Punkabbestia è un termine gergale utilizzato per identificare un tipo di vagabondi o senzatetto metropolitani, e, in casi meno drastici, un tipo di persone che risiedono in un contesto approssimativo e, di solito, condiviso con altri individui. Il fenomeno sociale, in Italia, risale agli anni novanta del Novecento e nasce da una «sorta di degenerazione-sviluppo del movimento» anarcho punk.
La parola sembra derivare da una crasi, con riferimento alla cultura punk (di cui i punkabbestia riprendono alcuni elementi ideologici ed estetici). Il secondo elemento "bestia" è probabilmente da ricondursi all'abitudine dei punkabbestia di accompagnarsi a cani a qualsiasi ora ed in qualsiasi posto. Secondo alcune fonti questa etimologia sarebbe un equivoco, e la parola punkabbestia sarebbe stata coniata negli anni ottanta dai punk toscani. In alcune zone della Toscana il termine "abbestia" è utilizzato gergalmente come rafforzativo o superlativo di un qualsiasi termine o stato d'animo. L'etimologia del termine sarebbe probabilmente derivante da "a bestia" da intendersi come "alla maniera di un animale", cioè senza restrizioni morali e quindi esaltato alla massima espressione, oppure come stato animalesco e quindi eccessivo e selvaggio. Quindi punkabbestia starebbe (in una traduzione abbastanza rozza ma esplicativa) per "più punk di tutti" o "punk in maniera esagerata".
Un'altra ipotesi farebbe derivare la parola dall'unione della locuzione "Punk con la bestia"; in molti dialetti dell'Italia centrale, infatti la preposizione articolata "con la" si formerebbe con la particella "Ca" dando origine alla forma "Punk ca bestia" che diventerebbe poi "Punkabbestia"; dove "Bestia" starebbe per la parola "cane".
All'inizio, l'utilizzo del termine da parte dei punk italiani marcava una distinzione rispetto a quei soggetti che portavano all'estremo l'estetica, la condotta anti-establishment del movimento, in una deriva personale accomunabile a quella dei clochard. Nello stesso periodo venivano usati anche altri termini equivalenti quali Kotti Punks (da Kottbusser Tor, la piazza di ritrovo dei primi punkabbestia berlinesi).
Nei paesi anglosassoni spesso vengono definiti Gutter punk.
Punkabbestia è un termine che tende a essere usato per indicare diversi tipi di comportamenti sociali, anche molto distanti tra di loro: si tratterebbe dunque, secondo alcuni, più di un preconcetto estetico che di una reale categoria di persone. I punti che comunque li contraddistinguono sono comportamenti di rifiuto o avversione verso i costumi della società o, comunque, verso l'establishment, con motivazioni politiche (per esempio legate all'anarchismo o al comunismo portati al loro estremo) o puramente personali (molti punkabbestia vengono da situazioni familiari particolarmente oppressive o con difficoltà educative, o ancora di droga). Esistono anche punkabbestia che si identificano nella destra anche estrema come i nazipunk.
Molti di loro frequentano gli ambienti dei rave e sovente trovano alloggio presso i centri sociali autogestiti. Per vivere si dedicano all'accattonaggio (a volte esibendosi come giocolieri) o ad altri espedienti.
Spesso il loro look è caratterizzato da un miscuglio di stili diversi, generalmente legati allo stil hip-hop e a quello punk.
In Italia, gruppi di punkabbestia sono particolarmente diffusi nelle città universitarie (come Roma, Torino, Napoli, Milano e Bologna) o comunque attive dal punto di vista delle iniziative giovanili non convenzionali.
Alcuni gruppi di punkabbestia si identificano come crust o crusters, parola che indicherebbe una scelta politica legata all'anarchismo, al boicottaggio dello stile di vita contemporaneo e ai principi del Freegan; in linea di massima hanno uno stile più anni ottanta, sia nell'abbigliamento (spesso preferendo l'ecopelle alla pelle tradizionale, per via delle loro convinzioni animaliste) sia nella musica (legata al crust-punk).
Solitamente il punkabbestia è un ragazzo o una ragazza, con rasta, piercing e qualche tatuaggio, trasandato nel vestire e manchevole nell’igiene, con cane a seguito e giocoleria. Maglie slabbrate giallo ocra, pantaloni larghi verde malva e bisacce logore rosso mattone. I colori possono essere invertiti. Clave, palline ma anche kit da mangiafuoco. Canna in bocca, sempre.
Il punkabbestia rifiuta le logiche e gli stilemi della società, ma vaga inerme e innocuo al suo interno, elemosinandone le briciole. Ritiene il rituale della canna il momento più importante della vita di un essere vivente e per questo lo replica all’infinito, consacrandogli la maggior parte del proprio tempo. E di tempo ne ha molto. Guarda alla stazione ferroviaria come ad un campo base della propria esistenza, alla panca sotto i portici come al proprio nido ed al centro sociale come ad un hotel di lusso. Dorme per strada tra i cartoni ma poi torna da mamma il fine settimana. Non studia, non lavora, non guarda la TV, non va al cinema e non fa sport come nella celebre canzone dei CCCP. Ma nonostante non concorra in nulla alle sorti progressive dell’umanità pretende denaro per i suoi spettacolini dilettanteschi. Gli ascolti del punkabbestia vanno dal punk alla musica giamaicana, arrivando fino alla musica elettronica da ballo dei rave party: tra le loro fila non vi è un solo ammiratore spassionato di Mozart o un unico fan indiavolato di Coltrane. Anche se Punk, Ska, Rocksteady, Raggae e Dub sono musiche nate prima del 1980 i punkabbestia si ritengono, ancora oggi, il nuovo che avanza. Giorgio Gaber, all’epoca della rottura con il movimento contestatario, non esitò a definire i protagonisti di quella generazione “polli d’allevamento”, etichetta ampliamente riutilizzabile.
I punkabbestia si sentono ragazzini anche quando, ormai vecchi e debilitati, continuano a impiastricciarsi di miele i rasta, a tintinnare i piercing e a far roteare per area palline o clave. Ustionarsi l’apparato respiratorio sputacchiando alcol su una torcia più che da adolescenti è da cretini. In ogni modo la “gioventù bruciacchiata” si trascina flemmatica e imbambolata per tutta la vita da un concerto punk in un centro sociale ad un rave party, in cui la droga è più sintetica della musica. Sembra impossibile una tale coincidenza di gusti in un così vasto pubblico: la simultanea passione per le stesse razze animali, gli stessi tipi di abbigliamento, gli stessi generi musicali, le stesse varietà di stupefacenti. Eppure migliaia di ragazzi si aggirano disorientati vestendo, ascoltando e divertendosi nella stessa maniera. Magari stramaledicendo l’omologante cultura di massa, la funzione pervasiva della TV e il modello unico propinato dal “sistema” mediatico. E questa profonda critica alla società dei consumi ogni punkabbestia che si rispetti la rivolge con uguale fervore, arrotolandosi nella medesima maniera una “sigaretta” artigianale, con cartina, filtrino, marjuana e tabacco in busta. Poi, archiviato l’anatema e girata la canna, il nostro eroe si siede sui gradini di un portone o sulla panchina di un parco, prende tra le gambe il suo bongo e inizia a suonare, fuori tempo, un ritmo vagamente africano.
Incrociandoli sulla mia strada sono sempre rimasta incuriosita e un po’ angosciata dai giovani Punkabbestia, che lasciata la propria famiglia chissà dove, vagabondano in giro per l’Italia o per l’Europa circondati dall’unico affetto del proprio cane.
In Italia i gruppi punkabbestia sono particolarmente diffusi nelle città universitarie più attive dal punto di vista delle iniziative giovanili non convenzionali (Roma, Torino, Napoli, Milano, e Bologna). Ma i Punkabbestia vivono viaggiando, non riescono a fermarsi in nessun luogo, rifiutano la Società e il Sistema, ma non vi si contrappongono, riescono solo isolarsi ed emarginarsi. Non si lavano, mangiano poco e bevono molto, dormono all’aperto, accompagnati da cani spesso randagi, con i quali sentirsi un po’ più protetti. La gente intorno osserva il loro stile di vita con curiosità, smarrimento, paura e spesso anche disgusto e fastidio.
Prevale spesso una diffusa ignoranza sul fenomeno, questi ragazzi sono catalogati rapidamente come annoiati dalla modernità, dall’eccesso, ragazzi che non hanno voglia di lavorare, con spesso alle spalle famiglie che li mantengono a questo tipo di vita.
Sta dilagando infatti anche il fenomeno dei cosiddetti “Punkabbestia part-time”, che copiano i Punkabbestia, ma senza faticare troppo. Come loro si drogano e bivaccano, ma la mattina tornano a casa a dormire da mamma e papà. Rifiutano gli schemi sociali ma simulano soltanto la vita di strada. E allora certamente c’è anche chi lo fa per moda ma se il Punkabbestia è realmente tale, mettersi al margine della realtà non è una scelta semplice, è una scelta radicale di volontario esilio da una società che non si condivide e per cui si prova indifferenza e disgusto.
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