mercoledì 15 giugno 2016

ABBANDONO DEGLI ANIMALI



L'abbandono degli animali è l'intenzionale allontanamento di un animale domestico o d'affezione del quale si sia responsabili. L'animale viene in genere liberato in luoghi dai quali si prevede non possa riavvicinarsi all'abitazione in cui era tenuto.

L'abbandono, quando non fonte di incidenti stradali, può portare al randagismo ed alla conversione dell'animale alla vita selvatica. La pratica è ritenuta riprovevole e pericolosa da quote rilevanti di popolazione, in particolare da associazioni e movimenti animalisti, e negli ultimi anni si sono allestite strutture pubbliche (in genere locali) con compiti di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno, le proporzioni del quale sono stimate di stringente rilievo.

L'abbandono non riguarda solo i cani ed i gatti, ma di recente ha colpito sensibilmente anche specie cosiddette esotiche (specie alloctone naturalizzate), la cui detenzione era stata sottoposta a regolamentazione severa comprendente il divieto di detenzione di talune specie e l'obbligo di denuncia di altre invece consentite. Anche al di là dei picchi di abbandono registrati subito dopo la regolamentazione, però, le specie esotiche sono anch'esse interessate dal fenomeno. Molti rettili sono abbandonati in giardini e parchi pubblici, o nei corsi d'acqua, e ciò può causare conseguenze negative alla fauna selvatica locale.

In Italia l'abbandono è vietato i sensi dell'art. 727 del codice penale, che al primo comma recita: "Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.". La ratio legis per questa norma è stata rinvenuta da parte della dottrina nella tutela del sentimento umano, che è offeso dal maltrattamento o abbandono degli animali, e dal Consiglio di Stato nella diretta tutela, «adeguata all'evoluzione dei costumi e delle istanze sociali», degli animali «da forme di maltrattamento, abbandono ed uccisioni gratuite in quanto esseri viventi capaci di reagire agli stimoli del dolore». La Dichiarazione universale dei diritti dell'animale sancisce all'art. 6 che «L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante».

Inoltre, secondo il Ministero della Salute italiano, «chi abbandona un cane, dunque, non solo commette un illecito penale (Legge 20 luglio 2004, n. 189), ma potrebbe rendersi responsabile di omicidio colposo», quando gli animali abbandonati provocassero incidenti stradali mortali. Lo stesso dicastero, a proposito delle ragioni dell'abbandono, esorta ad una più accorta gestione della fertilità dei propri animali d'affezione, cioè ad «operare un'attenta gestione della vita riproduttiva del proprio animale, per non incrementare il numero degli abbandoni determinati da cucciolate indesiderate e di difficile collocazione».

Contro l'abbandono degli animali sono periodicamente realizzate campagne informative e di sensibilizzazione pubbliche o di associazioni e movimenti.



In alcuni casi può senz'altro trattarsi di persone ammalate o molto anziane che in qualche modo sono costrette a rivolgersi all’ENPA (Ente Protezione Animali) per dare i loro cani o gatti o canarini in affidamento. In questi casi è l’impotenza del padrone che induce ad abbandonare gli animali, confidando nella disponibilità della gente ad accogliere cani e gatto, a patto che appaiano gradevoli.

Meno fortunati sono gli animali molto grandi e "poco gradevoli" che magari appaiono malati o che invece sono soltanto sporchi.

Avvilente e disumano, oltre che incivile, è il caso in cui l’abbandono non nasce da una necessità, ma solo dalla scomodità di prendersi cura dell'animale o di scegliere vacanze adeguate che annoverino il cane come parte della famiglia.

Così ad un certo punto il padrone smette di essere amorevole per trasformarsi in un individuo meschino che improvvisamente fa scendere dall’auto il proprio cane, magari in un posto di campagna, e scappa velocemente senza guardarsi indietro.

Secondo Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all'Università di Bologna non è il senso di colpa il punto centrale della questione. "Penso che alcune di queste persone abbiano un’immagine di se stessi che riecheggia in loro un senso di indegnità. Evidentemente, qualche ragione antica ha creato in loro un senso di vuoto, di squallore, di inconsistenza ecc. Forse non sono stati visti e considerati adeguatamente, non hanno sentito lo spessore della propria identità, si sono sempre percepiti anonimi. Pertanto la colpa che deriva dall’abbandonare un animale domestico al quale sono affezionati è superata dal bisogno inconscio di negare gli affetti, i sentimenti e le emozioni, perché è questo che si sono raccontati per tanto tempo".

Gli affetti, per queste persone, sono segno di debolezza e di dipendenza. Siccome gli animali domestici evocano fortemente affetti ed emozioni (che hanno in particolare l'accezione della tenerezza), abbandonandoli, oltre che per le ragioni contingenti di scomodità nel tenerli, fanno trionfare in se stessi l’indifferenza e la superiorità nell’apparente dominio delle emozioni e degli affetti.

"E' come se dicessero inconsciamente - prosegue Pani - non sono debole o dipendente, ma sono capace di abbandonare il mio cane e quindi di esorcizzare l’angoscia del contare poco; se sono stato poco visibile o poco considerato a suo tempo, se mi sento una persona da poco...ecco ora che dimostro a me stesso che posso farcela lo stesso...il cane è sempre un cane, se non sopravvive pazienza”.

Fino a 60 anni fa, in Italia la gente di campagna sopprimeva animali domestici quando si riproducevano in eccesso. Questa è la cultura storica dalla quale proveniamo, anche se oggi fortunatamente sappiamo ascoltare un po’ meglio i nostri sentimenti per gli animali. L'evoluzione fortunatamente è anche questo.

In molti apprezzano la compagnia di un animale domestico e non prendono in considerazione nemmeno per un istante la possibilità di abbandonare il proprio cane o gatto, spesso considerato un membro della famiglia. Tuttavia, la convivenza tra persone e animali non sempre ha successo e in alcuni casi la relazione si rompe: solo in Spagna nel 2010 sono stati raccolti per strada circa 109.000 cani e 36.000 gatti. Se per un proprietario può risultare difficile prendere la decisione di abbandonare un animale, per l'animale l'abbandono è l'inizio di un percorso molto difficile, che vede un lieto fine sotto forma di adozione solo per il 45% dei cani e il 38% dei gatti. Il resto degli animali dovrà continuare a vivere in strutture di ricovero, dove l'ambiente sconosciuto, il cambiamento repentino delle abitudini e l'isolamento dal proprio gruppo sociale possono provocare un forte stress.

Secondo uno studio condotto nel 2010, le principali motivazioni alla base dell'abbandono di cani e gatti sono state le cucciolate indesiderate, i cambi di domicilio, i fattori economici, la perdita di interesse per l'animale e il comportamento problematico dell'animale, mentre tra le motivazioni meno frequenti si riscontrano la fine della stagione della caccia, le allergie di qualche membro della famiglia, la nascita di un figlio, il ricovero in ospedale o il decesso del proprietario, le vacanze o la paura di contrarre la toxoplasmosi durante la gravidanza.

Queste motivazioni tendono a cambiare nel tempo e, rispetto agli studi precedenti, i dati del 2010 indicano un aumento dei fattori economici e una riduzione delle motivazioni associate alla perdita di interesse, alla fine della stagione della caccia e alla paura della toxoplasmosi. L'abbandono, tuttavia, continua a essere un indice di incompatibilità tra alcuni proprietari e alcuni animali domestici, di un disconoscimento delle implicazioni pratiche del vivere con un animale e, in alcuni casi, di aspettative sbagliate circa il comportamento normale di un cane o di un gatto.

Nonostante si sia ancora lontani dal debellare il problema, le campagne di sensibilizzazione contro l'abbandono degli animali cominciano a sortire il proprio effetto. Sempre più persone provano a scegliere l'animale che meglio “si adatta” al proprio stile di vita e prima dell'adozione consultano un professionista del settore per conoscere le aspettative realistiche riguardo alle attenzioni di cui avrà bisogno l'animale in termini di tempo e denaro.

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