martedì 30 agosto 2016

ORSA MAGGIORE

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L'identificazione delle 7 stelle principali con la figura di un orso è presente in diverse e distanti civiltà e, non avendo questo insieme di stelle alcuna particolare somiglianza con l'animale, una convergenza culturale casuale è altamente improbabile. Gli abitanti del Nord America condividevano questo mito prima dell'arrivo dei colonizzatori europei, probabilmente portato con sé dai primi esseri umani che colonizzarono il continente 14.000 anni fa. Molti studiosi considerano comunque questo mito ancora più antico, retrodatabile all'Europa di trentamila anni fa, quando, come diversi ritrovamenti testimoniano, era diffuso un culto dell'orso.

È sempre stata una delle costellazioni più conosciute, menzionata da poeti come Omero, Edmund Spenser, Shakespeare, Leopardi e Alfred Tennyson. Si trova inoltre nell'epica finnica Kalevala, ed è stata dipinta da Vincent van Gogh.

L'Orsa Maggiore, cara al poeta Gabriele d'Annunzio, è raffigurata nell'emblema della Reggenza Italiana del Carnaro e nello stemma della Provincia di Fiume

Nella mitologia classica, una delle compagne di Artemide, Callisto, perse la sua verginità con Zeus, che si era avvicinato sotto le spoglie della stessa Artemide.

Arrabbiata, Hera la trasformò in un orso. Il figlio di Callisto, Arcas, quasi uccise la madre mentre stava cacciando, ma Zeus e Artemide lo fermarono e posero entrambi in cielo, come l'Orsa Maggiore e l'Orsa Minore.

Hera non era contenta del fatto che fossero stati assunti in cielo, e perciò chiese aiuto a Teti. Questa, una dea marina, rivolse alle costellazioni una maledizione perché esse fossero costrette a girare per sempre in tondo nel cielo, e a non riposarsi mai sotto l'orizzonte, spiegando così il fatto che queste costellazioni sono circumpolari.

Una variante del mito è riportata dal poeta ellenistico Arato di Soli nel proemio dei Fenomeni: le due orse celesti sarebbero le orse che tennero in salvo Zeus bambino in una grotta per nasconderlo al padre Crono che desiderava ingoiarlo come aveva fatto coi suoi fratelli.

Al contrario, i Tuareg, che non conoscono orsi, vedono in essa una cammella, il cui collo si prolunga fino a raggiungere Arturo (che è compreso anch'esso nella costellazione). Questa cammella rappresenterebbe l'esito della trasformazione della mitica cammella Fakrou, uccisa da degli empi. L'Orsa Minore sarebbe invece un piccolo di cammello, tenuto legato ad un picchetto intorno al quale continuerebbe a girare (la stella Polare).

Da questa costellazione deriva inoltre il termine Settentrione, in quanto per i romani l'attuale costellazione dell'Ursa Major era anche nota come "dei Septem Triones" (sette buoi da tiro), da cui il termine per indicare il Nord.

L'Orsa Maggiore viene citata continuamente in diverse versioni del manga e anime (nonché nei numerosi seguiti) Ken il Guerriero (il titolo originale giapponese è Hokuto no Ken, Colpo del Grande Carro/Orsa Maggiore poi riadattato in Colpo della Stella del Nord), in cui è simbolo della misteriosa arte marziale Hokuto Shinken; inoltre il protagonista Kenshiro porta sul corpo sette cicatrici disposte nella forma del Grande Carro; Kaiou dell'Hokuto Ryuken porta una voglia dalla forma identica su una tempia; nel prequel Ken il guerriero: le origini del mito il neonato Kenshiro ha la stessa voglia, come pure Kenshiro Kasumi senior (protagonista dell'opera e fratello maggiore di Ryuken, il maestro di Kenshiro junior).

Regolarmente le sette stelle del Carro vengono mostrate in cielo, a volte assieme ad Alcor a cui viene attribuito il nome "stella del presagio di Morte", o semplicemente "stella della Morte" (chi la vede è destinato a morire entro l'anno in corso; Toki, Rei, Mamiya e Raoul la vedono in momenti diversi della storia). Da notare che il nome Hokuto (nome giapponese del Grande Carro) è adattato nel titolo inglese come "stella del Nord" (si tenga presente che in Giapponese non si può distinguere il singolare dal plurale senza inserire le parole nel contesto della frase) che sembra alludere alla stella Polare, il che ovviamente crea molta confusione.

La costellazione appare anche in un altro manga e anime: I Cavalieri dello Zodiaco dove viene indicata come "Bear" (in inglese "orso") ed è il simbolo di uno dei personaggi minori della storia. Nella versione animata, inoltre, le sette stelle del Carro sono gli astri protettori dei God Warrior di Odino (i Cavalieri di Asgard), oltre ad un guerriero ombra associato alla stella Alcor, guardiano del guerriero della stella Mizar (nell'edizione italiana dell'anime i due personaggi sono chiamati proprio Mizar e Alcor).


L'Orsa Maggiore è la costellazione più facilmente riconoscibile dell'emisfero boreale.

Le sue sette stelle principali formano il Gran Carro, al quale vennero date molte interpretazioni.

I romani le chiamarono i "Septem Triones", i sette buoi dei quali è guardiano Boote. Di qui la parola "settentrione" per indicare il nord.

Gli Egiziani vi videro un ippopotamo, i Galli un cinghiale mentre per gli Arabi esse rappresentavano un feretro e gli inglesi la chiamano "la casseruola".

Tutti i nomi delle sette stelle derivano dall'arabo: l'alfa è Dubhe (il dorso del grande orso), la beta è Mérak (le reni del grande orso), la gamma è Fegda (la coscia), la delta è Megrez (la radice della coda), la epsilon è Alioth (cavallo nero). Mérak era Erice per i greci, dal nome della città della ninfa Callisto d'Arcadia.



Ma la stella più interessante dell'Orsa Maggiore è Mizar, posta al centro del timone (Zeta Ursae Majoris). Intorno al suo nome è nata un'intricata storia. Gli arabi la chiamavano Mérak, come la beta, parola che significa "rene" o "lombo", poiché i lombi dell'orsa sono due.

Mizar fu ribattezzata nel sedicesimo secolo da Giuseppe Scaligero, la scelta di questo nome è tuttavia misteriosa in quanto "mizar" significa "cintura di stoffa" o "grembiule".

Mizar presenta anche un'altra caratteristica, accanto ad essa (12') si può scorgere una stella di quarta magnitudine, chiamata Alcor (piccolo cavaliere).

Stranamente gli antichi non la citano; il primo a ricordarla, nel 950 d.C., è il persiano Al-Sufi, che la indicò come un test di buona acutezza visiva.

La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte. Altre stelle come Arturo (a Boötis) e Spica (a Virginis) possono essere trovate prolungando invece il lato lungo.

Nel 1869, Richard. A. Proctor notò che, eccetto per Dubhe e Alkaid, le stelle del Gran Carro hanno tutte lo stesso moto proprio, che le porta verso un punto comune del Sagittario. Questo gruppo, noto ora come Associazione dell'Orsa Maggiore (Cr 285), del quale sono stati identificati alcuni altri membri, formava in passato un ammasso aperto.

Da allora le stelle dell'ammasso si sono disperse in una regione di circa 30 per 18 anni luce, posta a circa 75 anni luce di distanza, che è quindi il più vicino oggetto simile ad un ammasso. Altre 100 stelle circa, inclusa Sirio, formano una "corrente" che ha lo stesso moto proprio, ma la loro relazione con l'ex-ammasso non è chiara. Il nostro Sistema Solare si trova sul bordo esterno di questa corrente, ma non ne fa parte, avendo un'età 40 volte superiore.

Oltre al Grande Carro, dalla cultura araba viene un altro asterismo: il salto della gazzella, una serie di tre paia di selle che si trovano lungo il bordo sudovest della costellazione, le zampe dell'orso.

L'asterismo del Grande Carro, su cui si addensa un gran numero di oggetti celesti.

Alioth (e Ursae Majoris) è la stella principale della costellazione; di magnitudine 1,76 e dal colore bianco, è una delle stelle del Gruppo stellare dell'Orsa Maggiore.
Dubhe (a Ursae Majoris) è una stella gialla di magnitudine 1,81; si trova a 124 anni luce da noi, ossia circa 50 anni luce oltre il Gruppo stellare dell'Orsa Maggiore. Con Merak forma un asterismo noto come I Puntatori, in quanto utilizzato per trovare la Stella Polare.
Alkaid è una stella azzurra di magnitudine 1,85, posta a 101 anni luce di distanza da noi, dunque circa 25 anni luce oltre il Gruppo; nonostante la sua vicinanza ad esso, si muove in direzione opposta, indicando che si tratta solo di una stella di passaggio.
Mizar è una stella bianca di magnitudine 2,23; fa coppia con Alcor, in realtà solo apparentemente, essendo quest'ultima leggermente più lontana. Mizar è tuttavia essa stessa una stella multipla, con quattro componenti legate gravitazionalmente.
Merak (ß Ursae Majoris) è una stella bianco-azzurra di magnitudine 2,34; è il secondo membro dell'asterismo dei Puntatori.
Phecda è una stella bianco-azzurra di magnitudine 2,41; nei suoi pressi si individua la galassia M109.
Tra le altre stelle, si segnala 47 Ursae Majoris, nota per avere un sistema planetario con tre pianeti confermati, 2,54 e 0,76 volte la massa di Giove.
Lalande 21185 è la quarta stella più vicina alla Terra (escluso il Sole).
Megrez è la stella meno luminosa dell'asterismo del Grande Carro; ha magnitudine 3,32 ed è una stella di colore bianco.
L'Orsa Maggiore contiene alcune stelle doppie, sebbene non tantissime date le dimensioni della costellazione. Alcune di esse sono particolarmente famose e semplici da risolvere.

Mizar fa coppia con Alcor: le due stelle sono talmente ben separate che è possibile risolverle pure ad occhio nudo; Mizar tuttavia è a sua volta una doppia, con componenti di seconda e terza grandezza separate da 14", dunque risolvibili con un telescopio di dimensioni medio-piccole.
Dubhe è una coppia facile da sciogliere, essendo formata da una stella di seconda e una di settima separate da alcuni primi, dunque risolvibile anche con un binocolo; le due componenti sono arancione (la primaria) e biancastra (la secondaria).
La Ursae Majoris ha componenti di terza e decima grandezza, dai colori fortemente contrastanti (bianca e rossa) ma risolvibile solo con ingrandimenti relativamente forti; la difficoltà della risoluzione è data anche dalla grande differenza di magnitudine delle due stelle.

La costellazione dell'Orsa Maggiore giace lontano dalla Via Lattea e dai suoi ricchi campi stellari, dunque entro i suoi confini non sono visibili ammassi stellari.

Nei pressi della stella Merak si trova una nebulosa planetaria, M97, nota come Nebulosa Civetta a causa delle due macchie scure sul suo disco, che somigliano agli occhi sgranati di una civetta.

Innumerevoli sono invece le galassie osservabili entro i suoi confini; tra la più importanti, spicca la coppia formata da M81 (una delle più brillanti del cielo) e M82, appartenenti al gruppo di galassie dell'Orsa Maggiore, uno dei gruppo più vicini al nostro Gruppo Locale. Seguendo un facile asterismo che parte dalla stella Mizar, si raggiunge la galassia M101, anch'essa molto appariscente e vicina. Accanto alla stella Phecda, si individua la galassia spirale barrata M109; a breve distanza dalla stella Merak si osserva invece M108.

Tra le altre galassie, è notevole specialmente NGC 3184, una galassia spirale dai bracci molto luminosi e con due grandi regioni HII al suo interno.

Sono presenti infine anche due galassie nane satelliti della nostra Galassia: Ursa Major I e Ursa Major II, un Ammasso di galassie, il Gruppo di NGC 507, e un gruppo di galassie, il Gruppo di NGC 4051.

L'Orsa Maggiore contiene un gran numero di stelle con un sistema planetario accertato; il più conosciuto di questi, nonché uno dei primi in assoluto ad essere scoperti, è quello di 47 Ursae Majoris: sono noti due pianeti di tipo gioviano con un'orbita che si viene a posizionare, come distanza dalla stella madre, fra quelle di Marte e Giove (rapportandole al nostro sistema solare).

Un secondo sistema con due pianeti conosciuti è quello di HD 68988; essa possiede un pianeta con una massa pari a quasi due masse gioviane estremamente vicino alla sua stella madre, più un secondo pianeta posto a 5 UA con una massa di oltre 5 volte superiore a quella di Giove.

Fra i sistemi con un solo pianeta conosciuto, spicca GSC 03466-00819, una nana arancione con un pianeta che possiede 75 volte la massa terrestre. Di grande interesse scientifico anche il pianeta HD 8606 b, che nel gennaio del 2010 ha registrato uno strano aumento della sua temperatura superficiale di ben 700° in appena sei ore.



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