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domenica 30 ottobre 2016

MAGIA

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Con il termine magia molto spesso si tende a indicare tutto ciò che non è scientificamente spiegabile. Dalla maggior parte delle persone però la magia viene vista come una cosa distinta e separata dalla scienza quindi tende ad attribuirvi tutti i fenomeni di cui non riesce a capacitarsi.
Una distinzione che viene generalmente fatta è quella tra magia bianca e magia nera, a seconda che i fini dell'operatore siano benefici o malvagi, e se nella sua pratica possono essere coinvolte delle entità positive (angeli, divinità, spiriti degli antenati, animali totemici) o negative (demoni); questa distinzione non viene però accettata da tutti, infatti alcuni operatori considerano la magia neutra in sé stessa, da questi infatti essa viene considerata come il fuoco, che, a seconda di come viene usato, può risultare molto utile e benefico, oppure altamente distruttivo. Esiste inoltre un insieme di nozioni e pratiche facenti capo ad una categoria intermedia denominata magia rossa che non può essere definita ne buona né cattiva, ma indirizzata ad ottenere uno scopo personale, il più delle volte a carattere sentimentale.

La scienza magica agisce in genere attraverso simboli, siano essi parole, pensieri, figure, gesti, danza o suoni, e strumenti vari. Solitamente viene però sottolineato che lo strumento primario della magia è la mente dell'operatore e tutto il resto gli serve per focalizzare meglio il suo intento.

Solitamente i riti magici utilizzano una combinazione tra le diverse tecniche. Nei casi in cui il mago, durante una pratica rituale, ricorre all'intervento di un'entità soprannaturale, a seconda dell'entità in questione si entra nei campi della negromanzia, dello spiritismo e della demonologia, mentre l'arte di evocare o invocare potenze sovrumane benefiche (angeli, divinità, spiriti elementali ecc.) è più propriamente chiamata teurgia.

La cosiddetta magia simpatica o d'incanalamento, in cui l'effetto magico è perseguito tramite l'utilizzo d'immagini od oggetti che possono essere usati, ad esempio come rappresentazione simbolica della persona cui si vuole fare del bene o si vuole nuocere, oppure per rappresentare lo scopo che ci si prefigge (ad esempio con l'uso di amuleti e talismani).
La magia da contatto, caratterizzata dalla preparazione di pozioni e filtri magici, sacchettini da indossare, talismani o amuleti da portare con sé, creati utilizzando oggetti ed ingredienti più o meno naturali.
Una forma di pratica magica è l'incantesimo, che agisce tramite parole (un esempio tipico è abracadabra) o altre formule magiche.
Una categoria è quella della divinazione, utilizzata per ricevere informazioni attraverso varie arti mantiche (come l'astrologia, la cartomanzia, la chiromanzia) oppure attraverso dei talenti propri dell'operatore (come ad esempio attraverso i presagi, o nella preveggenza e nella medianicità).
Una categoria è quella di similitudine: il simile produce il simile, un esempio può essere quello rappresentato da alcuni popoli primitivi, i quali, prima di andare a cacciare, imitavano i movimenti, i versi ed i comportamenti in genere dell'animale che desideravano catturare.

Nella maggior parte delle culture antiche e moderne, fin dagli albori della civiltà, sono esistite credenze e pratiche magiche, con caratteristiche sostanzialmente simili anche se formalmente diverse, che si possono trovare in relazione ad aspetti tipici dell'occultismo, della superstizione e della stregoneria. Alcune scene di pitture del paleolitico superiore trovate nelle caverne francesi sono state interpretate come aventi finalità magiche (ad esempio l'ottenere successo nella caccia). Nell'antichità si credeva anche che la magia si potesse relazionare alla varie fasi lunari: luna piena = magia nera, mezza luna = magia bianca.

La società dell'Antico Egitto è fortemente intrisa di credenze occulte. Nel pantheon egizio, oltre a Werethekau e Heka, Neter della magia, anche Iside e Thot, da cui derivò l'ermetismo, sono caratterizzati da poteri magici. Sono stati trovati molti papiri magici, scritti in greco, copto e demotico, che contengono formule ritenute capaci di prolungare la vita, fornire aiuto in questioni amorose e combattere i mali. È attestata anche la credenza nella cerimonia magica dell'apertura della bocca per mezzo della quale si riteneva possibile conferire un'anima a statuette, utilizzate come controfigure magiche dei defunti. Il cosiddetto libro dei morti degli antichi egiziani (che in origine era definito: "incantesimi che narrano l'uscita dell'Anima Verso la piena Luce del Giorno"), scritto su papiri, muri tombali e sarcofagi, è l'insieme di incantesimi da pronunciarsi per la «...resurrezione dello spirito e il suo ingresso nelle Regioni dell'Al di là». Per gli antichi egizi tutto è animato, per loro il mondo spirituale non impone leggi al mondo fisico, ma, per analogia, così come il volto di una persona è considerato espressione dell'anima, il mondo spirituale si esprime tramite quello fisico. La natura non è inanimata e non sottostà a "leggi", bensì l'espressione della vita passa attraverso varie fasi spirituali che, in questo mondo, vengono rappresentate dalle esperienze fisiche vissute direttamente dall'uomo. Tutto è animato e vivente, ogni fenomeno, per analogia, esprime la manifestazione di un piano spirituale nel piano fisico. L'analogia è applicata alla posizione degli astri, al simbolismo del colore, alle forme geometriche (ad esempio la figura geometrica della piramide), alle caratteristiche degli animali (zoolatria) e così via ad ogni espressione della vita. Questa civiltà, oltre cinquemila anni fa, è stata quindi crogiolo per la nascita e la codifica dell'astrologia, della teurgia e della negromanzia.

In Mesopotamia, nelle culture sumera, accadica e caldea, come anche in Persia, la terra d'origine dei Magi, si trovano numerose attestazioni di rituali di magia cerimoniale. Tutte le fonti antiche riportano esempi di pratiche magiche, come:
l'utilizzo di "parole magiche" che hanno il potere di comandare gli spiriti;
l'uso di bacchette ed altri oggetti rituali;
il ricorrere a un cerchio magico per difendere il mago contro gli spiriti invocati;
l'utilizzo di simboli misteriosi o sigilli per invocare gli spiriti;
l'uso di amuleti che rappresentano l'immagine del demone per esorcizzarlo.
Comunque il più grande apporto culturale del Medio Oriente consisté nell'astrologia: l'osservazione degli astri era non solo magicamente inscindibile dal computo del tempo, ma anche strettamente legata ad ogni evento naturale.



In Grecia fu Erodoto a coniare il termine "mago" per indicare un sacerdote di una tribù della Persia antica. Dal IV secolo a.C. il vocabolo mageia cominciò ad essere utilizzato per indicare un insieme di dottrine nate dalla commistione di tradizioni arcaiche e le pratiche rituali ereditate dai Persiani. Fu comunque nella koinè culturale ellenistica che ebbe luogo quella fusione dei riti magici con elementi astrologici e alchimistici, che sarà alla base di tutta la speculazione magica dei secoli successivi.

Nella tarda antichità troviamo numerose testimonianze riguardo a rituali di teurgia la cui provenienza è spesso attribuita, dagli stessi teurghi, all'antico Egitto. Verso il III - IV secolo della nostra era compaiono anche trattazioni filosofiche a favore di tale pratica, in particolare per opera del filosofo neoplatonico Giamblico.

Nella letteratura latina si trovano numerose testimonianze relative a tutta una serie di attività occulte. Esperimenti di negromanzia, uccisioni a distanza, animali parlanti, statue che camminano, filtri d'amore, metamorfosi, divinazioni, talismani che curano le malattie, sono solamente alcuni degli oggetti e dei rituali magici adoperati dai maghi che compaiono nelle opere di Orazio, Porfirio, Plinio il Vecchio e Virgilio. Nel panorama letterario di magia latina un posto di prim'ordine spetta a Le metamorfosi (anche conosciuto come L'asino d'oro) di Apuleio. L'opera, l'unico romanzo della letteratura latina pervenutoci intero, si compone di undici libri, nei quali viene narrata la storia di Lucio, un giovane trasformato per magia in asino, che, dopo varie peripezie, ritorna uomo per intercessione della dea Iside. Da ricordare che lo stesso Apuleio fu processato per aver costretto con la magia una ricca vedova a sposarlo per impadronirsi della dote. Tuttavia riuscì a scagionarsi dall'accusa presentando il testamento della vedova, in cui la donna (dietro consiglio dello stesso Apuleio) lasciava tutto al figlio piccolo.

Del resto, nel diritto romano le leggi antiche prevedevano pene severe per quanti utilizzavano mezzi magici per conseguire scopi criminali.

Nonostante la polemica antimagica di alcuni scrittori cristiani, come Origene, Sant'Agostino e Tommaso d'Aquino, e l'ostilità della Chiesa nei riguardi delle arti occulte, il substrato culturale della magia medievale ebbe una certa rilevanza. Persino il mondo religioso germanico fu prodigo di divinità intrise di doti magiche, come Thor e Odino; anzi lo scopo della magia era quello di liberare le forze occulte possedute dalle potenze superiori.

La produzione letteraria di carattere magico, soprattutto in età umanistica, fu molto ricca, grazie anche alla mediazione di scrittori arabi. Alcune opere astrologiche, come il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo, l'Introductiorum di Albumasar, il Liber Vaccae (o Libro degli esperimenti) ed il famoso Picatrix, ebbero una enorme influenza sulla speculazione magica dell'età rinascimentale.

Tuttavia alcuni autori, come Isidoro da Siviglia e più tardi Ugo da San Vittore, accomunano la magia all'idolatria, in quanto scienza conferita dai demoni. È nel XIII secolo con Guglielmo d'Alvernia e Alberto Magno, che s'iniziò a porre l'accento sulla categoria della magia naturale, che tanta fortuna ebbe nei secoli immediatamente successivi. Sempre nel XIII secolo, tornò in auge anche l'astrologia, con autori allora famosissimi come il forlivese Guido Bonatti, la cui influenza sarà notevole ancora nel XVI secolo.

Il periodo che va dal XV agl'inizi del XVII secolo segna la grande rinascita della magia, in sostanziale parallelismo con il crescere degli interessi scientifici. L'inizio di questa rivoluzione magica può essere considerata l'opera di traduzione che alcuni umanisti, il più importante dei quali fu Marsilio Ficino, fecero delle quattordici opere che formavano il cosiddetto Corpus Hermeticum, degli "Oracoli Caldaici" e degli "Inni Orfici". Queste opere, attribuite dagli studiosi rinascimentali rispettivamente ad Ermes Trismegisto, Zoroastro ed Orfeo, erano in realtà raccolte di testi nate in età imperiale romana, che combinavano elementi neoplatonici, concetti ricavati dal Cristianesimo, dottrine magico-teurgiche e forme di gnosi mistico-magica. Nel Rinascimento sul substrato colto di dottrine neoplatoniche, neopitagoriche ed ermetiche si incardinò la riflessione speculativa magico-astrologica-alchemica, arricchita da idee derivanti dalla Cabala ebraica, come testimoniano emblematicamente le figure di Pico della Mirandola e Giordano Bruno. Il compendio forse più interessante per la magia rinascimentale è il De occulta philosophia di Cornelio Agrippa von Nettesheim. In questa opera il medico, astrologo, filosofo e alchimista tedesco definisce la magia "la scienza più perfetta", e la divide in tre tipi: naturale, celeste e cerimoniale, dove i primi due rappresentano la magia bianca, ed il terzo quella nera o necromantica. Queste argomentazioni saranno riprese più tardi nel Magia naturalis sive de miraculis rerum naturalium del napoletano Giovanni Battista Della Porta, il quale vede nella magia naturale il culmine della filosofia naturale, e nel Del senso delle cose e della magia di Tommaso Campanella. Altra importante figura nel contesto magico-alchemico rinascimentale è quella di Paracelso, la cui iatrochimica risente della simbiosi tra magia naturale e scienza sperimentale, tipica del XVI secolo.

Proprio mentre la tradizione magica è al suo culmine, nel XVII secolo s'iniziano a vedere le avvisaglie della polemica contro la cultura magico-alchimistica, che caratterizzerà maggiormente il Secolo dei Lumi. Il precursore della condanna delle varie dottrine magiche in nome del sapere scientifico è da considerarsi Francesco Bacone. A partire da questo momento la magia inizierà un lento declino, favorito da pensatori come Cartesio e Hobbes e dallo sviluppo delle correnti filosofiche del meccanicismo, del razionalismo e dell'empirismo. Nel XVIII secolo, con l'avvento dell'Illuminismo, la magia, definitivamente sconfitta nell'ambito della cultura dominante, venne relegata in una specie di limbo, nel quale tuttavia riuscì in qualche modo a sopravvivere.



La seconda metà del XIX secolo è caratterizzata da un rinnovato interesse nei confronti dell'occultismo e dell'esoterismo magico. La figura che meglio incarna il revival delle scienze occulte nel XIX secolo è il mago Eliphas Lévi, nato Alphonse Louis Constant, la cui ricca produzione letteraria influenzò grandemente la speculazione occultista del secolo successivo. L'ultimo scorcio del secolo vide anche il sorgere di numerose organizzazioni e società segrete nelle quali la magia aveva un ruolo significativo, come l' Ordre Kabbalistique de la Rose+Croix fondato in Francia da Stanislas De Guaita, l' Hermetic Order of the Golden Dawn, fondato in Inghilterra da Samuel Liddell MacGregor Mathers, l' Ordo Templi Orientis, fondato in Germania da Franz Hartmann. Anche nella Società Teosofica, fondata negli Stati Uniti d'America da Helena Petrovna Blavatsky, esistono alcuni elementi che rimandano a una concezione magica dell'esistenza e dei rapporti con i mondi ultraterreni.

Il panorama della magia dei nostri giorni è molto variegato e di difficile analisi sistematica, soprattutto a causa del coacervo sincretistico che caratterizza la maggior parte delle odierne dottrine magiche, esoteriche e occultistiche. In genere il substrato comune è costituito da alcune teorie che si riallacciano alle tradizioni neoplatoniche, gnostiche, ermetiche, cabalistiche, astrologiche, alchimistiche e mitologiche antiche. Su queste e sul pensiero dei moderni occultisti, da Madame Blavatsky a Gérard Encausse, da Samuel Liddell MacGregor Mathers ad Aleister Crowley, da G. I. Gurdjieff a Gerald Gardner, a Dion Fortune, a Eusapia Palladino, a Gustavo Rol sono nate tutta una serie di associazioni e gruppi esoterici, più o meno influenzati dalle nuove correnti della New Age, della Wicca, della Stregoneria Tradizionale e del Neopaganesimo. In Italia uno degli ultimi celebri rappresentanti e divulgatori della teoria e della prassi magica fu Giuliano Kremmerz.

La magia, in quanto fenomeno ubiquitario che ha accompagnato la civiltà umana dagli albori, è stata ed è oggetto di studio da parte delle scienze sociali, prime fra tutte l'antropologia culturale, l'etnologia e la psicologia. Le tematiche affrontate nello studio della magia solitamente riguardano la sua relazione con la scienza e la religione, la sua funzione sociali e la natura del suo pensiero.
Nel 1871 Edward Tylor nella Cultura dei primitivi arrivò alla conclusione che la magia fosse una «scienza sbagliata» in quanto non in grado di distinguere i rapporti causa-effetto da quelli propriamente temporali. Vicino alla posizione tyloriana fu James George Frazer, il quale, nel Ramo d'oro, pur considerando la magia un primo stadio nello sviluppo della civiltà, ebbe il merito di fornire una prima classificazione della magia. Egli distinse i processi magici in simpatetici/imitativi, basati sulla credenza che il simile agisca sul simile (es. travestirsi da animale per augurarne la caccia) e contigui/contagiosi, basati sulla credenza che le cose che sono state in contatto possono continuare a interagire anche se distanti (es. ciocche di capelli, oggetti appartenenti alla persona su cui gettare il malocchio).

L'etnologo francese Lucien Lévy-Bruhl considerò le culture cosiddette primitive come guidate esclusivamente da una visione magico-mistica del mondo, quindi prescientifica, nella quale ogni cosa si può trasformare in qualsiasi momento in un'altra. Agl'inizi del XX secolo Henri Hubert e Marcel Mauss pubblicarono Teoria generale della magia. In quest'opera i due etnologi francesi assunsero un orientamento più sociologico rispetto al passato, rivolgendo la loro attenzione non tanto alla struttura dei riti magici, quanto al contesto sociale nel quale essi si svolgono. Hubert e Mauss studiarono anche i rapporti della magia con la scienza e la religione, giungendo alla conclusione che queste posseggono delle analogie con la magia in quanto hanno terreni comuni di intervento: la natura (scienza e magia) e il sacro (religione e magia).
Anche Émile Durkheim intervenne nella discussione dei rapporti tra magia e religione. Nel suo Le forme elementari della religione afferma che la magia essendo per sua natura una pratica privata e quasi segreta, non può essere paragonata alla religione, che è un fenomeno sociale e prettamente collettivo.
L'attenzione degli studi antropologici sul fenomeno magico si è basata fondamentalmente su due costanti interagenti e soggiacenti il rituale magico ed interagenti: sistema di simboli e comunicazione sociale.
Un notevole contributo in questa direzione è venuto da Claude Lévi-Strauss. In Antropologia strutturale lo studioso dedica un saggio dal titolo Lo stregone e la sua magia all'universo simbolico della magia. La funzione semantica del concetto magico è alla base dell'esempio riportato da Levi-Strauss sulla base di un racconto di Franz Boas. I casi di guarigione magica per opera dello sciamano Quesalid dimostrano, secondo l'antropologo francese, che ogni atto magico presuppone l'esistenza di un rituale basato su segni, che abbiano un significato per la collettività che partecipa all'esperimento magico e ne condivide la speranza di riuscita.

All'antropologo inglese Alfred Reginald Radcliffe-Brown si deve la prima disamina seria del concetto di mana, utilizzato per la prima volta dall'etnologo R. Codrington. Questa forza non individualizzata insita in tutte le cose permea l'atto magico (il rituale), chi lo compie (lo sciamano), quanti vi assistono (la società) e l'ambiente in cui viene svolta l'azione (la natura). L'accento posto dal Brown sul valore rituale e sociale della magia, contrapposto al presupposto legame magia-scienza condizionò la successiva discussione sull'argomento.
Un'altra opera che ebbe una considerevole risonanza fu Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, scritta nel 1937 da Edgar E. Evans-Pritchard. La ricerca da lui effettuata nel Sudan sud-occidentale lo portò a conclusioni vicine a quelle del Radcliffe-Brown. Anche l'Evans-Pritchard teorizzò la centralità del contesto sociale nel quale la magia si esplica e l'assenza di un legame tra scienza e magia, in quanto l'obiettivo finale del rituale magico non consisterebbe nel modificare la natura, ma nel contrastare i poteri di streghe o maghi.

Un contributo fondamentale alla interpretazione della magia dal punto di vista antropologico lo diede Bronislaw Malinowski. Nel suo Magia, scienza, religione, lo studioso polacco nega qualsiasi contatto della magia con la pratica empirica, che vede come entità separate. Famoso l'esempio della canoa, durante la costruzione della quale l'artefice non ha bisogno della magia per l'esecuzione tecnica del natante, che reggerebbe il mare comunque, ma il rituale magico interviene durante il lavoro come sussidio rassicurante. L'atto magico sarebbe quindi l'espressione simbolica di un desiderio, completamente slegato dal rapporto causa-effetto, che è comunque tenuto ben presente. Sulla scia di Malinowski, gli antropologi successivi hanno sottolineato che il ricorso alla magia si ha solitamente in presenza di fenomeni inesplicabili, davanti ai quali le pratiche empiriche sono considerate impotenti.



Una posizione interessante e diversa rispetto a quella del funzionalismo è quella dell'antropologo Ernesto de Martino, il quale sosteneva che l'universo magico facesse da mediatore con la concezione dell'aldilà e con la paura delle persone di perdere la presenza.

Nei suoi studi nel Mezzogiorno d'Italia nel 1948 egli rivelò come, davanti ad una grave crisi, come la morte di una persona cara, la magia, assieme ad una buona pianificazione sociale, consentisse di incanalare il dolore per riscattarsi dagli istinti animali.

La natura della magia è stata studiata anche dal punto di vista psicologico. Basandosi sulle teorie evoluzioniste del Frazer, studiosi come Wilhelm Wundt, Gerardus van der Leeuw e soprattutto Sigmund Freud accostarono il pensiero magico dell'uomo primitivo a quello del bambino, il quale ritiene che la realtà sia influenzabile secondo i suoi pensieri ed i suoi desideri. Più recentemente anche Ernesto De Martino ne Il mondo magico pone l'accento su alcuni fenomeni tipici di pratiche sciamaniche, quali la spersonalizzazione e lo scatenamento di impulsi incontrollabili.

Secondo alcuni anche la Magia si può in un certo senso considerare religione. La magia è concettualmente diversa dalla religione? Nella magia l'uomo cerca di far sì che la divinità faccia ciò che l'uomo vuole, o è nella religione, che di solito l'uomo cerca di fare ciò che la divinità vuole?

Probabilmente entrambe si pongono di fronte al mistero della creazione e della esistenza di uno o più esseri divini o creatori ma essendo spesso confusa la parola magia con setta occulta, viene considerata spesso solo nell'accezione negativa, cioè quella in cui si cerca di risolvere problemi terreni (denaro, amore, successo) con una pozione o formula ed essere felici senza sforzi, come per magia. «La magia riguarda la sfera pratica dell'agire, conscio o inconscio che sia» si sente dire come non ci fosse nulla di spirituale, solo formule ripetute a memoria, ma al contrario molti si avvicinano alla magia spinti dal desiderio di capire, di conoscere, ciò che ci è oscuro e occulto, spinti dalla curiosità. A seconda dell'uso che se ne fa, viene distinta in magia bianca, magia rossa o magia nera. L'unione tra magia e religione è rappresentata dalla medianità, ossia da una forma di esoterismo che esula dai comuni maghi e stregoni e si propone, attraverso l'azione di un Medium e l'evocazione di entità superiori di sommo livello, d'intervenire unicamente in magia positiva per recare beneficio ad un individuo. Chi opera per il flusso regolare della natura e per districare le situazioni riguardanti le persone attua magia bianca (alcuni esempi riguardano togliere negatività e malefici quali fatture e malocchio, oppure propiziare la fortuna, gli affari e la riuscita personale) o magia rossa (in caso di legamenti d'amore e ritorni d'amore, legature e fatture d'amore e rituali d'amore per risolvere questioni sentimentali). Chi, al contrario, tende a dividere, creare conflitti, imporre il proprio volere ad altri, in maniera palese oppure occulta, e perciò tende a distorcere il normale corso degli eventi, attua magia nera.

Ufficialmente, Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo considerano la magia una cosa proibita (stregoneria) ed hanno spesso perseguitato i presunti praticanti secondo diversi gradi di punizione. Altre tendenze nel pensiero monoteiste hanno respinto tutte le tendenze come l'inganno e l'illusione, ritenendoli niente di più che espedienti disonesti. Alcuni ritengono che la recente popolarità del Vangelo della prosperità costituisca un ritorno al pensiero magico all'interno del Cristianesimo. Si noti inoltre che il Cristianesimo gnostico ha una forte corrente mistica, ma evita la pratica della magia e si concentra maggiormente sulla teurgia, ovvero l'aspetto più alto e nobile della stessa.

La Magia Bianca è la Magia che si fonda sulla preghiera e sui rituali che si rivolgono agli spiriti positivi, spesso identificati con gli Spiriti Angelici. Il termine Bianca non indica in realtà una caratteristica propria inerente a questa pratica, ma si è diffuso per il semplice motivo che la maggior parte delle operazioni di Magia Bianca sono rivolte a scopi benefici ed utilizzano l’ausilio di questi Spiriti Angelici, se non addirittura l’invocazione a Dio stesso e ai suoi attributi e manifestazioni.
Molti di questi rituali od esorcismi ci sono stati tramandati dagli “Enchiridion”, ovvero le raccolte di antiche preghiere e formule tradizionali, particolarmente dotate di forze evocatorie. Al tempo del Medioevo questi “Enchiridion” erano in grandissima voga anche se il loro apice lo ebbero nel Rinascimento.
Alcuni fra essi furono famosissimi nell’antichità, taluni erano attribuiti a religiosi di chiara fama e, a volte, appartenenti alle più illuminate gerarchie della chiesa. La chiesa infatti non ne ostacolava la diffusione, forse per consentire al popolo bisognoso di avere degli strumenti per alleviare le proprie sofferenze, e non rivolgersi alla Magia Nera o comunque a pratiche lontane dall’ortodossia.

La fonte primaria usata dalla Magia Bianca, l’energia, è la volontà stessa del praticante, sarà quindi bene inizialmente esercitare le proprie capacità in modo da riuscire a portare fuori dagli spazi temporali la propria energia e successivamente a controllarla. L’uso di questa Magia necessita di una fede indiscussa nel Signore (non necessariamente il Dio cristiano) e nelle sue opere. La preghiera è il mezzo più forte per dare valore alla Magia, e la scelta di una particolare preghiera e dell’uso di un determinato pentacolo devono essere “sentiti”, la nostra sensibilità sarà la nostra guida.
Qualsiasi nostra scelta in quest’ordine di cose non sara mai veramente dell’individuo che la compie, ma sempre e misteriosamente la “bontà di Dio” che la compierà per lui. Lasciatevi quindi guidare dalla sua mano.

Da molti, oggi, la Magia Rossa viene considerata “neutra” e ciò non è esatto: è più corretto pensare ad essa come una cosa ben distinta sia dalla Magia Bianca sia dalla Magia Nera, con differenti scopi e riti totalmente diversi. La Magia Rossa può essere applicata sia per il bene che per il male, la scelta è vostra, ed è una delle poche forme di Magia che non ha limitazioni, può essere applicata per qualsiasi scopo, e per qualsiasi cosa, ma è bene sapere che ogni incantesimo di Magia Rossa è irreversibile, dunque bisogna pensarci più volte prima di effettuarlo.
La Magia Rossa non è detta rossa perché relativa all’amore, o al desiderio o alla passione, non è la “Magia dell’Amore” o la “Magia dei Desideri”, come molti la definiscono, ma è detta rossa in quanto in origine era legata all’utilizzo nella ritualistica di sangue (di animali, del richiedente, dell’operatore). Già in uso ai tempi degli antichi Egizi essa prende il suo “nome” proprio dal colore delle tuniche indossate dai sacerdoti Tolemaici, color rosso sangue, durante i loro alti rituali. Questo tipo di Magia può essere considerata, infatti, la Magia ritualistica per eccellenza, prevede l’uso di erbe ed in alcuni rari, o antichi casi, del sangue.
La Magia Rossa può essere dunque utilizzata per ogni settore della vita, anche per l’amore, ed è una valida alternativa a quanti tra i richiedenti non si sentono cosi spirituali da affidarsi esclusivamente ad una ritualistica Bianca, ma temono gli esiti di un lavoro Nero, infatti essa non produce effetti negativi o effetti boomerang. La Magia Rossa applicata ad una problematica amorosa, si potrebbe definire una versione “soft” della Magia Nera, in cui comunque c’è costrizione e c’è concretezza (ad esempio la sessualità), ma senza appunto necessità di effettuare maledizioni contro nessuno. Gli esiti di un legamento d’amore di Magia Rossa spesso toccheranno l’attrazione sessuale e il desiderio, ed andranno ad alimentarli per dare la possibilità di mettere catene naturali al rapporto.
Molto più spesso questa Magia si basa sulla cosiddetta, oggigiorno, magia simpatica.

Sulla Magia Nera è stata prodotta un’immensa letteratura. Misteriosa ed affascinante essa ha contraddistinto l’operare di alcune figure storiche dall’esistenza spesso controversa.
Molti confondono la Magia Nera con il Satanismo, come insegnò lo stesso Magistero, ma in ultima analisi per i credenti bigotti qualsiasi forma di Magia è “demoniaca”, è probabile che non si salvi neppure la Magia Bianca da questa loro convinzione. Non è sempre vero che chi usa o studia la Magia sia un credente del Dio cristiano, di conseguenza difficilmente potrebbe essere un credente in Satana.

La Magia Nera è stata più volte confusa in questo modo per la sua principale caratteristica di potere sulle entità, ma ha la capacità di attrarre queste “energie” che non è detto debbano essere “buone” nel senso cristiano cattolico o “cattive”. Esse sono semplicemente totalmente aliene a queste definizioni, è quindi soltanto chi le evoca o ne sfrutta il potere ad indirizzarle in un senso o nell’altro. Indubbiamente essendo composta da rituali non diretti verso le cosiddette Entità Angeliche (come la Magia Bianca), c’è molta più “libertà” di compiere il “male”.
Nella Magia moderna, quindi sfrondata dalle credenze religiose o dalle tradizioni censuristiche, le tre Magie devono essere equipollenti, ciascuna con una sua ragion d’essere; è sciocco pensare di poter “usare” o studiare soltanto la Magia Nera, e non conoscere a fondo anche le altre due che in realtà la comprendono e la completano.

Il termine grafofagia si intende per tutti quei tipi di Magia che implicano l’ingerimento per appropriarsi delle virtù della scrittura e degli incantesimi. Questo tipo di rito era già usato nell’antichità e in alcune tradizioni sopravvive ancora ai giorni nostri.

La Magia del Caos, o Chaos Magic, nasce intorno agli anni ’70 del secolo scorso, e si ispira a vari campi non necessariamente di origine “mistica”, ovvero include sì le basi di Stregoneria e Magia cerimoniale, ma anche teorie scientifiche e la sperimentazione scientifica, la matematica, perfino la fantascienza, le religioni del mondo ed in particolare lo sciamanesimo moderno. In sostanza è una forma di Magia Rituale, con la quale il praticante, utilizzando diverse tecniche, si prefigge di raggiungere determinati scopi individualistici: possiamo dire che le persone facenti parte di questa catena magica, fanno uso di pratiche che riequilibrano la realtà trasformandola in un qualcosa di nullo, appunto un caos, per poi plasmarla a proprio piacimento, o più che altro, vantaggio. In ogni caso la Magia del Caos è, ed il fatto non sorprende, la meno organizzata branca della Magia.
La Magia del Caos si basa sulla seguente teoria: la mente cosciente non è direttamente in grado di operare azioni magiche, anzi, essa costituisce un impedimento stesso alla Magia. Invece è la mente subconscia che opera azioni portentose, ed è dunque necessario fissare in quest’ultima l’intento magico, così il subconscio potrà “inconsapevolmente” manipolare le energie eteriche in modo da provocare il risultato voluto.
Questo modello teorico può essere agevolmente utilizzato per qualsiasi forma o tecnica magica. 
Una delle caratteristiche peculiari della Magia del Caos, è il saper fondere in un unico rituale tecniche provenienti da ambiti e tradizioni anche tra loro apparentemente distanti, persino contrastanti, in un Atto Magico che sembrerebbe, appunto, molto caotico. Un rituale potrebbe essere architettato partendo da un testo lovecraftiano, per continuare con pratiche di Stregoneria e chiudersi con un atto tantrico tibetano, ed esserci a presiedere una Forza Divina del pantheon nordico.
I praticanti della Magia del Caos tendono ad essere fuori da ogni schema. Per essi le visioni del mondo, le credenze, le opinioni, le abitudini e persino le differenti personalità, sono strumenti che possono essere scelti e cambiati in modo arbitrario, allo scopo di manipolare e capire il mondo che essi vedono e si creano intorno. I Chaos Magician sono estremi o molto individualisti, e si considerano eccezionalmente tolleranti, tenendo conto del fatto che qualsiasi opinione, anche a loro contrastante, è comunque modificabile.
Infatti, uno dei principi della Magia del Caos è “nulla è vero, tutto è permesso”, utilizzato anche da Friedrich Nietzsche nel suo Così parlò Zarathustra. Anche il «fa ciò che vuoi sarà tutta la legge» di Crowley, è una frase da essi frequentemente fraintesa ed interpretata in senso letterale, col significato di “non c’è una verità oggettiva, quindi qualunque cosa tu voglia fare è giusta”, tuttavia un’interpretazione più precisa è “non esiste una verità oggettiva al di fuori della nostra percezione, in questo contesto tutte le cose sono vere e possibili”.
Tra le varie tecniche abbiamo l’uso dei sigilli (simboli personali creati dai Maghi del Caos) e l’utilizzo degli stati di estasi (lo stato di gnosi) per potenziarli. La tecnica della sigillazione è un metodo molto usato e comune a molte culture, la cui origine si perde nella notte dei tempi. In generale, un sigillo è un geroglifico o simbolo con un significato mistico o magico. Con l’uso dell’immaginazione attiva e di certi “trucchi” per aggirare la mente razionale (come, per l’appunto, i sigilli), si possono infrangere le barriere dell’inconscio con astuzia anziché in modo diretto e quindi in modo molto più facile.
Lo stato di gnosi è invece uno speciale stato di coscienza che, nella teoria magica, è ciò che è necessario per lavorare con molte forme di Magia, ma in questo caso il concetto devia dalle vecchie teorie che descrivono energie, spiriti o atti simbolici come sorgente dei poteri magici. Esso si raggiunge quando la mente di una persona è focalizzata su un solo punto, pensiero od obiettivo, e tutti gli altri pensieri sono eliminati. Ogni Caote, Caoista o a volte Caosita, sviluppa i propri personali metodi per raggiungere lo stato di gnosi, e tutti questi metodi si fondano sulla teoria secondo cui, ogni pensiero sviluppato durante lo stato di gnosi, influenza la mente inconscia, che influenza in seguito la realtà riuscendo così a raggiungere lo scopo magico prefissato.
Anche le parole sono parte della loro tecnica magica, nella creazione di un mantra magico, mediante lettere ricavate dall’intenzione del praticante: il potere della parola è un fattore comune a molte tradizioni magiche, ma una volta esso creato, le lettere devono essere riorganizzate in modo casuale seguendo le disposizioni della propria fantasia, per ottenere una serie di parole o frasi senza alcun senso logico, anzi, che possano trascendere la logica. Il loro personale alfabeto sacro, inoltre, permette la costruzione di una frase che tratteggi dettagliatamente l’intento magico, l’eliminazione di lettere ridondanti, e la ricombinazione artistica delle rimanenti lettere per formare un sigillo.

La cosiddetta “magia sessuale” è più diffusa e comune di quanto si possa immaginare negli ambienti occultisti ed esoterici, e il punto di forza di molti maghi e presunti guaritori è di instaurare un vero e proprio rapporto sessuale continuativo con il proprio cliente.
Nel caso dei maghi la donna verrà convinta della necessità dell’atto per ottenere i benefici richiesti, mentre nel caso della strega riuscirà molto facilmente a conquistare la vittima facendo uso delle armi della seduzione femminile. In entrambi i casi lo scopo è quello di portare quanto meno a commettere il peccato di fornicazione e, se possibile, di adulterio, tradendo il rispettivo coniuge. In questi casi di grave peccato, si spalancano realmente le porte a Satana.
Di particolare importanza è la valenza data all’atto sessuale stesso, in cui viene invocato in modo forte il Demonio per operare sulla base delle richieste del mago. Presunte energie e forze si scatenerebbero infatti durante l’orgasmo e le fasi precedenti. Gli occultisti stanno infatti molto attenti a gestire questi momenti in cui, a loro detta, è possibile incanalare enormi forze spirituali ed energetiche. 
Ancora più perverso è pervertitore è l’atto sessuale multiplo in cui vengono cambiati i partner e si da sfogo ai più reconditi desideri sessuali. Queste casistiche sono frequenti molto spesso anche in ambito satanico e massonico deviato, in cui l’orgia rappresenta un’importante tappa per il raggiungimento di certi obiettivi e per la glorificazione del Demonio.
Anche le streghe che abitualmente operano in maniera solitaria, non disdegnano l’orgia o l’accoppiamento di stampo magico, soprattutto nelle occasioni in cui devono chiedere a Satana particolari favori o per ottenere determinate capacità e forze per eseguire malefici o rituali specifici.



La Magia del Caos risulta un caso unico nel panorama delle tradizioni magiche, in quanto non attribuisce significati particolari a particolari divinità o simboli. Seguendo infatti il principio che qualsiasi cosa può avere significato ed apportare potere magico, i rituali della Magia del Caos possono essere centrati su simboli molto diversi e addirittura bizzarri, come ad esempio uno scarabocchio, un calzino spaiato, una pentola arrugginita… infatti in alcuni casi questo si risolve in temporanei, ma elaborati culti che possono sembrare vere e proprie parodie di tradizioni magiche o della tradizione in generale.
Secondo Spare, che può essere considerato il padre della Magia del Caos, non esiste un potere magico legato ad un qualsiasi simbolo, è solamente la manipolazione del subconscio che rende magico il simbolo. Tuttavia per il praticante è magicamente più efficace un determinato simbolo appartenete alla sua tradizione o cultura. In questo caso, senza coltivare dubbi, ha a disposizione la fede necessaria a far lavorare attivamente le simbologie magiche a lui familiari.
Sigmund Freud e Karl Jung offrono il fondamento teoretico sulla natura subliminale del lavoro sui sigilli, chiarendo che tra la mente cosciente e quella subcosciente esistono delle vere e proprie «valvole di sicurezza»: si tratta di un filtro che elimina dalla coscienza tutti i pensieri, tutti i ricordi e le impressioni giudicate assurde o scomode. Spare chiamava questo filtro censore psichico.
Perciò un sigillo magico utilizza determinati geroglifici per formare una sorta di ponte, una breccia tra la mente consapevole e il subconscio. Queste considerazioni conducono ad assumere un atteggiamento comunque rispettoso nei confronti del tradizionale Talismano magico, nei confronti degli emblemi universali (come i geroglifici planetari o astrologici), che sarebbero utilizzati solo per arricchire uno stratagemma fisico, che fungerà da scaturigine al vero potere rappresentato da quelle simbologie.

Anche le pratiche sciamaniche, quali la danza, le percussioni ritmiche, o gli sforzi fisici portati sino all’estremo delle forze possono essere validi supporti per raggiungere lo scopo prefisso. In effetti, continuando a seguire il filo di questa interessante teoria, ciò che è realmente importante è giungere al punto in cui si superano gli ostacoli alla comunicazione con la parte più spirituale e profonda di se stessi.
In ultimo, un sigillo il cui significato è ricordato in modo cosciente è un sigillo che non avrà alcuna azione magica. Dunque si deve necessariamente trovare un modo per “dimenticare” il significato che sta dietro un sigillo per farlo agevolmente funzionare. Un metodo per raggiungere questo scopo è di creare il geroglifico e in un secondo momento nasconderlo alla vista dell’operatore per qualche giorno. Quando il significato del geroglifico (e l’intenzione ad esso legata) è stato dimenticato dalla coscienza, allora l’operante si potrà caricare con la sua energia evocativa.
Il simbolo ufficiale e l’unico riconosciuto della Magia del Caos è la Stella Caote ad otto punte (Caosfera o Ruota del Caos), dato che sintetizza le infinite possibilità di direzione. È formata da un punto da cui si dipartono otto frecce equidistanti, ma comunque ne esistono diverse varianti.

Il noto sociologo Massimo Introvigne usa un semplice esempio per chiarire la differenza tra la genuina mentalità religiosa e l’atteggiamento magico-superstizioso: “Se, avendo bisogno della pioggia, mi rivolgo con una preghiera a Dio sapendo bene che Dio risponderà comunque in modo sovrano e libero alla mia invocazione (cioè risponderà o concedendomi la pioggia oppure non concedendomela), e io resto fermo nella mia fede in lui e sereno davanti alla sua libera decisione, allora il mio è un atteggiamento perfettamente religioso. Se invece, avendo bisogno della pioggia, sono convinto che mi basti recitare una formula per obbligare Dio, oppure una divinità o uno spirito, o forse il Diavolo, a far piovere, allora io sono in pieno atteggiamento magico-superstizioso”.”

Incantesimi, sortilegi, divinazioni caratterizzano la società umana fin dai tempi più remoti, dalla cultura egizia a quella romana, in cui la magia si scontrava con il cristianesimo, fino al Medioevo, in cui diviene “pratica maledetta”, e al Rinascimento, quando la magia si fonde con le scienze, l’alchimia, l’ermetismo. Secondo il “pensiero magico”, l’uomo è parte del tutto, dove a un macrocosmo, che è il mondo, corrisponde un microcosmo, che è l’uomo stesso. Nell’ambito di questa corrispondenza il “mago” è un uomo (microcosmo) che sa penetrare i segreti del tutto (macrocosmo) e che sa dominare la natura e gli eventi.
La stregoneria, a differenza di alcuni tipi di magia, non nasconde di ricorrere apertamente a forze demoniache e allo stesso Demonio, esattamente come nell’ambito della magia nera.

Nella nostra società l’elemento magico si è trasforma nei fenomeni paranormali, nello spiritismo, nel Channeling, nell’occultismo, nell’esoterismo ed esprime la tendenza di molte persone a credere in un dio magico e miracolistico, che può essere utilizzato per soddisfare i propri bisogni.
L’elemento magico non è altro che l’espressione del bisogno dell’uomo di sfuggire ai limiti della propria condizione e di cambiare il corso degli eventi a proprio vantaggio. I rituali esoterici servono a superare la sensazione di impotenza e a integrare tutti quegli aspetti dell’esistenza sui quali sembra di non poter esercitare alcun controllo. Il fascino dell’occulto siede, quindi, nell’illusione di poter influire direttamente sulla propria condizione, modificandola in relazione ai propri bisogni, di avere potere su se stessi e sugli altri, piuttosto che sentirsi in balia degli eventi esterni per trovare una soluzione ai propri problemi.

Oggigiorno la magia è di gran voga e ciò è spiegabile nel fatto che ogni volta che nel corso della storia cala la fede, aumentano le pratiche superstiziose come alternativa alla stessa; la magia è infatti radicata ovunque a prescindere dal grado di sviluppo, dal progresso o dalla localizzazione geografica. Non tutti coloro che frequentano maghi sono persone ingenue ed analfabete ma vi si trovano anche importanti uomini d’affari, personaggi dello spettacolo, politici, campioni sportivi, ecc.

Sono principalmente tre i motivi che spingono costoro a frequentare i maghi: disperazione, curiosità, ricerca di potere.

– DISPERAZIONE: quando una persona vede che tutto va male nella sua vita e i rimedi naturali a cui ha ricorso sono risultati inutili, si sente quasi costretto a ricorrere ai cosiddetti mezzi alternativi. Tra i mezzi alternativi c’è anche il ricorso ai maghi (“ti hanno fatto un fattura”, è una delle diagnosi più ricorrenti) che pretendono di saper spiegare il perché va tutto storto e promettono il magico rimedio.
Quando l’uomo è abbattuto dalla disgrazia e della malattia, si trova in uno stato psicologico per cui non ragiona più; accetta ogni soluzione pur di uscire da quella problematica, fregandosene al contempo di indagare da parte di chi viene questo aiuto.

– CURIOSITA’: da quella ingannevolmente innocente (per sapere cosa ci verrà detto), alla volontà di conoscere per vie magiche ciò che è oscuro ed inaccessibile (uno dei capisaldi dell’occultismo). Il più delle volte si richiede al mago il futuro, altre volte si chiede la causa dei mali che si hanno (cercando un colpevole a tutti i costi), il chiarimento di dubbi (se il proprio coniuge ci tradisce), o il comportamento da tenere in un caso particolare (sul futuro di una relazione, di un lavoro ecc.).

– RICERCA DI POTERE: si intende il guadagno materiale, il successo, il protagonismo, i godimenti sessuali, comprendendo anche la vittoria sui rivali lavorativi, commerciali, politici, ecc. Si entra quindi nel campo di voler prevalere ad ogni costo anche danneggiando gli altri; è lo specifico campo d’azione della magia nera. Si è spinti dal desiderio di raggiungere, per via magica e ricorrendo all’aiuto di nefaste forze occulte, risultati o poteri che non si riesce ad ottenere per via naturale (intelligenza, studio, abilità, amore, ecc.).

I veri maghi hanno una grande abilità a legare psicologicamente a sé le persone, per renderle sempre dipendenti dai loro servizi e quindi ricavarne un guadagno economico periodico e duraturo. Si presentano come benefattori, veri amici che possono capire e che vogliono aiutare in cambio di un piccolo compenso economico per il servizio prestato (a volte gratuitamente le prime volte, per poi raggiungere cifre da capogiro quando il legame di dipendenza si è instaurato).
E’ una triste realtà che molte importanti personaggi di successo non si muovono e non prendono decisioni importanti senza aver prima interpellato il loro mago di fiducia.
Si avvalgono di collaboratori che percepiscono una percentuale sul guadagno finale ottenuto dal cliente a loro indirizzato e di investigatori privati per rivelare al malcapitato cose nascoste personali che attestino i loro poteri soprannaturali.
Molto spesso richiedono una foto per poter fare una diagnosi “a distanza” oppure dicono di portare da loro anche il tal familiare che sta sperimentando alcune difficoltà o che è sottoposto ad influenze negative che solo loro sono in grado di allontanare. Generalmente additano la causa dei problemi personali, a qualche familiare che avrebbe fatto una fattura a morte che solo loro sono in grado di sciogliere. A tal proposito è bene ricordare che spingere all’odio (specialmente familiare) è uno dei marchi distintivi del Demonio che mira a sfasciare le famiglie.
I metodi più ricorrenti con cui i maghi si fanno pubblicità sono: il passaparola, le riviste, la radio, la televisione, internet, il volantinaggio e la pubblicità lungo le strade.

Tra le moltissime pratiche che i maghi ed i fattucchieri svolgono nei loro “laboratori”, ce ne sono alcune che vengono attuate direttamente in presenza del cliente, magari per diagnosticare qualche male malefico o malattia. Chi purtroppo è caduto tra le mani di questi individui può sicuramente riconoscere alcune delle seguenti:

– l’idromanzia, l’aeromanzia, la piromanzia e l’aruspicina, che consistono nel cercare segni rivelatori di fatti nascosti o futuri rispettivamente nell’acqua (spesso facendovi cadere dentro qualche goccia di olio), nell’aria, nel fuoco e nelle viscere degli animali;
– la cartomanzia, che ritiene di poter conoscere cose occulte dall’uso dei cosiddetti tarocchi;
– l’uso del pendolino (radiestesia) e della sfera di cristallo;
– La geomanzia, ottenuta tracciando simboli casuali sul terreno o su un pezzo di carta per poi interpretarne le figure ed i segni;
– la chiromanzia, che pretende di conoscere il futuro della persona interpretando le linee del palmo della mano;
– la lettura di segni e figure nei fondi di caffè, in bacchette lasciate cadere a caso, nelle corde, ecc.
– l’astrologia, che pretende di predire il futuro della persona in base alla posizione delle stelle e dei pianeti;
– la scrittura automatica, che consiste nello scrivere frasi e discorsi che non arrivano dal pensiero cosciente dello scrittore;
– la recita di particolari frasi o formule occulte sul soggetto insieme all’imposizione delle mani per individuare le eventuali negatività e tracciare la diagnosi finale.



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martedì 14 giugno 2016

LA RISURREZIONE



È propriamente il "rialzarsi" dei morti, il loro ritorno in vita, o piuttosto, secondo le concezioni primitive, il ritorno della vita nel cadavere, la sua rianimazione. Esempi di risuscitamenti singoli si hanno in tradizioni religiose o nel folklore di popoli svariatissimi; alla base del concetto di resurrezione sta senza dubbio quel complesso d'idee per cui la morte è concepita quasi come un sonno, e non si dà vita senza materia, senza un corpo; ma l'idea della resurrezione, o della rinascita, può essere suggerita anche dal constatare ciò che si verifica nella vegetazione, o nei corpi celesti, come la Luna e il Sole, che anch'essi "muoiono" e "rinascono". Ma conviene distinguere tra le resurrezioni miracolose (avvenute per lo più in seguito al contatto o alla parola di un essere soprannaturale) di individui singoli alla vita ordinaria, e la resurrezione generale di cui parlano alcune dottrine escatologiche. Così pure, conviene distinguere tra la resurrezione dei morti in senso stretto e l'immortalità: il parlare, come fa qualche autore, di "resurrezione dello spirito" genera piuttosto confusione. Non è, pertanto, una vera resurrezione la vita umbratile dei defunti nelle tombe, anche se in certo modo ridestati dall'offerta di sacrifici, quale si trova nella religione dell'Egitto antichissimo, ove poi il defunto venne identificato con Osiride, divinità che muore e rinasce; così come muoiono e rinascono le divinità dei culti agrari, talvolta sviluppatisi in misteri, nei quali anche l'iniziato partecipa alla sorte del dio e si assicura pertanto l'immortalità beata. Tuttavia anche nelle dottrine misteriche manca la partecipazione del corpo all'immortalità, e tanto più l'universale risveglio dei morti tutti insieme. Sicché la credenza nella resurrezione vera e propria ci appare limitata a un gruppo relativamente esiguo di popoli e di religioni.

Per la religione degli antichi Egizi, la vita dopo la morte era la sola duratura e la morte costituiva un passaggio a tale vita. Il corpo veniva imbalsamato per preservarlo dalla corruzione e rimaneva nella tomba. Infatti solo se il corpo era intatto, il “Ka”, la forza vitale dell'uomo ed il “Ba”, l'anima, potevano andare nel Paese dei Morti. Questo Regno è simile al nostro ed è diviso in dodici regioni governate da altrettanti Dei. Al suo arrivo l'anima, condotta da Anubi o da Horus, è giudicata in presenza di Osiride: dopo la cerimonia di pesatura del cuore del defunto, detta psicostasia, viene deciso se l'anima debba essere divorata da Ammit o entrare nel Paese dei Morti. Per rendere confortevole la vita in questo Regno, i defunti dovevano portarsi appresso servitori e cibo. Ciò era possibile lasciando simbolicamente nella tomba sia statuette di servitori che esercitavano i vari mestieri sia vivande di vario tipo.

La possibilità di questo tipo di sopravvivenza era aperta a tutti ma solo chi possedeva abbastanza danaro per permettersi una tomba ed una imbalsamazione vi aveva realmente accesso, per gli altri c'era l'annullamento.

Lo zoroastrismo prevede la risurrezione corporea dei morti per un Giudizio Finale di Dio su Bene (Ahura Mazda) e Male (Angra Mainyu): il dualismo etico tra Bene e Male, che è alla base di questa religione, si riflette anche sui concetti di Paradiso, Inferno e Giudizio universale.

Dopo la morte, l'anima della persona passa un ponte ("Chinvato Peretu") sul quale le sue buone azioni sono pesate con quelle cattive. Per gli uomini che sono stati giusti durante la vita il ponte appare largo mentre per gli altri sottile come la lama di un coltello. Il risultato decreta la destinazione dell'anima nel Paradiso (“Garotman”) o nell'Inferno (“Il luogo peggiore”).

Dopo 3000 anni dalla morte di Zarathustra apparirà il Salvatore (“Saoschjant”) che distruggerà il Male in modo da far iniziare un Nuovo Mondo imperituro purificato in un bagno di metallo fuso. I morti risorgeranno per vivere in questo Nuovo Mondo ma non è chiaro se anche le anime dei peccatori saranno riscattate.

Si conoscono diversi miti della classicità che parlano di personaggi risorti da morte: in alcuni casi vi è anche acquisizione dell'immortalità.

Semele, la figlia di Cadmo, era stata visitata da Zeus, che la rese madre di Dioniso. La gelosissima Era provocò con un inganno la morte della giovane donna. Una volta cresciuto, Dioniso, che era nato semidio, riuscì a diventare immortale e poté così calarsi nell'Ade, prendendo quindi con sé l'anima della madre; la resuscitò e salì insieme a lei sull'Olimpo. Semele fu poi fatta immortale da Zeus.

Pelope, che era stato fatto a pezzi ancora fanciullo dal padre Tantalo che voleva imbandirne le carni agli dei per verificare la loro onniscienza, resuscitò ad opera di Zeus, che soffiò in lui la vita dopo averne ricomposto le membra, fatta eccezione per una spalla che nel frattempo era stata mangiata da Demetra, ancora scioccata per la sparizione di Persefone: al suo posto vi mise una spalla in avorio.

Ippolito, figlio di Teseo e Ippolita, fu resuscitato dal medico Asclepio con l'aiuto di Artemide. Il giovane era morto nell'incidente occorsogli mentre si trovava alla guida del suo cocchio, andato distrutto dopo che i cavalli avevano preso a trascinarlo essendosi imbizzarriti per aver visto affiorare dal mare un toro mostruoso.

Le Moire avevano annunciato l'imminente morte del re Admeto di Fere, a meno che qualcuno non avesse deciso di immolarsi per lui. Alcesti, moglie di Admeto, accettò: la sua anima era già entrata nell'Ade quando Eracle, che era amico di Admeto, ingaggiò una lotta furiosa con Thanatos che infine fu costretto a riportare in vita la donna.

Reso, il giovane re trace alleato di Priamo nella guerra di Troia, era stato ucciso nel sonno da Diomede, entrato furtivamente di notte nella sua tenda; la Musa Euterpe, che era sua madre, pregò Ade e Persefone di resuscitarlo: essi acconsentirono e gli dettero anche l'immortalità, ma lo obbligarono al soggiorno perpetuo in un luogo sotterraneo misterioso.

Un altro personaggio fatto resuscitare dagli dei inferi fu Protesilao, la prima vittima achea a Troia, ma solo per poche ore.

Er è una figura inventata da Platone per l'elaborazione di uno dei suoi miti, chiamati pertanto platonici: protagonista è un soldato della Panfilia caduto in battaglia, di nome appunto Er, che viene resuscitato mentre il suo corpo sta per essere bruciato sulla pira. Per volere divino Er è entrato nell'Ade pur non essendo stato ancora sepolto ed è stato poi riportato in vita potendo anche conservare la memoria per non aver bevuto l'acqua del fiume Lete, a cui si dissetano invece tutte quelle anime che optano per la reincarnazione, poiché esse devono cancellare ogni ricordo della vita precedente prima di prendere possesso di un nuovo corpo.

A seguito della conquista di Alessandro Magno la cultura e la filosofia greche si espansero in Oriente e più tardi vennero anche raccolte dagli strati colti romani.

Le espressioni greche per risorgere o risvegliarsi vennero usate per indicare un prolungarsi dopo la morte di una vita dell'anima condannata però a vagare in un mondo di ombre. Non c'era ricompensa per il bene o il male fatto ma solo una terribile pena per la perdita della vita. Questo mondo aveva come re/dio Ade e questo era anche il nome del luogo. I nomi romani erano Plutone per il dio e Inferi o Averno per il posto.

Le Religioni misteriche celebravano il ritmo ciclico vita-morte-rinascita delle forze della Natura. Attraverso vari stadi di iniziazione gli adepti pervengono alla visione beatifica della divinità. Tuttavia queste religioni non sottintendevano una vera e propria liberazione dalla morte ma piuttosto il continuo rinascere di una nuova vita dopo la morte.

Anche la tradizione dei Cinici (derivante da Diogene di Sinope) che lega elementi di filosofia Socratica (Stoicismo) a elementi della mitologia greca (in particolare il semidio Eracle), è legata a culti misterici che celebrano la morte e la risurrezione.

Nell'ebraismo il Tanakh si divide in tre parti, Torah o Pentateuco, Neviìm o Profeti e Ketuvim o Agiografi.

La credenza in una risurrezione di uno o tutti i morti compare molto raramente nel Tanakh e comunque in libri tardivi. Nei tempi più antichi (Torah) valeva la convinzione che gli uomini (Ebrei) che avessero seguito i Dieci comandamenti fossero ricompensati con una lunga vita terrena e con la possibilità di giungere nell'aldilà dopo la morte.

Nel Tanakh ci sono alcuni episodi in cui profeti come Elia ed Eliseo operano risurrezioni singole che sono simili a quelle che poi nel Nuovo Testamento compirà Gesù.

Nel libro del profeta Ezechiele, risalente all'Esilio babilonese (586-539 a.C.), si parla della sua visione delle ossa dei morti e del potere di Dio di farli risorgere e di vuotare i sepolcri.

Non è assurdo ipotizzare che gli Israeliti durante il periodo Babilonese, durato il tempo di una generazione, vennero a contatto con le religioni orientali delle popolazioni presso cui dimoravano (Impero babilonese) ed in particolare con lo Zoroastrismo.

Concetti analoghi sono espressi nella cosiddetta Apocalisse di Isaia 26,19 datata a dopo l'esilio: i morti risorgeranno e i loro corpi saranno svegliati.

In questi esempi la concezione della Risurrezione è relativa ad una azione divina sul suo Popolo Eletto: il superamento della morte è una parte della salvezza promessa da Dio al suo popolo.

Anche nel libro di Giobbe, risalente forse all'inizio del V secolo a.C., si esprime la sua fede nella risurrezione.

Alla fine del I secolo a.C., intorno al 20 a.C., venne avanzata l'idea della morte e resurrezione dopo tre giorni di un messia, Efraim discendente di Giuseppe, per intervento dell'angelo Gabriele. Quest'idea venne successivamente accolta dal Talmud e sviluppata in un midrash del II secolo d.C., in cui si espresse il concetto che un messia discendente di Giuseppe avrebbe preceduto il messia discendente di Davide.

Nella concezione giudaica l'anima dopo la morte entra nello Sheol, un mondo di nulla e di vuoto fino a che non è da questo risvegliato. Il concetto di Sheol va anch'esso modificandosi col tempo. Nel I secolo erano in contrasto le posizioni dei Farisei che seguivano anche una tradizione orale e quelle dei Sadducei che erano sostenitori di una rigida adesione alla Torah, in cui il concetto di risurrezione è assente. Per i Farisei invece erano presenti concetti di angeli, demoni e risurrezione; lo Sheol non è più un luogo di vuoto ma un luogo di attesa della risurrezione. Dopo la morte i giusti vengono portati dagli angeli nel "seno di Abramo", mentre gli empi soffrono il fuoco della Geenna. Questi concetti appaiono chiaramente nella Parabola di Lazzaro e il ricco Epulone. I Farisei credevano nella resurrezione in senso fisico: i corpi sepolti nella terra sarebbero ritornati in vita ad opera di Dio. Al momento della resurrezione i corpi avrebbero avuto la condizione che avevano al momento della morte, poi Dio li avrebbe trasformati risanando le loro infermità. Inizialmente credevano che la resurrezione avrebbe riguardato solo il popolo ebraico, poi arrivarono alla conclusione che sarebbero risolti anche i gentili e anche i giusti tra i gentili sarebbero stati ricompensati da Dio.



Maimonide, Yehudah haLevì e Saadya Gaon confermano che la prova logica di fede consiste nella stessa teoria dell'opera della creazione ed in quella del miracolo: come Dio ha potuto creare ex nihilo, permettendo l'esistenza di qualcosa che ancora non era presente, così avviene per il miracolo, attraverso un intervento appunto prodigioso.

Dai tempi di Omero il termine greco thànatos aveva il significato di passaggio alla condizione di morte. Altri vocaboli indicavano il sonno (hypnos, kathéudo, koimàomai); ciò che era inanimato e senza vita (nekròs), il compimento naturale dell'esistenza (teleutào) e l'interruzione violenta (apoktéino). Nel Nuovo Testamento quest'ultimo termine è usato da Erode nei confronti di San Giovanni Battista (Matteo 14,5), riguardo agli operai della vigna (Matteo 23,37), nelle profezie della Passione (Marco 8,31; 9,31; 10,34), mentre San Paolo ricorda che mediante la morte di Cristo viene uccisa l'inimicizia (Efesini 2,16). Il padre del giovane prodigo invece definisce nekròs il figlio perduto (Luca 15,24:32).

Per i Greci la morte significava semplicemente che non c'era più la vita. Solo gli dei possedevano l'immortalità e le pallide ombre degli uomini dimoravano nel regno di Ade. Per difendersi dall'idea della morte nel mondo antico si seppellivano i corpi presso le strade, oppure si pensava che l'uomo continuasse a vivere nei figli, si esaltava la fine eroica, e si scrivevano lapidi funebri per celebrare la fama del defunto tra i vivi.

Anche nell'Antico Testamento la morte era la fine di tutto e l'uomo ritornava polvere (Genesi 3,19). La morte prematura poteva essere vista come punizione del Signore per la colpa dell'uomo; oppure Dio poteva punire una persona per salvare una comunità o la stessa comunità uccidere alcuni componenti per scongiurare il severo giudizio di Dio sul popolo.

La speranza del superamento della morte o risurrezione è formulata per la prima volta nella Bibbia in Isaia (Isaia 26,19) e in Daniele (Daniele 12,2). Secondo i profeti, per chi vive nel presente e per le generazioni passate, la morte può essere superata grazie a un atto divino della nuova creazione. Il Regno di Dio giungerà alla fine dei tempi, quando il peccato sarà vinto e la morte privata del suo dominio.

In polemica con i Sadducei, Gesù ribadisce il concetto di resurrezione, di cui vi sono nei Vangeli diversi richiami (Vangelo di Marco, 12,18:27; Vangelo di Matteo, 22,23:33; Vangelo di Luca, 20,27:40; Vangelo di Giovanni, 5,25:29).

Nei Vangeli l'espressione in greco che indica la risurrezione dai morti è anàstasis nekrôn, con un significato assai più forte di quello della lingua italiana. In greco è il rialzarsi da coloro che sono morti; ed è un'immagine assai vivida, poiché i morti sono i cadaveri, dai quali esce il nuovo corpo dato dall'anima. Tale vivacità di espressione si trova nell'evangelista Marco 9,9:10: dopo la trasfigurazione Gesù ammonisce Pietro, Giacomo e Giovanni - che non comprendono - affinché non parlino dell'accaduto fino a quando il figlio dell'uomo non fosse risorto da quelli che sono morti.

La fede nella resurrezione è ribadita anche negli Atti degli Apostoli (Atti 4,2 e 17,32) e nelle Lettere di Paolo. Per San Paolo, la morte è il prezzo del peccato (Romani 6,23) e Satana ha il potere sulla morte (Ebrei 2,14) anche se è solo Dio che salva, condanna, dà vita ai morti e chiama all'esistenza anche ciò che non esiste. Gesù resuscita per la nostra giustificazione (Romani 4,25) e morire con Cristo è morire al mondo, e alle potenze del mondo che rendono schiavi (Colossesi 2,20). Il Salvatore ha fatto diventare l'uomo nuova creatura e gli ha donato nuova vita.

Per il Cristianesimo nella sua più alta espressione, la morte di Gesù non è stata quella di un grande uomo o di un martire, di un sobillatore o di un innocente buono, ma l'evento della salvezza unico e fondamentale. Il concetto di morte è motivo pertanto di costante riflessione: Non avere paura, abbi solo fede – scrive l'evangelista Marco (Marco 5,36).

Nei primi tempi del Cristianesimo fu ripresa e rafforzata la tradizione farisaica sulla risurrezione, dandogli un nuovo contenuto (basti pensare all'importanza del tema delle Risurrezione di Gesù come fondamento della fede e del "primo annuncio cristiano", o kerigma) anche se il problema dello Sheol e cioè del destino delle anime dei giusti dopo la morte corporale, non fu inizialmente molto sviluppato. Probabilmente ciò avvenne anche in conseguenza della fede nella seconda venuta di Cristo, o Parusia, che si riteneva dovesse essere imminente.

Sono indicazioni di questa tradizione il racconto della risurrezione di Lazzaro di Betania (Giovanni 11,1-46), risvegliato dal sonno della morte così come le altre risurrezioni operate da Gesù nonché vari passi dei Vangeli ad esempio Matteo 13,49-50.

Anche Paolo oltre che a professare la fede nella risurrezione terrena di Gesù annuncia la sua fede in una futura risurrezione dei morti. (Atti 24,15).

Tuttavia, già nei tempi apostolici (le lettere di Paolo ai Tessalonicesi ne sono un esempio), mentre si prendeva coscienza che la Parusia sarebbe avvenuta in tempi non immediati, si rendeva necessario chiarire il destino dopo la morte dei Battezzati, dei Martiri, così come dei santi e della Vergine Maria, il cui culto si diffuse enormemente già nei primi secoli. Dal Nuovo Testamento e dalla Tradizione cristiana si comprese perciò che le anime di coloro che avessero meritato la Salvezza salissero in Paradiso (corrispondente al "seno di Abramo" del Vangelo e della tradizione ebraica), eventualmente dopo un periodo di purificazione successivo alla morte, ed a tale proposito venivano offerte le preghiere di intercessione per i defunti. Cristo, al suo ritorno alla fine dei tempi, avrebbe poi pronunciato il Giudizio universale, seguito poi dalla risurrezione della "carne" (cioè dei corpi, trasfigurati a somiglianza di quello di Gesù dopo la risurrezione) o dei morti, come si dice, rispettivamente, nel simbolo degli apostoli ed i quello niceno-costantinopolitano, sia dei giusti che degli ingiusti, i primi per la vita eterna nel Regno di Dio sulla terra, gli altri per una risurrezione di condanna.

Lo Gnosticismo è una dottrina religiosa che fiorì nel II secolo e che trova nel diacono Valentino uno dei suoi maggiori esponenti.

Gli gnostici valentiniani cercarono di risolvere l'eterno dilemma che si presenta a chi pensa a un mondo creato: se il mondo è stato creato da un Dio, da dove viene il male? Se Egli non ha creato il male come lo si può considerare unico Creatore delle cose?

Per risolvere questo problema gli gnostici elaborarono una cosmogonia secondo la quale all'inizio di tutte le cose esisteva l'Essere Primo, Bythos, che dopo ere di silenzio e di contemplazione, tramite un processo di emanazione, diede vita al Pleroma (mondo divino), formato da 30 Eoni raggruppati in coppie maschili e femminili. Al vertice di questi Eoni si pone la coppia Abisso e Silenzio (quest'ultimo elemento femminile), coppia da cui nacquero per emanazione tutta una serie di Eoni in una sequenza di potenza sempre inferiore. L'ultima di queste coppie fu quella formata da Sophia e Cristo. L'Eone Demiurgo, spinto a sua insaputa dall'Eone Sophia crea l'aspetto materiale delle cose e anche l'uomo mentre questa, a sua volta, è spinta nella creazione dall'Eone Gesù. Dal Demiurgo nacquero anche il diavolo (detto Kosmokrator) e la sua corte di angeli malvagi.

La Rivelazione di Dio tramite l'Eone Gesù pulisce il cuore corrotto dell'uomo e gli rivela la scintilla divina che è presente in lui e che è "estranea" al mondo materiale. È allora possibile la salvezza che consiste nel ritorno dell'elemento pneumatico dell'uomo al Pleroma ove esso resterà assieme agli angeli che circondano il Salvatore. Questa Salvezza si ottiene con la fede e con le buone azioni.

Mani, che visse nel III secolo, è il fondatore di una religione basata sul sincretismo tra cristianesimo, buddismo, mazdeismo e gnosticismo di stampo valentiniano. La religione creata dal filosofo persiano Mani si configurava come religione di pura ragione in contrasto con la credulità cristiana: spiegava l'origine, la composizione, ed il futuro dell'universo e disprezzava il cristianesimo perché era pieno di dogmi.

Riguardo alla vita dopo la morte, il manicheismo parlava di tre destini differenziati per i Perfetti, gli Uditori, ed i Peccatori (non-Manichei). Le anime dei primi dopo la morte, sarebbero state ricevute da Gesù, e, purificate dal sole, dalla luna, e dalla stelle le loro particelle di luce, liberate, sarebbero salite al Primo Uomo e formate in divinità minori, che avrebbero circondato la sua persona.

Il fato degli Uditori sarebbe stato, in ultima analisi, lo stesso di quello dei Perfetti, ma avrebbero dovuto passare attraverso un lungo purgatorio prima di arrivare alla beatitudine eterna. I peccatori, invece, avrebbero dovuto vagare tra i tormenti e l'angoscia, circondati dai demoni e condannati dagli angeli, fino alla fine del mondo, quando saranno gettati anima e corpo all'inferno.

Il Catarismo degli Albigesi è un movimento religioso sviluppatosi tra il XII ed il XIV secolo soprattutto nel sud della Francia.

Il Dualismo rappresenta l'elemento più importante della Teologia Catara: il mondo materiale è visto come il Male mentre il Bene può essere trovato solo in cielo vicino a Dio. La vita dei Catari è perciò tesa a portare il Bene dell'Uomo (l'anima), concepita come una scintilla divina, fuori dal mondo cattivo, verso il Cielo, realizzandone così la liberazione.

Questo processo di liberazione avveniva per gradi a seconda delle capacità di ogni individuo. I Catari accettavano l'idea della reincarnazione per cui coloro che non riuscivano a realizzare la liberazione durante il presente viaggio mortale sarebbero ritornati un'altra volta per continuare la battaglia verso la Perfezione. La reincarnazione non era quindi né necessaria né desiderabile ma solo legata al fatto che non tutti gli esseri umani sono capaci di rompere le catene della materia in una sola vita. Il destino finale di ogni anima è quindi il ritorno, dopo lungo cammino, al Bene, cioè Dio.

Queste convinzioni spiegano la facilità con cui i Catari, perseguitati dalle Crociate Albigesi, entravano spontaneamente nei roghi preparati e accesi e si lasciavano bruciare cantando.

Nel mondo cristiano le convinzioni sulla morte e sulla risurrezione si mantennero più o meno uguali fino al Trecento quando esse furono scosse dalle affermazioni di papa Giovanni XXII (agosto 1316, dicembre 1334). Questo Papa contraddistinse il suo Pontificato per uno smodato uso del perdono impartito dietro pagamento a peccatori e anime in Purgatorio, per le sanguinose guerre condotte e per una bolla, Cum inter nonnullus, in cui condannava come eretica la povertà dei Francescani.

Contrariamente alla concezione teologica allora comune Giovanni XXII sostenne l'opinione che le anime dei defunti dimoranti "sotto l'altare di Dio" (Apocalisse 6,9) avessero solo la visione della natura umana di Cristo e venissero ammesse alla piena beatitudine unicamente dopo il Giudizio Universale. Egli presentò questa sua concezione soprattutto in tre omelie: il 1º novembre e il 15 dicembre 1331 e il 5 gennaio 1332. Nella terza omelia affermò che sia i demoni che gli uomini riprovati andranno al castigo eterno dell'Inferno solo dopo il Giudizio Universale. Per avvalorare la sua concezione Giovanni XXII redasse nell'anno 1333 anche una dissertazione.

Il re Filippo VI di Francia fece fare un esame dall'Inquisizione. L'esame iniziò il 19 dicembre 1333. Da parte sua anche il Papa convocò una commissione di cardinali e di teologi, che il 3 gen. 1334 in concistoro lo indusse a dichiarare che avrebbe revocato la sua concezione, se essa fosse trovata in contrapposizione alla comune dottrina della chiesa.

Morì il 4 dicembre 1334 ma con una bolla (la Ne super his) datata 3 dicembre 1334 ed emanata dal suo successore papa Benedetto XII ritrattò la sua dottrina. Oggi la Chiesa Cattolica ritiene che Giovanni XXII parlò esprimendo una opinione personale e non ex cathedra.

Il nuovo papa Benedetto XII pubblicò nel 1336 una Costituzione Apostolica la Benedictus Deus in cui fissò i principi di fede ancora oggi validi.

In particolare da allora la Chiesa Cattolica afferma che l'anima "subito dopo la morte" (mox post mortem) passa attraverso un Giudizio Particolare e poi viene retribuita immediatamente salendo subito in Paradiso per godere della visione di Dio o viene ammessa al Purgatorio, per essere purificata e poter accedere alla visione di Dio in un secondo momento o eventualmente scende all'Inferno.

Per quanto riguarda il Giudizio Finale (Giudizio Universale) si cita di seguito il Catechismo della Chiesa Cattolica:

« Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena. »
(CCC 1039)

La posizione dei vari movimenti dell'Evangelismo è sostanzialmente allineata alla visione del Cristianesimo del primo secolo. La risurrezione avviene al momento del Giudizio Universale e il periodo tra la morte e la risurrezione è trascorso nello Sheol. Con un paragone alla liberazione degli Israeliti dalla schiavitù in Egitto si parla piuttosto di una risurrezione in questa vita quando si scopre e si aderisce alla fede in Cristo.

I Testimoni di Geova sostengono di praticare il ripristinato cristianesimo del primo secolo. Credono nella resurrezione e in una futura ricompensa per i giusti che distinguono in due categorie:

144.000 prescelti (il piccolo gregge) che regneranno in Cielo assieme a Cristo dopo una risurrezione spirituale senza un corpo carnale, ma con uno spirituale.
tutti gli altri servitori di Dio che vivranno in eterno con un nuovo corpo (nel caso dei risorti), su una terra ritrasformata in Paradiso.
Non credono all'immortalità dell'anima, perché credono l'uomo stesso sia un'anima, né all'esistenza di Inferno e Purgatorio, che di fatti non vengono citati nella Bibbia. Anche gli ingiusti risorgeranno in quello che verrà ripristinato come Paradiso, ma come chiunque saranno soggetti alla seconda morte, che varrebbe a dire l'annullamento, se non verranno seguite le norme di Dio durante il Millennio.

Secondo la fede islamica, l'umanità è destinata alla morte ma, nel momento del Giorno del Giudizio (Yawm al-din), Allah farà suonare dai suoi angeli le Trombe del Giudizio, che provocheranno l'annichilimento di ogni essere. Un secondo suono di Tromba farà risuscitare tutti gli uomini, nessuno escluso, in corpo, anima e spirito, perché siano giudicati e, a seconda dei casi, premiati col Paradiso o condannati all'Inferno. Tuttavia prima della resurrezione corporea esiste un aldilà, questo periodo che va dalla morte alla resurrezione, è detto “Al-Barzakh”. Il Sacro Corano e gli Ahadith ci dicono che prima della resurrezione esiste un periodo di vita che costituisce il tramite tra questo mondo e l'Aldilà. Durante questo periodo i probi si troveranno sul sentiero che conduce al Paradiso, una delle sue porte sarà aperta davanti a loro e, in attesa dell'avvento del Giudizio Universale, godranno dei suoi beni. I malfattori, invece, saranno messi sul sentiero dell'Inferno e una delle sue porte sarà aperta davanti a loro. Rimarranno fino al Giorno del Giudizio nelle torture e nei tormenti, passeranno un triste e spiacevole periodo e dalla paura dell'avvento del Giudizio Universale e dei tormenti dell'Inferno si troveranno in una condizione d'angoscia e di terrore.

Il Giorno del Giudizio è per questo chiamato anche Yawm al-qiyama (Giorno della risurrezione).

In alcune religioni orientali, la risurrezione prende talora la forma della reincarnazione, talché i relativi dogmi identificano in ogni essere vivente (dalla formica all'elefante, tanto per citare esempi confortati da nota letteratura) il portatore dello spirito o dell'anima di un trapassato.

Il concetto di risurrezione è proprio anche di dottrine e culti non tradizionalmente considerati religiosi (ad esempio nello spiritismo, di controversa accostabilità) o non peculiarmente legati ad una religione, ed è nei suoi rudimenti molto antico, quasi primordiale, intimamente connesso alla commemorazione o al vero e proprio culto dei morti (culto degli antenati), che sono in qualche forma presenti in tutte le civilizzazioni arcaiche e che comunque sottendono una credenza di persistenza, o meglio di sopravvivenza degli spiriti.

Il problema della storicità della Risurrezione di Gesù sollevato da alcuni teologi, senza ovviamente entrare in discussioni attinenti al moderno criterio della storia e soffermarci sulle tesi di Bultmann, ha una sua soluzione nella considerazione della autorevolezza e della veridicità dei testimoni cioè dei discepoli, i quali saranno segnati da questo fatto reale che la tradizione pasquale presenta a partire da due dati: quello della tomba vuota e quello degli incontri o apparizioni del Risorto con gli Undici. Fatti questi che ci permettono di concordare con H. Küng quando giustamente afferma che «non fu la fede dei discepoli a resuscitare Gesù per loro ma fu il Resuscitato da Dio a condurli alla fede e alla sua professione… non si può prescindere dalla realtà del Risorto, cioè dalla causa di Gesù che i suoi discepoli avevano data per persa, decide Dio stesso con la Pasqua: la causa di Gesù ha senso e progredisce perché, poiché Gesù stesso, dopo il suo umano fallimento, non è rimasto nella morte ma vive pienamente legittimato da Dio. La Pasqua è quindi un evento non solo per i discepoli e la loro fede: Gesù non vive grazie alla loro fede… La Pasqua è un evento primariamente per Gesù stesso: Gesù rivive grazie a Dio - per la loro fede».
Dunque dagli elementi che ci offre il Nuovo Testamento Cristo è veramente risorto e ha cambiato la vita ai suoi apostoli. La riflessione della comunità post-pasquale ha alla base della sua fede, e non viceversa, il Cristo Risorto che viene annunciato nella predicazione proprio perché è morto e risorto e vive alla destra del Padre. Aderire al Kerigma e porsi alla sua sequela nella Comunità da lui voluta significa usufruire della liberazione dal peccato ed essere giustificati presso il Padre. È dunque conditio sine qua non che Cristo sia veramente Risorto. Ecco perché diversi teologi moderni si sono occupati della storicità della Risurrezione. Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica pur consapevole della distinzione del criterio scientifico di storia circa la Resurrezione di Cristo sottolinea che «è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente costanti». Continua il Catechismo sottolineando che «la Resurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del Mistero Pasquale insieme con la croce: Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, ai morti ha dato la vita».



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lunedì 9 maggio 2016

ANIMISMO



Il termine animismo fu usato per la prima volta nel 1720 in ambito medico, dal chimico e biologo Georg Ernst Stahl per definire una teoria secondo la quale l'anima svolgeva una funzione diretta nel controllo di ogni funzione corporea, in particolare come meccanismo di difesa nei confronti degli agenti patogeni. Si trattava di una teoria rivelatasi scientificamente di scarso successo, ma simmetrica a livello concettuale alla teoria del flogisto, formulata sempre da Stahl in ambito chimico, che teorizzava la presenza in ogni tipo di materiale di un ineffabile componente (il flogisto) che sarebbe stato liberato durante la combustione giustificando gli effetti di quest'ultima.

Successivamente, nel 1871, l'espressione animismo è stata utilizzata dall'antropologo inglese Edward Tylor per definire una forma primordiale di religiosità basata sull'attribuzione di un principio incorporeo e vitale (anima) a fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati, in special modo per tutto ciò che incide direttamente con la vita di queste popolazioni ed è essenziale per la loro sopravvivenza: i prodotti alimentari e la loro caccia e raccolta, i materiali per costruire utensili, monili e ripari, i fenomeni atmosferici, la morfologia stessa del territorio. Tutto ciò viene riconosciuto come animato e progressivamente associato a forme di venerazione, spesso direttamente funzionali alla buona riuscita delle azioni quotidiane per vivere.

Questo culto dell'anima, semplice, spontaneo, irrazionale, basato sulle esperienze comuni e quotidiane, sarebbe stato alla base, secondo Tylor, di un'"evoluzione" del pensiero religioso che avrebbe condotto, di pari passo con la civilizzazione, a religioni sempre più strutturate, con pratiche sociali ben definite, fino a svilupparsi attorno alla figura di un essere creatore.

Il senso del termine animismo così come definito da Tylor è quello oggi di uso più comune per descrivere le caratteristiche di questo tipo di religiosità, per quanto la spiegazione da lui fornita dell'animismo come religione primitiva e "immatura", con le sue analogie con lo sviluppo cognitivo del bambino, sia stata, invece, ampiamente criticata e superata in antropologia.

In particolare, della teoria di Tylor viene contestato l'etnocentrismo insito nell'assunto che i temi mitologici alla base delle religioni animistiche, in quanto frutto di una concezione superstiziosa e primitiva della natura, potessero svilupparsi indipendentemente in varie parti del mondo per progredire, altrettanto indipendentemente, verso un'elaborazione più complessa, più "elevata" dei valori religiosi.
Si trattava di un approccio psicologico simile a quello utilizzato dall'antropologo James Frazer, con la pubblicazione nel 1890 de Il ramo d'oro, per indagare il ruolo sociale ricoperto dalla magia nelle società umane più antiche.

Un primo approccio alternativo a quello di Tylor allo studio delle culture primitive viene proposto nel 1903 da Leo Frobenius con il concetto di kulturkreislehre («teoria dell'area culturale») basata sull'ipotesi che i temi mitologici delle civiltà più antiche non si siano sviluppati in modo indipendente, ma si siano diffusi, invece, progressivamente in Mesopotamia e India a partire da un nucleo primitivo africano, successivamente nelle isole del Pacifico, e da lì nell'America Centrale e equatoriale.

Studi sull'animismo sono presenti anche nella letteratura psicoanalitica. All'interno di Totem e tabù di Sigmund Freud, l'animismo viene considerato una fase primitiva dello sviluppo sociale. Una recente e originale chiave di lettura ispirata alla tradizione junghiana afferma invece che l'animismo, lungi dall'essere l'ingenuo prodotto di un pensiero pre-logico come sosteneva l'antropologo Lévy-Bruhl, nasce piuttosto da una psicologia tutta incentrata sugli aspetti soggettivi della psiche (sensazione e intuizione). Da tale concezione si sarebbe creato un sistema culturale basato sulla proiezione dell'inconscio sulla Natura, ad esempio su luoghi sacri, o identificandosi con lo spirito degli animali totemici, recuperando così competenze ancestrali; ci si confronta con l'anima di defunti o di nemici per affrontare e superare i propri conflitti interni.

Muovendo da un'elaborazione originale del pensiero junghiano, lo psicoanalista Antoine Fratini nota invece come tutti i grandi simboli universali dell'inconscio presentino dei chiari riferimenti al mondo naturale: la montagna, il fiume, la grotta, il serpente, la foresta, il mare, la pietra, l'albero, l'animale. Tali riferimenti testimonierebbero l'esistenza di un inconscio animistico, riflesso dell'animismo originario nella psiche individuale, per cui l'inconscio sarebbe legato alla Natura non solo per via proiettiva, ma anche per via simbolica. Per questo motivo risulterebbe errato e dannoso alla salute psichica operare una scissione con il mondo naturale, il quale funge da sempre da contenitore adeguato di quelle parti dell'inconscio meno integrabili. La Natura sarebbe quindi da concepire come una sorta di appendice esterna della psiche, distruggendo o desacralizzando la quale si finirebbe per incidere negativamente sulla vita dell'anima.

Particolare rilevanza ha assunto anche il dibattito tra animisti e meccanicisti, riguardante la seguente questione: gli organismi viventi sono delle macchine perfezionate, o il risultato miracoloso di un principio spirituale? È la materia o l'anima a produrre la vita? Nell'Ottocento, con l'avanzare del positivismo, la domanda sembrava risolta dalla scienza in favore della tesi meccanica, sulla base del fatto che l'animismo, per spiegare la vita, faceva ricorso ad un principio autonomo, appunto l'anima, che non poteva essere oggettivamente studiato, e risultava quindi oscuro, non definibile, e scientificamente retrogrado. Poiché inoltre escludeva la possibilità di una dialettica materialista, appariva persino reazionario (specie negli ambienti marxisti).


Dietro la contrapposizione tra meccanicismo e animismo si celava sostanzialmente l'antitesi tra determinismo e finalismo: il primo ipotizzava che il mondo fosse soggetto a leggi causali senza un fine né un progetto; il secondo affermava invece che gli organi viventi sono talmente perfetti che non possono essere frutto del caso. Più recentemente, tuttavia, l'anima ha assunto altre connotazioni che le consentono di sfuggire alle obiezioni del meccanicismo: oggi, infatti, la fisica ammette una quota di casualità nei fenomeni naturali (principio di indeterminazione di Heisenberg), e la biologia, d'altro canto, riconosce che il finalismo vitalistico è tutt'altro che perfetto, essendo la vita soggetta a morte, malattie, e mostruosità. Così l'animismo non rifiuta più la ricerca sperimentale, ma ne riconosce i limiti nel comprendere la natura della vita, che non è riducibile a semplici fenomeni fisico-chimici.

Mentre infatti nell'organismo c'è un processo di auto-costruzione e auto-mantenimento, la macchina viene costruita dall'esterno. La macchina, inoltre, è costruita dall'uomo in vista di un fine, quindi non manca di finalismo, anzi, ha una finalità ben definita e rigida. Nell'organismo animato, invece, le funzioni sono in parte sostituibili l'una con l'altra poiché gli organi sono polivalenti: essi cioè hanno meno finalità e più potenzialità.

Ancora, la macchina è il prodotto di un calcolo a cui soggiace in maniera univoca, mentre l'organismo opera secondo criteri empirici, nel senso che la vita è esperienza, improvvisazione, tentativo in tutte le direzioni. Da ciò derivano le mostruosità che la vita comporta, trovandosi in un equilibrio precario e continuamente da ristabilire.

In definitiva, la concezione meccanica dell'organismo non sarebbe che un residuo antropomorfico, che cerca di spiegare la formazione della vita assimilandola al procedimento usato dall'uomo per fabbricare una macchina. Una concezione, affiorata la prima volta in Cartesio, che considera Dio alla stregua di un fabbro intento a costruire macchine perfette e rispondenti a degli scopi prefissati. E così l'accusa di finalismo, abitualmente rivolta all'animismo, viene da quest'ultimo ribaltata: la metafisica antropomorfa è alla base del meccanicismo, non del vitalismo.

Concezioni dell'animismo radicalmente anti-deterministe risulta peraltro che fossero presenti sin dall'antichità, in particolare nell'antica Grecia, contrapponendosi già da allora alle prime forme embrionali del meccanicismo. Così in Platone, e poi successivamente nel neoplatonismo, l'anima era considerata il principio vitale, non componibile, che sta alla base del composto, in opposizione alle teorie atomiste di Democrito, secondo il quale invece gli esseri viventi erano un semplice aggregato di atomi.

Per i platonici l'anima è sempre stata vista come il principio più semplice che si possa concepire, l'unità che si articola nella molteplicità. Mentre il composto può nascere (quando si abbia aggregazione) e morire (quando viene scomposto), l'anima è indistruttibile essendo in-composta, cioè qualcosa di straordinariamente semplice. Il finalismo del mondo, inteso come progettualità calata dall'alto, viene rigettato perché l'Uno, da cui ogni essere proviene, genera in maniera non intenzionale né voluta, bensì inconsapevolmente. Ne deriva che la natura è tutta pervasa da una comune Anima del mondo (concetto di derivazione anche orientale).

La critica della progettualità meccanicista in natura sarà un tratto comune anche al Kant della Critica del Giudizio, che parlerà piuttosto di «finalità interna» in maniera simile al concetto aristotelico di entelechia, contestando invece l'idea di un obiettivo predisposto in qualche modo dall'esterno.

Esponente dell'animismo neoplatonico nel Novecento sarà infine Bergson, secondo il quale la vita non segue binari rigidi e prefissati, ma nasce da infinite potenzialità: alcune si bloccano, altre invece proseguono. L'evoluzione della natura è creatrice, perché deriva da uno slancio vitale inesauribile, privo di scopi deterministici.

Il culto animista ed il feticismo hanno tra loro molte connessioni e somiglianze nei rituali ma sono profondamente differenti. L’animismo permette di comunicare attraverso il creato con il Dio supremo ed è una religione dalle implicazioni universali, mentre il feticismo è la pratica che attraverso simboli, simbolismi e rituali magici dà la credenza ai praticanti di possedere i geni e le forze soprannaturali per soddisfare i bisogni immediati della vita.

L’animismo è una religione che attribuisce un’anima a tutti i fenomeni naturali, una energia che pervade tutto l’esistente, visibile ed invisibile, causa di ogni fenomeno, della vita e della morte, della stabilità e di ogni cambiamento, intrinseca ad ogni essere vivente, uomo, animale o vegetale, e nella materia sia essa solida, liquida o gassosa.

La complessità e la profondità delle idee e dei concetti di questa religione è, per il ricercatore, sorprendente, un vero mondo in cui, come in altre religioni, le forze del male e del bene si scontrano. Queste lotte immani e misteriose si manifestano nella natura e nel mondo materiale sottoforma di simboli che l’animista vuole decifrare.

L’animismo in Africa occidentale è la religione autoctona praticata da molto tempo ancor prima che arrivassero Islam e Cristianesimo, considerate religioni dei popoli invasori. Queste religioni sono state in generale accettate dalle popolazioni ma adattate alle loro credenze e sovente snaturate dei loro messaggi originali. Nelle tradizioni dei popoli animisti l’accettazione di una nuova credenza religiosa non si contrappone ai loro princìpi. I portatori di nuove religioni sono sempre accolti con le loro divinità, che vengono in qualche modo inserite nel pantheon delle divinità locali, anzi, in alcune circostanze, quando il confronto di superiorità è per essi evidente, dichiarano senza esitazione che il Dio dei cristiani o dei musulmani è più forte dei loro.

Negli affollatissimi mercati di numerosi banchi di vendita di oggetti delle più variate provenienze religiose, sono in bella mostra: code di serpenti, camaleonti rinsecchiti, mazzi di piume di gallina e quant’altro necessario per il rito feticista affiancati alle immagini di Papa Woitila, S. Antonio di Padova, croci, Bibbie e Vangeli, Corani di varia foggia, rosari cristiani e musulmani, poster raffiguranti la Kaba e persino immagini induiste giunte in chissà quale modo.

L’animista crede in un Dio creatore che mantiene il perfetto ordine delle cose, tutte concatenate tra loro; il suo aspetto non viene mai antropomorfizzato, anzi è pensato tutt’uno con l’intero creato in un’idea che può rappresentare una sorta di panteismo dell’universale. Nel pensiero degli animisti africani Dio è troppo potente per interessarsi all’uomo, egli è al di sopra delle esigenze minute dei piccoli problemi umani, per questi bastano gli intermediari, e cioè i geni, le forze spiritiche del simbolismo, che vengono esortati con rituali magici.

Oggi tracce di animismo sono presenti in molti culti africani (circa duecento milioni di persone), in alcune zone dell’America latina, nel Borneo, in Siberia, e in Giappone. Il caso più evidente è forse rappresentato da Haiti dove, a partire dalla commistione delle superstizioni popolari e del cattolicesimo importato dai missionari francesi nel corso del Diciottesimo secolo, si è assistito al progressivo costituirsi di una nuova religione fondata sulla pratica del vudù.
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