lunedì 4 gennaio 2016

LA SCOPA

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Fin dall'antico Egitto, alla scopa erano attribuiti poteri magici. La fiaba dell'apprendista stregone che anima la scopa liberandosi dai problemi è un tema già presente nelle antiche culture. L'atto di spazzare tutte le stanze di una casa nell'antica Grecia aveva una valenza simbolica e serviva a scacciare le anime dei morti.

Nell'iconografia cristiana vengono raffigurate con la scopa Santa Marta e Santa Petronilla.

Nelle leggende medievali, la scopa era il mezzo che veniva utilizzato dalle streghe per volare. In questo senso, al manico di scopa tra le gambe nude delle streghe veniva dato un significato fallico.

Nelle credenze popolari, alla scopa si attribuisce un potere benefico in quanto capace di "spazzare via i guai". Per questo motivo a capodanno si usa ancor oggi, in alcune regioni, regalare delle piccole scope ornamentali come portafortuna per l'anno che sta per arrivare.

La scopa con cui la Befana vola è un attrezzo prodigioso che ricorda la bacchetta magica, legata all’albero e quindi ad antichi culti naturalistici, simbolo fallico e priapico. Così come nei rituali bacchici/dionisiaci un elemento importante era rappresentato dal tirso, il mitico bastone dei Satiri, avvolto in foglie d’edera e di vite. Nella sua parte più alta, la pigna, altro elemento legato alla fertilità tramite i suoi frutti, i pinoli celati all’interno. Non è senza significato che l’epifania, la festa dell’apparizione del Cristo cada 6 gennaio e coincida con il giorno della nascita di Dioniso, dio del vino e dell’ebbrezza. Ma non perdiamo di vista la scopa, lo strumento stregonesco con cui la Befana vince la maledizione della legge di gravità e vola, riaffermando così anche simbolicamente la sua assoluta libertà. Quale oggetto è più domestico, casalingo, femminile della scopa? Simbolo priapico e guarda un po’ dov’ è collocato: appunto tra le gambe della Befana, una posizione che la ricollega alla garanzia della fertilità, alla generazione, al dono della vita, alla continuità della specie. La Befana, dunque, come lontana, nascosta sacerdotessa di culti naturalistici e pagani connessi alla Grande Madre, figura dai tanti nomi: Ardoia, Berta, Donazza, Gianepa, Maratenga…



L’ importanza della scopa che  assumeva nella pratica dell’ antica stregoneria l’ ha resa un effigie inconfondibile e inseparabile.

La superstizione ci presenta la scopa quale veicolo di trasporto impiegato dalle streghe per spostarsi a velocità altissime nei cieli. Gli uomini invece, usavano di preferenza i forconi dei pagliai. Le origini dell’ associazione scopa-stregoneria sono differenti. Una prima motivazione è da ricercarsi negli antichi riti propiziatori della fertilità in cui venivano cavalcate forche, pali e scope per imitare l’ accoppiamento e il lavoro degli animali nei campi. Secondo alcune superstizioni le streghe hanno timore dei cavalli, quindi cavalcano le scope.

Un’ altro motivo può essere legato al costume, in alcune comunità, di lasciare la scopa fori la porta di casa per indicare l’ assenza della donna. Per evitare di essere scoperte, quindi, le streghe portavano con se le scope. Il potere di librarsi in aria, però, non risiedeva nella scopa stessa, ma in un unguento del volo che le streghe  usavano per ungersi il corpo, sedie, forche, scope o animali. Anche il modo di cavalcare le scope è rappresentato in modi differenti nelle diverse epoche e nei diversi paesi. Le tecniche di volo potevano essere due: la strega sedeva sul manico e l’ estremità della scopa era rivolta alle sue spalle (l’ immagine classica della strega), oppure, l’ estremità con la spazzola era posta di fronte, in modo da sistemarvi una candela o una lampada all’ interno per illuminare la via. La magica cavalcata celeste prendeva luogo da casa; dopo aver unto il corpo e lo strumento con l’ unguento del volo, la strega a cavallo della scopa, saliva in cielo attraverso la canna fumaria. Il giorno più propizio alla cavalcata delle scope era nel grande sabba che si teneva nella notte di Valpurga. In questa magica notte era possibile osservare le streghe a cavallo di scope, bestie e demoni.

La scopa incantata era fatta in maniera molto particolare: si utilizzava un ramo con l’ estremità biforcuta, nella quale venivano legato i fasci d’ erba che costituivano la spazzola. Affine alle scope erano anche lo strumento usato dalle sciamane scandinave che praticavano il Seidhr. La scopa rientrava anche nelle pratiche connesse con la magia tempestaria e per causare impotenza e sterilità.

Nella stregoneria contemporanea, la scopa viene considerata uno strumento di purificazione e viene impiegata dalle anziane della congrega per ripulire l’ are rituale dalle negatività. Queste scope sono generalmente costruite con rami di betulla, quercia o frassino, mentre la spazzola è ricavata da ciuffi di erica, saggina o ginestra. Secondo il folklore britannico, spazzolare con scope così costruite tiene lontani i folletti e gli spiriti maligni, mentre agitata in aria scaccia i nembi temporaleschi.



La scopa è stata senza dubbio il primo strumento utilizzato dall'uomo per la pulizia della casa o in generale per pulire i luoghi dove viveva. Non è difficile intuire che probabilmente la prima scopa altro non era che un ramo con le foglie ancora attaccate ad esso.

La scopa forse più conosciuta è quella di ramaglia di nocciolo, betulla, ginestra, bambù ecc. (la classica scopa delle streghe o la famosa scopa volante di Harry Potter) utilizzata esclusivamente per lo spazzamento di aree esterne. Grande importanza nell'economia ha invece avuto la fabbricazione e la vendita delle scope in saggina utilizzate comunemente per lo spazzamento delle case almeno fino alla seconda guerra mondiale.

Due erano le zone principalmente interessate nella fabbricazione delle scope in saggina:

il Polesine, Padova e provincia
il Canavese, specialmente il piccolo paese di Foglizzo in provincia di Torino, famoso per la sua pregiata e rara saggina rossa.

Se però per la provincia di Padova la scopa di saggina rappresentava una risorsa sfruttata su basi "industriali" per il piccolo paese canavesano la scopa di saggina era un semplice espediente per riempire le giornate. A Foglizzo infatti le scope erano fabbricate nelle stalle durante le giornate invernali quando nelle campagne non si poteva lavorare.

Da questi due centri le scope erano distribuite in tutta Italia spesso dagli stessi artigiani che le costruivano. La scopa di saggina da sempre è fabbricata completamente a mano.

Oggi l'uso della scopa in saggina si è molto ridotto ed ormai la sua fabbricazione in Italia non esiste praticamente più. Le scope in saggina si importano dei paesi dell'Est europeo, dalla ex Jugoslavia o dalla Cina, mentre in Polesine solo pochi e rari artigiani ancora continuano a fabbricare questi strumenti.

Dagli anni cinquanta si è iniziato a fabbricare scope con le fibre sintetiche impropriamente chiamate nylon; la scopa si è così evoluta fino ai giorni nostri assumendo le svariatissime forme che oggi tutti conosciamo.


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