la vittima è legata orizzontalmente a un palo orizzontale sospeso per aria. Poi viene presa a pugni, scosse elettriche e bastonate.<br />
<br />
Letto di stiramento: la vittima è legata mani e piedi con delle corde a un letto. In seguito si tirano con forza questi anelli e il corpo della vittima, in preda a stiramento estremo, si solleva dal letto. In questa tortura i torturatori devono stare attenti perché se applicano troppa forza la vittima muore in pochi secondi. Se invece è applicata meno forza, dopo dieci minuti le ossa degli arti si slogano e la vittima diventa disabile in modo permanente. Quando tutti gli arti sono lussati, la polizia colpisce le giunture degli arti con piccoli martelli di gomma, fino a riempirle di lividi. <br />
<br />
Trascinare la vittima con un veicolo è un metodo riservato ai praticanti del Falun Gong. Gli agenti di polizia e le guardie di un campo di lavoro forzato legano con una corda i praticanti del Falun Gong a un veicolo, per poi farlo partire. Il risultato è chiaro: le ferite a volte sono così profonde che espongono le ossa.<br />
<br />
Anche questo metodo del bastone elettrico riguarda i praticanti del Falun Gong, ed è la tortura più utilizzata nei loro confronti. Alla vittima viene inflitta una scarica di 30 mila volt con dei bastoni elettrici. Le zone più colpite sono la bocca, la base dell'orecchio, la parte centrale della pianta del piede, il centro del palmo della mano, le parti intime e i capezzoli. A volte sono utilizzati diversi bastoni contemporaneamente.<br />
<br />
Nell'alimentazione forzata la persona è legata con differenti strumenti di tortura per limitarla nei movimenti. Alla vittima viene poi infilato un tubo in bocca o nel naso, che causa il danneggiamento della cavità nasale. Poi viene versato in un imbuto dell'acqua salata concentrata, sciroppo di amido appiccicoso, succo di peperoncino, acqua, medicine irritanti, liquori forti, urina ed escrementi. Questa miscela viene utilizzata sia per nutrire la persone, sia per infierire su di essa.<br />
<br />
La maggior parte di questi metodi sono utilizzati ai danni dei prigionieri di coscienza del Falun Gong, ma attraverso le loro testimonianze, la conoscenza di questi metodi si sta diffondendo sempre di più nel mondo.<br />
<br />
Le torture sessuali alle donne in Cina sono un fenomeno molto spesso legato alla persecuzione del Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata dal Partito Comunista Cinese dal 1999. Stupro, aborti forzati, genitali calpestati sono solo alcune delle torture praticate nelle carceri, nei campi di lavoro, nei "centri di lavaggio di cervello" e negli ospedali. E spesso i più grandi persecutori sono i medici stessi, secondo quanto riportato da Clearharmony.net, un sito web che documenta la persecuzione ai danni dei praticanti del Falun Gong.<br />
<br />
Clearharmony.net documenta numerosi casi di torture deliberatamente mirate a causare un aborto spontaneo. Ad esempio, nel campo di lavoro di Wanjia, una praticante del Falun Gong incinta di sette mesi è stata appesa a una trave con le mani legate a una corda che pendeva da una carrucola fissata a una trave, a tre metri di altezza. Il poliziotto, dopo aver rimosso lo sgabello su cui poggiava la donna, le ha provocato una violenta caduta a terra. Dopo la caduta, la tortura è stata ripetuta diverse volte, al punto che la donna, agonizzante, ha subito un aborto spontaneo. I poliziotti hanno costretto il marito ad assistere alla scena, e a veder morire il figlio ancor prima di nascere.<br />
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<br />
<br />
Tra i tanti metodi di tortura sessuale, il pestaggio è il più semplice. Il 24 dicembre del 2000, l'allora 32enne Luo Biqiong è stata illegittimamente portata in un centro di lavaggio del cervello (nome non ufficiale per alcuni luoghi di detenzione, spesso mascherati da cliniche psichiatriche, dove i praticanti del Falun Gong subiscono torture psicologiche e fisiche) nella città di Langchi in provincia del Sichuan. La signora Luo ha subito diverse torture tra cui il pestaggio brutale di cinque persone che le hanno causato l'incapacità di contrarre la vescica, un'emorragia uterina e il corpo pieno di lividi. La signora Luo è stata rilasciata per le gravi condizioni di salute, ma ha dovuto abortire a causa di una spedizione punitiva della polizia a casa sua poiché non rinunciava a praticare il Falun Gong. In seguito ha subito anche un tentativo di rapimento, tuttavia fallito perché uno dei malfattori che l'avevano perseguitata è morto in un incidente stradale.<br />
<br />
Si hanno casi anche di donne picchiate con bastoni elettrici – 30 mila volt di scarica – che sono state costrette ad abortire.<br />
<br />
L'aborto forzato è un metodo di tortura sessuale molto praticato sulle donne in Cina. Lo scopo è di costringerle a rinunciare alla pratica del Falun Gong, oppure di continuare a trattenerle nelle strutture di detenzione e nei campi di lavoro. L'aborto forzato è stato anche utilizzato in alcuni casi contro le donne che violavano la politica del figlio unico. A volte questi metodi vengono utilizzati per poter condannare le donne ai lavori forzati.<br />
<br />
Una delle torture più crudeli per una mamma è l'uccisione del proprio piccolo in grembo e la crudeltà di questa tortura non ha limiti. È stato riportato che la signora Jinglian, una praticante del Falun Gong, era stata arrestata dalla polizia ma non incarcerata poiché era al settimo mese di gravidanza. La polizia le ha fatto una proposta folle: smettere di praticare il Falun Gong e tenere il bambino, oppure abortire forzatamente.<br />
<br />
La signora è stata porta forzatamente all'ospedale e lì ha subito l'iniezione di farmaci allo scopo di uccidere il feto. Dopo 40 ore di agonia, il feto è morto e la signora Jinglian ha dato alla luce un bambino morto. Sette giorni dopo le torture, la signora è stata messa sotto sorveglianza 24 ore al giorno e ai suoi genitori sono stati estorti duemila yuan.<br />
<br />
Sono stati riportati casi di feti danneggiati a seguito della rimozione forzata. La signora Zhang Hanyun, dopo aver subito il rapimento da parte della polizia nel 2001, è stata portata in un ospedale per un aborto forzato. Poiché il feto era troppo grande, gli assassini hanno smembrato il bambino prima ancora di poterlo estrarre.<br />
<br />
Un altro orrore è quello patito dalla signora Guo Wenyan, anche lei praticante del Falun Gong. Dopo essere stata portata in un ospedale per un aborto forzato, il medico, sentendo che la bambina era ancora viva e cominciava a piangere, le ha afferrato il collo e l'ha soffocata a morte.<br />
<br />
Le torture sessuali inflitte alle donne in Cina non si limitano solo ai feti ma anche ai neonati bisognosi delle cure della mamma.<br />
<br />
A ottobre 2000, a causa della sua tenacia nel praticare il Falun Gong, la signora Gong Chunmei è stata perseguitata: è stata indotta con l’inganno ad andare alla stazione di polizia Sanyan dove è stata picchiata, ammanettata e arrestata durante la notte. Il suo bambino è stato lasciato a casa, e ha pianto ininterrottamente per essere nutrito, tanto da perdere la voce.<br />
<br />
Sempre nel 2000 è stato riportato che una praticante del Falun Gong è stata arrestata e separata forzatamente dal suo bambino che allattava, condannandola a un anno di lavori forzati. A causa della situazione lavorativa della marito e della suocera, il neonato è stato lasciato a casa senza assistenza o protezione.<br />
<br />
Lo stupro serve per umiliare e traumatizzare la vittima. Nei campi di lavoro, le donne che sono perseguitate per motivi politici o spirituali vengono messe nelle cellule dei comuni criminali maschi (nei campi di lavoro ci sono sia criminali reali che vari tipi di dissidenti e perseguitati).<br />
<br />
Nel campo di lavoro di Masanjia e di Wanjia si hanno numerose testimonianze di stupri di gruppo. Le donne vengono gettate nelle celle dei detenuti maschi (criminali o presunti tali, tra cui anche assassini, stupratori eccetera), i quali vengono incoraggiati a violentarle. Ad esempio nel maggio 2001 nel campo di lavoro forzato Wanjia, più di 50 donne perseguitate sono state messe nella sezione maschile e i poliziotti hanno incitato i detenuti maschi ad abusare sessualmente di loro. Nel campo di lavoro di Masanjia le donne vengono umiliate facendole spogliare davanti alla telecamera.<br />
<br />
«Gli abusi sessuali generano non solo dolore fisico, ma anche un senso di vergogna e paura che possono durare per sempre», ha detto il dott. Jingduan Yang, uno psichiatra di Filadelfia, È il trauma più dannoso per la salute mentale e per l'autostima delle persone».<br />
<br />
Il dottor Jingduan Yang ha detto che l'obiettivo dell'abuso sessuale nei campi di lavoro è distruggere il sistema di valori dell'individuo e in qualità di medico può testimoniare i danni: «Una paziente era spaventata dalle persone dietro di lei, perché era stata rapita da dietro», ha detto il dott. Yang. «Ogni volta che sente un suono acuto, sente i compagni praticanti del Falun Gong urlare di dolore».<br />
<br />
Oppure nell’ottobre 1999 una donna è stata spogliata completamente e inviata in una cella maschile, dove è stata stuprata in gruppo dai detenuti. Sono stati riportati anche numerosi casi di poliziotti. Nell’estate 2002 una ragazza di nove anni, orfana di una praticante del Falun Gong, è stata stuprata in gruppo da tre uomini all’ospedale psichiatrico di Changping a Pechino. Le sue grida e pianti erano strappalacrime.<br />
<br />
Sono stati riportati numerosi casi di torture sessuali con strumenti. La tortura con spazzola è una tortura sessuale con strumento molto utilizzata in Cina alle praticanti del Falun Gong che non voglio abbandonare la pratica. I persecutori usano una spazzola per scarpe da infilare nei genitali delle vittima fino a farla sanguinare. A volte viene utilizzato anche un bastone, il bordo della sedia o delle pinze per infierire in quella zona. Questo tortura causa problemi alla minzione, gonfiore e sanguinamento nella zona interessata.<br />
<br />
I metodi per infierire non si fermano qui. È stato riportato un caso in cui i persecutori dopo aver infierito con uno spazzolino da denti che ha causato emorragie diffuse hanno pompato acqua e peperoncino nella vagina della vittima.<br />
<br />
Sempre nel campo di lavoro di Masanjia le donne vengono torturate con un bastone elettrico nei genitali e sui seni della vittima. Ad esempio nel 2003 la signora Wang Yunjie è stata torturata per diverse ore con le scosse elettriche al seno, al punto che le sono stati danneggiati in modo irreversibile. Dopo il suo rilascio i seni della signora Wang si sono infettati sempre di più e nel 2006 è morta, secondo Clearharmony.<br />
<br />
Sono stati anche riportati casi in cui i seni delle vittime venivano tirati e percossi, al punto da provocare sanguinamento e gonfiore.<br />
<br />
I metodi di torture sessuali non finiscono qui. «L'uso prolungato del dilatatore uterino per alimentare forzatamente le donne, il farle stare distese nei propri escrementi, l'unire diversi spazzolini da denti e ruotarli nelle loro vagine, il mettere del pepe in polvere nelle loro vagine, il traumatizzare i seni e le vagine delle donne con i manganelli elettrici e gettarle nelle celle degli uomini...», ha scritto Du Bin, ex fotoreporter del New York Times, autore del libro Vaginal Coma che parla dei brutali metodi di tortura subito dalle praticanti del Falun Gong e dalle petizioniste nel campo di lavoro di Masanjia.<br />
<br />
Quali sono le ragioni di tanta crudeltà? I Nove Commentari sul Partito Comunista offrono una risposta:<br />
<br />
«Il Partito Comunista non crede che esistano degli standard universali riferibili alla natura umana. Il concetto di bene e male, come pure le leggi e le regole, sono manipolate arbitrariamente. I comunisti non ammettono l’omicidio, se non per coloro che vengono classificati come nemici dal Partito Comunista. La pietà filiale è ben accetta, eccetto che per quei genitori che vengono considerati nemici di classe. Benevolenza, correttezza, proprietà, saggezza e fedeltà vanno tutte bene, meno quando sono contrarie agli interessi del Partito o quando il Partito non le vuole considerare come virtù tradizionali. Il Partito Comunista è costruito su principi che si oppongono alla natura umana».<br />
<br />
Attualmente in Cina una fra le categorie più torturate dal governo è quella dei praticanti del Falun Gong.<br />
Si tratta di una serie di pratiche e di esercizi che prevedono la meditazione, la concentrazione mentale e particolari movimenti. Serve a purificare corpo e mente con una serie di 5 esercizi ed è stato introdotto al pubblico nel 1992.<br />
<br />
Nonostante non abbia niente a che vedere con la politica, il governo cinese lo reputa una minaccia per il Partito Comunista Cinese. Il Falun Gong è un’organizzazione molto grande, con molti iscritti e il Governo Cinese ha paura di non poterla controllare (come fa con tutto il resto).<br />
<br />
Nel 1999 comincia quindi la repressione a livello nazionale.<br />
<br />
Il Tibet è una regione che rientra nei confini geopolitici della Cina, ma da decenni rivendica una sua indipendenza.<br />
<br />
Il governo cinese non ne vuole sapere e reprime le manifestazioni, o qualsiasi idea diversa da quella del Partito Comunista, con il carcere e la tortura.<br />
<br />
I detenuti in carcere, quando non sono torturati, sono costretti ai lavori forzati. Molti sopravvissuti ricordano di come venissero svegliati alle 5 per cucire abiti o per creare fiori secchi o di plastica.<br />
<br />
Il turno comincia alle 5 del mattino e finisce alle 9 di sera. Le guardie ricevono un premio se i loro detenuti producono di più, e quindi fanno fare turni massacranti ai loro prigionieri.<br />
<br />
Durante il turno sono permesse due brevi pause per i due pasti e qualcuna per il bagno. Se qualcuno non riesce a finire il lavoro in tempo, dovrà continuare per tutta la notte provocando una privazione del sonno.<br />
<br />
Una tortura ampiamente usata è la sedia. Il prigioniero viene legato, mani e piedi, a una sedia di metallo e viene lasciato così anche per parecchi giorni di fila. Questo causa dolori atroci e sanguinamenti alle gambe e ai glutei.<br />
<br />
In altri casi le vittime vengono legate alla sedia in modo che non abbiano nessun appoggio per la parte superiore del corpo e che il loro peso gravi completamente sulle gambe.<br />
<br />
Le razioni di cibo sono molto scarse nelle carceri cinesi. Vengono serviti due pasti al giorno, ma a volte il prigioniero viene lasciato senza cibo per giorni.<br />
<br />
Quando viene concesso di mangiare, il pasto non è nutritivo e si compone da riso bollito in acqua con sabbia o cibo andato a male.<br />
<br />
Viene somministrata pochissima acqua il che, con le grandi perdite di sangue che hanno i prigionieri, è molto pericoloso. Alcuni detenuti, disperati per la sete, sono costretti a bere dalla latrina, andando incontro al rischio di infezioni.<br />
<br />
A volte viene proibito ai prigionieri di dormire. Questo si ottiene legandoli in posizioni dolorose o esponendoli a luce e suoi intensi. Se il prigioniero cerca di dormire viene preso a calci e pugni.<br />
<br />
La privazione del sonno può portare a un crollo del sistema nervoso e a danni sia psicologici che fisici.<br />
<br />
Ai detenuti non è permesso parlare fra di loro o fare contatto visivo gli uni con gli altri. A volte però vengono messi in isolamento completo.<br />
<br />
Ciò significa che vengono messi in celle piccolissime, in cui a malapena entra una persona. Queste celle sono completamente buie, non hanno finestre, né letto né bagno e spesso i prigionieri sono incatenati alla porta senza potersi muovere.<br />
<br />
Vengono tenuti così per giorni o mesi interi.<br />
<br />
A volte vengono messi in celle di metallo che poi vengono immerse in acqua fino a raggiungere la gola del detenuto. In questo modo è impossibile dormire ma anche solo appoggiarsi ai bordi della gabbia, dato che sono ricoperti di punte.<br />
<br />
Se un prigioniero perde conoscenza, morirà affogato.<br />
<br />
<br />
Un’altra tortura che richiede poco sforzo è quella della torsione o allungamento eccessivo degli arti. Questo provoca la dislocazione delle giunture e un dolore atroce.<br />
<br />
Per fare questo gli aguzzini torcono le braccia dei detenuti dietro la schiena, oppure lo fanno con l’uso di una fune, proprio come nel supplizio della corda.<br />
<br />
I prigionieri sono obbligati a rimanere in posizioni scomode per ore o giorni interi. Ad esempio in posizione accovacciata, oppure in piedi ad uno sgabello, o ancora incatenati alle porte.<br />
<br />
I dolori provocati da queste posizioni innaturali sono così forti, che spesso la fame, la sete e il sonno passano in secondo piano.<br />
<br />
Alcune torture sono praticate specialmente sui detenuti tibetani, anche a causa delle condizioni atmosferiche presenti nella zona.<br />
<br />
I prigionieri vengono lasciati dormire fuori al freddo, senza vestiti. Oppure in celle con finestre spalancate. Alcuni raccontano che il clima è così freddo che sulle pareti si forma il ghiaccio.<br />
<br />
Questo porta i prigionieri ad ammalarsi e a indebolirsi oltre che alla privazione del sonno.<br />
<br />
A volte invece vengono messi a sedere fuori in una pozza d’acqua. A causa del freddo questa si congela e a volte i piedi vengono inglobati dal ghiaccio che si forma.<br />
<br />
Spesso ai detenuti viene gettata acqua bollente in testa o sul corpo in modo da provocare ustioni, che poi si infetteranno.<br />
<br />
Altre volte, invece, vengono ammanettati al tubo di una stufa che poi viene accesa. In questo modo le braccia e il viso subiscono serie ustioni.<br />
<br />
Queste sono le torture principali che ogni giorno stanno subendo i detenuti cinesi. Il governo cinese nega ogni accusa di tortura, ma alcuni sopravvissuti riescono a scappare dalla Cina e a dare la loro testimonianza.<br />
<br />
L’unico limite alle torture cinesi è quello della fantasia degli aguzzini.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-63203096776239035952016-10-08T00:12:00.004-07:002016-10-08T00:12:44.866-07:00SENTIMENTI D'AUTUNNO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguUUwFYHByVqNNSVDTFP-QS0aOmI8p1F-ZMGQSQ1DoyOSnkn1W-K7NbPP0ExOwarwdXY83QHqLUoUj1KPgWSGK8dk7baZJGr2RBtP4UNTOwwq7ZpjSgOXb3oFnrfHPLd9gdIEhOybmIIk/s1600/autunno.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<i><span style="color: #e69138;">Il cielo era tutto sereno: di mano in mano che il sole si alzava dietro il monte, si vedeva la sua luce, dalla sommità dei monti opposti, scendere, come spiegandosi rapidamente, giù per i pendii e nella valle.</span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="color: #e69138;">Un venticello d'autunno, staccando dai rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere qualche passo distante dall'albero. </span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="color: #e69138;">A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci ancor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra, lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta nei campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza.</span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="color: #e69138;"><br /></span></i></div>
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7XT86euEutis2LkksqFKMzjeSDljwD0doWIZ6J1Z-Oxhm3TM9lAepUMn-qnENQwXK_C0GemXcaFqx1EJi8kVOTTJYVvJe5j5PSdY7MfBmXBhnW4luyuE-NY0u-p-Fl0ShBAh2SHlhC5g/s1600/autunnorosso.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="color: #e69138;"><br /></span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><br /></i></div>
<i><span style="color: #f1c232;">Sono in molti a ritenere che l’arrivo dell’autunno e l’inverno porti con sé sentimenti di malinconia, tristezza, quand’anche depressione. Qualcuno poi ha riunito tutta questa serie di sintomi in quello che è stato definito disturbo affettivo stagionale o SAD (Seasonal Affective Disorder), che affliggerebbe le persone rendendole appunto apatiche, tristi, depresse e così via.</span></i><br />
<i><span style="color: #f1c232;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #f1c232;">A sfatare il mito delle giornate umide, buie… e deprimenti, sono stati i ricercatori dell’Oregon State University (OSU), School of Psychological Science, i quali hanno condotto uno studio in cui si afferma che né il tempo dell’anno né le condizioni meteorologiche influenzano i reali sintomi depressivi.</span></i><br />
<i><span style="color: #f1c232;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #f1c232;">Il professor David Kerr e colleghi dell’OSU hanno precisato che il loro studio non nega l’esistenza del disturbo affettivo stagionale, ma mostra tuttavia che le persone tendono a sopravvalutare l’impatto dell’alternarsi stagionale sulla salute mentale e la depressione.</span></i><br />
<i><span style="color: #f1c232;">In realtà, come dimostrato dallo studio, esiste un alternarsi dei sintomi da malinconia, depressione eccetera, ma il problema è che questo non è associabile alla stagione dalle persone stesse che ne sono oggetto.</span></i><br />
<i><span style="color: #f1c232;"><br /></span></i>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgx-wfRnuhkNEdyaBOK1Kh_hyphenhyphenRDfH9U4jaQaB2zgyHu0qIXWA2a0zVrK0M_PRVnSkUtOZ8Z4kySwb7uNjufkR0fasamxyk8-PZYfis4fFn0SVbSONiY2GCAoz-1ldv6hKF2fqay7N8WNY/s1600/quercia.jpg" /></a></div>
<i><span style="color: #f1c232;"><br /></span></i>
<i><br /></i>
<i><span style="color: #b6d7a8;">Il prof. Kerr ha scoperto che quando s’interrogano le persone circa i propri sintomi depressivi – così come si è fatto nella maggior parte degli studi – queste sono molto brave a ricordare certi eventi, informazioni, sentimenti provati, ma non sono in grado di ricordare i tempi precisi in cui hanno provato queste emozioni o sintomi nel passato più remoto.</span></i><br />
<i><span style="color: #b6d7a8;">Per questo motivo i ricercatori hanno tentato un approccio diverso: hanno raccolto e analizzato i dati provenienti da un campione di 762 partecipanti che, nel corso di alcuni anni, hanno riportato e segnato quelli che erano i sintomi depressivi a cui erano soggetti.</span></i><br />
<i><span style="color: #b6d7a8;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #b6d7a8;">Una volta che i ricercatori sono stati in possesso del materiale, hanno confrontato i dati con le condizioni meteorologiche locali, l’intensità di luce solare e latri fattori esterni presenti durante il periodo di tempo in cui i partecipanti hanno compilato i rapporti. Circa il 92% dei partecipanti hanno segnalato cambiamenti nel comportamento e nell’umore attribuiti al cambio stagionale; di questi, il 27% ha riferito che questi cambiamenti hanno costituito per loro un problema. Nonostante ciò, secondo gli autori dello studio, le persone hanno tendenzialmente sopravvalutato l’impatto del tempo meteorologico e della stagione invernale.</span></i><br />
<i><span style="color: #b6d7a8;"><br /></span></i>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZx4cMJvkp8V_q7WRx3gQIxDqki89tAHPg7g4vYEVhGbeXillQIS1orZAVXgLqTa21ueeIPWkoqpNwFSzcqMq8Uuhs0mICjaEWDKee5yFapcV2OnRqZJRETkPi9vQdA-0hV3hxSN3mADM/s1600/foglie.jpg" /></a></div>
<i><span style="color: #b6d7a8;"><br /></span></i>
<i><br /></i>
<i><span style="color: #6fa8dc;">L’aver sovrastimato i disturbi attribuendoli alla stagione, secondo i ricercatori, è avvenuto per alcuni motivi, tra cui la consapevolezza dell’esistenza del SAD, la ormai accertata alta incidenza della depressione nella popolazione generale e un’avversione personale nei confronti della stagione fredda.</span></i><br />
<i><span style="color: #6fa8dc;">I sentimenti negativi nei confronti dell’autunno e dell’inverno spesso sono confusi con i sintomi depressivi, spiegano i ricercatori. Accade così che si tenda ad attribuire il senso di chiusura, maggiore inattività o bisogno di stare rintanati a un problema come la depressione che, invece, ha sintomi maggiori, più eclatanti – come per esempio la disperazione e l’angoscia – e di più lunga durata che non la sola stagionalità.</span></i><br />
<i><span style="color: #6fa8dc;">Se dunque pensare all’inverno ci rende un po’ tristi forse c’entra il fatto che non stiamo bene con noi stessi, perché se così non fosse non ne saremmo toccati – qualunque siano le condizioni climatiche esterne. Ma, a parte questo, la depressione o il SAD sono davvero un’altra cosa.</span></i><br />
<i><span style="color: #6fa8dc;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #6fa8dc;">Il precipitare del Sole nella stagione invernale e il non poter prevedere o controllare direttamente il suo ritorno generò nell’uomo arcaico non solo l’ansia di ciò che poteva accadere ma anche il senso di forze cosmiche ed invisibili che governavano silenti il mondo fenomenico. </span></i><br />
<i><span style="color: #6fa8dc;"><br /></span></i>
<i><span style="color: #6fa8dc;">Per molti l'autunno è il periodo dell'anno più triste, in realtà però se sapessimo guardare oltre non verremmo attanagliati da angoscia e malinconia.</span></i><br />
<span style="color: #6fa8dc;"><i></i></span><br />
<i><span style="color: #6fa8dc;">É il periodo per tornare un po' alle vecchie abitudini, dopo un'estate di vacanze e divertimenti, è il momento per dare vita a progetti e idee e per coltivare amicizie appena nate.</span></i><br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-84073615889150356612016-10-03T02:31:00.001-07:002016-10-03T02:31:15.998-07:00LO SCARABEO EGIZIO.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="342" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVbGS-6N1UizZQc-pTjaprSm9xYB3EfxWD0hg08YWWVvGmiDPhEjehGSA9joQW1cVvJIu0YDj__abm8UlzAyRpwp7o9O_631cqhyS4HfuWnAW4-wSQJ3G0esKqbeA5bj1huEDhmFVHtDY/s400/scarabeo.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
Lo Scarabeo egizio, chiamato kheperer, era considerato un potente amuleto sin dal periodo tinita con funzione magica-apotropaica di eterna rinascita nel divenire e trasformarsi, assicurando solo eventi felici ed un costante miglioramento delle facoltà intuitive e spirituali.<br />
<br />
Il nome deriva dal verbo kheper che significa nascere o divenire ed era associato al dio solare del mattino Khepri, che donava la vita e rappresentava il sacro animale coprofago Scarabaeus sacer aegyptiorum.<br />
<br />
Ebbe tale larga diffusione da divenire quasi il simbolo stesso dell'Egitto ma divenne ben presto in uso anche presso altri popoli quali i Fenici, Cartaginesi e Greci e anche dalla Civiltà nuragica. Infatti centinaia di scarabei sono stati ritrovati in Sardegna a testimonianza delle forte relazioni esistenti tra i due popoli.<br />
<br />
Con la VI dinastia comparvero i primi amuleti, senza descrizioni e molto semplici. Divennero estremamente diffusi solo a partire dal Nuovo Regno ed erano decorati sull'addome piatto con iscrizioni e disegni.<br />
<br />
Gli scarabei del periodo degli Hyksos sono facilmente riconoscibili per i motivi ornamentali di tipo orientaleggiante e quelli della XXVI dinastia vennero raffigurati con le zampe lunghe e piegate sotto il ventre convesso. Molti avevano inciso il nome di un sovrano, o più raramente di personaggi famosi, a scopo di protezione e di buon augurio. Per poter agire doveva essere fatto in pietra verde, a simbolo di Osiride, come il calcedonio e la steatite smaltata ma ne esistono esemplari anche in lapislazzuli, faience e paste vitree.<br />
<br />
Era spesso associato con altri amuleti, tra cui lo shen, che ne rafforzavano il potere ed usato nei monili montato ad anello oppure inserito nei pettorali, come quelli appartenenti ai famosi corredi funebri di Sheshonq II e Tutankhamon.<br />
<br />
Anche i sacerdoti ricorrevano, in rituali particolari, allo scarabeo, immerso nel latte bianco di vacca nera e successivamente bruciato, per richiamare gli dei che con la loro magica luce avrebbero dissolto le tenebre delle forze non più in equilibrio.<br />
<br />
Era usato anche dai funzionari e dalle alte gerarchie come sigillo, sovente montato su anello, recante il nome del proprietario, o del sovrano se operavano in sua vece, per suggellare documenti, anfore e tutto ciò che doveva restare ben custodito.<br />
<br />
Vi erano pure gli scarabei commemorativi emessi quasi tutti dal sovrano Amenhotep III per circostanze particolari quali per esempio il matrimonio con la regina Tyi, una grande caccia al leone e persino per la costruzione di un lago artificiale nei giardini reali.<br />
<br />
Nella XVIII dinastia, lo scarabeo, o più specificatamente lo scarabeo del cuore, cominciò ad apparire in ambito funerario come amuleto che veniva posto sul petto della mummia dopo la cerimonia dell'apertura della bocca.<br />
<br />
Per gli Egizi il cuore era il centro della forza divina, della spiritualità, di tutte le percezioni dell'essere che da esso erano vagliate e durante il processo di mummificazione esso non veniva estratto per essere conservato nei Vasi canopi.<br />
<br />
Lo scarabeo era un cuore divino capace con i suoi poteri di percepire anche l'invisibile ed era determinante nel passaggio dalla vita terrena a quella eterna perché donava alla mummia il potere di scacciare il terribile serpente Apopi ed i pericoli disseminati lungo il cammino del viaggio notturno nel mondo dei morti verso i felici Campi di Aaru.<br />
<br />
Erano incisi, nella parte inferiore, i geroglifici dei testi tratti dal Libro dei Morti ed in particolare un passo del capitolo XXX, detto "Formula dello scarabeo del cuore" e per questo motivo, le dimensioni erano più grandi dell'amuleto generico.<br />
<br />
La formula, recitata dai sacerdoti durante il rito funebre, bloccava il cuore che non poteva manifestare ostilità e gli impediva di testimoniare contro il defunto al cospetto di Osiride e delle quarantadue divinità nella "Sala delle due verità" durante la psicostasia.<br />
<br />
Ma lo scarabeo del cuore doveva essere usato anche in vita e veniva generalmente portato, come monile, al collo. Poi, quando sopraggiungeva la morte, esso continuava comunque ad agire con le forze occulte del suo magico potere e veniva quindi collocato tra le bende della mummia, come dimostrano gli scarabei usurati del tesoro di Tutankhamon.<br />
<br />
Per quanto strettamente collegato, in tal modo, con riti fondamentali della religione egiziana, lo scarabeo però non ha un proprio culto, né è molto ricordato tra gli animali sacri come gatti ed ibis, o nei testi religiosi come dono al dio Sole. Tuttavia le sue rappresentazioni sono comunissime nel mondo egizio con duplice valore e significato: mentre un gruppo di essi, infatti, si ricollega direttamente al complesso mitico-ritualistico, l'altro, perdendo in intensità di significato, assume la più semplice e immediata funzione di sigillo. Alla prima categoria quindi vanno assegnate le statue colossali di granito nero, di cui si ha esempio nei musei di Londra e del Cairo, ed in cui lo scarabeo è inteso come effigie del dio Sole; in tale funzione le immagini sono per lo più ibride: il dio cioè assume nella personificazione corpo umano e testa di scarabeo e viceversa, oppure in qualche caso, la figura si compone con la testa del falcone-sole: Horus.<br />
<br />
Molto più sicuro, e sotto alcuni aspetti più interessante, è il secondo gruppo in cui l'animale perdendo, o attenuando, il suo valore sacro, assume esclusivamente funzione sigillare, distinta a quel che pare dal valore cultuale, che può avere in altri casi. La produzione stessa pertanto dello scarabeo-sigillo, che si inizia allo scorcio del III millennio, assume carattere industriale per cui quindi, accanto ad esemplari di eccezionale finezza si moltiplicano, specie in alcuni periodi, altri di esecuzione sommaria e trascurata.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />
<br />
Per quanto riguarda la storia del sigillo in Egitto è noto che nel III millennio esso ebbe forma di cilindro, come nella civiltà babilonese; alla fine del millennio, tuttavia, si ha esempio di sigilli "a bottone", forma che è da ritenere importata nel paese, sia per il confronto con sigilli cretesi, sia per la particolarità di segni incisi che, non sono egiziani. A questa forma, scarsamente amata, si sostituì quindi il sigillo ovale che assunse poi, facilmente, forma di scarabeo, con un probabile valore sacro ed augurale, e fu foggiato nelle pietre più varie o in terracotta ricoperta di smalto vitreo colorato (cosiddetta faïence). Per quanto riguarda l'impronta sigillare i più antichi sigilli, ancora in forma di cilindro, hanno l'impronta dello scriba o del funzionario, mentre successivamente, col desiderio di avere un proprio sigillo per affari personali, compare il nome del proprietario, che pertanto ricorre sovente sui primi scarabei nel Medio Regno o nel secolo seguente.<br />
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Nel Nuovo Regno, invece, i nomi dei privati scompaiono e vengono sostituiti dai nomi dei re, ed in tal modo lo studio degli scarabei diviene importantissimo per la storia egiziana, a partire dal XIX sec. a. C., così che almeno 60 nomi di sovrani risultano noti attraverso questa fonte. Nel XVIII sec. inoltre, accanto al nome del principe compaiono quelli dei familiari. Mentre poi l'immagine dell'animale si precisa, in quanto ne vengono definite le zampe, la frequenza di esemplari grossi e mal lavorati fa pensare ad una produzione in massa, a carattere industriale. Con la XXII dinastia gli scarabei spesso portano nomi dei re dell'Antico Regno: Kheops, Khefren e Mykerinos, riconfermando il ridestato amore per il passato antichissimo del paese che è già noto da altre fonti. In questo periodo anche gli scarabei sono diffusissimi e, a quanto ci dicono i rinvenimenti, si propagano al di fuori dell'Egitto, a Naukratis o altrove. Se però l'interesse storico dello scarabeo egiziano è grande, sia per quanto si è detto, sia perché i rinvenimenti di esemplari isolati in ambienti differenti possono dare importanti elementi cronologici, meno interessante è il loro apporto per la storia dell'arte, nonostante costituiscano una delle più antiche fonti per la decorazione egiziana e per lo studio dell'arte decorativa in genere.<br />
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I più antichi scarabei anonimi appaiono peraltro decorati con geroglifici, che si dispongono araldicamente sulla base piatta divisa per metà e che ben presto, perdendo il loro valore di scrittura, si alterano nel disegno, sovente anche intrecciandosi ed assumendo pertanto funzione puramente ornamentale. Tale carattere si accentua quando in questa prima decorazione, originata dai segni della scrittura, penetrano elementi decorativi di diversa fonte: la spirale semplice in forma di C o di S e, più raramente, il nastro intrecciato. Talora con i motivi di spirale, che tuttavia quasi mai sorpassano le due volute e che, pertanto, non raggiungono mai la ricchezza decorativa che gli stessi elementi conseguono in altri ambienti (ad esempio, nell'Età del Bronzo in Europa e nella civiltà egeo-cretese), si compone l'intera decorazione dello scarabeo egiziano.<br />
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Il repertorio si arricchisce quando, per contatto coi sigilli asiatici e babilonesi, penetrano in Egitto, nel periodo degli Hyksos, elementi nuovi che introducono sulla faccia piatta dello s. l'uso di scene figurate, o di rappresentazioni isolate in cui le figure umane si avvicendano ad altre mostruose nelle quali sono raffigurati geni o uomini con teste di sparviero.<br />
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Nel Nuovo Regno si hanno anche scarabei con scorpioni, coccodrilli, occhi, ecc., rappresentazioni in cui è probabile un significato simbolico che dà al gruppo, peraltro esiguo, un possibile valore di amuleto, così come agli esemplari, databili alla fine dello stesso periodo, con iscrizioni religiose, che pongono il proprietario sotto la protezione di una divinità.<br />
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Nel complesso, per quanto riguarda la produzione in genere degli scarabei, fasi di migliore esecuzione si alternano ad altre più povere così come esemplari finissimi compaiono accanto alla massa talora eseguita in fretta e grossolanamente. Analogamente la produzione dell'ultimo periodo tende a irrigidirsi in una eleganza formale ed accademica in cui si perde la ricchezza della fase precedente, anche essa tuttavia ben povera se confrontata ad altre espressioni artistiche o decorative in genere, in cui la civiltà egiziana ha saputo esprimersi.<br />
<br />
La predilezione che questo tipo di sigillo ebbe in Egitto fece sì che esso divenisse facile oggetto di esportazione e che pertanto fosse imitato in più luoghi del Mediterraneo, dando origine a produzioni locali non prive di interesse. Estraneo al mondo cretese, lo scarabeo egiziano compare in quello greco, nel periodo geometrico, e lo ritroviamo al Dipylon; a Kamiros ed in tombe cipriote coeve sono stati rinvenuti inoltre autenticis scarabei egiziani della XXI-XXVI dinastia (750-550 a. C.), della solita faïence, coi quali si associano prodotti di imitazione, in steatite o in pasta vitrea per lo più azzurro cupo, di fabbrica cipriota verosimilmente, in cui la rappresentazione figurata della base è data da figure umane fortemente stilizzate.<br />
<br />
Accanto a questa produzione orientalizzante ed a quella nettamente egittizzante, per ovvie ragioni, di Naukratis, in cui talora soggetti greci si associano alla tecnica egiziana esemplari di imitazione egizia, coi prodotti di fabbricazione che ne sono derivati, si hanno anche in punti diversi del Mediterraneo occidentale fra i quali segnaliamo la necropoli di S. Montano ad Ischia, dove scavi recenti hanno restituito un considerevole gruppo (oltre 30) di scarabei.<br />
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Un nucleo molto interessante inoltre ne è stato restituito da Tharros in Sardegna; in esso ricorrono esemplari egiziani autentici, altri orientalizzanti di stile misto con soggetti egiziani, assiri o compositi, di produzione che si suole attribuire ai Fenici, ed altri infine di imitazione locale. Quest'ultimo gruppo si attribuisce alla fase di dominazione punica dell'isola, posteriore quindi al VI sec. a. C., e presenta scarso interesse artistico per l'esecuzione sciatta e trascurata in cui la rappresentazione, a soggetti misti, non consegue la coerenza di uno stile: un interesse documentario tuttavia presenta, oltre che per il fenomeno in se stesso, di una documentazione di industria locale, anche per lo studio del contenuto prevalentemente religioso delle rappresentazioni figurate.<br />
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In Etruria constatiamo uno sviluppo analogo attraverso il rinvenimento di prodotti egiziani, non anteriori però all'epoca della XXVI dinastia - notevole il gruppo di 7 esemplari della Tomba Polledrara a Vulci del 600 a. C. e molto bello lo S. Hamilton Gray al British Museum, da una tomba di Chiusi, con rappresentazione di Iside e Horus cui fanno seguito altri fenici e infine la produzione locale eseguita su vasta scala. Questa però, per l'età stessa in cui si svolge, pur prendendo le mosse dai prototipi egizi e pur sviluppandosi con forme proprie, risente naturalmente della coeva produzione ellenica.<br />
<br />
Nel mondo greco infatti, dopo i primi prodotti geometrico-orientalizzanti lo scarabeo si afferma tra le forme sigillari, conseguendo nel VI sec. a. C. la maggior voga, specialmente nell'ambiente ionico. Tuttavia lo sviluppo preso dalla glittica greca e la finezza da essa conseguita porta a trascurare la rappresentazione dell'animale a vantaggio della rappresentazione figurata incisa sulla faccia piatta. Lo stesso fenomeno constatiamo per i sigilli in forma di scarabeoide stilizzato, di origine orientale, che, a partire dalla fine del VI sec., gradualmente si affiancano agli scarabei fino a sostituirli interamente in età classica; analogamente alle pietre precedentemente usate (corniola, calcedonia ed agata), si preferiscono con la calcedonia, i cristalli di rocca, cui si associano le agate, le sarde e la pasta vitrea, quale ci è documentata, ad esempio, da un gruppo di rinvenimenti ad Olbia. Se lo scarabeo scompare dalla glittica greca nel corso del V sec. a. C., vita non molto più lunga ha lo scarabeoide, che comincia a diminuire, nel corso del secolo seguente, per dimensione e numero, fino a scomparire interamente, il che si giustifica con l'importanza sempre maggiore assunta dalla rappresentazione figurata nelle gemme sigillari.<br />
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In Etruria, invece, lo scarabeo ha miglior fortuna anzitutto perché non è sostituito dallo scarabeoide, di cui si hanno solo scarsi esempî, poi perché resta di fatto la forma quasi esclusiva usata per le gemme sigillari fino a tutto il VI sec. a. C. In genere gli esemplari etruschi si distinguono agevolmente da quelli greci, sia per una trattazione più semplice e schematica dell'animale, sia per la particolarità di un bordo inciso a lineette parallele che corre intorno alla faccia piatta e sotto le zampette dello scarabeo. L'influsso greco, pertanto, si fa sentire piuttosto nella rappresentazione figurata, specialmente in rapporto ai contenuti, che nella forma vera e propria della gemma; è quindi generico piuttosto che specifico. Fonte principale per la scelta dei soggetti è il mito greco nella redazione dei grandi cicli eroici di Troia e di Tebe, ma non mancano, per quanto rare, figure alate non identificabili o rappresentazioni di divinità.<br />
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Diversità dagli scarabei greci si ha, invece, nella scelta delle pietre che si rivolge di preferenza alla corniola mentre molto rari appaiono il diaspro verde, il plasma, la calcedonia, nonché la sardonica e l'agata fasciata, che tuttavia diventano, almeno le due ultime, in fase più tarda, più comuni. Ed una ulteriore differenza notiamo nelle iscrizioni, che compaiono solo negli scarabei migliori e di età più antica e che ci rendono ora il nome del proprietario, ora quelli degli eroi rappresentati (anche se del mito greco) tradotti in lingua etrusca e trascritti in grafia locale: notevole è il particolare che mancano tra essi i nomi di incisori. Per quanto riguarda lo sviluppo cronologico della produzione, lo si è ricostruito abbastanza chiaramente: essa si inizia, come prodotto di imitazione, nel corso del VI sec. a. C. e raggiunge la fase di maggior intensità nel V sec. a. C., in età contemporanea alla più antica ceramica a figure rosse per decrescere poi gradatamente e decadere lentamente, finché nel corso del IV sec. a. C assume una fisionomia deteriore in cui l'elemento artistico si perde per effetto della maggiore industrializzazione. Caratteristico del IV sec. a. C. è anche un gruppo di Scarabei detto "a globulo" per le particolarità tecniche dell'incisione, prodotto in vari centri etruschi: Tarquinia, Vulci, Chiusi, nonché nel Sannio (Alife) e nella parte meridionale della penisola italica.<br />
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Più recente è invece un ultimo gruppo di gemme di tal forma caratterizzate dal contenuto della rappresentazione figurata, per lo più costituita da animali o da simboli del mondo egizio quali ad esempio gli emblemi di Iside; databili, pare, al III sec. a. C. Essi si ricollegherebbero all'introduzione di culti e riti egizi nell'Italia meridionale e pertanto ai rapporti istituiti con Alessandria e l'Egitto tolemaico.<br />
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<br />Barbara Mezzenzanahttp://www.blogger.com/profile/14292125177674142992noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6697638692728056291.post-56944932012948434722016-10-01T00:35:00.002-07:002016-10-01T00:35:21.131-07:00LA COSTELLAZIONE DI ERCOLE.<br />
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<a href="http://popovina.blogspot.com/" target="_blank"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVQrrGAiVkHi7qej8d4PHGPn6dyd9YK98pT3LVb_0XfWf-vQ4yQ1nfa5Xo8_UMlm38PtI6EiB27xjt0Lwu44pT_eIVyfg1_x8usx1pM_z2vnoCt-iJbgTgHQ5sxurPW_re48cnkPb4g1g/s400/erc.jpg" width="400" /></a></div>
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La costellazione raffigura l'eroe Ercole, figlio di Zeus e della fanciulla Alcmena; a questa figura sono legate le mitiche 12 fatiche ed anche altre costellazioni si riferiscono a questo mito: uccidere il Leone fu una di queste fatiche, come pure la lotta contro l'essere mitologico rappresentato dalla costellazione dell'Idra, nella quale intervenne pure il granchio inviato dalla gelosissima moglie di Zeus Era (Ercole era il frutto di una relazione extraconiugale del marito) in aiuto dell'Idra.<br />
<br />
Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei Giochi olimpici. In alcuni casi, mettendo in luce la generosità con la quale affrontava avversari temibili, si rese dell'eroe un'immagine dall'intensa forza morale, oltre che puramente fisica.<br />
<br />
Nel mondo romano Ercole presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica; considerato anche una divinità propizia, gli si rivolgevano invocazioni in caso di disgrazie, chiamandolo Hercules Defensor o Salutaris.<br />
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Si tratta di una costellazione ben visibile nei nostri cieli grazie alla presenza di parecchie stelle abbastanza luminose anche per le nostre città: nelle belle serate estive la troviamo alta sull’orizzonte, facilissima da trovare grazie a quel faro che è la stella Vega della Lira, accanto alla quale si estende questa costellazione.<br />
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Alle ore 21 si trova all’orizzonte nordorientale, pronta a salire nel cielo, già da metà marzo. Culmina alta a Sud, passando proprio allo zenit, per tutto il mese di agosto ed infine si trova all’orizzonte nordoccidentale tra fine novembre e i primi di dicembre.<br />
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La stella principale, Alfa, o Ras Algethi, è una stella doppia formata da una supergigante rossa variabile e dalla sua piccola compagna verde-azzurra. Le altre stelle sono più difficili da individuare, ma bisogna menzionare Zeta, un altro sistema doppio, osservabile comodamente tramite un piccolo telescopio.<br />
<br />
La costellazione di Ercole, però, contiene un oggetto molto importante per gli astronomi ma anche per i semplici astrofili: si tratta di M13, il più luminoso ammasso globulare dell'emisfero boreale. Chiamato anche "grande ammasso globulare di Ercole", è uno dei pochi oggetti di questo tipo ad essere visibile ad occhio nudo. Lo possiamo individuare nel lato superiore del trapezio, tra le stelle Eta e Zeta. Osservato ad occhio nudo, appare come una stella sfocata, mentre con un binocolo si nota già il suo alone di luce. Con un telescopio i dettagli si fanno più evidenti ed è possibile notare la grande densità di stelle al centro che diminuisce allontanandosi verso le regioni esterne.<br />
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Un altro ammasso, M92, è individuabile a sinistra del trapezio: simile ad M13, risulta però più compatto osservato con un telescopio.<br />
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