venerdì 29 gennaio 2016

SEDUTE SPIRITICHE

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La pratica di una seduta spiritica non è un'attività cui dedicarsi solo per curiosità o addirittura per gioco.
Secondo le teorie degli spiritisti, il medium, oltre a essere dotato di poteri medianici, deve essere un individuo carismatico, godere della stima dei partecipanti, avere una lunga esperienza di sedute spiritiche e infine manifestare coraggio e prontezza nel caso si verificassero situazioni spiacevoli (crisi di panico tra i partecipanti, materializzazioni ecc.). Fenomeni tipici che si possono verificare durante le sedute spiritiche sono: registrazione di voci, divinazione di eventi futuri, visioni, scrittura automatica (fenomeno per il quale un soggetto sente la propria mano spinta a scrivere, come se fosse guidata da un'altra personalità), comparsa di ectoplasmi, cioè forme corporee fluidiche nelle quali si materializzerebbero gli spiriti. Alle sedute spiritiche di solito è presente anche qualcuno che non partecipa ma assiste e prende nota di tutto quello che succede e delle reazioni dei partecipanti. Prima di cominciare la seduta vera e propria si purifica l'ambiente con l'accensione di incenso e di una candela bianca. I partecipanti si siedono attorno a un tavolo, che solitamente è di legno a tre gambe, senza chiodi né nodi, sopra al quale viene posta la “panchette”, un foglio che reca scritte le lettere dell'alfabeto, i numeri e le risposte: si e no. Su questo foglio avverrà la comunicazione con i defunti evocati. Tutti i presenti appoggiano il loro dito indice su uno strumento dalla forma triangolare, spesso costituito di legno leggero. A questo punto il medium inizia a chiamare l'entità, che, una volta arrivata, risponderà alle domande dei presenti facendo muovere il legnetto che, con la punta, indicherà delle lettere che formeranno i messaggi e i responsi.

Non vi sono giorni o ore in cui gli spiriti siano più inclini a comunicare con i mortali. Secondo gli spiritisti gli spiriti si abituano al locale, ai giorni e agli orari in cui abitualmente li si invoca.

In linea di massima le comunicazioni con gli spiriti di livello più elevato si ottengono sempre nelle sedute con pochi partecipanti e quasi mai in quelle numerose perché è più facile creare un clima di attenzione e raccoglimento.

I partecipanti alla seduta, riuniti attorno al tavolo, si pongono in silenzio e concentrazione, tentando di stabilire uno stato di tensione mentale ed emotiva che permetta al medium di utilizzare l'energia del gruppo per poter richiamare a sé le forze necessarie ad un "contatto" con l'aldilà. I presenti formano una catena, tenendosi per mano o con altre modalità, e, dopo qualche tempo, il tavolino, secondo gli spiritisti, dovrebbe fremere, scricchiolare o addirittura alzarsi leggermente da una parte. Quel momento rappresenta l'inizio della comunicazione con l'entità: il dialogo si svolge attraverso i classici colpi che andranno richiesti allo spirito come risposta alle domande formulate dai partecipanti secondo un codice predeterminato. Con la tecnica della trance invece il medium, una volta aggiunto il grado desiderato di concentrazione, ritiene di "dare voce" a defunti o altre entità spirituali che lanciano messaggi di vario genere parlando per conto dell'entità evocata.



Un tipico sistema di interrogazione è quello della tavola ouija. Questo strumento consiste in una piccola tavola con le lettere dell'alfabeto e con i primi dieci numeri (da 0 a 9 o da 1 a 0). Sulla tavola o quadrante si colloca un piccolo pezzo di legno triangolare, che poggia su tre sfere di cristallo in modo che possa scorrere facilmente. Il medium e i partecipanti pongono il dito indice sul triangolo mobile e questo indica in successione le lettere e le cifre scritte formando parole, date, cifre e frasi di senso compiuto. Secondo alcuni in realtà il fenomeno è dovuto ai movimenti ideomotori dei presenti che non sono in grado di mantenere il dito perfettamente fermo, le frasi composte sono il frutto delle aspettative inconsce di chi la muove: è sufficiente capovolgere le lettere e mischiarle perché la planchette inizi a comporre frasi completamente prive di senso.

Al termine delle comunicazioni occorre ringraziare lo spirito intervenuto e lasciarlo libero di andarsene. Questo particolare è molto importante perché, secondo gli spiritisti, se non accomiatata, l'entità può restare per un certo tempo prigioniera nel luogo in cui è giunta e provocare strani fenomeni, come oggetti che si muovono da soli o rumori misteriosi e arcani.

Le sedute spiritiche non hanno nessun tipo di riconoscimento scientifico, e così anche i presunti fenomeni spesso a loro legati, come:
levitazione di oggetti
apporto e asporto di oggetti (dentro e fuori da un locale opportunamente chiuso)
rumori e voci non ben identificabili, dal terreno;
improvvise folate di vento freddo.
Fra i fenomeni che interessano i maggiori medium abbiamo: luci metafisiche (comparsa di un punto di luce bianca che si muove nel vuoto a velocità istantanea, cambia colore e lunghezza da quella di un punto a raggio esteso), sedute a voce diretta in genera percepita dal terreno in pieno giorno, medium in trance che emette ectoplasmi, o il "rapimento del medium" che vive un'esperienza extracorporea (il corpo rimane immobile e il medium si vede da un'altra parte, oppure in casi più rari c'è l'asporto del medium in cui l'intero corpo sparisce e si trova in un luogo diverso).

Fra le credenze legate a queste pratiche:
i presenti devono restare uniti tenendosi per mano intorno al tavolo qualsiasi cosa accada;
se anche uno solo dei presenti (pure se un terzo prende il suo posto) abbandona il tavolo e interrompe la catena, lo spirito resta intrappolato e non può fare ritorno al luogo di provenienza. Nei giorni successivi alla seduta, si verificano casi di poltergeist in cui l'entità tenta di ottenere una seconda seduta spiritica per rimettere le cose a posto, ovvero vendicarsi;
la disposizione a cerchio e tenersi per mano proteggono i presenti, in primis il medium, così come l'uso di simboli e tatuaggi;
la sua energia e medianità fluiscono per mano a tutti presenti. Se i medium sono più di uno, le medianità si sommano. La medianità si trasmette per contatto fisico, e dopo alcune sedute anche i presenti potrebbero avere manifestazioni paranormali;
è interessato dal fenomeno anche chi è presente, non restando al tavolo.
a seconda delle convinzioni personali, le entità possono essere persone defunte, oppure angeli, demoni, larve astrali, ecc. e parlano da una dimensione esterna alla nostra. Nella pratica esoterica non vi sono garanzie che le entità invocate siano effettivamente i propri cari, nemmeno se forniscono informazioni personali che soltanto loro potevano conoscere in vita, ovvero se predicono eventi futuri, manifestando un'attenzione e amore particolari verso i presenti.
Il medium chiama uno spirito-guida che svolge il ruolo di intermediario dal lato del mondo spirituale, governando la seduta per tenere lontane entità negative che tentano di manifestarsi. Se il medium chiede un'evocazione, l'entità si manifesta all'esterno, restando separato dalla coscienza dei presenti; se la invoca, entra nel corpo del medium, che può restare inabitato e cosciente, ovvero entrare in trance completamente posseduto dallo spirito, col risultato di parlare lingue sconosciute, con ricordi e un tono di voce che non sono i suoi.

Le entità vivono in una dimensione trascendente senza spazio, da cui segue che:
se possono manifestarsi, possono farlo ovunque nella Terra siano chiamati e al limite in sedute spiritiche in più luoghi differenti contemporaneamente;
a tutti è noto e sempre visibile il passato e futuro di ognuno di noi.
Ad opinione di alcuni domina su tutto la presenza di una divinità con la sua legge che vieta alle entità di interferire col libero arbitrio dell'uomo, fornendo informazioni che pure hanno e potrebbero essere utili tanto al progresso materiale o spirituale del singolo (per arricchirsi, evitare dolori o la morte), che della collettività dando la soluzione a problemi irrisolti della scienza.

Per alcuni è una sola dimensione trascendente dove non esiste neanche il tempo, per altri esiste un piano eterico intermedio tra quello fisico e quello puramente spirituale.

Secondo un'opinione corrente, si ritiene che l'orario ottimale per le sedute spiritiche sia compreso tra mezzanotte e le tre del mattino perché sono le ore della notte con la maggiore assenza di luce, il maggior numero di persone si trova a dormire e gli spiriti non rischiano di essere visti, per un noto simbolismo (le 3 di notte è la cosiddetta "ora del diavolo" alla quale si sveglierebbero dal sonno le persone che vivono un inizio progressivo di possessione, in antitesi alle 3 del pomeriggio ora in cui morì Gesù sulla croce).

La comunità scientifica ritiene che tutti questi fenomeni abbiano spiegazioni naturali, come l'"autosuggestione" collettiva, o la pura e semplice frode, che è stata talvolta dimostrata anche da parte di medium famosi.

Storicamente, lo spiritismo apparve in Francia nella seconda metà del 1800, ma ai nostri giorni ha decine di milioni di seguaci in molti paesi dell’Europa e del mondo, oltre alla Francia: Spagna, Stati Uniti, Giappone, Germania, Inghilterra, Argentina, Portogallo e soprattutto Brasile.

In Italia, secondo alcuni dati riferiti da Codacons, sarebbero almeno 13 milioni i cittadini che ogni anno si rivolgono al mondo dell’occulto, ma in questa statistica rientrano anche coloro che chiedono consiglio a cartomanti, maghi e fattucchieri.

Assistere a una seduta spiritica può avere effetti pericolosi se si è psicologicamente deboli. Di fatto, se si è facilmente suggestionabili, si sarà portati a credere a qualsiasi cosa!
In genere alle sedute presenzia anche una persona che non partecipa attivamente alla seduta ma che assiste, osserva e annota gli avvenimenti.

Le comunicazioni spiritiche avverrebbero solo grazie all’intervento di un “medium“, un tramite dotato di particolari sensibilità. A questa persona si riconoscono specifiche doti che permettono proprio la comunicazione fra spiriti e viventi, durante la cosiddetta seduta spiritica.

Lo spiritismo insegna che possiamo comunicare con gli spiriti dipartiti e con altre entità spirituali. Altri insegnano che possiamo cercare uno spirito guida a cui affidare la nostra vita. Coloro che credono si affrettano a dire che Dio nella Bibbia proibisce espressamente di consultare gli spiriti, con e senza l’aiuto degli spiritisti, perchè vi è del male e del pericolo in questa pratica (Levitico 19:31; 20:6,7; Isaia 8:19).

La Rete è piena di testimonianze, e in molti dicono di aver praticato una sessione, anche per gioco, sulla tavola ouija (la tipica tavola su cui sono impresse le lettere dell’alfabeto e i numeri). In genere c’è chi riporta che durante una sessione si possono sentire voci, si possono avere visioni, anche di ectoplasmi (forme in cui si materializzerebbero gli spiriti), si possono sperimentare casi di intuizione di eventi futuri e di scrittura automatica.

Quello che sembra certo, alla fine di ogni racconto, è che l’essere umano ha capacità nascoste e poteri potenziali che nemmeno lui conosce. Se poi anche gli spiriti esistono davvero, questa è un’altra storia. Per essere sicuri di non sbagliare, riteniamo che sia meglio non rischiare di importunarli, quindi vi sconsigliamo di impiegare il vostro tempo in una seduta spiritica. In tal modo eviterete anche il rischio di destare i vostri demoni interiori.



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giovedì 28 gennaio 2016

LA LETTURA DELLA MANO

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La chiromanzia affonda le sue origini nell'astrologia indiana di cui era una disciplina. Al saggio induista Valmiki sarebbe attribuito un libro oggi perduto, il cui titolo si potrebbe tradurre con "Gli insegnamenti di Maharishi Valmiki sulla chiromanzia maschile". Questo libro avrebbe contenuto 567 stanze e potrebbe essere stato scritto più di 5000 anni fa.

Dall'India l'arte della lettura della mano si diffuse poi in Cina intorno al 3000 a.C.; successivamente raggiunse Tibet, Egitto, Persia e si sviluppò in Grecia, dove fu praticata anche dal filosofo Anassagora. Lo sviluppo in epoca classica ha lasciato tracce nella terminologia, che indica alcune parti del palmo e della mano usando i nomi delle antiche divinità Dei greci e romani.

La chiromanzia si è diffusa anche attraverso i Rom e altri popoli zingari, che tradizionalmente la praticano ancora (e continuano a influenzare l'immaginazione popolare; si pensi per esempio al primo verso della canzone Zingara, che vinse il Festival di Sanremo del 1969).

Al giorno d'oggi non è ancora stata condotta alcuna ricerca soddisfacente né in sostegno né in contrasto alla scientificità di questa pratica, che viene generalmente considerata una pseudoscienza, al pari dell'astrologia e della cartomanzia. Ciò è dovuto alla sua totale assenza di fondamento scientifico e di possibilità di verifica.

Ci sono molte interpretazioni diverse delle linee della mano a seconda delle differenti scuole di chiromanzia, e i/le moderni/e chiromanti spesso combinano le tradizionali tecniche di preveggenza con la psicologia, la medicina olistica e altri metodi di divinazione.

Un’antica credenza cinese ritiene che ad ogni dito della mano corrisponda qualcuno a noi caro: il mignolo rappresenta i figli; il medio rappresenta noi stessi; il pollice rappresenta i genitori; l’indice rappresenta fratelli e sorelle; l’anulare rappresenta il partner.

La Linea della vita è una delle linee più importanti del palmo. Comincia tra il pollice e l’indice e va verso il polso. Traduce i livelli di vigore, energia, forza fisica, prestazioni e robustezza.
Contorni molto netti: sessualità ben sviluppata.
Curva debole: mancanza d’energia e di vivacità, libido in calo.
Linea sottile e precisa: buona vitalità, buona volontà.
Linea larga: forza muscolare ma sistema nervoso febbrile.

La Linea della testa è orizzontale in mezzo alla mano sotto la linea del cuore e determina le proporzioni di logica e immaginazione di ciascuno.
Sottile e profonda: intelligenza, vivacità di spirito.
Larga: superficialità, velleità, materialismo.



La Linea del destino è tracciata verticalmente a partire dalla base della mano, si dirige verso il monte di Saturno e divide il palmo a metà. Rappresenta la fortuna che si avrà nella vita, il proprio destino.
Assente: denota una persona che dovrà lavorare sodo per avere successo.
Linea profonda: successo ma senza soddisfazione.
Inizio sulla linea della vita: la persona dovrà contare solo sulle proprie forze.
Inizio sul polso: se è ben delineata, significa fortuna per tutta la vita e successo.

La Linea del cuore si situa orizzontalmente nella parte superiore del palmo. Governa gli aspetti emotivi e rivela il potenziale amoroso, il rapporto con l’amato e con coloro che ci circondano.
Assenza della linea: insensibilità totale.
Retta: la mente controlla le emozioni.
Inizio sotto l’indice: amore e gelosia.
Inizio sotto il medio: sensualità totale, il piacere predomina.
Inizio sotto l’anulare: affettività ridotta.

La Linea del sole (o del successo) è parallela alla linea del destino. Molte persone non posseggono questa linea.
Inizio dal polso, fino all’anulare: fortuna e successo assoluto, destino fuori dal comune.
Inizio dal monte di Marte: perseveranza e desiderio di successo.
Inizio dal monte della Luna: successo artistico.
Inizio dalla linea della testa: il successo vien pensando.
Inizio dalla linea della vita: conta solo su te stesso.
Inizio dalla linea del cuore: successo tardivo.

La Linea della salute se non ce l’hai, va bene lo stesso. Finisce generalmente sul monte di Mercurio, e di solito parte dal polso.
Se incrocia la linea della vita indica generalmente una lunga malattia.
Se si ferma alla linea della vita: ansia, angoscia, attenzione alla dieta.
Se non tocca la linea della vita: qualche piccolo malanno, ma niente di grave.

La Linea del sesso situata sotto il mignolo sul lato della mano, bisogna considerare solo quella più profonda, dato che ce ne sono spesso varie. E’ la linea del matrimonio e della sessualità.
Precisa e dritta: unione felice.
Molte linee non ben definite: varie unioni senza matrimonio.
Linea che sale: celibato.
Linea che scende: divorzio.
Biforcazione netta all’inizio: difficoltà all’inizio dell’unione.
Biforcazione alla fine: rottura.

Quando le linee del cuore e della testa coincidono o tendono a coincidere, la linea così ottenuta si chiama simiana. Il termine viene dal latino simia (scimmia), perché in alcune scimmie è stata trovata una sola linea nel palmo. Questa linea "fusa" si trova principalmente nei portatori di down, ma si può trovare anche, raramente, in persone sane. Viene individuata come un segno molto fortunato che denota grande capacità di concentrazione mentale, potenza di immaginazione e secondo la tradizione può portare, a volte, anche alla chiaroveggenza. La linea si può avere in entrambe le mani, ma anche solo in una delle due. Varie sono le persone famose che hanno almeno una linea simiana: Thom Yorke, Armin van Buuren, Tony Blair, Hillary Clinton, Robert De Niro, Buddha, Ethan Hawke, Nick Rhodes, Rasputin, Rainn Wilson, Alessandro Cagliostro.



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mercoledì 27 gennaio 2016

NASCONDERE UN TRADIMENTO

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C'è chi nasce per stare single, chi vive della coppia e chi, della coppia, non si accontenta. Per caso o per scelta, ci ritroviamo a vivere una storia parallela alla nostra storica relazione amorosa.
Se la monogamia non è il nostro forte e dobbiamo avere un amante in ogni caso, evitiamo quelle persone che ci possono creare più problemi di quanti ne immaginiamo: l'amico del nostro fidanzato, il collega, il vicino di casa. Molto meglio uno sconosciuto incontrato via chat, possibilmente di un'altra città e non proprio a portata di mano, in modo tale da scongiurare situazioni antipatiche, ricatti e incontri ravvicinati fra il fidanzato ufficiale e l'amante. Non vorremo mica che lo sconosciuto si innamori della nostra dolcezza e del nostro savoir faire e che, sentendosi preso in giro e umiliato perchè abbiamo "sorvolato" sul piccolo dettaglio della fede al dito, ci ricatti di spifferare tutto alla nostradolce metà? L'unico modo per evitare queste situazioni antipatiche è non fare mistero della nostra situazione sentimentale.

La prima regola del tradimento è non parlare mai del tradimento. E fingere che non esista. Davanti ad amici, colleghi, e davanti al cornuto. Il vero problema dei tradimenti è che sono circondati da quel fastidioso snervante alone di sospetto. Il sospetto nasce dai cambiamenti. Se un partner ha sempre fatto il carino dopo il sesso e all'improvviso si gira dall'altra parte e dorme, l'altro partner inizierà a pensare che qualcosa non va. Diventare troppo freddi, troppo distaccati, o al contrario troppo pieni di attenzioni, crea allarme e fa pensare male. Se vuoi tradire senza venir beccato, agisci come se nulla fosse, dentro e fuori dal tuo letto.

Se non vuoi sforzarti di tenere due telefoni (uno, ovviamente nascosto al tuo partner) o due account di pc metti in scena la normalità. Patti chiari con l'amante (non mi cercare, non farlo in questi orari, ecc), cancella ogni traccia senza nostalgia, e ogni tanto fingi che non hai nulla da nascondere. Permetti al partner di usare il pc e il telefono, lascialo in giro (quando sai di essere al sicuro), lascia la suoneria. Dissimulate che ci siano cose da nascondere, e nessuno le cercherà

Se la scappatella è sporadica va infilata nell'agenda al sicuro. Vanno scelti orari normali (il pranzo, l'ora del calcetto) ed eventuali complici (giusto un paio, meglio che siano pochi a sapere). Se invece si perde la testa per una persona in particolare, la grande idea è farla entrare nella tua vita dalla porta principale. Invitarla a cena in presenza del partner, parlarne ogni tanto (e descriverla come inoffensiva). In questo modo, andarci una volta al cinema o a un concerto, non suonerà strano o ambiguo. Ovviamente, tutto questo, va fatto con grande stile, e a piccole dosi. Se verrete scoperti, sarà veramente un colpo basso.

Il trucco salva traditore è negare l'evidenza. Sempre. E far sentire in colpa l'altro per aver dubitato di noi.
Un telefono lasciato sempre senza suoneria, un capello in auto, un profumo diverso, sono campanelli d'allarme troppo grandi. Se sentite che il vostro partner si sta innervosendo, frenate. Cambiare abitudini, taglio di capelli, gusti, all'improvviso, è un invito al controllo. Meglio non rischiare, e salvare partner, amante e cavoli...

Mai a casa vostra o casa sua! Se rimangono tracce poi sono guai seri! Da evitare anche la casa di amici che si rendono disponibili a reggerci il gioco. Tali offerte non dovrebbero proprio esistere perché se abbiamo letto bene le premesse, non dobbiamo avere complici né confidenti!! Più la nostra scappatella rimane segreta e meglio sarà per tutti! Optiamo piuttosto per luoghi appartati,  distanti da casa e da occhi idiscreti, possibilmente dove non conosciamo nessuno!
Se temiamo di essere viste o non ci sentiamo tranquille, scegliamo un albeghetto, magari fuori mano, e ricordiamoci di pagare in contanti e di evitare scrupolosamente il bancomat. Non facciamoci vedere in giro con l'amante a meno che questi non sia un collega e già prima della relazione clandestina non fossimo abituate a frequentare insieme luoghi pubblici come bar e ristoranti.



Ogni nostro minimo cambiamento sarà captato e ci metteremmo nei guai con le nostre stesse mani. Molto meglio invece cercare di mantenere un atteggiamento quanto più normale e naturale possibile. Anche se ci sentiamo prendere dai sensi di colpa e per compensarli abbiamo attacchi di dolcezza acuta, tratteniamoci, ingoiamo il rospo e rimaniamo le "noi stesse" di sempre.

Il gioco è bello quando dura poco, per questo è bene non tirarla per le lunghe. Quando si viene scoperti bisogna uscirne fuori!  Calma e diplomazia, trasformiamoci in attori e sfoderiamo tutte le nostre armi perché ci siano attribuite meno colpe possibili. Quindi quando ci butterà addosso che siamo degli infidi traditori, non neghiamo spudoratamente

Piuttosto mettiamoci a piangere istericamente, tremanti, e chiediamogli perdono. Inventiamoci che eravamo turbate perché il lavoro sta andando male, che l'altro ha approfittato di un nostro momento di debolezza; oppure diciamo che è successo tutto ad una festa ed eravamo un po’ brille, o ancora scarichiamo la colpa su di lui perché ci trascura e non ci fa sentire le donne che vorremo.

Naturalmente una volta che il tradimento è stato scoperto sarà il caso di analizzare i motivi che ci hanno spinto all'adulterio, se si è trattato di un'azione di ripicca volta a ferire colui che ha ferito noi, se invece è stato un momento di noia e di voglia di cambiamento, o se i sentimenti non son più quelli di un tempo. Anziché elemosinare il perdono del partner, potremmo approfittarne per riottenere la nostra libertà,se è quello che alla fine desideriamo realmente.

Gli italiani lo sanno, eccome se non sanno cosa voglia dire avere a che a fare con la gelosia furiosa di una donna, perché, quando si tratta del sospetto di un tradimento, hai voglia a spiegare che "non è un capello ma un crine di cavallo", nulla è lasciato impunito, nemmeno l'azzardo di un'intenzione rimasta tale, e l'onta di aver volto lo sguardo al di là del confine consentito è punito a caro prezzo, quantomeno con una 'democratica' sfuriata.

È per questo che gli uomini fedifraghi corrono ai ripari e quando hanno ceduto alla tentazione di qualche scappatella, più che attuare maldestri tentativi di copertura, tendono a 'lavare' letteralmente la macchia del peccato mettendo in atto diverse strategie, adesso smascherate da un sondaggio del sito di incontri extraconiugali AshleyMadison.com, che ha stilato le modalità più frequenti che i suoi iscritti mettono in pratica per eliminare le tracce di infedeltà, considerando che a tradire i traditori non sono solo le tracce annidate nella cronologia dati sul pc o nei messaggi in memoria sullo smartphone, ma anche quelle molto più insidiose di una macchiolina sul colletto della camicia o le scie olfattive impresse sul corpo.

Ciò che è venuto fuori è un vero e proprio rito da seguire scrupolosamente dopo ogni piccante rendez-vous, così da schivare ogni ipotesi diffidente e uscire immuni dalla tempesta di iraconde illazioni.

- La prima e più potente arma di difesa della privacy è l’acqua: il 27% dei traditori di casa nostra dichiara di fare più di una doccia al giorno, contro una media nazionale che ne conta una ogni due giorni. "È normale essere meticolosi quando si tratta di coprire le tracce di infedeltà", spiega Noel Biderman, CEO e fondatore di AshleyMadison, "Abbiamo notato che un elevato livello di igiene personale rappresenta una sorta di effetto collaterale molto comune: lavare via le prove di un amante, che sia il suo profumo, il suo rossetto o la sua acqua di colonia, è essenziale se si desidera che una relazione resti segreta al proprio coniuge". Il 30% degli uomini, addirittura, ha confessato di essersi iscritto in palestra con il solo scopo di utilizzare le docce dopo ogni incontro con l’amante, per tornare a casa fresco e profumato.

- Il 37% degli uomini e il 43% delle donne hanno una scorta segreta di prodotti per l'igiene nascosti in auto (26%) oppure sul posto di lavoro (47%) o in entrambi i luoghi (10%).

- Il 47% delle donne porta sempre con sé un kit da make up con spazzola, salviette struccanti, fard e rossetto per rifarsi il trucco dopo un appuntamento clandestino, mentre il 33% di loro e il 25% degli uomini porta sempre con sé un campione extra di profumo o acqua di colonia per ingannare anche la narice più attenta.

- Ci sono, poi, i super scrupolosi attenti ai dettagli senza badare a spese che acquistano persino due capi di abbigliamento perfettamente identici, per avere sempre a disposizione un outfit fotocopia nascosto in ufficio, nel caso in cui un incontro particolarmente bollente finisca per rovinare gli abiti originali: si tratta del 56% degli uomini e del 34% delle donne.

Biderman, però, consiglia a tutti di fare attenzione a non esagerare, dato che il coniuge tradito non può non mettersi in sospetto nel vedere il proprio partner trasformarsi all’improvviso in un igienista meticoloso e in un fanatico del bucato: va bene farla franca, insomma, ma mai sottovalutare l'intelligenza dell'altro che, per quanto ignaro, fesso lo si può fare sì, ma sempre fino a un certo punto.





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martedì 26 gennaio 2016

IPOSSIFILIA

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L'ipossifilia, conosciuta popolarmente come la "asfissia erotica", o con la nomenclatura meno comune  di "asfissiofilia", è una rara e pericolosa parafilia in cui una persona cerca il piacere riducendo l'ossigeno al cervello durante un momento per poter ottenere una grande eccitazione sessuale.

L'American Psychiatric Association stima un tasso di mortalità di una persona su un milione all'anno (250 morti all'anno negli Stati Uniti), ma le stime delle forze dell'ordine sono fino a 4 volte maggiori.

Le pratiche possono includere impiccagioni, utilizzo di sacchetti di plastica sopra la testa, strangolamenti e auto-strangolamenti per mezzo di fili, soffocamenti mediante gas o solventi volatili e compressione del petto. Limitando l'afflusso di ossigeno al cervello si ottiene l'accumulo di anidride carbonica, il quale può indurre sensazioni di euforia, confusione e vertigini, che contribuiscono a intensificare l'orgasmo.

In situazioni di ipossia, nel cuore si verificano delle contrazioni, denominate contrazioni ventricolari premature o extrasistoli, che se accadono durante la fase di ripolarizzazione della contrazione cardiaca (Onda T) possono mandare il cuore in fibrillazione ventricolare. Esse si verificano con maggiore frequenza al peggiorare della situazione di ipossia e le possibilità che, in corrispondenza di un'onda T, causino un infarto aumentano anch'esse. Non essendo possibile prevedere quando una di queste contrazioni stia per verificarsi, non è possibile prevenire fatalità. Inoltre la rianimazione, in questi casi, mediamente è efficace solo in un caso su dieci.

Alcuni sostengono che provocando l'ipossia non limitando l'afflusso di ossigeno nei polmoni ma limitando l'afflusso di sangue al cervello esercitando una pressione sull'arteria carotide si eviti questo problema; in realtà, in questa situazione il cervello rallenta il battito cardiaco, e in alcuni casi questo può portare a un altro tipo di infarto, detto asistole, ancora più difficile da trattare tramite rianimazione.

Ci sono opinioni molto diverse nel seno della comunità medica sulla normalità o l'anormalità di queste morti. L'Associazione di Psichiatri Americani afferma che questo tipo di morte è solo una su un milione.

L'FBI assicura che circa mille persone muoiono ogni anno nel masturbarsi in questo modo negli Stati Uniti, altre fonti assicurano che sono duecentocinquanta mila i decessi per questa pratica. La maggior parte di coloro che lo praticano sono uomini, secondo la pubblicazione del Giornale Britannico di Psichiatria di Canada, e che solo una su centodiciasette morti è quella di una donna. In generale, chi pratica l'ipossifilia sono uomini bianchi di media età, anche se in alcuni casi ci sono anche individui di ottantasette anni.

Ci sono pochi dati disponibili su questa parafilia, ma si crede che il motivo risiede nell'incremento dell'intensità dell'orgasmo. Si vincola anche a quelle persone che usano i gas per ridurre la quantità di ossigeno nel cervello. Si è avvertito che questo tipo di comportamento può essere una variante pericolosa del sadomaso sessuale per quanto riguarda i rituali del bondage.



Di frequente, la sessione si registra o si fa davanti a uno specchio, per potersi vedere mentre uno si masturba e si asfissia al tempo stesso. Uno studio tedesco su circa quaranta morti accidentali per asfissia erotica pubblicato nella rivista Foresic Science International informò che i corpi normalmente erano nudi o con i genitali fra le mani, circondati da film porno o altri strumenti parafilici e sex toys. Per di più, si è scoperto che gli individui in questione avevano eiaculato proprio il momento prima di morire. Questo trastorno si associa ad altre parafilie quali il sadomasochismo, il gioco dei travestimenti, il bondage e il fetish.

In uno dei pochi studi in cui ci sono dati di ipossifilici che ne escono vivi, il dottore Stephen Hucker (Università di Toronto, Canada) investigò su circa mille partecipanti via Internet. Arrivò alla conclusione del fatto che il settantuno per cento praticavano anche il sadomaso e un trentuno per cento dei giochi sadici.

Inoltre scoprì che il settantasei per cento praticavano il bondage, e il quarantaquattro per centro usava delle manette su di sè, il quattordici per cento usava uno stimolamento elettrico e il trentasette per cento si auto-flagellava. In quanto all'atto in sè, il climax del piacere sessuale e dell'eccitazione si raggiungeva impedendo la respirazione. I partecipanti di questo studio dissero che non li eccitava affatto l'umiliazione e il dolore.

In un articolo pubblicato dal dottor Hucker in relazione a questa classificazione di parafilie, affermò che il termine ipossifilia dovrebbe cadere in disuso, e che al suo posto bisognerebbe parlare di asfissiofilia, dato che non ci sono prove empiriche che assicurano che l'obiettivo di questa parafilia è la mancanza di ossigeno, senonché più che altro l'eccitazione sessuale attraverso la diminuizione dell'ossigeno.

Lo scrittore George Shuman descrive quel momento chiave con le seguenti parole: "Quando il cervello è privato di ossigeno, si produce uno stato quasi allucinogeno chiamato ipossia. Questa mancanza di ossigeno, insieme all'orgasmo, è una sensazione forte quanto quella della cocaina, e non di certo provoca meno dipendenza."

Il dottor Lloyd, per quanto riguarda gli stati allucinogeni provocati dall'ipossia cronica, afferma che questa sensazione può essere molto simile alle allucinazioni che sperimentano gli scalatori in alta montagna. È possibile anche arrivare a questo stato quando si viaggia in aereo e succede una perdita d'ossigeno ad alta quota. Dunque, le allucinazioni non riguardano solamente la mancanza d'ossigeno.

Molte, nella storia, le personalità di rilievo decedute presumibilmente in questo modo, anche se in alcuni casi le reali cause della morte sono oggetto di dibattito. Tra questi i musicisti Kevin Gilbert e Michael Hutchence, e l'attore David Carradine, interprete di Bill nel Kill Bill di Quentin Tarantino.




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lunedì 25 gennaio 2016

I NOMI DELL'UOMO


In italiano, il sesso maschile ha 2 record: è designato dal più alto numero di termini (se ne contano 744, escludendo i testicoli), ed è la parolaccia pronunciata più spesso, secondo la Banca dati dell’italiano parlato. Del resto, notava lo scrittore Italo Calvino, il termine cazzo ha un’espressività impareggiabile, non solo rispetto a tutti gli altri sinonimi, ma anche alle altre lingue europee. Tanto che, in italiano, è un vero jolly linguistico: può indicare stupidità, nullità e disvalore (cazzone, cazzata, cazzeggiare, minchione, minchiata, cappellata) ma anche il contrario, cioè potenza, abilità e valore (cazzuto). Serve a indicare ira e malumore (incazzarsi), noia e sconforto (scazzato); affari personali e problemi (cazzi miei), parte sensibile (rompere il c a z z o), approssimazione (a  c a z z o).

Una ricchezza del genere si spiega non solo con la sua evidenza esterna. Ma soprattutto con il suo significato simbolico: tra le scimmie, nota l’etologo Irenäus Eibl-Eibesfeldt, la monta è un segno di dominanza, così l’erezione è usata come minaccia simbolica.

E’ visto per lo più come un oggetto (44%: per lo più di uso domestico, come bastone o manico, ma sono numerose le espressioni che attingono alla guerra, vista l’aggressività dell’atto sessuale: clava, mazza). Numerose anche le metafore tratte dal mondo animale (15%: anguilla, uccello, proboscide) e dalle personificazioni (7%: amico, bambino fino a Walter, il termine inventato da Luciana Littizzetto) a indicare il fatto che è un membro “vivo”, che muta forma e consistenza.

Rilevante la quantità di nomi ironici, grotteschi o iperbolici sulla potenza o la dimensione del sesso, ossessione di tutti i maschi: sberla, calippo, pitone, missile, obelisco, sei quinti, torre di Pisa, maritozzo, pendolino delle 9:07, sardeon, sciupavedove, sventrapapere, vermicione e … tronchetto della felicità.

Atri nomi sono: abbacchio, acello, adamo, adolf, affracco, aguzzapapere, alabarda, alabarda spaziale, alberello, albero della cuccagna, albero di trasmissione, albero maestro, aleilcazzo magno, aloisio.
alzabandiera, amico Freddy, ammennicolo, anaconda, apollo 26, aquila reale, aquilone, arcione, arma, armando, arnese, articolo per signora, asciugamano delle serve, a siccia, asperge, asso.
asso di bastoni, asta, atlascopco, attaccapanni, attrezzo, avvocato, avvoltoio, attizzapapere, azzittamonache, azzo, babà, babbacammello, babblione, baccalà, baccello, bacchiolo, bacchioloscopio, bachino, bacioccola, badasso, badile, badurlo.
baldassarre, banana, bananone, baobab, barbagianni, bargiolo, bartolo, barzo, barzotto, basano, bastoncino findus, bastone, batacchio, batanga, batteria, battocchio, bazzo, bazzuca, bebbè.
bega, begon, belfagor dei piani inferiori, belin, belino, bello, benbenbigolo, ben di Dio, bessa, biberone, bietta, biff, bigatto, big bang, big jim, biga, bighe, bignamone, bigol, bigolo, bigul, billo, birello, birillo, birimbobirambo, birrione, bischero, bisco.
all'amarena, biscotto, biscotto con i baffi, biscottone, bisdiffo, bisquit, bitti, black, decker, blekedeker, bocchettone, brando, branzino, bricchia, brindello, brittola, brocca, brosco, brufolo, brustolone, bruzzo, bubbazza, busceddu, buzzo.



Cazzo è una parola della lingua italiana di registro colloquiale basso che indica il pene. Non è un semplice sinonimo del termine anatomico ma rappresenta una forma dell'espressività letteraria e popolare. Talvolta nella lingua parlata può essere utilizzato per il compiacimento nell'uso di un termine proibito o di registro eccessivo, il che non può essere reso dal semplice uso di «pene!». Il termine è usato piuttosto spesso nella lingua parlata anche senza correlativo semantico, con la funzione linguistica di "rafforzativo del pensiero", ovvero come un intercalare con funzione emotiva per rendere un'espressione colorita o enfatica. L'uso come intercalare sembra essere più diffuso in Italia che nel Canton Ticino.

L'etimologia della parola è stata dibattuta da molti. L'ipotesi più documentata e meno "fantasiosa" è quella, formulata da Angelico Prati (1937-39 e 1951) e ribadita, con puntuali riscontri filologici, da Glauco Sanga (1986), entrambi linguisti esperti di gergo. Si tratterebbe di semplice estensione metaforica dell'uso di un termine dialettale significante mestolo, derivato dal latino cattia "mestolo". Indicativo, in questo senso, un verso di un sonetto di Luigi Pulci, "cazz e cuccé - quel primo in cul ti stia!" contenente un'espressione dialettale lombarda dal senso di "mestoli e cucchiai", dove il primo termine rimanda con evidenza anche al significato osceno. Il termine, originariamente in forma femminile, cazza è ancora attestato in un sonetto di Rustico Filippi: "Fastel, messer fastidio della cazza" (ciò che oggi corrisponderebbe all'epiteto volgare "rompicazzo").

Un'ipotesi ripresa da Antonio Lupis (2002) è che cazzo sia connesso col verbo latino capitiare da cui anche cacciare, con valore di "infilare, mettere dentro con forza". Si tratterebbe di un nome deverbale analogo a lancio da lanciare.

Una proposta etimologica che ha avuto una certa fortuna è quella che fa derivare cazzo con aferesi da (o) cazzo, a sua volta derivato da oco, voce dialettale per indicare il maschio dell'oca. Tale ipotesi è stata accolta da diversi autori ma è attualmente rigettata dalla maggior parte dei linguisti.

Ugualmente rigettata dai linguisti odierni l'etimologia che si rifà al greco tardo akátion "albero maestro" termine nautico che starebbe a indicare che la voce sarebbe "nata nel linguaggio dei marinai sempre eccitati per la mancanza di donne".

Altre etimologie, perlopiù improvvisate da non specialisti, sono:

potrebbe essere una contrazione di capezzo (da capezzolo) derivato a sua volta dal lemma di lingua latina capítium (sul calco di càput, capo); quindi potrebbe significare piccolo capo, ad indicare inizialmente il glande e quindi, per sineddoche (la parte per il tutto), l'intero organo;
altri ipotizzano che "cazzo" derivi da cazza che è la "gazza ladra", uccello chiamato anche pica, termine che è una delle tante denominazioni dialettali che indicano il membro virile.
Un'altra ipotesi formulata dagli etimologi è che derivi da capito nome latino del Capitone per affinità di forma (il capitone è un'anguilla con grossa testa).

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domenica 24 gennaio 2016

NOMI DELLA PATATA

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Le parole che designano il sesso femminile – in italiano sono 595, tra metafore e volgarità – manifestano anche lo sgomento e l’ammirazione di fronte a un sesso nascosto, misterioso, che racchiude il segreto della vita. Non a caso alcuni dei termini per designarla (grotta, scrigno, bosco) evocano questo aspetto.

Ma anche una visione maschilista, ha notato il premio Nobel Dario Fo in un saggio recente che ho presentato tempo fa: i termini spregiativi come fesso (da fessa, vulva), sorca (ratto), patacca (moneta di scarso valore) testimoniano la misoginia della Chiesa cattolica.

I nomi mettono in rilievo la recettività e passività dell’organo femminile (designato nel 33% dei casi con oggetti, per lo più domestici), e lo qualificano come un elemento fisso: sostanzialmente, un luogo (23%). Poche, rispetto al sesso maschile, le personificazioni (bernarda, lei, sorella, Filippa, siora Luigia o Jolanda, creato sempre dalla Littizzetto) vista la sua “fissità”. Non mancano appellativi ironici, che manifestano il timore di malattie o di “rimanere invischiati” in un rapporto (trappola, tagliola), ma sono più numerosi quelli poetici (rosa) o affettuosi (paradiso, tesoro), con una venatura di mistero (grotta, scrigno).

La parola siciliana sticchiu dall'etimo - strictus - da - stringere -  rimanda all'organo genitale femminile e a una sua funzione meramente sessuale.
Varianti? A millanta, pacchiu, picciuni, ddrassutta (lì sotto), fedda (fetta), portaminchia, farfalluzza (farfallina), baccalaru (baccalà)...

Fica e figa sono termini volgari della lingua italiana di uso comune impiegati per indicare una parte dell'apparato genitale femminile, ossia la vulva e, per estensione, anche la stessa vagina.

Il corrispettivo usato nei Paesi anglosassoni è quello di cunt mentre in francese si usa con e in Spagna è diffuso coño (tutti e tre dal latino cunnus).

Il termine viene dal tardo latino fica "frutto del fico" come femminile di ficus, "l'albero del fico" (Ficus carica). Il significato osceno era già presente nella parola greca sykon che appunto significa fico e fu usato inizialmente da Aristofane nelle proprie commedie. Si tratterebbe quindi di un calco che dal greco è passato alla lingua italiana tramite il tardo latino. In latino venne usato per sostituire il più volgare cunnus (in italiano conno, termine poco usato) e viene descritto come una ferita in locis uericundioribus, ovvero nei posti più vergognosi. La rapida specializzazione semantica del termine con questo valore osceno ha fatto sì che il nome del frutto dell'albero del fico venisse assunto dal maschile fico, contrariamente a quella che è la regola in italiano (mela frutto del melo, pera frutto del pero ecc.).



Nei dialetti e nelle lingue romanze in cui fica non ha assunto il senso primario di "vulva", il frutto è rimasto al femminile (ad esempio francese la figue, nel napoletano, nel ligure, nei dialetti reggino e salentino fica o figa). In tali linguaggi il significato osceno è espresso da altri termini.

In alcuni dialetti italiani meridionali si usano termini direttamente derivanti dal lemma latino cunnus. Ad esempio cunno o cunnu nel catanzarese viene utilizzato sia nel significato di "apparato genitale femminile" sia come offesa per l'interlocutore. Nell'accezione dispregiativa vuole indicare la scarsa intelligenza della persona apostrofata con questo termine, nei significati di fesso, bonaccione, tonto, imbecille. Nella variante campidanese della Lingua sarda, invece, il termine cunnu indica esclusivamente l'apparato genitale e viene usato anche, nel gergo giovanile cagliaritano, il termine "cunnata", con cui si intende una cosa bella, gradevole, come nell'equivalente italiano "figata".

Il termine fa parte di uno dei filoni principali della letteratura - a volte anche alta - e dello scrivere tipico della goliardia.

Il termine nasce nelle parlate calabro-sicule, tardivamente latinizzate, nelle quali il frutto del fico è femminile, per l'appunto fica. Il riferimento preciso è al frutto della qualità nera detta mulingiana che quando è maturo e leggermente spaccato fa intravedere il rosso dell'interno e quindi somiglia perfettamente alla vulva femminile incorniciata da peli.

Il sostantivo trae origine da questa somiglianza fisica tra il frutto e l'organo. Così come avviene per altri sostantivi, per esempio gnocca, per la sua somiglianza all'organo genitale femminile.

Usato per secoli questo sostantivo per indicare la vulva, da qualche tempo è diventato una sineddoche per indicare una donna molto appetibile dal punto di vista sessuale come abbreviazione dell'apprezzamento riferito a quel tipo di donna che viene qualificata come un pezzo di fica che abbreviato diventa fica, indicando la parte per il tutto. Quindi fica non è altro che un'abbreviazione che ha un preciso riferimento all'organo genitale femminile.

Soprattutto nel gergo giovanile, il termine figa e il suo accrescitivo strafiga o figona sono spesso usati come sineddoche per indicare una donna sessualmente attraente.

Con analogo significato è usata anche la forma maschile, figo o fico, ovvero ragazzo/uomo attraente.

Da notare anche l'uso del diminutivo fighetto o addirittura fighetta (con articolo maschile) con significato di damerino, ragazzo dai modi e dall'abbigliamento marcatamente curati allo scopo di piacere, con connotazione ironica o spregiativa.

Il termine e la sua corrispondente forma maschile sono stati usati nel gergo giovanile a partire dagli anni settanta (Antonello Venditti sostiene di aver utilizzato per primo il termine in questa accezione) come aggettivi e interiezioni col significato neutro di bello.

La s privativa iniziale (sfiga significa letteralmente mancanza di figa) ribadisce l'accezione positiva del termine base assimilandolo a concetti di fortuna, abbondanza, fertilità, con l'implicita deduzione che un uomo senza un partner femminile è una persona sfortunata (sfigato, che però esiste solo nell'immaginario collettivo). Questo concetto deriva da una convinzione diffusa in numerose culture, secondo la quale formare famiglia è compito dell'uomo e non della donna, e sottolinea quindi una visione culturale maschilista del rapporto tra i due sessi.


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sabato 23 gennaio 2016

GLI ANGELI DELLA MORTE

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Nella maggior parte dei casi gli angeli della morte sono soggetti di sesso femminile (infermiere, assistenti, operatrici sanitarie). Lerson sostiene che il 45% sono semplici infermieri/e e il 25% sono dottori mentre il numero delle vittime si aggira da un minimo di 10 a 80-100 e non è quasi mai accertabile con esattezza (spesso si tratta di pazienti affetti da una malattia in fase terminale o con patologie molto gravi). Da questo ultimo dato si evince che questo tipo di assassini viene scoperto nella maggior parte dei casi in maniera totalmente casuale e solo dopo che si sono verificati un certo numero di decessi sospetti nello stesso reparto.

Alla luce degli studi condotti su casi è quindi evidente che ci troviamo dinanzi a una figura di serial killer molto particolare: invisibili, inquietanti e molto difficili da catturare. Spesso passano anni prima che vengano scoperti e quando questo accade non è sempre possibile accertare il numero preciso delle vittime. L’infermiera, il dottore sono figure di cui si ha la fiducia completa perché a loro affidiamo la nostra salute o quella dei nostri cari; nessuno oserebbe pensare che dietro quel camice bianco possa nascondersi un mostro inquietante, capace di uccidere persone indifese e malate. Ma la realtà, si sa, molto spesso non è sempre quella che è.

Decidono il destino dei loro pazienti. Non calcolano gli affetti, il dolore che possono procurare e dispongono della vita degli altri come meglio credono. In una sorta di onnipotenza. Sono gli Angeli della morte, gli infermieri che decidono quando il cuore dei loro pazienti deve smettere di battere. Assieme ad alcuni serial killer missionari, gli angeli della morte sono l'unica categoria di assassini seriali le cui vittime non rispecchiano le loro preferenze sessuali e per questo sono una categoria atipica, sui generis, in ambito criminologico.

Le loro vittime sono i malati con i quali entrano in contatto. Spesso si tratta di anziani e cronici, oppure deboli, come neonati o bambini. Il modus operandi di questi assassini, prevede in genere la somministrazione di farmaci o sostanze tossiche tramite iniezioni.

"Una delle classificazioni proposte dall’FBI dei serial killer è stata stilata tenendo conto delle motivazioni (movente) che portano al compimento del delitto" dice Pezzuolo. "Nel caso specifico degli Angeli della Morte essi solitamente vengono fatti rientrare nella categoria del "Serial Killer Dominatore" cioè tra coloro che uccidono per esercitare il totale controllo di vita e di morte su un’altra persona: gli Angeli della morte dichiarano che uccidono le proprie vittime perché, ad esempio, sono stanche di vederle soffrire. In realtà l’agito delittuoso è determinato dal profondo bisogno di sentirsi potenti e gratificati quasi potendosi sentire “Dio”.

Inoltre, solitamente l’attività omicida può essere associata a periodi di forte stress o depressione dell’Angelo della morte associati anche alla presenza, in alcuni casi, di disturbi di personalità quali il disturbo borderline, istrionico, narcisistico. "A differenza di altri omicidi" aggiunge Pezzuolo, "quelli commessi dagli Angeli della morte non sempre sono facili da identificare come omicidi dal momento che queste morti possono facilmente essere scambiate per moti naturali e, come tali, archiviate.

Questa definizione deriva dal soprannome con il quale era tristemente noto il medico nazista Josef Mengele, famoso per la sua freddezza e per il potere di vita e di morte che aveva sugli internati del campo di concentramento di Auschwitz. Sebbene Mengele non fosse un serial killer, il termine viene ormai utilizzato ufficialmente in ambito criminologico.

Assieme ad alcuni serial killer missionari, gli angeli della morte sono l'unica categoria di assassini seriali le cui vittime non rispecchiano le loro preferenze sessuali, e ciò li rende una categoria sui generis in ambito criminologico.

Harold Shipman, ad esempio, utilizzava la diamorfina, Arnfinn Nesset si serviva del Curacit, Beverly Allitt di dosi di insulina o cloruro di sodio e Stephan Letter del Lysthenon e tranquillanti. Questo rende gli omicidi particolarmente difficili da scoprire, in quanto ad un esame poco approfondito le morti possono essere archiviate come incidenti o avvenute per cause naturali. Nell'eventualità di un'autopsia, inoltre, la presenza di queste sostanze può essere facilmente giustificata. I moventi di questi serial killer sono diversi. Alcuni di essi uccidono per la sensazione di onnipotenza che deriva dall'avere il controllo sulla vita e sulla morte dei pazienti.

Altri, invece, dichiarano di agire unicamente per alleviare le sofferenze delle persone che hanno in cura, motivazione che nella maggior parte dei casi viene sfatata dalle condizioni di salute non irreversibili (talvolta nemmeno gravi) di molte delle loro vittime al momento del decesso. Una categoria particolare di angeli della morte comprende i medici e le infermiere che creano una situazione di emergenza, mettendo volontariamente a repentaglio la vita del paziente di cui si stanno occupando invece di ucciderlo, unicamente per attirare l'attenzione su di sé. Questo comportamento è spesso collegato ad una particolare manifestazione di sindrome di Münchhausen per procura.

Un caso esemplare è quello dell'infermiera Sonya Caleffi, la quale provocava delle embolie gassose alle sue vittime iniettando loro dell'aria, pratica che si rivelò fatale per almeno 5 pazienti. Oltre a questo particolare disturbo mentale, non è raro che gli angeli della morte siano affetti da uno o più disturbi di personalità (solitamente borderline, istrionico, narcisistico e/o ossessivo-compulsivo). Spesso la loro attività omicida subisce un picco nei periodi di forte stress o depressione.



Spesso questi serial killer finiscono col tradirsi, in quanto la loro sicurezza aumenta ad ogni omicidio e la cosa li porta a trascurare dei dettagli importanti della vittima (ad esempio, il suo stato di salute e le terapie che seguiva), e ad entrare in uno stadio involutivo particolarmente pericoloso, a tratti delirante. Il più delle volte la loro attività giunge al termine dopo la morte di uno o più pazienti in buone condizioni di salute, oppure perché il comportamento del killer si fa sempre più sospetto, quando non addirittura manifesto.

Gli studiosi sono concordi nell’affermare che le caratteristiche di questo particolare tipo di SK sono principalmente tre:

Bisogno compulsivo di uccidere e capacità di commettere omicidi quasi perfetti. Il loro modus operandi infatti non è mai violento e la morte delle vittime appare quasi del tutto naturale e mimetizzata nella routine ospedaliera.

“Invisibilità”. Molti studi condotti su un determinato numero di angeli della morte ha stabilito che essi uccidono e continuano a farlo per molto tempo prima di essere scoperti. Ciò è dovuto in particolare a tre fattori:
Mancanza di spostamenti per ricercare le vittime: l’angelo della morte infatti le ha a disposizione nel luogo di lavoro e non ha bisogno di cercarle altrove.
Scelta di uccidere mediante un modus operandi apparentemente naturale.
Fiducia incondizionata di parenti e familiari dei degenti nei confronti di medici e infermieri.
Sdoppiamento della personalità. Negli angeli della morte si assiste ad uno sdoppiamento di personalità in un sé CURATIVO e in un sé DISTRUTTIVO. Il medico o l’infermiere che diventa serial killer non smette infatti di curare e prendersi cura degli altri malati e le due attività antitetiche, curare e uccidere, rimangono completamente separate. Quando viene scoperto, l’assassino/a di questo tipo non tende a confessare quasi mai e nega qualsiasi tipo di responsabilità adottando un meccanismo di scissione della personalità. Se invece si arriva ad una confessione, in questo caso il SK sostiene di aver agito per pietà e per risparmiare inutili sofferenze a persone già destinate a morire.

Ma cosa spinge un medico o un infermiere a diventare un angelo della morte? Quale oscuro bisogno soddisfa andando contro lo scopo primario della sua professione? Sicuramente soddisfa un forte senso di onnipotenza e di potere. Non soltanto è in grado di ridare la vita ai pazienti, ma è anche capace di dispensare la morte, proprio come Dio. E’ in questo alternarsi di vita e morte, accanto alla consapevolezza che dalla sua abilità può dipendere la vita di una persona, che l’angelo della morte trova la soddisfazione più completa e un fortissimo senso di controllo. Si tratta di soggetti che indubbiamente presentano uno squilibrio psichico e la vicinanza costante alla morte può provocare in essi scompensi molto seri, che portano il soggetto a considerarsi superiore a tutti perché condivide con Dio il potere di vita e di morte sugli altri essere umani. In altri contesti l’angelo della morte uccide per creare una situazione di emergenza e conseguente eccitamento nel reparto in cui lavora: in questo modo si mette costantemente alla prova, dimostra ai colleghi e ai superiori di saper lavorare in condizioni di particolare emergenza e di essere efficiente e capace. Questo comportamento è tipico dei soggetti insicuri, che cercano di attrarre l’attenzione su di sé salvando la vita del paziente che loro stessi hanno messo in pericolo. Il modus operandi degli angeli della morte spazia dall’avvelenamento mediante uso di sostanze di uso comune (cicuta, morfina, insulina) all’avvelenamento mediante sostanze altamente tossiche o virulente. In maniera più semplice il killer può staccare la spina di macchinari vitali o iniettare una dose eccessiva di medicinali o ancora provocare una crisi respiratoria. La scelta dell’arma è assolutamente funzionale alla disponibilità dell’ambiente di lavoro: il personale difatti può accedere in maniera libera e indisturbata sia a medicinali particolari che medicinali normali i quali, se somministrati in quantità eccessive, possono diventare letali.


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venerdì 22 gennaio 2016

IL PICACISMO



È un disturbo ossessivo compulsivo che induce i soggetti a mangiare sostanze non edibili, come cotone, carta, imbottiture di divani, metalli, minerali, pietre, feci, muco, spazzolini da denti, penne, sapone, spugne, terra, sabbia, polvere e molto altro. Ad essere ingerite possono anche essere delle enormi quantità di ingredienti usati per cucinare (farina, riso crudo, sale, amido, patate crude, cubetti di ghiaccio). L’incidenza maggiore viene riscontrata in bambini, donne incinte e persone con handicap fisici e affette da autismo.
È molto pericoloso in quanto se ad essere ingerito è qualcosa di tossico si rischia l’avvelenamento, senza contare i danni all’apparato digerente e l’ostruzione gastrica, accompagnata a volte da infezioni gravi.
Probabilmente la causa è una carenza di vitamine o di ferro, spesso compare come conseguenza della celiachia, o in persone affette da schizofrenia.
È famoso il caso dello showman francese Tarrare, che nel Settecento diventò celebre per ingerire qualsiasi cosa, animata e non, e di Michel Lotito, altro francese soprannominato Signor Mangiatutto, che consumava quotidianamente olio per motori e che tra il 1959 e il 1997 ha ingerito in totale una tonnellata di metalli diversi. È morto per cause naturali nel 2007.

Il disturbo può essere diagnosticato se l'abitudine perdura per più di un mese a un'età nella quale questo comportamento è dal punto di vista evolutivo inappropriato, generalmente in bambini più grandi di 18-24 mesi. La diagnostica non è applicabile a bambini o adulti affetti da ritardo mentale, né a individui appartenenti a culture che accettano tali pratiche. La sindrome interessa talvolta anche le donne incinte e il desiderio di cibi inappropriati, come per esempio carne cruda, ghiaccio.



Non esiste un test che conferma il picacismo. Tuttavia, poiché può verificarsi in persone che hanno livelli più bassi del normale di nutrienti ed una cattiva alimentazione, il medico dovrebbe testare i livelli ematici di ferro e zinco. L’emoglobina può essere controllata per verificare l’anemia. I livelli di piombo devono essere sempre verificati nei bambini che possono avere mangiato pittura o oggetti coperti di polvere di piombo. Il medico dovrebbe verificare la presenza di infezioni se la persona ha mangiato terreno contaminato o rifiuti di origine animale.
Il trattamento deve prima affrontare i nutrienti mancanti e altri problemi medici, come l’esposizione al piombo. Il trattamento si basa sul miglioramento del comportamento, dell’ambiente, e l’educazione familiare. Altri trattamenti di successo includono associare il comportamento di picacismo con conseguenze negative o punizioni (terapia di avversione lieve), seguita dal rinforzo positivo quando si mangiano gli alimenti giusti. I farmaci possono aiutare a ridurre il comportamento anomalo se il picacismo disturba lo sviluppo o si associa al ritardo mentale.

Il picacismo è noto anche come disturbo comportamentale dei gatti, nei quali si manifesta con una tendenza a succhiare abiti di lana, e in altri animali, come nel caso del cane, che può derivare da stress, vizi comportamentali, fino anche da processi neoplastici cerebrali, predispone a occlusioni esofagee, piloriche, intestinali o torsione gastrica, tutti quadri che necessitano di una terapia chirurgica a volte di estrema urgenza.




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giovedì 21 gennaio 2016

IL TRAVESTITISMO



Magnus Hirschfeld coniò la parola travestitismo (dal latino trans-, "al di là, oltre" e vestitus, "vestito") usandolo per descrivere le persone che abitualmente e volontariamente indossavano abiti del sesso opposto. Hirschfeld osservò un gruppo di travestiti composto da maschi e femmine, eterosessuali, omosessuali, bisessuali e asessuali.

Hirschfeld stesso non era soddisfatto del termine: credeva che l'abbigliamento fosse solo un simbolo esteriore scelto sulla base di diverse situazioni psicologiche. In realtà, Hirschfeld aiutò le persone a realizzare il cambiamento del nome e supervisionò il primo intervento noto di Riconversione Chirurgica del Sesso (RCS). Le persone che seguì Hirschfeld, sono state, usando i termini di oggi, non solo travestite, ma persone transgender.

Hirschfeld notò anche che l'eccitazione sessuale è stata spesso associata al travestitismo, ma ha anche chiaramente distinto tra travestitismo come espressione di una persona transgender o crossdresser e come espressione di comportamenti e/o sentimenti di tipo feticistico.

L'atto del travestirsi ha una lunga tradizione, che deriva dalla Grecia classica, dove, durante le feste di Carnevale era usanza indossare gli abiti del sesso opposto e gli uomini cercavano di infiltrarsi nei riti misterici riservati alle donne; e più avanti, nell’800 in teatro gli attori uomini recitavano anche le parti femminili.

Per travestitismo si intende l’atto maschile di indossare abiti e accessori tipicamente femminili con conseguente eccitazione sessuale.
Alcuni uomini si travestono con un solo indumento da donna, magari mettendolo sotto i propri abiti maschili, altri invece si truccano o pettinano in modo da prendere delle sembianze femminili.
Chi si traveste, non ricerca poi persone del proprio sesso con le quali consumare l’atto sessuale, perché non sono omosessuali; ma il travestimento viene messo in atto con lo scopo di procurarsi un’eccitazione sessuale per poi avere un rapporto con la partner.

Da molto tempo la psicoanalisi ha individuato, accanto alla più evidente invidia della bambina per il pene, anche un’oscura invidia maschile per il corpo femminile e per le sue straordinarie funzioni. Un sentimento che la modernità ha esasperato perché, mentre le competenze maschili vengono in gran parte condivise, le donne mantengono l’esclusività procreativa.



Se solitamente queste stranezze erotiche non durano a lungo, capita che alcune persone, con il passare del tempo, in assenza di impulsi erotici spontanei, trasformino il travestirsi, in un rito, senza il quale diventa impossibile provare desiderio e piacere. È proprio il bisogno di ripetere sempre lo stesso rituale che trasforma il gioco erotico in perversione, alla quale diventa impossibile rinunciare.
In questo caso la cura migliore è la stimolazione della fantasia, che permette di immaginare anziché agire. Una caratteristica di coloro che hanno delle perversioni è, infatti, la mancanza di immaginazione erotica, che li spinge ad agire, anziché come di solito accade, ad elaborare e in modo simbolico e mentale le pulsioni e i desideri, mantenendoli nell’ambito psichico della fantasia.

La pulsione a travestirsi si manifesta generalmente piuttosto presto e dura per tutta la vita. Si afferma talvolta che genitori scontenti del sesso del figlio sviluppano inconsciamente in lui questa tendenza, o vestendolo da bambina o facendo indossare al maschietto dei vestiti da femmina per punirlo. Quest’ultima ipotesi e' frequente nei testi dedicati al travestitismo.

La maggior parte dei travestiti dichiara di aver sentito sin dalla piu' tenera eta' un desiderio inspiegabile quanto irreprimibile di provare un capo d’abbigliamento femminile, che si tratti di quello della sorella piuttosto che quello della madre. Questo gesto e il contatto del tessuto sulla pelle provoca una sensazione di esaltazione intensa la cui natura e' incontestabilmente di natura sessuale e indossare un capo di abbigliamento ritenuto eccitante suscita nella maggiore parte dei casi manovre di autosoddisfazione. In seguito questa esperienza gradevole verra' ripetuta ogni volta che se ne presentera' l’occasione, e altri capi verranno “presi in prestito”.

Dopo un periodo piu' o meno lungo il giovane travestito arrivera' al punto di vestirsi completamente da donna. Prendera' ugualmente in prestito dei fard per apparire il piu' effemminato possibile e tutte queste esperienze gli sembreranno eccessivamente gradevoli. Presto o tardi finira' col farsi un guardaroba completo, iniziando generalmente col procurarsi della biancheria, delle calze e collant poi, poco a poco, delle scarpe, vestiti, fard, parrucche, falsi seni per dar forma a un petto piatto.

Ciononostante il neofita, passato il primo periodo di esaltazione, non tardera' a conoscere crisi di rimorso nel corso delle quali si rendera' conto di indossare vestiti “proibiti” dai precetti dell’educazione che ha ricevuto. Il senso di colpa che accompagna tale scoperta lo condurra' alla depressione e alla fine brucera' o gettera' le sue mise femminili fino al momento in cui la passione risorgera' e ricomincera' una nuova collezione.

Questa passione puo' attenuarsi per alcuni periodi piu' o meno lunghi, ma non si lascia mai soffocare.

Si sostiene che, di tutte le “deviazioni” sessuali, il travestitismo sia la piu' solitaria ed e' vero. Gli omosessuali non mancano di partner, il feticista finisce sempre coll’incontrare una donna che accetta di indossare i vestiti che lui sceglie, un sadico spesso trova un masochista sul suo cammino mentre un travestito, che e' attratto dalle donne, avra' grandi difficolta' nello scoprire la compagna che lo accettera' cosi' come desidera essere accettato, e cioe' come donna invertita; anche in questo caso bisogna tener conto della stanchezza della donna se si trova costantemente in presenza di questo tipo di uomo. In mancanza di tale partner ideale capita che il travestito faccia ricorso alle prostitute, ma da questa relazione esclude ogni affetto e amicizia duratura. Raramente il travestito ha la fortuna di incontrare una donna comprensiva, ma per essere obiettivi bisogna riconoscere che nella maggioranza dei casi solo un travestito puo' comprendere colui che condivide i suoi gusti. E’ anche per questa ragione che i travestiti hanno la tendenza a restare tra di loro, dando cosi' credito al mito popolare che confonde travestitismo e omosessualita'.
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mercoledì 20 gennaio 2016

LA MALATTIA DEI SOLDI

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Arpagone L' Avaro di Molière Scritta nel 1668, è una delle commedie più famose di Molière. Narra la storia di Arpagone, uomo dedito solo ad accumulare ricchezze, famoso per la sua insopportabile avarizia e per il regime austero cui sottopone tutta la famiglia, Perseo Re macedone Re macedone fece uccidere il fratello per salire al trono. Fu sconfitto dai romani nella terza guerra macedonica, nel 171 a.c. Si dice fosse molto avaro e ossessionato dalla possibilità di perdere ciò che aveva conquistato, Michelangelo Artista Scultore, pittore, architetto e poeta del tardo Rinascimento, le cronache lo descrivono come avaro fino all'ossessione, con se stesso anzitutto, diffidente e collerico e spesso incapace di giudizi obiettivi. A volte ingrato.

La pulsione del possedere è dilagata in grandissima parte della nostra società. La nostra stessa cultura è fondata sulla competizione per accumulare mentre la storia occidentale è la storia della violenza per depredare.
Ciò non va delegato esclusivamente a lontane civiltà guerriere, ma va osservato anche nella cultura di casa nostra, dove la smania di possedere è ben descritta ad esempio nei romanzi di Verga, per la proprietà, per la roba.
L’avarizia non fa parte di nessun manuale psicodiagnostico, eppure da sempre è considerata un male, un vizio capitale. Più che un male della psiche è un male dello spirito, un’incapacità di ampio respiro da parte dell’anima.
Il cuore dell’avaro è freddo e difficilmente viene scaldato dagli eventi della vita, i quali vengono affrontati esclusivamente attraverso una loro contabilizzazione in termini economici.
Così ogni elemento viene monetizzato e trasformato nel suo equivalente in denaro: quanto costa avere un figlio ? Quanto costa sposarsi ? Quanto costa ammalarsi ? Quanto costa – in definitiva – vivere ?
L’avaro è una figura ormai consolidata della cultura, pensiamo all’Avaro di Moliere o al Sig. Scrooge di Dickens. Ma sarebbe ingenuo cercare di individuare questi personaggi nella società di oggi, così come la fantasia dei loro autori ce li ha consegnati. Essi non sono altro che rappresentazioni metaforiche, estremizzate e rese caricaturali, di aspetti ed elementi presenti in ogni persona.
Per cercare l’avarizia quindi non dobbiamo imprudentemente ricercare un Paperon de Paperoni, ma osservare dentro di noi quei pensieri in cui associamo felicità e benessere materiale.
L’avarizia ci aiuta ad osservare un errore frequente, ormai diventato un luogo comune: quello di ritenere che la felicità possa essere acquistata o posseduta per sempre. L’illusione del denaro è quella che esso possa fornire o acquistare ciò di cui più profondamente abbiamo bisogno. La maggior parte delle persone sanno bene che l’equazione denaro=felicità è sbagliata, ma nondimeno difficilmente sfuggono dal metterla in pratica. Nel film “Gandhi”, mentre egli realizza autonomamente i propri abiti ruotando lentamente un telaio, il Mahatma afferma: “i miei collaboratori non fanno altro che ripetermi quanto costa loro la mia vita di povertà”.



Se l’universo è composto insieme da materia e spirito, l’avarizia dilata ed espande il mondo della materia rendendolo assoluto, illimitato, dominante. La spiritualità finisce così per non avere più alcun posto, alcuna forza e l’unico assioma che sembra possibile è: “io sono ciò che ho, ciò che posseggo”. L’avarizia è quindi il peccato della potenza assoluta, dell’onnipotente supremazia della materia sullo spirito. Il denaro è tanto onnipotente da prendere letteralmente il posto dell’Onnipotente dei cieli.
 
In questa sorta di neopaganesimo, il denaro è quindi fatto Dio: come tale è adorato e su di esso viene spostato e trasferito il culto verso la divinità.
Ma poiché in questo caso non si tratta di un dio lontano e sfuggente, ma di un dio prigioniero e posseduto un po’ come il genio della lampada di Aladino, l’illusione è che esso possa offrire il piacere più alto e sublime: l’immortalità. La paura del vuoto, del freddo, dell’isolamento affettivo, la paura della morte e l’illusione di esorcizzarla si trasformano in atteggiamenti di cinismo, mancanza di respiro, trasformano il nostro cuore in un cuore angusto e materialistico.

Il possesso del denaro diventa l’illusione del possesso del potere assoluto: per questo esso va accuratamente protetto, non sprecato, e amministrato con la massima cura. Esso è quindi trasformato da mezzo per realizzare qualcosa, in una finalità in sé. Non è più lo strumento che aiuta nei progetti importanti, ma diventa un valore in se stesso, il fine ultimo.
La paura ci suggerisce che il denaro non va speso perché il suo potere risiede nella sua potenzialità inespressa, in ciò che potrebbe fare ma che invece non va fatto perché in questo caso il suo potere svanirebbe. Il denaro speso ha infatti perduto il suo potere di acquisto.
È come se il bisogno di accumulare denaro fosse una preziosa carta da gioco che però non va mai giocata, che immobilizza il gioco in una sospesa promessa di vittoria che però non va mai completata.
E in questo gioco paralizzato e soffocato, ciò che vanno sacrificati sono i desideri e i progetti che si sarebbe potuto realizzare, immolati sull’altare della conservazione del potere. E tanto più grande è il potere del denaro, tanto più grande è l’illusione di incorporare quel potere.

Dice Marx, a proposito del potere del denaro di modificare il pensiero: “Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne.
E quindi io non sono brutto, perché l'effetto della bruttezza, la sua repulsivita', è annullata dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi lo possiede ?
Inoltre costui potrà sempre comperarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è forse più intelligente delle persone intelligenti ?”.

Il materialismo (e l’avarizia) è quindi quella parte di noi che ha bisogno di conservare e accumulare, perché ha l’illusione di poter immagazzinare tutta la potenza che potrebbe essergli necessaria per vincere tutte le paure: la paura dei ladri, dei mutamenti economici, delle rivoluzioni, delle malattie.
In realtà l’avarizia – e tutto il sistema di pensiero utilitarista che l’ha generata – ci difende da un’altra paura ancora più grande: quella della morte.

In verità, l’accumulo e l’immobilizzazione delle potenzialità inespresse non fanno altro che avvicinare paradossalmente la morte-in-vita, condurre all’isolamento affettivo, facendo semmai da stimolo a competizione, continua ricerca del vantaggio, interesse, generando a catena nei macrosistemi le condizioni per le ingiustizie, se non addirittura per la criminalità.
La conservazione e l’immobilità rappresentano infatti nel nostro Universo, l’entropia e la morte termica del Cosmo.
La vita è invece determinata dal fluire continuo dell’energia, dalla diversità e dalla ricerca di nuove forme di equilibrio armonico. In questo senso, l’avarizia è tutt’altro che confinata alle figure caratteriali del teatro, ma rappresenta invece una malattia diffusissima e molto poco trattata. Ogni volta che le ragioni della vita e le spinte al cambiamento ci costringono allo scoperto, essa si difende con pensieri del tipo: “l’accumulo e la conservazione ancorche' coatta, l’immobilizzazione dell’energia sono una forma di protezione verso le minacce del mondo”. La nostra parte ‘avara’ vorrebbe quindi svolgere – almeno nei suoi proponimenti – una funzione apparentemente del tutto positiva.

Ovvero quella di essere una sorta di istinto di sopravvivenza, un baluardo difensivo nei confronti dei pericoli esterni. E difatti non è raro trovare nelle persone affette da avarizia, anche altre forme di immobilizzazione che si manifestano con stipsi, costipazione, eccessive forme di paura nei confronti della sporcizia, del disordine, talvolta anche della sessualità (vissuta come sconvolgente, caotica, esageratamente liberatoria e poco controllabile).
La guarigione dal materialismo dell’avarizia è tutt’altro che semplice, anche se alla portata di tutti. Il primo passo fondamentale è quello di rendersi conto che le modalità di pensiero materialista non sono circoscritte a pochi e buffi personaggi, ma sono piuttosto un patrimonio culturale diffuso, intimamente radicato nei nostri pensieri più reconditi e sconosciuti.
Soltanto dopo esserci resi consapevoli di quanto profondamente queste modalità di pensiero sono parte di noi, allora è possibile intraprendere un percorso di rivoluzione personale dei propri modelli di pensiero.
Dice Erich Fromm: “La funzione della nuova società è di incoraggiare il sorgere di un uomo nuovo, la cui struttura caratteriale abbia le seguenti qualità: disponibilità a rinunciare a tutte le forme di Avere, per Essere senza residui..."

Per realizzare questa seconda nascita è necessario anche riconoscere tutte le forme di paura che sono nascoste dietro modelli di pensiero materialisti e apparentemente logici e razionali. La paura che porta a possedere, ad accumulare, ad immobilizzare l’energia conduce all’inattività spirituale. È necessario comprendere che questa paura è il lontano eco dei millenni di evoluzione umana dove il possesso del cibo era il discriminante che segnava il confine tra la vita e la morte.
Nella società moderna invece questa paura, se non viene contrastata, porta ad una diffusa cultura del possesso materiale, la quale – piuttosto che avvicinarci alla felicità – ce ne allontana definitivamente. Dal punto di vista esistenziale, noi possediamo realmente soltanto il nostro nome, il nostro corpo e le nostre qualità.



Ma se le nostre paure ci minacciano in questi possessi fondamentali, ci sentiamo minacciati nella nostra identità, ci sentiamo minacciati dalle malattie e dalla morte, ci sentiamo minacciati dal non riuscire a realizzare i nostri progetti esistenziali. Talvolta, invece di lavorare e combattere in maniera diretta queste paure, adottiamo soluzioni illusorie che spesso vengono proposte dalla società.

Queste pseudo-soluzioni si riducono al possesso delle cose e degli altri, dei loro sentimenti, del loro corpo e delle loro azioni. Se invece riusciamo a combattere efficacemente questi modelli di pensiero ingannevoli, potremo renderci conto che più che possedere finiamo invece per essere posseduti: dai mass media, dai governi, dai bisogni consumistici delle industrie.
L’ideale dell’abbondanza materiale dell’umanità, finisce per essere in realtà un’abbondanza limitata esclusivamente ai paesi ricchi, e fondata sullo sfruttamento di quelli poveri. L’ideale del superpotere dell’uomo sulla natura è in realtà fonte di conflitti e di disastri ecologici. E infine l’ideale della felicità intesa come soddisfacimento di tutti i bisogni narcisistici è in verità la causa dell’alienazione, basata non sul valore esistenziale (ovvero la capacità di dare senso alla vita), ma sul valore d’uso di una cosa o una persona.
Una buona igiene mentale e un’esistenza ricca di serenità e appagamento sono invece il risultato del vivere bene.
E vivere bene non è dato dal possesso degli oggetti o dal soddisfacimento compulsivo di tutti i piaceri.

Vivere bene è invece facilitato dal conoscere se stessi, dal sviluppare la propria creatività, dal pensiero cooperativo, dalla capacità di vivere nella coralità. Gli stessi eroi della mitologia e delle religioni sono individui che abbandonano i loro possessi, che si distaccano dalla vita materiale, per conquistare beni spirituali da condividere nella collettività.
Se la nostra società ha smesso di domandarsi cosa è bene per l’uomo, per orientarsi piuttosto a domandarsi cosa è bene per il profitto e per lo sviluppo del sistema economico, è importante invece che torniamo a domandarci cosa ci serve veramente per vivere bene.
Nella maggioranza dei casi, ho potuto osservare che le persone sono felici quando rinunciano alle illusioni e agli idoli per fare della crescita di sé e degli altri lo scopo supremo dell’esistenza, quando rinunciano al perfezionismo e agiscono come artisti della vita, usando l’arte di superare le difficoltà della vita.
Questa rivoluzione del pensiero è il risultato della liberazione dell’energia: essa fluisce dall’alto verso il basso, e dal basso verso l’alto, dal Maschile verso il Femminile e dal Femminile verso il Maschile.

In questo modo la vita è profondamente ricca, di una ricchezza fondata sulla gratitudine di poter crescere, espandersi, dare, trascendere il proprio egocentrismo, vincere efficacemente le proprie paure, amare.
La guarigione e la felicità sono quindi nel dono e nella realizzazione dei bisogni più profondi dell’uomo: esse hanno come presupposto la libertà e l’autonomia che finalizza gli sforzi alla crescita e all’arricchimento della propria interiorità.

Suicidi indotti dal denaro. Cronaca quotidiana. Segno inquietante dei tempi.

Sta avvenendo quello che in forma sociale non era mai accaduto prima nella storia dell’umanità: darsi la morte per i soldi! . Episodi quasi quotidiani di suicidi di persone sull’orlo del fallimento economico, ci inducono ad una seria riflessione.

Negli ultimi anni, sempre più spesso molte persone  stanno male proprio per colpa del denaro. Un fenomeno nuovo anche per la stessa  psichiatria.

La perdita di denaro, lascia un senso di abbandono, come se ci trovassimo soli in un deserto.

In realtà, più che in testa il denaro bisognerebbe tenerlo in tasca, perché  questo mantenga la funzione di strumento che facilita la vita. Diversamente, quando il denaro ci conquista, , diventa un demone, un tarlo che altera pensieri e sentimenti, portandoci a comportamenti inaccettabili e irreparabili. Perfino l’amore è diventato denaro-dipendente. Allora, in questa visione generale i soldi diventano non solo il prezzo delle cose, ma soprattutto il prezzo dell’uomo.

Oggi si sta consolidando la spaventosa tendenza che porta a misurare tutto in denaro. Non c’è più un’etica. Se poi a questo principio si arriva a dire che “tutto è possibile,  basta avere denaro”.

Oggi con il denaro si compra la bellezza, la stessa Legge nazionale e come conseguenza, la corruzione dilaga.

La cosa strana è che le malattie da denaro non sono solo nei ricchi, ma ci sono anche nei poveri. Il denaro come potere, significa avere la dimensione della ricchezza come misura di tutte le cose. Cosa che  alla fine ci rende infelici.

I soldi non daranno la felicità, ma è pur vero che oggi senza soldi puoi morire. Ha mai visto un povero felice? Su questo non ne sono sicuro. Non sappiamo se il greco Diogene fosse felice o meno, standosene dentro una botte nudo e senza denaro, cercando l’uomo. Il saggio non vuole il potere, cerca la gioia. Cristo stesso non aveva il portafoglio. Gandhi non volle diventare un Capo di Stato, così come non lo fu Socrate o Thomas Moore (San Tommaso Moro). La povertà è un dramma. Così come la ricchezza non è la porta della felicità.

La storia del caso Maso, il giovane veronese che sterminò la famiglia per l’eredità più di diedi anni fa, ne è la palese dimostrazione. L’assassino aveva fatto bene i calcoli: sperava di ereditare oltre un miliardo di lire con  la morte dei suoi genitori. Ma questo è solo uno dei tanti casi che continuano a ripetersi con la stessa finalità.

Le famiglie da sempre vengono smembrate dal denaro: oggi il 75% del tempo speso per parlare in casa, è sempre direttamente o indirettamente, legato ai soldi. Ancora, ci sono genitori che danno la “paghetta” ai figli, inibendo che un bambino bisognoso si riferisca alla mamma o al papà in maniera diretta. Si preferisce offrire denaro (paghetta) perdendo così una delle rare occasione di ascoltare e analizzare il desiderio dei figli. I genitori si giustificano dicendo che “lo fanno per educare alla autonomia”, mentre invece è per l’autonomia stessa dei genitori che così si occupano ancora meno dei figli .

Dopo duemila anni di cristianesimo il denaro resta il desiderio assoluto di molta gente. Per il ricco i peccati sono sempre discutibili.

Tirchieria gran brutto vizio, o addirittura «malattia» perché dal soldo l’ avaro si sposta sempre sui sentimenti: non dà materia, né affetto, il pitocco. E si è pure evoluto, ultimamente, nobilitando il vizio alla voce «valori»: «risparmio sul riscaldamento perché inquina» o «mangio poco ma sano». La salute prima di tutto, la malattia è di quelle «vere». Dalla quale però è possibile uscirne, riconoscendone i sintomi, riflettendo: «Pensi che gli altri si godano la vita più di te?»; «Menti per non offrire?»; «Provi dolore nell’ invitare a casa gli amici?». «L’ avarizia è diffusissima - spiega il professore Alberto Maria Comazzi, psichiatra e psicoanalista -. E non ha nulla a che fare con la mancanza di soldi e con la necessità di risparmiare». Così è difficile che un taccagno sia povero ed è invece facile che un avaro sia ricco o quantomeno benestante. Più uomini, che donne. E’ uomo Arpagone nell’ Avaro di Molière che coccola la sua cassetta piena di denaro. E’ un papero Paperon de Paperoni che è felice solo quando nuota nei suoi cent. E’ un attore Tobey Maguire che coltiva le rose per risparmiare sui bouquet da regalare alle «fidanzate». E’ un cantante Paul McCartney che alla festa data in onore di sua moglie fece pagare agli ospiti i drink. Era un comico Charlie Chaplin che non dava mai un party ma s’ imbucava sempre a quelli degli altri. E poi ancora ometti «beccati» sulle mance: da Sean Connery, Bruce Willis, Mike Jagger e Matt Damon e Ben Affleck, mai un cent da loro ai camerieri che stufi li hanno segnalati su Internet nella top «tirchi e famosi». Per giustizia non senza divine pitocchiose: la regina Elisabetta, ma anche sua sorella Anna che pranzava con i ticket sconto del Times, e poi Barbara Streisand, Jennifer Lopez, Sharon Stone, Julia Roberts a Valeria Mazza, Madonna, Elisabeth Hurley. Ok salute fa un centinaio di nomi, certi, presunti e per sentito dire. Fra i «parsimoniosi», molti italiani. C’ è a sorpresa Barbara D’ Urso («Forse perché semplicemente non butto via i miei soldi in pellicce e auto e lavoro perché mi piace, ma anche perché ho due figli da mantenere); Matteo Marzotto («Sarà perché qualcuno in famiglia era di braccine corte, io personalmente no. Non sperpero, ma neppure mi considero un avaro); Emanuele di Savoia («Dissi che ero tirchio una volta raccontando che non mi piace spendere più di quello che guadagno») e Enrica Bonaccorti («Origini genovesi e radici ebree e me ne vanto. Ma al contrario in famiglia mi hanno sempre detto che ho le mani bucate»). «L’ avaro comunque sia - dice Ines Staletti, psicoterapeuta di scuola Adleriana - non ammetterà mai di esserlo, non riconosce il suo atteggiamento che è soltanto, per lui, di difesa di quello che possiede. Anzi si sente "vittima" di continue aggressioni a ciò che gli appartiene, sentimenti o denaro. E le rare volte che chiede aiuto è perché si sente solo, isolato dal mondo e non ne capisce il motivo».


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