martedì 5 gennaio 2016

PARACELSO

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Figlio di un medico, Paracelso nasce nel 1493 a Einsiedeln, nel cantone svizzero di  Schwyz. In realtà, il suo vero nome è Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim; tuttavia, egli stesso lo muta in Philippus Aureolus Paracelsus Theophrastus Bombastus: l'appellativo  "Paracelsus" costituisce un probabile riferimento al grande medico romano Aulo Cornelio  Celso, vissuto nel I secolo, considerato uno dei padri della medicina antica, e noto  anche per la sua notevole cultura in ogni ambito del sapere. La scelta di tale appellativo da parte dello scienziato svizzero sembra indicare la sua volontà di incarnare completamente la figura del "medico perfetto", esperto in ogni ramo dello scibile in   quanto iniziato al segreto ultimo dell'intera  realtà.

Egli è anche noto per aver battezzato lo zinco, chiamandolo zincum, ed è considerato come il primo botanico sistematico. Si laureò all'Università di Ferrara, più o meno negli stessi anni in cui si laureò Niccolò Copernico.

Fino al 1500 la composizione e i mutamenti della materia erano spiegati sulla base della dottrina dei quattro elementi di Aristotele: acqua, aria, terra e fuoco. Paracelso, per la prima volta, aggiunse ad essa una teoria che contemplava tre nuovi principi della materia (sale, zolfo e mercurio), contrassegnata dalla presenza di spiriti della natura responsabili delle sue trasformazioni e cambiamenti. Egli inoltre rifiutò l'insegnamento tradizionale della medicina, dando vita a una nuova disciplina, la iatrochimica, basata sulla cura delle malattie attraverso l'uso di sostanze minerali.

Non aveva un carattere facile, anzi era piuttosto superbo e orgoglioso, tanto che dal suo nome Bombastus è derivato in inglese l'aggettivo bombastic, che indica una persona piena di sé ed arrogante. "Alcuni mi accusano di superbia, altri di pazzia, altri ancora di stoltezza". Ricevette molte accuse, tra cui quella di alcolismo o di non prendere parte alle cerimonie religiose. In realtà egli si considerava un dottore delle Sacre Scritture, una sorta di teologo laico, convinto, però, che la fede andasse vissuta dentro di sé, a livello intimo più che collettivo.

Paracelso era figlio di Wilhelm von Hohenheim e di una serva ecclesiastica. Nacque ad Einsiedeln, in una delle case vicine al monastero di Unsere Liebe Frau, una delle stazioni di sosta per i pellegrini diretti a Santiago de Compostela. La figura di sua madre è avvolta dal mistero; secondo alcune voci del tempo sarebbe stata un'isterica, idea forse diffusasi a partire dall'esperienza di Paracelso riguardo a questa malattia nelle donne. Pare, inoltre, che da lei il figlio avrebbe ereditato la bruttezza fisica e le maniere rozze. Nel 1502 si stabilì con il padre in Carinzia, a Villaco. Fu da suo padre, laureato in medicina presso l'Università di Tubinga, che egli ricevette i primi insegnamenti in medicina e in chimica. In seguito, sotto l'abate ed alchimista Giovanni Tritemio, studiò chimica e occultismo. Per quanto riguarda la sua formazione universitaria, che avvenne tra il 1509 e il 1515, lui stesso dice di aver frequentato varie università. A quanto pare, non subì alcun fascino da parte della Sorbona di Parigi, che pure era all'avanguardia dal punto di vista del sapere anatomico. La sua fortuna fu quella di venire a contatto con la medicina innovativa dell'Italia settentrionale. Si laureò in medicina presso l'Università di Ferrara, alla quale però non sarebbe rimasto molto fedele, poiché essa si opponeva a un cambiamento del sistema medico.

La sua vita fu estremamente movimentata, ma difficile da ricostruire perché notoriamente Paracelso abbellì la sua biografia di particolari inventati e avventurosi. Secondo quanto lui dice dopo aver lavorato nelle miniere in Germania e in Ungheria, dove apprese i segreti dei metalli, intraprese lunghi vagabondaggi che lo portarono in Italia, soggiornando a Torino e poi in Spagna, in Germania, in Inghilterra, in Svezia, in Polonia, in Transilvania; mete plausibili, mentre è molto meno probabile che, come egli stesso dice, sia stato in India e in Cina. Pare che si recò anche in Russia, alla ricerca delle miniere dei Tartari, dove sarebbe stato fatto prigioniero dal Khan, che gli avrebbe svelato dei segreti.

Molto importante fu per lui l'esperienza di medico militare, prima durante la guerra veneziana, più tardi in Danimarca e in Svezia. Tornato in Germania, la sua fama aumentò rapidamente e nel 1527 gli fu offerta la cattedra di medicina all'Università di Basilea. Paracelso, nello stesso anno, fece bruciare pubblicamente dai suoi studenti i testi di Galeno ed Avicenna, bollandoli come ignoranti in materia medica, e sostenendo che ognuno possiede dentro di sé le doti necessarie per esplorare il mondo.

Poco dopo iniziò a perdere anche quella stima e fiducia da parte degli studenti che fino ad allora lo avevano salvato dal rischio di allontanamento dall'ambiente universitario. La sua opposizione aperta sia alla medicina tradizionale sia alla nuova medicina nata tra Italia e Francia e la sua indole polemica lo portarono a perdere il lavoro fisso di insegnante presso l'Università di Basilea. Lasciò infatti la città nel gennaio del 1528. Negli stessi anni tra le università francesi e quelle italiane si andavano riscoprendo i classici di Galeno e Avicenna, purificati filologicamente dalle glosse medioevali e integrati da trattati di anatomia "scientifici", oltre a ricerche empiristiche che andavano ad attaccare direttamente la tradizione popolare (come per esempio le opere di Laurent Joubert della facoltà di medicina di Montpellier) e quelle platoniche.

A San Gallo, cittadina dell'est della Svizzera, visse un secondo breve periodo positivo della sua vita. Qui, nel 1531, gli vennero affidate le cure del borgomastro del paese Christian Studer per ventisette settimane. Tuttavia, Paracelso non era tenuto in gran considerazione dai medici teorici di allora. Durante questi anni, infatti, la sua figura si contrappone a quella di Joachim Vadiano, medico e luminare più in vista a San Gallo, del quale è anche sindaco, umanista che però prediligeva la teoria alla pratica e al contatto diretto con il malato. Le fonti fanno sembrare che Paracelso fosse spesso consultato per problemi allo stomaco e all'intestino, probabilmente perché la sua fama era maggiore in questo campo che nella chirurgia.

Durante il soggiorno a San Gallo si verificò un evento a partire dal quale si può intuire l'inclinazione profetica della personalità di Paracelso: come questi scrive nella sua opera Paramirum, il 28 ottobre del 1531 avvistò un gigantesco arcobaleno. Egli notò che questo indicava la stessa direzione da cui, due mesi prima, era venuta la cometa di Halley. Secondo Paracelso, l'arcobaleno, da lui chiamato arco della pace, avrebbe portato un messaggio salvifico dopo la discordia annunciata dalla cometa.

Dopo aver passato i restanti anni della sua vita a vagare di città in città, morì a Salisburgo il 24 settembre 1541. È sepolto nella chiesa di S. Sebastiano. Le scene più commoventi presso la sua tomba si sono verificate nel 1831 quando, durante le terribili settimane del colera indiano, gli abitanti delle Alpi Salisburghesi si recarono in pellegrinaggio a Salisburgo per implorare non il Santo patrono, ma il medico Paracelso, di risparmiarli dall'epidemia.

Secondo questo singolare personaggio, i migliori insegnamenti per un medico non provenivano affatto dai veneratissimi medici del passato, come Ippocrate, Galeno o Avicenna, bensì dall'esperienza, quella stessa che lui aveva raccolto nei suoi numerosi viaggi e che voleva trasmettere ai suoi alunni. Allo sguardo rivolto al passato, agli antichi, egli voleva contrapporre il progresso, uno slancio verso uno studio più approfondito della natura, in cui lui era convinto ci fosse la cura per ogni sorta di malattia (riprende la concezione ippocratica della "vis medicatrix naturae"). In particolare, come egli spiega nei dieci libri degli Archidoxa, nella natura ci sono delle forze guaritrici chiamate Arcana che vengono portate alla luce dall'arte alchemica. I quattro arcana principali sono la prima materia, il lapis philosophorum, il mercurium vitae e la tintura.

Nella visione paracelsiana tutti i corpi, organici e inorganici, l'uomo compreso, sono costituiti da tre elementi basilari: il sale, lo zolfo e il mercurio. Lo stato di salute è quello in cui queste tre sostanze formano una perfetta unità e non sono riconoscibili singolarmente, mentre nella malattia si separano. Il medico si getta quindi alle spalle la teoria degli umori da tutti condivisa. Nella prima metà del XVI secolo sostenne infatti:

« come infatti attraverso uno specchio ci si può osservare con cura punto per punto, lo stesso modo il medico deve conoscere l'uomo con precisione, ricavando la propria scienza dallo specchio dei quattro elementi e rappresentandosi il microcosmo nella sua interezza l'uomo è dunque un'immagine in uno specchio, un riflesso dei quattro elementi e la scomparsa dei quattro elementi comporta la scomparsa dell'uomo. Ora, il riflesso di ciò che è esterno si fissa nello specchio e permette l'esistenza dell'immagine interiore: la filosofia quindi non è che scienza e sapere totale circa le cose che conferiscono allo specchio la sua luce. Come in uno specchio nessuno può conoscere la propria natura e penetrare ciò che egli è (poiché egli è nello specchio nient'altro che una morta immagine), così l'uomo non è nulla in sé stesso e non contiene in sé nient'altro che ciò che gli deriva dalla conoscenza esteriore e di cui egli è l'immagine nello specchio. »
Inoltre alla teoria dei contrari egli opponeva la teoria dei simili, già presente presso i primitivi e gli egiziani, secondo la quale una malattia può essere curata con la stessa sostanza da cui è stata causata.

Paracelso rifiuta l'interpretazione metallurgica del sapere alchemico e la sua ricerca della produzione di metalli preziosi da quelli più vili. L'alchimia paracelsiana si concentra invece sulle sue ricadute medicinali, collegate ai concetti di elixir, sviluppando le premesse di Raimondo Lullo.

Da un punto di vista più intimo, Paracelso dava molta importanza, non meno di Ippocrate, all'integrità personale del medico, al suo agire secondo coscienza. Inoltre, vedeva nel celibato un mezzo che permetteva al medico di dedicarsi totalmente alla cura dei pazienti, anche in caso di malattie contagiose e quindi per lui pericolose. Pare, infatti, che egli fosse casto. Secondo Paracelso le malattie, come la salute, provenivano da Dio, dunque il medico non era altro che colui che faceva avvenire quella guarigione che altrimenti sarebbe venuta direttamente da Dio, se il paziente avesse avuto abbastanza fede.



Interessante è la dottrina, anch'essa originale, costruita da Paracelso intorno alla donna. Innanzitutto, egli riconosce che anche alcune figure femminili, nella sua vita, hanno contribuito a formare il suo sapere di medico. Distingue nettamente l'anatomia e lo spirito della donna rispetto a quelli dell'uomo. Per lui la donna è matrix (matrice), termine con cui non si intendono solo gli organi riproduttivi, ma la totalità di essa. Quello della donna è un piccolo mondo a parte in cui però è racchiuso il grande mistero della vita, che la mette a stretto contatto con il grande mondo della natura. Mentre secondo la tradizione, a partire da Ippocrate, la donna è solo il recipiente che raccoglie il seme, per Paracelso la capacità immaginativa della donna incinta è decisiva per la formazione spirituale del figlio. Si hanno sue descrizioni dell'anatomia femminile, anche se molto meno dettagliate rispetto a quelle di Vesalio, in quanto basate principalmente sull'osservazione esterna.

Quella di Paracelso è una medicina che pone al centro l'uomo vivo. Egli dava molta importanza a un'attenta osservazione del paziente ed era molto capace nell'immedesimarsi nei suoi disturbi. L'anatomia di Paracelso, infatti, non si basa sulla dissezione come quella di Vesalio, bensì sull'esteriorità, sulla capacità del medico di ricollegare i segni sul corpo all'agente interno causa della malattia. Si può dire dunque che pone le basi della semeiotica. Nei suoi scritti, nel descrivere le parti anatomiche, inserisce contemporaneamente le sue interpretazioni di esse, non distingue ciò che vede da ciò che pensa. Nel Volumen Paramirum elenca i cinque possibili principi delle malattie: ens astrale, ens venale, ens naturale, ens spirituale ed ens dei. Un buon medico, per capire la causa della malattia, deve basarsi su tutti e cinque gli enti.

Per quanto riguarda la chirurgia, il fondamento è conservativo e non aggressivo: bisogna solo stimolare la natura ed essa provvederà da sé. Tuttavia, l'uso di anestesie molto blande faceva sì che egli non praticasse vivisezioni e che le sue operazioni fossero dolorose. Si dedicò particolarmente a studi sulla sifilide; secondo la sua teoria la malattia era generata da due fattori connessi: l'influsso astrale, di per sé innocuo, e l'atto impuro, che sorge dalla libido. La sua importanza in campo farmacologico è dovuta al fatto di essere stato il primo a raccomandare l'uso di sostanze minerali e di prodotti chimici per la cura delle malattie dell'uomo, diversamente da quanto esposto nelle precedenti dottrine dove ci si limitava all'uso di piante ed estratti vegetali.

Leggere Paracelso presenta una serie di problematiche non facilmente risolvibili. «Egli era medico, astrologo, mago e alchimista e al contempo nemico della medicina, dell'astrologia, della magia e dell'alchimia tradizionali». Tutto ciò che scrisse è influenzato da queste discipline e nello stesso tempo è utilizzato polemicamente contro di esse. In Paracelso, la visione scientifica delle cose si mescola sempre con una più spiritualistica e astrologica. «Il profano che si avvicina a Paracelso non può che rimanere stordito dal miscuglio di scienza e superstizione, filosofia e banalità, genio e follia». Quando tratta di medicina, tratta anche di magia, di alchimia, di astrologia. «Non c'è medicina senza alchimia, non c'è medicina senza astrologia, non c'è medicina senza magia».

Egli afferma: «Sulla Terra c'è ogni tipo di medicina ma non coloro che sanno applicarla». Non a caso egli stesso, nel Paragranum, afferma che i quattro pilastri della medicina sono la filosofia, l'astronomia, l'alchimia e le virtù. Inoltre il suo Corpus scriptorum è davvero immenso, e pare che egli dettasse le sue pagine a scrittori occasionali. In particolare, la maggior parte delle opere fu dettata al suo pupillo prediletto, Johannes Oporinus, il quale si occupò di pubblicarle dopo la morte dell'autore. Egli è stato definito il Lutero della medicina per il suo spirito di ribellione. In un periodo in cui uscire dai sentieri battuti, in qualsiasi campo, era un'eresia da condannare, Paracelso si gettò in una concezione del tutto indipendente della scienza medica e non esitò a scagliarsi contro le concezioni tradizionali ereditate dal passato e ancora fermamente condivise.


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