martedì 10 novembre 2015

LA CREMAZIONE

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La cremazione una pratica molto antica: in Asia tale consuetudine si è mantenuta pressoché inalterata da millenni (si pensi all'India). Alcune culture antiche hanno creduto che il fuoco fosse un agente di purificazione e che la cremazione illuminasse il passaggio dei defunti in un altro mondo, o che ne impedisse il ritorno tra i vivi.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la cremazione non riduce il cadavere in cenere: i resti di tale pratica sono frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, vengono sminuzzati fino a formare una cenere che poi, a seconda degli usi, delle consuetudini o delle ultime volontà della persona defunta, vengono custodite in un'urna, sepolte, sparse, o altro.

La cremazione è documentata tradizionalmente tra le popolazioni di stirpe indoeuropea e tra coloro che hanno adottato religioni di tale origine, come il buddhismo. Fanno eccezione a tale regola i seguaci di Zarathustra, sopravvissuti sino ad oggi come comunità Parsi che, pur appartenendo ad una religione indoeuropea, rifiutano la cremazione: venerando il fuoco, non possono permettere che esso tocchi cadaveri ritenuti impuri. Per l'eliminazione del corpo, senza dover ricorrere alla sepoltura, rito estraneo al mondo indoeuropeo, ricorrono alle "torri del silenzio".

I Greci cominciarono a cremare i loro morti fin da 3.000 anni fa: la cremazione era il modo predominante di eliminare i cadaveri. L'importanza del rito faceva sì che fosse riservata alle persone più nobili e famose.

A Roma la cremazione si trasformò in un'usanza così radicata da far costruire ed affittare dai parenti dei defunti loculi all'interno di un columbarium. I loculi erano delle nicchie o strutture simili, disposte orizzontalmente nelle pareti dei colombari, atte a contenere le ceneri dei morti. Presto la vendita di loculi o di interi colombari si trasformò in un lucroso commercio.

Con la diffusione del Cristianesimo, la pratica della cremazione nell'impero romano decadde a favore della sepoltura. Anche se la cremazione non era esplicitamente un tabù fra i cristiani, era guardata con sospetto dalle autorità religiose e, a volte, apertamente osteggiata a causa della sua origine pagana greco-romana e per la preoccupazione che potesse interferire con la resurrezione del corpo e la sua riunione con l'anima. Un altro motivo più pratico del declino delle cremazioni fu quello della crescente penuria di legname alla fine dell'Impero Romano, materiale ovviamente indispensabile per la combustione dei cadaveri.



Le cose cambiarono con l'avvento dell'Illuminismo e con Napoleone Bonaparte, il quale, tramite il celebre Editto di Saint Cloud del 1805 inerente all'obbligo di inumazione dei cadaveri in cimiteri extraurbani, gettò le basi di quelle che sono oggi le norme legislative in materia di diritto cimiteriale.

La cremazione è rimasta rara in Europa occidentale fino al XIX secolo, tranne in casi eccezionali: ad esempio, durante l'epidemia di peste nera del 1656, i corpi di 60.000 vittime furono bruciati a Napoli in una sola settimana.

Dal XX secolo il termine cremazione è anche correlato allo sterminio di massa di prigionieri deportati nei lager nazisti.

I primi forni crematori moderni sono ascritti agli studiosi Brunetti, Polli-Clericetti, Paolo Gorini da Lodi, Venini, Guzzi e Spasciani-Mesmer.

Nel periodo dell'Olocausto della Seconda guerra mondiale numerosi forni crematori furono costruiti dai nazisti all'interno dei campi di concentramento e nei campi di sterminio. Tali strutture servirono per bruciare i corpi di migliaia di ebrei, rom, comunisti, socialisti e altri oppositori del nazismo; nonché omosessuali e prigionieri uccisi o comunque deceduti in tali campi. Nell'ultima fase della guerra il numero di prigionieri deceduti era così elevato che i forni dei campi non bastarono più a cremare la enorme quantità di cadaveri accumulatisi, che venivano ammucchiati e quindi bruciati all'aria aperta.

La pratica della cremazione si aggiungeva all'atrocità dello sterminio di massa: infatti tale costume risultava profondamente offensivo verso il giudaismo ortodosso che in ragione dell'Halakha, la legge ebraica, vieta la cremazione supponendo che l'anima di una persona che vi è sottoposta non possa raggiungere la pace definitiva. Da allora, la cremazione è considerata in maniera particolarmente negativa da molti osservanti di fede ebraica.

In Italia l'unico forno crematorio presente fu quello allestito nel campo di concentramento nazista della Risiera di San Sabba, a Trieste.

Nel 1963, a seguito del Concilio Vaticano II, anche la Chiesa cattolica con l'istruzione Piam et constantem della Suprema Congregazione del Sant'Uffizio ha ribadito l'invito ai vescovi di predicare l'inumazione, che è la pratica tradizionale della Chiesa. Nel contempo però ha disposto che ai propri fedeli che scegliessero di farsi cremare possano avere la sepoltura ecclesiastica, a condizione che la loro scelta non derivi della negazione dei dogmi cristiani, da appartenenze a sette, dall'odio verso la religione cattolica o verso la Chiesa. Nell'aprile del 2002 il cardinale Jorge Medina Estévez, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha annunciato la preparazione di un'apposita liturgia. Tuttavia, il Codice di Diritto Canonico sostiene nel canone 1176, che «la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; e non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana». La Cei in data 2 marzo 2012 ha presentato la seconda edizione italiana del "Libro delle esequie" che sancisce un "Sì" condizionato alla pratica di cremare i defunti: le ceneri, per la Chiesa cattolica, devono essere conservate nei cimiteri e non dispersi in mare o altrove in natura né conservate in casa o in giardino. Il testo approvato dai vescovi è obbligatorio dal 2 novembre 2012.

Invece la maggior parte delle chiese evangeliche e protestanti non solleva alcuna obiezione contro la cremazione. Le Chiese ortodosse, al contrario, la vietano in maniera assoluta, prediligendo l'inumazione.

In Italia il primo forno crematorio moderno funzionava a gas illuminante e fu installato nel Cimitero monumentale di Milano. Esso venne progettato e costruito dai professori Polli e Clericetti espressamente per effettuare la cremazione del banchiere milanese Keller che avvenne il 22 febbraio 1876 sul cadavere imbalsamato di questi, deceduto due anni prima. Alla cremazione assistette Paolo Gorini, che già si interessava a nuovi sistemi per lo smaltimento rapido dei cadaveri. Egli si rese conto che l'impianto di Polli e Clericetti era troppo complicato, delicato e costoso, per cui inventò e costruì nello stesso anno il suo modello di forno crematorio che ebbe un successo mondiale per la semplicità, l'economicità di produzione ed esercizio (funzionava con fascine di pioppo sul principio della fiamma indiretta). Il forno Gorini fu installato nel nuovo Crematorio di Londra e quindi a Bombay e fu adottato perfino in Giappone. Forni sul principio Gorini hanno funzionato quanto meno in Italia, fino agli anni settanta - ottanta del Novecento, in seguito furono modificati a gasolio e quindi sostituiti con impianti moderni allorché in quegli anni la cremazione prese a diffondersi a livello di massa. Esso fu un impianto mirabile e di straordinaria efficienza, ma non fu il primo apparecchio crematorio. Allo stesso Gorini si deve la diffusione in Italia della cremazione, che nel 1876-1877 progettò il forno crematorio nel cimitero di Riolo, frazione di Lodi.



Il forno crematorio Spasciani-Mesmer installato a Livorno e Venezia era un impianto gasogeno con griglia orizzontale e tramoggia di caricamento del combustibile. Il preriscaldamento del forno richiedeva 8-10 ore, con un consumo di circa 2.000 kg di coke; per una cremazione erano necessari 200–300 kg di coke.

In Italia è praticata in circa il 10% dei casi, anche per l'assenza di strutture attrezzate, presenti solamente in una quarantina di province soprattutto al Centro-Nord. Una certa inversione di tendenza è testimoniata dal fatto che nelle due principali metropoli del Nord Italia, Torino e Milano, la percentuale supera il 50%.

Negli ultimi decenni la spinta a emanare normative relative alla cremazione si è fatta sempre più decisa. Importanti, in tal senso, sono state alcune leggi promulgate tra il 1987 e il 1990, che non consentivano ancora, però, la dispersione delle ceneri, che dovevano invece essere conservate all'interno del cinerario comune. L'inadeguatezza della legge, soprattutto in merito alla dispersione delle ceneri, ha spinto il Parlamento italiano a discutere di un suo aggiornamento nel corso della tredicesima legislatura e, nel marzo 2001, è stata promulgata la Legge n.130.

La principale novità del testo è data dal venir meno del divieto di dispersione delle ceneri. È caduto conseguentemente l'obbligo di conservazione nei cimiteri, per tale motivo, ora, le ceneri vengono consegnate direttamente ai familiari. La dispersione potrà essere effettuata in spazi aperti (mare, bosco, montagna, campagna, …), in aree private, oppure in spazi riservati all'interno dei cimiteri: non potrà avvenire all'interno dei centri urbani. Sarà anche possibile conservare l'urna in casa, purché vi sia riportato il nome del defunto.

La legge dà anche indicazioni alle amministrazioni locali per la costruzione di crematori, e istituisce il divieto di trarre lucro dalla dispersione delle ceneri. Peraltro, la nuova legge attribuisce al Ministro della sanità il compito di provvedere alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n.285, allo scopo di disciplinare proprio la dispersione delle ceneri.

La Regione Lombardia ha approvato la legge n. 22 del 2003 sui problemi cimiteriali, così pure hanno provveduto a legiferare altre Regioni Italiane come la Toscana, l'Emilia-Romagna, la Liguria e altre. Dal 14 febbraio 2004 in Lombardia è possibile disperdere le ceneri in natura oppure affidarle a qualche parente per la conservazione nel proprio domicilio. In Piemonte i comuni, ai sensi della legislazione vigente e, in particolare, della legge regionale n.20 del 31 ottobre 2007 (Disposizioni in materia di cremazione, conservazione, affidamento e dispersione delle ceneri), disciplinano con appositi regolamenti la cremazione e la dispersione delle ceneri all'interno del proprio territorio individuando anche le aree destinate alla dispersione delle ceneri dei defunti che abbiano espresso questa volontà.

Alcuni considerano la cremazione come una pratica igienica, perché evita la decomposizione del corpo, ed ecologica, perché in linea di principio richiede minori spazi e costi.

La legge ha individuato tre modalità per ottenere la cremazione:

affidare le proprie volontà al congiunto più prossimo che, al momento del decesso, chiede l'autorizzazione per la cremazione al Sindaco del Comune dove è avvenuto il decesso. Se vi sono più congiunti di pari grado (es. figli) questi devono essere tutti d'accordo.
lasciare indicazioni precise nelle disposizioni testamentarie;
iscriversi a una società per la cremazione che curerà l'esecuzione delle volontà dell'iscritto e la farà valere anche in caso di familiari dissenzienti. Le Società per la Cremazione (SOCREM) provvedono all'espletamento di tutta la parte burocratica ed assistono i congiunti.
L'associazione I.DI.CEN. opera per la tutela delle volontà di cremazione e dispersione ceneri, ma anche per la tutela complessiva delle proprie volontà funebri. L'associazione ha ottenuto il riconoscimento giuridico per poter far riconoscere le volontà dei propri iscritti in tutti i comuni italiani.

L'acqua corporea totale rappresenta da sola il 60-65% del peso di un essere umano. Il resto della massa corporea è dato da numerosi altri componenti, presenti in particolare nella struttura scheletrica dell'individuo. Nei resti cremati residuano prevalentemente fosfati di calcio e altri minerali minori, quali sali di sodio e potassio. Lo zolfo corporeo e il carbonio vengono prevalentemente eliminati come gas durante il processo della cremazione. Pur nell'ambito di una ampia variabilità individuale, la cremazione produce in un individuo adulto circa il 3,5% in ceneri del suo peso corporeo. Questa percentuale scende al 2,5% se l'individuo era un bimbo, fino all'1% nel caso di un feto. Mediamente quindi un cadavere produce circa 2,4 kg di ceneri, con un peso leggermente più elevato nel genere maschile rispetto al genere femminile. Contrariamente a quanto si può credere, il peso delle ceneri correla maggiormente con il parametro della statura che non con altri parametri (sesso, età, peso).

Le società SOCREM stanno diffondendo sempre di più in Italia il concetto di "libertà oltre la morte", ovvero la necessità di una continua e capillare informazione affinché la pratica della cremazione non venga più vista come un tabù, ma possa essere liberamente scelta e consapevolmente praticata. Tra le prime e più importanti, nel 1882 venne fondata la Società Veneziana per la Cremazione che commissionò la costruzione del forno all'ingegnere Spasciani-Mesmer e che venne inaugurata ufficialmente il 31 ottobre 1891.

Il forno crematorio è diviso in due parti sovrapposte, separate da una griglia di materiale refrattario. La combustione può avvenire con diversi sistemi: arroventamento delle pareti del forno per mezzo di resistenze elettriche o bruciatori a gas, oppure per fiamma diretta. Le temperature che si raggiungono sono di 900-1000 gradi. La bara con la salma viene immessa mediante guide metalliche nella parte superiore e prende immediatamente fuoco. Le ceneri e le ossa calcificate cadono progressivamente nella parte inferiore del forno, dove si completa la combustione. Un sistema di ventilazione immette continuamente aria e quindi l’ossigeno necessario per la combustione. Dopo un paio d’ore, l’operatore, che può controllare l’interno del forno mediante uno spioncino, spinge dall’esterno i resti verso una zona di raffreddamento.

Mentre il contenitore brucia, il corpo si asciuga per mezzo del calore, brucia la pelle e i capelli, contrae i muscoli, vaporizza i tessuti molli, e calcifica le ossa in modo che alla fine si sbriciolino. I gas emessi durante il processo sono  emessi attraverso un sistema di scarico. I corpi vengono bruciati uno alla volta. Di solito non c’è odore, perché le emissioni vengono distrutte e il fumo vaporizzato. Alcuni crematori hanno un postbruciatore secondario per aiutare a bruciare completamente il corpo. In caso il corpo non venga bruciato completamente, il tecnico addetto alla cremazione deve schiacciare i resti parzialmente cremati con l’aiuto di una lunga zappa. Alla fine, il corpo viene ridotto a resti scheletrici e frammenti ossei. Esso viene poi raccolto in un vassoio o in una padella e lasciato raffreddare per qualche tempo. Questi resti, però, contengono spesso anche oggetti non consumati in metallo come viti, chiodi, cerniere, altre parti della bara o del contenitore. Inoltre, la miscela spesso contiene apparecchi dentali, oro dentale, viti chirurgiche, protesi, ecc. Questi oggetti vengono rimossi con l’aiuto di forti magneti e / o pinze dopo l’ispezione manuale. Tutti questi metalli vengono poi smaltiti secondo le leggi locali. Dispositivi meccanici, pacemaker, in particolare, sono stati rimossi in precedenza in quanto potrebbero esplodere a causa del calore intenso e danneggiare l’attrezzatura di cremazione e del personale. Si consiglia di rimuovere gli elementi di gioielli come anelli, lavaggi del polso e altri oggetti simili, troppo, in quanto sono suscettibili di rompersi nel corso del processo. Inoltre, i pezzi di metallo vengono rimossi prima che il processo successivo, perché possono danneggiare l’attrezzatura utilizzata per la polverizzazione. Infine, i frammenti di ossa secche vengono ulteriormente trasformati in una sabbia più fine di consistenza omogenea. La macchina utilizzata per questa polverizzazione è chiamato cremulator. In media, ci vogliono circa 1-3 ore per cremare un corpo umano, riducendo così di 3-7 chili di cremains. La cremazione rimane di solito pastosa di colore bianco.

Da lì vengono raccolti e posti su un setaccio a vibrazione, che elimina le polveri più fini. Quindi con una calamita viene separato il materiale metallico rimasto (chiodi della bara, eventuali protesi, ecc.). Infine le ceneri rimaste vengono raccolte e sigillate in un’urna, consegnata ai parenti.




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