martedì 22 dicembre 2015

I VAMPIRI



I vampiri esistono davvero, se così vogliamo definirli e ci sono delle motivazioni scientifiche che portano ad affermare ciò. Ognuno è libero di crederci o meno, ma ciò non toglie che effettivamente ci sono delle certezze che riportano a ciò che siamo abituati a vedere nei i film.
Nei film si  è appreso che i vampiri vogliono bere il sangue umano, necessario per la loro sopravvivenza. Questa necessità ovviamente non è reale, se non in un raro caso che riconduce a delle somiglianza con la vita del vampiro. Si tratta di una malattia davvero rarissima ed ereditaria del sangue, cioè il Morbo di Gunther. L’alterazione enzimatica impedisce l’ossigenazione corretta del sangue e porta ad avere una colorazione rossastra dei denti, gli occhi neri e macchiati di sangue, provoca anemia ed allergia all’aglio. Pare che la sua cura sia quella di bere del sangue.

Il vampiro sappiamo che è il re delle tenebre, ma nella vita reale anche questa necessità di vivere al buio è riconducibile ad un’altra malattia genetica. Si tratta della Xenoderma Pigmentoso che colpisce una persona su un milione ed è nota anche come allergia alla luce. Un solo attimo al sole può provocare gravi ustioni e profonde ferite.

La sete di sangue è una fantasia cinematografica ricorrente, ma ultimamente sono molti i giovani affascinati da questa cultura vampiresca che si spingono a bere sangue umano. Giuseppe Bisetto, responsabile del GRIS, il gruppo italiano di ricerca sulle sette, ha affermato che ogni mese ricevono decine di segnalazioni su locali che offrono il sangue umano corretto con l’alcool.

I vampiri, rappresentanti con poteri sovrumani, poi si annientano alla semplice visione di una croce o di uno spicchio d’aglio. In realtà, nella vita reale, questa fobia si chiama staurofobia, ed è cioè una nevrosi che scaturisce attacchi di panico estremo e un’ansia enorme alla vista di una croce o di simboli analoghi.  Chi soffre di questa nevrosi è spesso un cristiano molto fedele, che alla visione di una croce, ripensa al Cristo crocefisso e comincia a sentire quella stessa sensazione di dolore, sofferenza e agonia.

Sull’esistenza dei vampiri può testimoniare  di persona Vedat Sar, medico del Dipartimento di Psichiatria dell’università di Istanbul, che ha scritto sul tema un articolo sulla rivista "Psychoterapy and Psychosomatics".

Ebbene, lo psichiatra riferisce il caso di un ventitreenne arrivato in clinica che da due anni soffriva di un particolare tipo di dipendenza: quello dal sangue umano. Il ragazzo soffriva di crisi durante le quali sentiva l’irrefrenabile bisogno di bere sangue. "Questo benché consideri tale comportamento assurdo", specifica lo psichiatra.

"Casi analoghi di pazienti che bevono sangue umano sono riferiti in psichiatria fin dagli anni ’60, di solito associati a schizofrenia, psicopatie, ritardo mentale", chiarisce Sar, per chi ancora non credesse ai vampiri. "Nel ragazzo, invece, abbiamo potuto verificare che il vampirismo è correlato a un disturbo post-traumatico da stress associato a un disturbo dissociativo dell’identità".

Certo, sia chiaro, non un tizio che si trasforma in pipistrello o che è condannato alla “non morte” eterna. Ma si tratta comunque di un ragazzo di 23 anni costretto ad andare in clinica per la “dipendenza” da sangue umano, che beveva ormai da due anni. Una storia che inquieta non poco, se si pensa che il giovane aveva iniziato col proprio, raccolto in un bicchiere dopo essersi tagliato braccia e torace. Ma presto era passato al sangue altrui, finendo incriminato più volte per aver morso o ferito a coltellate diverse persone. Attaccando anche i parenti e costringendo il padre a procurargli liquidi alla banca del sangue. Il dottor Sar, nell’analizzare il caso, lo ha definito un caso di “disturbo post-traumatico da stress” dovuto ad un passato difficile, fatto di lavori saltuari, povertà, un’espulsione dall’esercito per comportamenti poco ortodossi e dai flashback continui della morte della figlia di quattro mesi, dello zio che gli avevano ucciso e spirato tra le sue braccia, e di un delitto commesso da un amico, cui aveva assistito. Era nato così il “piacere” per il sangue, e dall’idea di vedere spesso un immaginario bambino di sei anni che lo incitava alla violenza. Un ricovero non è bastato, ne sono serviti due per altrettanti di cure, almeno per disintossicarlo dalla “sete di sangue”.

In Florida, settembre 2011, Stephanie Pistley, 18 anni, aveva partecipato al delitto di un amico di due anni più giovane, Jacob Hendershot, pestato a morte e sepolto nel cemento. Interrogata, non si è scomposta: «Sono metà vampiro e metà lupo mannaro. Lo so con assoluta certezza con ogni fibra del mio corpo, con ogni cellula del mio organismo. Da quando avevo 12 anni ho capito di essere vampiro». E così, in una corsa al delirio, aveva raccontato di come bevesse regolarmente il sangue del proprio fidanzato, William Chase, accusato con lei dell’omicidio.

Di più, un sondaggio svolto tra i teenager americani, forse troppo cinedipendenti dalle tante saghe dedicate ai discendenti di Dracula, rivelò come un adolescente su cinque si ritenesse un vampiro. Follie americane? Mica tanto. Soltanto due mesi prima a diverse migliaia di chilometri di distanza, nello Stato del Madhya Pradesh, India, una donna si presentava alla polizia per denunciare il marito contadino che le beveva ogni giorno il sangue, ritenendo così di diventare più forte e virile. «Dopo aver prelevato con una siringa il sangue dal mio braccio, lo versava in un bicchiere e lo beveva» dichiarò Deepa Ahirwar, 22 anni, del villaggio di Shikarpura. E se lei si rifiutava, erano botte.



E non c’è bisogno di andare lontano per trovare episodi simili. Il 14 marzo 2011, a Ravenna Nataliya Shynyan, badante ucraina, fu trovata dai vigili del fuoco in piena notte a cavalcioni sulla donna che doveva accudire, Elsa Morigi, 88 anni, mentre rideva istericamente dopo averla uccisa a coltellate. Disse che a ordinarle il delitto era stato un demone-vampiro. Considerata incapace di intendere e di volere, dopo un anno e mezzo all’Opg di Castiglione delle Stiviere, è tornata in Ucraina.

Una vera e propria caccia al vampiro fu organizzata in Svezia nel 2003, quando fu trovata una testa mozzata in un canale e di un piede umano nella lavanderia di un ospedale. La testa apparteneva al ventiduenne Marcus Noren, scomparso dopo aver partecipato ad un particolare “gioco di ruolo” sui vampiri, vestito da Dracula. Alla fine i poliziotti arrestarono un uomo e un ragazzo, che in casa avevano altri pezzi della vittima.

Un anno più tardi toccò alla Serbia, villaggio di Lopusnik, dove fu raccolta una petizione popolare per riesumare un cadavere che davvero credevano essere un vampiro. Anzi, una vampira, che, dopo il proprio funerale, testimoniarono marito e figlio, aveva chiamato a casa per dirle di andarla a prendere.  «Due anni fa- dichiarò una vicina – anche il nonno di lei era stato sepolto ed è stato visto girare nel Cimitero». Furono chiamate le streghe locali per allontanare il vampiro, vicende che rievocano le ossessioni del Medioevo.

Allan Menzies, ventiduenne tossicodipendente scozzese, era ossessionato dal film “La regina dei dannati”, tratto dal romanzo sui vampiri di Anne Rice. Lo vide 100 volte in un mese. Poi uccise l’amico Thomas McKendrick convinto di diventare immortale se ne avesse bevuto il sangue. Era il 2002. Morì suicida nel carcere di Shotts il 15 novembre 2004.

Altri uomini “vampiro” sono entrati invece nella storia del crimine. Come l’inglese John Haigh, inizi del secolo scorso. Dopo un incidente stradale, avendo sentito il sapore del sangue, la sua vita cambiò. Lui, che rifiutava lavori pesanti per non sporcarsi le mani, divenne vampiro, nel senso che beveva il sangue delle vittime che uccideva. E che eliminava poi nell’acido muriatico. Prima di essere impiccato nella prigione di Wandsworth, in Inghilterra, si dichiarò un incompreso come Gesù, Confucio e Hitler.

Più noto come  “Il Vampiro di Düsseldorf”, prendendo il nome dalla città in cui colpì, fu invece Peter Kurten, che seminò il terrore uccidendo almeno nove volte e tentando di farlo altre sette, tra il 13 febbraio 1913 e il 7 novembre 1929. Nessun altro ammazzerà così tanto nel giro di così poco tempo e in una sola città. Caratteristica dei delitti il sangue, che beveva ad ogni occasione. Ammazza indifferentemente uomini, donne, bambini, animali. Quando capisce di avere il fiato sul collo della polizia, confessa alla moglie di essere il Vampiro che tutti cercano e a denunciarlo per farle incassare la ricompensa prevista, cosa che effettivamente accadrà. Finisce ghigliottinato dopo aver ucciso 36 volte.

In Italia il “vampiro” più noto fu invece Vincenzo Verzeni, noto come “il vampiro della bergamasca”. Il caso risale all’ ‘800 e fu studiato da Cesare Lombroso come primo serial killer ufficiale italiano. Tra il 1867 e il 1872 aggredì otto donne uccidendone due: e dopo averle addentate al collo ne bevve il sangue e ne mangiò i resti.

Il vampirismo non è però prerogativa solo dei serial killer. L’esempio più lampante è il necrofago Nicolas Claux, che dopo essersi cibato a lungo del sangue e dei muscoli dei cadaveri di cimiteri in cui era entrato e dell’ospedale in cui lavorava, passò al delitto ammazzando un uomo che aveva conosciuto come appassionato di sadomaso in una sorta di Videotel, antesignano di internet, nel 1994. Nel 2002 è stato rilasciato. Oggi dipinge, fa tatuaggi e lo si trova su internet. Anche i vampiri, alla fine, hanno accettato la globalizzazione.


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