giovedì 30 luglio 2015

VENERE E I SUOI MONTI



Afrodite (Venere per i Latini), una delle divinità greche più antiche, protegge l’amore in tutte le sue forme: è sposa di Efesto, ma numerose sono le sue avventure con altri dei e con mortali. A Roma, invece, Venere incarna il legame matrimoniale e – come madre di Enea e progenitrice della dinastia di Giulio Cesare – simboleggia, accanto a Marte, l’origine divina della Città eterna.

Afrodite, cantata dai poeti, è la dea che protegge l’amore in tutte le sue forme. Simbolo stesso della bellezza e della forza dell’eros (l’amore sessuale), è capace di infondere il desiderio in ogni creatura.

Afrodite, in realtà, non è una dea originariamente greca. Essa deriva, probabilmente, da un’antichissima dea orientale della fertilità. I Greci la accolsero nella loro mitologia e sul suo nome, Afrodite, costruirono il mito della sua nascita. Quando Crono, in combutta con la madre Gea, spodesta il padre Urano dal dominio del mondo, recide con la falce i suoi genitali e li getta nel mare. Dalla schiuma (in greco aphròs) del mare agitato nasce appunto Afrodite. Ma Afrodite ha anche altri nomi e soprannomi, come Citerea (perché ha dimora nell’isola greca di Citera) o Cipria (perché dopo la nascita giunse sull’isola di Cipro).

Insieme al dio Eros, Afrodite suscita il desiderio dell’innamoramento; la dea protegge inoltre il matrimonio e infatti le vergini si votano a lei prima delle nozze. Ma Afrodite non protegge solo l’amore legittimo: anche le prostitute si votano alla dea e spesso offrono nei suoi templi doni attinenti alla loro ‘professione’.

Anche il rapimento di Elena e la conseguente guerra di Troia hanno la loro origine in una vicenda che vede protagonista Afrodite insieme a Paride. Tre dee sono venute a contesa su chi di loro sia la più bella: Era (la romana Giunone), Atena (Minerva) e Afrodite. Paride, chiamato a decidere, sceglie Afrodite e la dea, per ricompensarlo, fa innamorare di lui Elena, la donna più bella del mondo.

Nel mito raccontato dai poeti, Afrodite è sposa di Efesto (Vulcano), e in tal modo simboleggia il rapporto tra la fatica oscura del lavoro e l’arte raffinata che essa produce. Numerose sono le sue infedeltà: dall’unione della dea con uomini mortali nascono eroi famosissimi. Con Anchise, principe troiano, genera Enea, che darà vita alla stirpe di Roma: per questo motivo la dinastia Giulio-Claudia – quella legata a Giulio Cesare – si dirà discendente da Venere.

Un tradimento famoso è quello narrato nell’Odissea di Omero: Efesto coglie in flagrante Afrodite a letto con Ares (Marte), e li avvolge in una rete di metallo da cui non possono districarsi. Tutti gli dei, alla loro vista, scoppiano a ridere. Ma Afrodite ha anche amori infelici: Adone, giovane nato dall’amore incestuoso tra Mirra e suo padre, è amato dalla dea che si dispera quando questi, in una battuta di caccia, cade vittima di un cinghiale istigato da Ares. Venerata in tutte le epoche e onorata in numerosissimi santuari, Afrodite è una delle più antiche e significative divinità della religiosità greca, in particolare nel mondo femminile.

Gli studiosi si interrogano ancora sull’origine e sulle primitive funzioni di Venus, antichissima dea italica e romana. Secondo alcuni rappresenterebbe la forza generatrice della natura e della fioritura. Altri hanno collegato il suo nome al verbo veneror «venerare», indicando nella forza magica di invocazione del dio da parte dell’uomo la sua originaria prerogativa (a Roma ha anche il soprannome di Obsequens «colei che esaudisce le preghiere»).

In tutta l’Italia antica sorgevano già in età antichissima santuari di Venere: i più importanti a Lavinio e a Erice in Sicilia. Da quest’ultimo la dea prende anche il soprannome di Ericina.

Dal 3° secolo a.C. alla sua figura viene sovrapposta quella dell’Afrodite greca. A Roma però, Venere non assume la protezione di tutti gli amori, rimanendo piuttosto simbolo dell’unione coniugale. Non è accostata a Vulcano come sposa, bensì a Marte, formando in tal modo la coppia che simboleggia i due caratteri del mondo romano, la forza militare e l’origine divina della stirpe di Romolo. Proprio quest’ultimo elemento, ereditato dal mito greco, è sfruttato notevolmente dall’età di Giulio Cesare in poi, quando a Venere Genitrice si edificano templi importantissimi al centro della città.


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Il monte di Venere (o del pube) si presenta come una regione triangolare sporgente, situata in corrispondenza del pube, limitata lateralmente dalle pieghe inguinali e in continuazione superiormente con l'ipogastrio e in basso con le grandi labbra. La cute che lo riveste è glabra in età prepuberale; dopo la pubertà si ricopre, insieme alla grandi labbra, di lunghi peli. L'epidermide è spessa e nel derma si possono trovare ghiandole sudoripare e sebacee. Tra derma e ipoderma esiste uno strato di lamelle fibroelastiche che, insieme a quelle provenienti dalle grandi labbra, si portano in alto per perdersi nella linea alba.
Nell'ipoderma è presente un cuscinetto adiposo, lo spessore del quale è in relazione con le caratteristiche del soggetto.

Spesso trascurata, ma in realtà, la mano posta a coppa sul monte di Venere non solo permette la stimolazione del clitoride durante la masturbazione, ma, con una leggera pressione, anche la ritrazione del cappuccio clitorideo (l’equivalente femminile del prepuzio) e l’esposizione della punta sensibile.

Il nome deriva da Venere, dea nella mitologia romana.

Dopo il "thigh gap" (lo spazio tra le ginocchia) e il "bikini bridge" (lo slip che fa da "ponte" tra le anche quando si è sdraiati in spiaggia), la nuova tendenza è quella di eliminare il cosiddetto monte di venere rendendolo il più magro e liscio possibile.

Sui social network già spopolano le foto di chi ha raggiunto il suo obiettivo e sul mercato si sarebbe già buttata anche la chirurgia estetica. In molte si sarebbero già rivolte al bisturi per un intervento di "Monsplasty" per ridurre il grasso in eccesso e rendere più tesa la pelle sopra l'osso pubico.



Nella mano è rappresentato dalla base carnosa del pollice, racchiusa entro la linea della vita e quando appare ben conformato e normalmente sviluppato, segnala tenerezza, sentimenti, amore, attrazione, voluttà, passione, sensibilità, interesse per la musica e un buon tono energetico. Nella norma il monte di Venere non deve occupare oltre un terzo della superficie della mano; è inoltre indispensabile che si presenti liscio al tatto, roseo, né troppo piatto né troppo pronunciato, elastico ma non duro e neppure eccessivamente molle. In astrologia Venere è il pianeta della bellezza, dell'amore, della tenerezza e della capacità di seduzione, significati che, nel caso di un monte normalmente pronunciato, compaiono nella giusta misura ma, in presenza di eccessi, si esacerbano nell'aspetto esagerato del sentimentalismo e della seduzione: lascivia, confusione, debolezza, instabilità affettiva.

Il Venusiano puro è l'individuo in cui il monte di Venere appare nettamente prevalente; contraddistinto da una figura e da lineamenti piacevoli, vanta insomma l'appartenenza alla privilegiata categoria dei "bellissimi". Alto, ben proporzionato, ha carnagione chiara, pelle sottile e morbida, fronte alta, sopracciglia ben disegnate, capelli soffici e folti. Occhi grandi a mandorla, bocca piccola, con labbra rosse e carnose, delle quali l'inferiore predomina sull'altro. I denti sono bianchi e minuti, il mento morbido, ingentilito da una fossetta. Il corpo riflette la stessa armonia del volto: spalle piene, braccia e mani grassocce e paffute, dita appuntite, gambe affusolate, piedi piccoli e aggraziati. Se è vero, come dichiaravano gli antichi cultori della fisiognomica, che l'aspetto fisico altro non è che una spia del carattere, il bellissimo, armonioso Venusiano gode di un temperamento altrettanto gradevole, dolce, sensibile, affettuoso, sinceramente interessato ai problemi altrui. Scarsamente ambizioso, si accontenta di una vita modesta, purché vissuta all' insegna dell' amore e del rispetto del prossimo per il quale è sempre pronto al sacrificio. Devoto e sincero, ama con sensualità e passione, ma quando si lega a una persona, questa diventa il centro dei suoi interessi; sensibilissimo alla sua influenza e ai suoi desideri, si sforzerà allora, e solo per farle piacere, di ottenere quei successi che per se stesso non desidererebbe affatto. Se umiliato o ingannato in amore soffre atrocemente ma cerca di perdonare accantonando discussioni e rancori. Gentile, raffinato, sensibile ai richiami dell'eleganza e della moda, ama la musica, la bellezza, l'arte che spesso studia e pratica dando prova di grande sensibilità e talento. Quando tuttavia il monte presenta un'estensione o uno sviluppo eccessivo, la sensualità si trasforma in infedeltà e lussuria, la tenerezza in leziosaggine, il sano amore per la bellezza e i piaceri della vita in ingordigia e in incapacità di misura. La salute rimane eccellente eccettuato il rischio di malattie veneree o di crisi depressive legate alla sfera dei sentimenti. Non è infrequente infatti che qualsiasi frustrazione affettiva, le pene d'amore, la solitudine, stati veramente intollerabili per il Venusiano, si ripercuotano distruttivamente sulla sua psiche; lo stesso si può dire per la quantità di energia che tende a dissipare nella vita di relazione: una girandola di balli, pranzi, flirt che finiscono con l'esaurirlo lasciandolo con un senso d'amaro in bocca.
Da un punto di vista strettamente chiromantico, il Venusiano ha mani ellittiche, dita corte, tonde, lisce, falangi grosse, unghie rotonde o a mandorla, gonfie, brillanti, con le lunette ben disegnate, il palmo è ovale, caldo e umido, sensibile, il pollice piccolo, la pelle bianca e vellutata. Nella mano del Venusiano l'anello di Venere è sempre presente, la linea della vita lunga e armoniosa, spesso accompagnata dalla sorella, mentre quella della testa appare notevolmente curva. La linea del destino ha origine dal monte di Venere o da quello della Luna. Inoltre la linea del Sole appare ben tracciata e la tavola della mano piuttosto convessa.



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