sabato 16 gennaio 2016

LA COSTITUZIONE ITALIANA

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Il testo definitivo della riforma “Boschi” è stato votato alla Camera l’11 gennaio scorso. Nella seconda votazione i parlamentari potranno solo votare Sì o No, non sono più ammesse modifiche. Palazzo Madama si esprimerà, per l’ultima volta, il 18 o il 19 di questo mese, mentre Montecitorio l’11 aprile. La parola ai cittadini potrebbe passare, verosimilmente, in ottobre. Potranno partecipare tutti coloro che godono dei requisiti per eleggere i rappresentanti alla Camera dei deputati, quindi anche i maggiorenni. La consultazione non prevede un quorum minimo di partecipanti e la legge “Boschi” non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Se vincessero i No il governo Renzi andrebbe a casa.

Il referendum confermativo. Gli elettori potrebbero essere chiamati ad approvare il disegno di legge “Boschi”, qualora la riforma non dovesse ottenere, nella seconda lettura, la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere. L’iter è previsto dalla Costituzione italiana. Secondo l’articolo 138 “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali”.

1. Finisce il bicameralismo perfetto.
Il cuore del provvedimento è il superamento del bicameralismo perfetto. Il Parlamento sarà sempre composto da Camera e Senato, ma solo Montecitorio potrà accordare o revocare la fiducia al governo. Inoltre la stessa Camera dei deputati avrà la preminenza legislativa. In sostanza è una riforma che punta a snellire i tempi per l’approvazione delle leggi.
Anche se il voto di Palazzo Madama avrà lo stesso peso dei colleghi onorevoli in un lungo elenco di leggi bicamerali, fra cui quelle di revisione costituzionali.

2. Come cambia il Senato?
Subirà un taglio dei senatori. Da 315 a 100. Tutti con l’immunità. 95 saranno eletti dai Consigli regionali “in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori alle elezioni politiche”. Gli altri 5 potranno essere nominati, come accade anche oggi, dal Presidente della Repubblica. Continueranno a sedere sugli scranni di Palazzo Madama gli ex inquilini del Quirinale.

3. Come cambia l’elezione del Capo dello Stato?
Il Presidente della Repubblica sarà eletto con i due terzi di senatori e deputati nei primi tre scrutini e con i tre quinti dal quarto scrutinio. Dal settimo si passa a un quorum dei tre quinti dei votanti.
Adesso, invece, la Costituzione prevede che all’elezione partecipino anche tre delegati per ogni Regione (la Valle d’Aosta con un solo). Viene eletto Presidente chi riceve la maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

4. Modifica del Titolo V
È la parte della Costituzione dedicata agli Enti autonomi che costituiscono la Repubblica. Si è riscritto l’elenco delle materie riportandone molte alla competenza dello Stato e sono state eliminate quelle concorrenti. Inoltre sono state cancellate le province dal testo costituzionale.

5. Leggi popolari e referendum
Cambiamenti anche per gli istituti di democrazia diretta. Per presentare una proposta di legge popolare serviranno 150mila firme (oggi ne occorrono almeno 50mila da parte degli elettori), ma saranno certi i tempi per l’esame. È salita anche la soglia per il referendum abrogativo: non più 500mila firme di elettori, ma 800mila e il quorum sarà fissato al 51% dei votanti delle ultime politiche. Invece se la raccolta firme si attesta tra le 500 e 800mila resta il quorum del 51% degli aventi diritto al voto.

6. Abolizione del Cnel
La riforma costituzionale prevede l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, quello riguardante il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. È un organo di consulenza delle Camere e del governo: gode dell’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale.
Non scomparirà subito. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge verrà nominato un commissario straordinario a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti.

La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge suprema d'Italia. È stata approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 con 453 voti favorevoli, 62 voti contrari e 3 voti annullati. L'Assemblea Costituente è stato eletta con il suffragio universale il 2 giugno 1946, insieme al voto per cambiare la forma dello Stato da monarchia al repubblica: così nasce la Repubblica Italiana.

Possiamo raggruppare le forze che hanno animato il dibattito all'interno del gruppo in tre correnti principali: cristiano democratico solidaristico, socialista-comunista e liberale (promotore delle libertà civili, erede delle tendenze liberali del XIX secolo). Tutte queste tendenze hanno convenuto il rifiuto ad ogni scelta autoritaristica, perché profondamente anti-fascista. Ciascuna parte appartenente a quelle correnti si preoccupava per il suo futuro nella prima elezione che ci sarebbe stata dopo la promulgazione della Costituzione e ha cercato di inserire nella Legge Costituzionale alcune norme che riflettevano le opinioni della corrente alla quale appartenevano: il risultato è stato che, per esempio, alcune parti del testo si riferiscono molto di più alle credenze del democratico cristiano (come le parti in materia di matrimonio e famiglia), altri, per un ulteriore esempio, ricordano gli argomenti comunisti e socialisti (come le parti in materia di diritti dei lavoratori).

La Costituzione italiana entra in vigore il 1 gennaio 1948, un secolo dopo l’imposizione dello Statuto Albertino che l’ha preceduta. È molto importante sottolineare che questo atto contiene principalmente regole generali, che non è possibile applicare direttamente. Solo alcuni regolamenti, riguardanti problemi particolari, sono considerati self-executing. Quindi è necessario attuare tali regole generali in situazioni particolari, e per fare questo, il Parlamento ha bisogno di applicare un atto legislativo. Questo processo ha richiesto decenni e alcuni sostengono ancora che, a causa delle diverse pressioni politiche, non è ben definito. Possiamo guardare la Costituzione italiana da differenti punti di vista. La nostra è una Costituzione lunga: cioè le norme scritte in questo testo cercano di racchiudere tutti i problemi della vita pubblica e privata, dalle libertà individuali al matrimonio, dal lavoro al Governo, e così via. E' anche una Costituzione scritta: è un atto è scritto. L'assemblea costituente, secondo le esperienze di legge continentali, ha scelto di non lasciare al diritto consuetudinario il controllo degli organi pubblici, come alcuni paesi, in particolare nel diritto comune. E infine è una Costituzione forte: estremamente difficile da modificare. Per impugnare questo atto, il Parlamento ha bisogno di una larga maggioranza, e, in alcuni casi, di un ulteriore referendum pubblico. D'altro lato, normali atti legislativi adottati dal Parlamento che sono in contrasto con la Costituzione vengono rimossi dalla Corte costituzionale, dopo di che è come se non fossero mai esistiti.



IL TESTO – E' diviso in tre parti principali: Principi Fondamentali, Parte I: DIRITTI e Doveri dei Cittadini e Parte II: Ordinamento della Repubblica. L'ultima parte è chiamata Disposizioni transitorie e Finali. Della Carta Costituzionale vi sono tre originali, uno dei quali è conservato presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.
La normazione è contenuta in un testo legislativo scritto. La scelta è comune all'esperienza di civil law e a quella di common law, con la grande eccezione della Gran Bretagna, paese nel quale la Costituzione è in forma orale (tranne alcuni documenti come la Magna Carta).
Si dice che la Costituzione italiana è rigida. Con ciò si indica che:
le disposizioni aventi forza di legge in contrasto con la Costituzione, che è fonte di gerarchia del diritto, vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale.
è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma/revisione dei suoi contenuti (non bastando la normale maggioranza, ma la maggioranza qualificata dei componenti di ciascuna camera, e prevedendo per la revisione due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi l'una dall'altra).
La Costituzione è lunga: contiene disposizioni in molti settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso, da questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta per larga parte carattere programmatico, venendo così in rilevanza solo in sede di indirizzo per il legislatore o in sede di giudizio di legittimità degli atti aventi forza di legge.
Votata perché rappresenta un patto tra i componenti del popolo italiano.
Compromissoria perché frutto di una particolare collaborazione tra tutte le forze politiche uscenti dal secondo conflitto mondiale.
Democratica perché è dato particolare rilievo alla sovranità popolare, ai sindacati e ai partiti politici.
Programmatica perché rappresenta un programma (attribuisce alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi fissati dai costituenti, e ciò attraverso provvedimenti legislativi non contrastanti con le disposizioni costituzionali).

Nelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare, sebbene già nell'Ordine del giorno Perassi (con cui appunto si optò per una forma di governo parlamentare) venne prevista la necessità di inserire meccanismi idonei a tutelare le esigenze di stabilità governativa evitando ogni degenerazione del parlamentarismo. Non mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie alla moderazione dei marxisti, confermare la validità dei Patti Lateranensi e permettere di accordare un'autonomia regionale tanto più marcata nelle isole e nelle regioni con forti minoranze linguistiche (aree in cui la sovranità italiana era stata messa in forte discussione durante l'ultima parte della guerra, e in parte lo era ancora durante i lavori costituenti).

La Costituzione è composta da 139 articoli e relativi commi (5 articoli sono stati abrogati: 115; 124; 128; 129; 130), più 18 disposizioni transitorie e finali, suddivisi in quattro sezioni:

Principi fondamentali (articoli 1-12);
Parte prima: "Diritti e Doveri dei cittadini" (articoli 13-54);
Parte seconda: "Ordinamento della Repubblica" (articoli 55-139);
Disposizioni transitorie e finali (disposizioni I-XVIII).
Il testo completo si apre con un brevissimo preambolo (seguito subito dai Principi fondamentali): «IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO - Vista la deliberazione dell'Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la Costituzione della Repubblica Italiana; - Vista la XVIII disposizione finale della Costituzione; - PROMULGA - La Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo».

Esso è di natura tecnico-esplicativa e non politica, in quanto sono i seguenti Principi fondamentali ad esporre lo spirito della Costituzione, a differenza di altre carte fondative. Proposte di preamboli politici o culturali, ad esempio quelle formulate da Giorgio La Pira e Piero Calamandrei, non furono accolte dall'Assemblea.

I primi dodici articoli della costituzione pongono i cosiddetti "Principi fondamentali" (detti anche Principi supremi). È possibile comunque individuare, in via ermeneutica, come evidenziato in pacifica giurisprudenza costituzionale, ulteriori principi fondamentali nella parte II della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza della magistratura. I principi supremi dell'ordinamento costituzionale (non necessariamente coincidenti con i primi dodici articoli) non possono essere oggetto di modifica attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dai successivi articoli 138 e 139.

La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso infatti sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa.

Il principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 203 del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di uguaglianza" (articolo 3). L'articolo 19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà religiosa come diritto inviolabile dell'uomo. Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica veniva riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accordi (le cd. "intese").

Ma anche le formazioni sociali a carattere religioso che non hanno il radicamento sociale vasto e la complessità organizzativa che fa attribuire la qualifica di "confessione religiosa", godono dell'analoga specifica tutela precisata nell'articolo 20. Questo articolo pone limiti e divieti all'autorità civile, volti ad impedire discriminazioni ed a garantire piena libertà a ogni forma organizzata della fede ("istituzioni o associazioni, a carattere ecclesiastico o con fine di religione o di culto. La legislazione repubblicana e l'elaborazione della dottrina del diritto ecclesiastico italiano, stentano ad adeguare i metodi al nuovo contesto democratico; così risulta ancora dominante la concezione che i diritti degli individui singoli e delle organizzazioni religiose di qualsiasi tipo e natura, invece di godere di una tutela diretta dalla legge, possono trovare tutela solo attraverso l'intermediazione di quei soggetti dominanti che vengono chiamati "confessioni religiose" contemplati nell'articolo 8 e selezionati politicamente dai Governi, perpetuando così il modello del regime dittatoriale dei "diritti riflessi", per cui solo l'appartenenza agli enti riconosciuti dal fascismo consentiva il godimento dei diritti, attribuiti agli enti e "riflessi" sulle persone che a questi obbedissero.

È tipico degli stati democratici. Nella Repubblica è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (articolo 2), degli enti politici territoriali (articolo 5), delle minoranze linguistiche (articolo 6), delle confessioni religiose (articolo 8), delle associazioni (articolo 18), di idee ed espressioni (articolo 21), della cultura (articolo 33, comma 1), delle scuole (articolo 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (articolo 33, comma 6), dei sindacati (articolo 39) e dei partiti politici (articolo 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.

I diritti inviolabili sono riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata). Questi gruppi possono assumere diversi aspetti e tipologie, ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari.

Ci sono riferimenti già agli articolo 1, comma 1 ed all'articolo 4, comma 2. Il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo. Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati.

Già gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il principio di maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto il principio di sovranità popolare (articolo 1, comma 2).

Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza e impedisce agli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Nello stesso primo comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge, la Costituzione repubblicana richiama la "pari dignità sociale", andando dunque oltre la mera formulazione dell'eguaglianza liberale. Riguardo al principio di uguaglianza in materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge.

Principio solidarista vuol dire che lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art.2). Esso infatti deve rimuovere ogni ostacolo che impedisca la formazione della propria personalità.

L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro dovere di difendere la patria (sancito dall'articolo 52).

Sempre l'articolo 5 che assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da vicino e con maggiore incisività alla vita politica del Paese. Da una prima lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede l'elezione del Senato su base regionale.

Come viene sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.

Principio pacifista viene sancito all'articolo 11, "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma non con intenti espansionisti) e accetta una limitazione alla propria sovranità nell'intento di promuovere gli organismi internazionali per assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni".

Si intende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato ad un paese membro della NATO), e di ospitare truppe straniere sul proprio territorio. Allo stato di guerra si ricollegano poi particolari eccezioni, come ad esempio l'art 27, che prevedeva la pena di morte in Italia in base al codice penale militare di guerra (ora ergastolo),l'art 60, proroga la vigenza di ciascuna camera, in caso di guerra. L'art 78, in cui le camere decretano lo stato di guerra, l'art 87, in cui è il Presidente della Repubblica a dichiarare lo stato di guerra, l'art 103, sulla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di guerra e l'art 111, in cui non viene ammesso ricorso per cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra.

La parte prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei "Diritti e dei Doveri dei cittadini".

Le libertà individuali: gli articoli dal 13 al 16 affermano che la libertà è un valore sacro e quindi inviolabile (articolo 13), che il domicilio è inviolabile (articolo 14), che la corrispondenza è libera e segreta (articolo 15), che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (articolo 16).

Le libertà collettive: gli articoli dal 17 al 21 affermano che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza), privati e aperti al pubblico (liberamente) (articolo 17), e di associarsi liberamente, che le associazioni che hanno uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e del codice penale (articolo 18), che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (articolo 19), che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (articolo 21).

Il diritto penale: gli articoli dal 22 al 28 affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza (articolo 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (articolo 24), il principio di legalità della pena (articolo 25), le limitazioni all'estradizione dei cittadini (articolo 26), il principio di personalità nella responsabilità penale (articolo 27, comma 1), il principio della presunzione di non colpevolezza (articolo 27, comma 2), il principio di umanità e rieducatività della pena (articolo 27, comma 3) e l'esclusione della pena di morte (articolo 27, comma 4); infine la previsione della responsabilità individuale del dipendente e funzionari pubblici e organicamente estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della pubblica amministrazione, a tutela della funzione sociale e dei consociati dagli illeciti, in materia civile (articolo 28, comma 2), nonché, amministrativa e penale (articolo 28, comma 1).

Diritti etico-sociali: dall'articolo 29 al 34.

La famiglia: gli articoli dal 29 al 31 affermano che la Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è di dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli.

La salute: l'articolo 32 afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Afferma inoltre che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

L'arte e la cultura: l'articolo 33 afferma che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

La scuola: l'articolo 34 afferma che la scuola è aperta a tutti; quella statale è gratuita; libera e senza oneri per lo Stato quella privata (articolo 33, commi 3 e 4).

Diritti economici: dall'articolo 35 al 47.

L'organizzazione del lavoro: gli articoli dal 35 al 47 affermano che la Repubblica tutela il lavoro e la libertà di emigrazione (articolo 35), il diritto al giusto salario (articolo 36, comma 1), la durata massima della giornata lavorativa (articolo 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (articolo 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (articolo 37), i lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (articolo 38), la libertà di organizzazione sindacale (articolo 39), il diritto di sciopero (articolo 40), la libertà di iniziativa economica e i suoi limiti (articolo 41), la proprietà pubblica e privata, e la sua funzione sociale (articolo 42), la possibilità ed i limiti all'espropriazione (art 43), la proprietà terriera (articolo 44), le cooperative e l'artigianato (articolo 45), la collaborazione tra i lavoratori (articolo 46) ed il risparmio (articolo 47). Se lo stato favorisce l'accumulazione del risparmio privato, impedisce con un'opportuna tassazione che il risparmio non investito rischiosamente possa generare interessi superiori all'inflazione.

Diritti politici: dall'articolo 48 al 54.

Le elezioni: l'articolo 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età; afferma anche che il diritto di voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico.

I partiti: l'articolo 49 afferma il principio della libertà di associarsi in partiti e del pluripartitismo politico.

Le tasse: l'articolo 53 afferma il dovere di tutti i cittadini di concorrere alle spese pubbliche pagando tasse e imposte (comma 1) ed il principio di progressività della tassazione (comma 2).

La fedeltà alla Repubblica: l'articolo 54 afferma il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi, ed il dovere per chi esercita funzioni pubbliche, di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge.


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