Le idee sessiste si manifestano in una sorta di essenzialismo secondo cui gli individui possono essere compresi e giudicati semplicisticamente in base ad alcune caratteristiche fisiche o del gruppo di appartenenza, in questo caso il gruppo maschi o femmine.
Un atteggiamento sessista si potrebbe manifestare in alcune convinzioni, ad esempio:
la presunta superiorità o il presunto maggior valore di un genere rispetto all'altro,
la presunta superiorità o il presunto maggior valore di un sesso rispetto all'altro,
l'odio per le donne (misoginia),
l'odio per gli uomini (misandria),
l'attitudine ad inquadrare uomini e donne in base agli stereotipi di genere e ai relativi pregiudizi,
assegnare arbitrariamente qualità (positive o negative) in base al sesso.
Anche le persone che in vari luoghi e periodi storici non rientravano "fenotipicamente" in un genere definito (intersessuali, ermafroditi o pseudoermafroditi) o che si rifiutavano di aderire al ruolo loro assegnato in base al sesso (transessuali sia uomini che donne, crossdresser e in alcuni casi gay e lesbiche) sono state e sono ancora oggi oggetto di discriminazioni che si possono leggere come discriminazioni sessiste, in quanto derivanti dalla necessità implicita, nella semplificazione sessista, di dividere nelle due categorie suddette: maschi e femmine.
In tutte le società conosciute, maschile e femminile sono definiti prima di tutto come generi sociali ben distinti. Il genere biologico (maschio o femmina) a volte da solo non basta per definire l'appartenenza ad un genere.
La discriminazione fondata sul sesso è illegale in moltissimi paesi, tuttavia molti hanno leggi che danno diritti o privilegi maggiori ad un genere piuttosto che ad un altro.
Il sessismo contro le donne nella sua forma estrema è conosciuto come misoginia, che significa "odio verso le femmine". Tuttavia il termine sessismo viene coniato dalle femministe statunitensi verso la fine degli anni Sessanta in opposizione al termine misoginia. Laddove infatti il termine misoginia rinvia a motivazioni psicologiche, il termine sessismo (coniato sulla falsariga di razzismo), vuole sottolineare il carattere sociale e politico di questo sistema: degli argomenti di tipo biologico (il sesso per le donne, il colore della pelle per i "non-bianchi"), sono stati storicamente usati per giustificare sistemi di discriminazione, subordinazione e devalorizzazione.
Come hanno sottolineato Liliane Kandel e Marie-Josèphe Dhavernas, coniando questo nuovo termine le militanti femministe intendevano ricusare nella discussione sulla dominazione di sesso (come in precedenza su quella di "razza"), ogni ricorso ad argomenti di tipo essenzialista o naturalista. Se dunque, nell'uso corrente, il termine "sessismo" usualmente indica il "sessismo verso le donne", è perché il termine stesso nasce nell'ambito delle lotte delle donne. Forme di sessismo contro le donne possono ravvisarsi nella violenza di genere, nella discriminazione riguardo agli studi e al lavoro, nella differenza di retribuzione e nella segregazione in ambito lavorativo, nell'attribuzione del lavoro casalingo alle donne, nel diritto di voto nella questione delle mutilazioni genitali femminili, nella delega della genitorialità, nel linguaggio e nell'educazione.
Una forma di sessismo meno evidente, ma molto pervasivo, è anche l'elogio della donna (il romantico "eterno femminino") incensata nel suo ruolo di madre, di sposa, di musa ispiratrice o di angelica presenza.
Per segregazione in ambito lavorativo si intende il fatto che le donne tendono ad occupare posizioni retributive inferiori (ad esempio, lavori part time): uno studio dell'Università Bocconi mostra ad esempio che le donne, pur percependo solo il 2% in meno rispetto ai colleghi uomini a parità di posizione lavorativa, ricoprono solo il 13% delle posizioni dirigenziali.
All'interno degli studi femministi si è sviluppato negli ultimi anni un fondamentale filone di studi che indaga l'articolazione tra sessismo e razzismo. Infatti sessismo e razzismo, pur essendo due specifici sistemi di differenziazione e dominazione, condividono la naturalizzazione di rapporti socialmente costruiti.
Una questione molto dibattuta è quella delle quote rosa, ovvero quote minime di presenza femminile all'interno degli organi politici istituzionali elettivi e no. La richiesta delle quote rosa nasce dalla bassa percentuale di donne nel mondo della politica. Vari paesi del mondo dove questa situazione di disparità è più accentuata (come l'India) stanno ricorrendo a strumenti legislativi per fissare le quote minime di presenza femminile nei rispettivi parlamenti. Anche in Italia si è sviluppato il dibattito politico attorno al tema delle quote rosa, ma il disegno di legge presentato nel 2005 (dopo la bocciatura di un emendamento della legge elettorale) non è stato mai definitivamente approvato. Tuttavia, con legge del 12 luglio 2011 n. 120 (Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati) è stata introdotta nel nostro ordinamento una importante disciplina per le "quote rosa" negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate. Successivamente con il D.P.R del 30 novembre 2012, n. 251 recante "Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell'articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120" analoghe disposizioni sono state previste anche per le società controllate dalla Pubblica Amministrazione.
In un articolo del 1996 Peter Glick della Lawrence University e Susan Fiske della University of Massachusetts at Amherst, hanno proposto una teoria del sessismo nei confronti delle donne caratterizzandolo come “ambivalente”.
La prima domanda che i due autori si pongono è se il sessismo sia una forma di pregiudizio. Il pregiudizio è un atteggiamento sfavorevole verso persone e gruppi, altamente stereotipato, rigido, che si manifesta col rifuggire dai contatti sociali con tali gruppi. Gli autori sottolineano che quello verso le donne è un pregiudizio particolare in quanto uomini e donne instaurano strette e continue relazioni sociali; inoltre esso è marcato da una profonda ambivalenza, non da un’antipatia uniforme. Per di più chi è sessista non è preoccupato di manifestarlo contrariamente a quello che avviene con altri tipi di pregiudizio.
Gli autori, dunque, prendono in considerazione due componenti del sessismo che esprimono due atteggiamenti contrastanti nei confronti delle donne: il sessismo ostile e il sessismo benevolo.
Il sessismo ostile, la forma prevalente di sessismo, corrisponde alla definizione classica di pregiudizio; si evidenzia con un’antipatia dichiarata verso le donne, una loro svalutazione fatta esclusivamente in base al genere sessuale e una loro conseguente discriminazione in tutti gli ambiti della vita sociale.
Il sessismo benevolo consiste invece in una visione stereotipata della donna, che suscita sentimenti positivi, comportamenti prosociali e la ricerca di intimità. Ciononostante gli autori non ritengono positiva questa forma di sessismo in quanto è legata allo stereotipo tradizionale, alla dominanza maschile nella vita sociale ed è quindi discriminante. Non a caso il sessismo benevolo fornisce una giustificazione al relegamento della donna in ruoli domestici, infatti sia il sessismo ostile che quello benevolo servirebbero a legittimare il potere degli uomini.
Secondo i due autori il sessismo ostile e il sessismo benevolo si suddividono in tre componenti: paternalismo, differenziazione di genere, eterosessualità.
Per paternalismo si intende la modalità di relazionarsi agli altri nella maniera in cui un padre si relaziona con i suoi figli. Ciò mette in evidenza l’ambivalenza del sessismo in quanto implica sia caratteristiche di dominanza (paternalismo dominante) sia affetto e protezione (paternalismo protettivo).Il paternalismo dominante giustifica la patriarchia perché considera la donna non completamente adulta, legittimando così la necessità di una figura maschile sovraordinata. D’altro canto il paternalismo dominante coesiste col paternalismo protettivo; quest’ultimo infatti sottolinea la dipendenza diadica dell’uomo verso la donna come moglie, madre e oggetto romantico (ai fini della riproduzione). Ecco perché la donna deve essere amata e protetta (la sua debolezza richiede la protezione maschile).
La differenziazione di genere è la prima e la più netta categorizzazione sociale che gli individui effettuano; essa implica una componente competitiva e una complementare. La differenziazione di genere competitiva giustifica anch’essa il potere maschile nella società, infatti solo agli uomini vengono attribuiti tratti che sono necessari per dirigere le istituzioni sociali. La differenziazione di genere complementare ascrive alle donne tratti positivi che sono complementari a quelli degli uomini (es. caratteristiche stereotipicamente non attribuite agli uomini, come la sensibilità, la dolcezza, ecc…). Questo si riflette nella divisione tradizionale dei ruoli che relegano la donna ai lavori domestici. Per il sessista benevolo le donne completano gli uomini.
L’eterosessualità è senza dubbio la componente più importante dell’ambivalenza degli uomini verso le donne. Le relazioni sentimentali sono ritenute da entrambi i sessi il principale fattore che contribuisce alla felicità nella vita; inoltre queste relazioni sono le più intime e le più profonde tra quelle che gli uomini instaurano. La motivazione che spinge gli uomini ad avere rapporti sessuali con le donne è proprio legata alla necessità di instaurare queste relazioni psicologicamente intime (intimità eterosessuale). Ciononostante queste stesse relazioni costituiscono la più grande minaccia di violenza verso le donne. Infatti l’ostilità verso di esse è caratterizzata dalla credenza che utilizzino il loro fascino sessuale per manipolare l’uomo e dominarlo. Quindi per alcuni uomini l’attrazione sessuale verso le donne può essere inscindibile dal desiderio di dominarle (ostilità eterosessuale).
Glick e Fiske suggeriscono che il sessismo ostile e benevolo traggono le loro radici dalle condizioni biologiche e sociali che caratterizzano i gruppi umani. Sebbene gli antropologi non sono del tutto d'accordo sul fatto che il predominio maschile caratterizzi tutte le culture umane, concordano nel ritenere che il patriarcato (gli uomini posseggono il controllo strutturale delle istituzioni economiche, giuridiche e politiche) prevale nelle diverse culture.
Gli atteggiamenti verso le donne che gli autori indicano come sessismo ostile e sessismo benevolo hanno origini antiche, infatti si ritrovano chiaramente nell’Odissea scritta da Omero ben tremila anni fa. Penelope rappresenta l’ideale greco dell’essere donna: bella, intelligente, ben educata, il pilastro della casa, fedele e subordinata al marito. La maga Circe e le Sirene cercano invece di adescare Ulisse con le loro arti seducenti. Nonostante sia passato molto tempo dall’età Omerica, queste immagini corrispondono perfettamente alla visione odierna ambivalente della donna: da una parte la moglie fedele e dall’altra la seduttrice che domina l’uomo.
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