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lunedì 7 dicembre 2015

LA STELLA DI BETLEMME

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« Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella (tòn astéra en têi anatolêi) e siamo venuti per adorarlo".
All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.
Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele".
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella (o astér), che avevano visto nel suo sorgere (en têi anatolêi), li precedeva (proêghen autoús), finché (eôs) giunse e si fermò sopra (estáthe epáno) il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. »   (Matteo 2,1-12.16)
Come si può constatare, il racconto biblico non corrisponde esattamente alla comune tradizione popolare cristiana e contiene, invece, utili dettagli che occorre sottolineare:

Il testo non specifica quanto tempo dopo la nascita di Gesù fossero arrivati a Betlemme i Magi, né che Gesù e i suoi si trovassero ancora nel ricovero di fortuna (la "stalla") dove aveva avuto luogo il parto. Dal vangelo secondo Luca sappiamo che Giuseppe, Maria e Gesù rimasero a Betlemme almeno 40 giorni, cioè sino alla Presentazione al Tempio. La visita dei Magi e l'immediatamente successiva fuga in Egitto dovrebbero aver avuto luogo dopo questo evento, in contrasto con la tradizione liturgica, che lascia solo dodici giorni fra Natale ed Epifania. Questa posizione è sostenuta da alcuni autori che hanno proposto l'armonizzazione degli eventi raccontati dai Vangeli;
Non si dice né che i Magi fossero re, né quale fosse il loro numero e il loro nome;
Il termine "magi" indica l'appartenenza a una casta sacerdotale di astrologi zoroastriani, il cui centro più importante era Babilonia. Le parole en têi anatolêi (= "al suo sorgere") possono anche essere tradotte "in Oriente", rafforzando l'indicazione della provenienza dei Magi (a oriente di Gerusalemme c'era Babilonia e più in là la Persia);
Alternativamente la traduzione di en têi anatolêi come "in oriente" potrebbe indicare che la stella splendeva a est. Dato che più tardi, a Gerusalemme, la stella risulta splendere a sud, questa traduzione favorirebbe l'interpretazione della stella come una cometa;
Matteo, però, usa il termine "astér", più adatto per una stella che per una cometa;
Il testo non dice affatto che i Magi siano arrivati a Gerusalemme seguendo la stella, ma soltanto che la vista della stella li indusse a cercare notizie alla corte di Erode sulla nascita di un re dei Giudei;
Solo grazie ai Magi Erode fu informato della nascita di Gesù. Ciò potrebbe indicare che l'interpretazione dello (o degli) eventuali eventi astrologici non era ovvia per gli astrologi ellenistici, mentre era più chiara per quelli caldei.
I Magi "provarono una grandissima gioia" perché la posizione della stella corrispondeva proprio alla direzione di Betlemme, non perché fosse ricomparsa dopo un temporaneo occultamento. Il testo non afferma, ma non esclude, che la stella sia rimasta ininterrottamente visibile per tutto il viaggio (come necessario se fosse stata una cometa o una nova);
La stella splendeva a sud di Gerusalemme (questa, infatti, è la direzione di Betlemme);
Non si afferma neppure che la stella si sia fermata sopra la capanna (come nei presepi), ma solo che si trovava sopra la località di Betlemme;
L'indicazione che la stella stava sopra il luogo dove si trovava Gesù può avere molti significati. In testi coevi l'indicazione estáthe epáno è utilizzata per comete la cui coda è diretta verso l'alto. Secondo Mario Codebò, infine, il testo greco è ambiguo e potrebbe essere tradotto in modo completamente diverso da quello solito (inaugurato nella traduzione latina di San Gerolamo). Ad esempio il vangelo di Matteo potrebbe semplicemente dire che l'aurora sorse proprio quando i Magi arrivarono a Betlemme (la stella, quindi, non si fermò ma scomparve per la troppa luce);
L'uccisione di tutti i bambini di età inferiore ai due anni indica che l'evento o la sequenza di eventi significativi era iniziata ben due anni prima.



Evento celeste enigmatico che ha fatto speculare per più di duemila anni, la Stella di Betlemme è stata araldo della nascita del Messia. Per secoli santi, studiosi e astronomi si sono interrogati su questo corpo celeste. Era una cometa? Una supernova? Una congiunzione di pianeti, forse in una costellazione? Una luna o un pianeta nano catturato brevemente dalla gravità terrestre? Un pianeta o una stella fluttuante? Era un corpo celeste che sfidava le leggi note della fisica e della natura, come l'eclissi del primo Venerdì Santo? O aveva un'origine divina come la gloria shekinah che ha portato i figli di Israele fuori dall'Egitto all'epoca di Mosè?

Questa stella era stata preannunciata nell'Antico Testamento: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set, Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà i suoi nemici e farà perire gli scampati da Ar” (Numeri 24:15-19).

La Cometa di Halley passa vicino alla Terra ogni 76 anni; è apparsa nei cieli notturni nell'anno 12 o 11 a.C.. Visto che si pensa che Gesù di Nazareth sia nato tra il 7 e il 4 a.C., queste apparizioni precedono di troppi anni quella data, e quindi la Cometa di Halley non poteva essere la stella. La maggior parte degli studiosi e degli storici ritiene che Erode il Grande sia morto nel marzo del 4 a.C., il che di per sé elimina la Cometa di Halley come possibilità.

Gli astronomi cinesi e coreani hanno registrato una cometa rispettivamente nel 5 e nel 4 a.C., nella costellazione del Capricorno. Sono state osservate per 70 giorni e si è notato che “non si muoveva” (i cinesi la chiamavano “sui-hsing”, o stella con una coda piangente. Per i coreani era una “po-hsing”, o stella a cespuglio).

Nel suo dipinto dell'Adorazione dei Magi, Giotto ritrae una cometa come Stella di Betlemme; Giotto aveva visto la Cometa di Halley nel 1301. Anche se il Padre della Chiesa Origene (che cadde nell'eresia) affermò “Riteniamo che la stella che venne vista in Oriente fosse una nuova stella, diversa da qualsiasi altro corpo planetario ben noto, sia quelli nel firmamento in alto che quelli nell'orbe più in basso, ma che partecipava della natura di quei corpi celesti che appaiono a volte, come le comete…”

Nel mondo antico, ad ogni modo, le comete venivano viste come oscuri presagi. Nel 66 d.C., la Cometa di Halley venne registrata da Flavio Giuseppe come qualcosa che “incombeva su Gerusalemme come una spada insanguinata”; quell'anno iniziò la prima guerra ebraico-romana. È improbabile, quindi, che una cometa potesse essere vista dagli antichi come portatrice di buone notizie – la nascita del Messia. Sicuramente i Magi non si sarebbero rallegrati vedendo una cometa.

La Stella era una congiunzione planetaria, forse in una costellazione significativa per gli antichi? Il famoso astronomo Giovanni Keplero propose questa teoria nel 1614, quando determinò che nel 7 a.C. si erano verificate tre congiunzioni dei pianeti Giove e Saturno.

Keplero, tuttavia, pensava erroneamente che una congiunzione planetaria potesse creare una supernova. In quell'anno, Saturno e Giove erano abbastanza lontani, per cui non sarebbe stato possibile notare una congiunzione di questo tipo.

Oggi sappiamo che nel 6 a.C. c'è stata una congiunzione di Marte, Giove e Saturno, e che nel 3 a.C. Giove e Venere si sono avvicinati nella costellazione del Leone. Giove si è avvicinato anche alla stella Regolo alla fine del 3 e nel 2 a.C.. Anche se c'era una serie di congiunzioni planetarie e stellari nella cornice di tempo accettata come quella della nascita di Gesù, questa teoria deve essere respinta malgrado il significato che aveva per gli astronomi e gli astrologi dei tempi antichi.

In primo luogo, le congiunzioni non erano e non sono così rare. In secondo luogo, la Bibbia usa specificatamente il singolare, parlando di “stella”, e non il plurale. In terzo luogo, sia la Bibbia che la Chiesa condannano l'astrologia e l'idea che le stelle guidino il nostro destino. Deve esserci stato qualcosa di straordinario e insolito in questa stella perché San Matteo la menzionasse nel suo Vangelo.

La possibilità che la Stella di Betlemme fosse una supernova o un'ipernova è affascinante. Una supernova è un'esplosione di una stella gigante massiccia che può brillare con lo splendore di oltre dieci miliardi di soli; un'ipernova è ancor più brillante. La supernova avvistata nel 1054 – ironicamente lo stesso anno in cui la Chiesa cattolica e quella ortodossa si sono separate – e ora chiamata “Nebulosa Granchio” era abbastanza brillante da poter essere vista di giorno. Le supernove che si possono vedere ad occhio nudo sono piuttosto rare, e questo supporta la teoria per la quale la Stella fosse questo fenomeno, naturale anche se raro.

Il problema è che a parte la possibile comparsa di una supernova nell'anno 5 a.C. (anche se la maggior parte degli osservatori ha stabilito che era una cometa), la prima osservazione nota e registrata di una supernova risale al 185 d.C. da parte degli astronomi cinesi; oggi è conosciuta dagli astronomi come il guscio gassoso RCW 86. Una supernova lascia anche una nubulosa visibile agli astronomi su certe zone del cielo, e non se ne trova nessuna che potesse trovarsi nella regione di Betlemme. Quasi 200 anni in ritardo, senza aurora evidente – questi fattori escludono che questa supernova fosse la Stella di Betlemme.



Probabilmente la spiegazione più convincente da un punto di vista scientifico è la teoria di un pianeta o stella errante. Noti anche come pianeti vaganti, pianeti nomadi, pianeti orfani o pianeti interstellari, sono sfere extraterrestri che non sono mai state catturate dalla gravità di una stella o che sono state vittime di un'espulsione cosmica dai sistemi solari in cui si sono formate. Continuano a vagare nella galassia senza meta. Finora gli astronomi hanno scoperto una manciata di questi pianeti e ce ne sono molti altri. Il più vicino alla Terra è WISE 0855–0714, a circa sette anni luce di distanza. Si pensa che le stelle vaganti o intergalattiche siano il risultato di collisioni di galassie che proiettano stelle nella vastità dello spazio; sono state osservate nella costellazione della Vergine. L'unico problema riguardo a questa teoria è che un pianeta o una stella vagante non potrebbe arrivare sufficientemente vicino alla Terra senza “sconvolgere” l'atmosfera, i i venti e gli oceani – tutti eventi geofisici importanti di cui non vi è traccia nel passato, anche se, se fossero sufficientemente brillanti, potrebbero essere visti da una ragguardevole distanza.

Altri elementi interessanti da notare: le tre stelle che compongono la cintura della costellazione di Orione (Alnitak, Alnilam e Mintaka – arabe in origine) sono spesso chiamate “I tre re” o “I Magi” in onore degli uomini che venivano da lontano. In una chiara notte nell'emisfero settentrionale, questa costellazione può essere vista nel cielo meridionale invernale. Se seguite la linea della cintura di Orione verso sud, vedrete la luminosissima stella blu Sirio (anche nota come Stella del Cane), la più brillante stella del cielo notturno. È come se i Magi stessero seguendo la “Stella di Betlemme” per sempre.

Nella settimana di Natale, l'Ammasso Alveare (in latino il Presepe, alveare, Mangiatoia) nella costellazione del Cancro può essere osservato nel cielo orientale, mentre la costellazione del Cigno (la Croce del Nord) può essere vista in occidente. È l'unico periodo dell'anno in cui la Mangiatoia e la Croce possono essere viste in cielo nello stesso momento.

La dicitura comunemente più diffusa per indicare la stella di Betlemme è la contraddittoria stella cometa, che accorpa due corpi celesti completamente dissimili tra loro: la stella è di grandi dimensioni, si trova a enormi distanze dal sistema solare e nel firmamento appare fissa e puntuale; la cometa è di piccole dimensioni, si trova all'interno del sistema solare e nel firmamento appare mobile e con una forma e dimensione non puntuale.

La storicità del racconto è discussa. Storici non-cristiani e alcuni biblisti cristiani lo vedono come un dettaglio di un racconto midrashico di carattere haggadico. Altri biblisti cristiani ne ammettono la veridicità storica. Altri identificano la stella con una triplice congiunzione di Giove, Saturno e Marte verificatasi nel 7 a.C. nella costellazione dei Pesci.

Già nell'antichità le opinioni dei cristiani erano discordi, anche perché le opinioni dei filosofi sulla natura dei corpi celesti erano confuse. Secondo il filosofo ebreo Filone di Alessandria e prima di lui Platone e gli Stoici, le stelle "sono creature viventi, ma di un genere interamente spirituale". Perfino Aristotele espresse giudizi contraddittori sull'argomento. L'identificazione delle stelle con gli angeli traspare in molti testi biblici o della letteratura giudaica. Perciò diversi padri della chiesa, fra cui Giovanni Crisostomo, non videro alcuna contraddizione nel fatto che una stella, cioè un angelo, scendesse in terra a guidare i Magi sino alla stalla di Gesù, secondo la narrazione popolare e in analogia alla guida data a Israele durante l'Esodo (14,19; 23,20; 32,34; 33,2.

Una linea di pensiero completamente diversa compare in Origene di Alessandria, che sostenne che dovesse trattarsi di un evento naturale e non miracoloso. San Gerolamo, poi, combatté l'idea che le stelle potessero essere angeli e finalmente nel 553 il Concilio di Costantinopoli II escluse tassativamente che i pianeti o le stelle potessero avere un'anima.

La maggior parte degli esegeti antichi, quindi, interpretarono la stella come un fenomeno celeste inanimato, naturale o portentoso, ma senza identificarlo con una cometa. Nell'iconografia cristiana antica, infatti, la stella non è mai rappresentata con la coda. L'esempio più antico è un affresco delle Catacombe di Priscilla (III-IV secolo).

La comune rappresentazione a forma di cometa e la dicitura "stella cometa" risalgono al fatto che Giotto, impressionato dal passaggio della Cometa di Halley nel 1301, la disegnò appunto come una cometa dalla lunga coda nella Cappella degli Scrovegni a Padova. A partire dal XV secolo il particolare ha avuto una straordinaria fortuna artistica, in particolare nelle rappresentazioni della Natività e del presepe.

La coda risponde al desiderio di rappresentare un oggetto celeste che indichi una direzione, in accordo con la lettura popolare del testo evangelico.

La presenza di una stella alla nascita di Gesù è un simbolo messianico. Il riferimento biblico è la profezia di Balaam su una stella, che sarebbe spuntata da Giacobbe Nm 24,17. Benché la stella sia stata spesso identificata col Re Davide, già prima della nascita di Cristo alcuni ebrei l'avevano identificata col Messia. Nel secondo secolo Origene ed Ireneo di Lione richiamarono questa profezia proprio in relazione alla Stella di Betlemme. L'identificazione messianica è ancora più chiara nella versione dei LXX (quella normalmente utilizzata dagli evangelisti), in cui lo "scettro", che sorge in Israele, è tradotto in greco con "uomo".

In accordo con la profezia di Balaam, il tema della "luce" compare in molte altre profezie tradizionalmente applicate al Messia, fra cui quella a cui questo passo è maggiormente collegata Is 60,1-6.

Il carattere "nazionalistico" della profezia di Baalam potrebbe essere il motivo per cui la stella non compare nel vangelo di Luca, diretto ai "gentili" e agli ebrei ellenizzati.

Alcuni biblisti moderni seguono tuttora le tesi di Giovanni Crisostomo sopra delineate, integrandole con il metodo storico-critico di lettura dei testi biblici: la stella di Betlemme, quindi, potrebbe essere una invenzione narrativa appartenente al genere letterario ebraico del midrash. Il narratore avrebbe semplicemente voluto affermare in modo indiretto che Gesù era il Messia annunciato dall'Antico Testamento e avrebbe utilizzato a questo scopo gli stessi elementi simbolici usati dai profeti, senza probabilmente avere né la consapevolezza, né l'intenzione di introdurre elementi soprannaturali, che secoli dopo  molti lettori avrebbero considerato inverosimili.

Gli indizi astronomici utilizzati per spiegare la narrazione del vangelo di Matteo sono di due tipi: eventi astronomici eccezionali di grande effetto visibile come il passaggio di una cometa o il formarsi di una supernova oppure congiunzioni planetarie di speciale significato astrologico.

Queste ultime spiegherebbero meglio come i Magi abbiano potuto capire di doversi recare proprio a Gerusalemme, dato che l'orientamento di ogni stella o evento astronomico rispetto ai punti cardinali cambia continuamente per effetto della rotazione terrestre; solo la stella polare resta fissa. Un evento astronomico naturale, quindi, non potrebbe indicare la direzione da Babilonia a Gerusalemme e infatti solo per il brevissimo tratto fra Gerusalemme e Betlemme (8 km) Matteo dice che la stella "precedeva" i Magi, indicando che essa si trovava in direzione sud nell'ora di approssimata durata dell'ultimo tratto di viaggio.

L'ipotesi di un evento eccezionale è in accordo con la descrizione fornita dal Protovangelo di Giacomo, uno scritto apocrifo del secondo secolo, secondo cui la Stella era “tanto brillante da far scomparire le altre stelle”. La fonte, tuttavia, non è sufficientemente attendibile da considerare vincolante questo dettaglio. Un evento eccezionale, inoltre, sarebbe stato notato da tutti ed Erode non avrebbe avuto bisogno di chiedere ai Magi la data precisa di inizio dell'evento. L'evento eccezionale, se davvero ebbe luogo, deve essere stato preceduto da altri eventi astronomici, il cui significato era comprensibile solo da astrologi.

L'ipotesi che la stella di Betlemme fosse una cometa, o qualcosa di simile, risale a Origene, che non si basa su tradizioni precedenti, ma suppone che si sia trattato di una nuova "stella", cioè di un evento eccezionale, probabilmente allo scopo di non deviare dal rifiuto della pratica astrologica, consueto fra i cristiani. Origene cita il perduto trattato "Sulle comete", scritto dal precettore di Nerone, Cheremone, secondo il quale era prassi accettata che l'apparizione di comete o nuovi astri segnalasse la nascita di importanti personaggi ed era quindi plausibile che i Magi si fossero messi in viaggio al suo apparire.

Alcuni studi, invece, hanno trovato traccia di esplosione di supernove:

Nel 1977 un gruppo di ricercatori inglesi (Clark, Parkinson e Stephenson) hanno rilevato che gli annali astronomici cinesi registrano nel marzo del 5 a.C. l'apparizione di un oggetto brillante, probabilmente una nova, che rimase visibile per circa 70 giorni tra le costellazioni dell'Aquila e del Capricorno. Si tratta quasi certamente di un oggetto rilevato anche dagli astronomi coreani, anche se le loro registrazioni contengono imprecisioni, dovute verosimilmente ad errori di trascrizione. Se i Magi si misero in viaggio dalla Mesopotamia al suo apparire, poterono raggiungere la Giudea in aprile/maggio: in quel periodo, all'alba era visibile da Gerusalemme in direzione sud, cioè verso Betlemme, in perfetta corrispondenza con il racconto evangelico.
Una recente ipotesi suggerisce che la stella di Betlemme fosse una supernova o una ipernova, le cui tracce sono state scoperte nei pressi della galassia di Andromeda. La datazione di questo evento non è attualmente possibile, ma potrebbe diventarlo col progresso della tecnologia. Frank Tipler, però, osserva che una supernova in Andromeda spiegherebbe in modo letterale un aspetto misterioso del vangelo di Matteo: il fermarsi della stella proprio sopra Betlemme. Il "fermarsi" indicherebbe il raggiungimento dello zenit, istante in cui la stella cessa di fornire una indicazione direzionale.

A titolo illustrativo, riassumiamo alcune possibilità:

David Hughes e più recentemente Simo Parpola collocano tutti gli eventi nell'autunno del 7 a.C.; la nascita di Gesù sarebbe avvenuta in corrispondenza alla congiunzione equinoziale (6 ottobre), mentre l'arrivo dei Magi sarebbe da collocarsi in corrispondenza all'ultima congiunzione nei primi giorni di dicembre. Il pregio di questa proposta è che essi avrebbero osservato a Gerusalemme proprio un nuovo verificarsi dell'evento che avevano osservato in patria in accordo con Mt 2,10. Dato che la prima congiunzione si era verificata solo sei mesi prima, resta incerto il motivo per cui Erode avrebbe fatto uccidere tutti i bambini di Betlemme con meno di due anni;
Michael Molnar enfatizza solo gli eventi del 6 a.C. e il ruolo di Giove, collocando la visita dei Magi nel dicembre di quell'anno;
Per diversi autori, fra cui più recentemente Colin Humphreys, gli eventi del 7 e del 6 a.C. avrebbero avuto solo un ruolo di "allerta astrologica", mentre la nascita di Cristo avrebbe avuto luogo solo in coincidenza con (o poco dopo) la cometa/supernova del marzo 5 a.C. Dato che la "cometa" fu osservata dagli astronomi cinesi per 70 giorni, i Magi ebbero tutto il tempo per osservare la sua prima comparsa, decidere di mettersi in viaggio ed arrivare a Gerusalemme entro i due mesi successivi. Questa soluzione spiega il comportamento di Erode, al prezzo di introdurre due eventi, mentre il vangelo parlerebbe solo del secondo.
Proviamo, infine, a collocare la Natività il 25 dicembre del 6 a. C., una data il cui anno raccoglie grande consenso fra gli storici e il cui giorno accontenta anche i credenti tradizionalisti. Alcuni dei dati astronomici sopra discussi si collocano nella narrazione biblica come segue:
settembre-ottobre 7 a.C.: Annuncio dell'angelo a San Zaccaria e concepimento del Battista; avvio della catena di eventi che conduce alla nascita di Gesù (circa 180 giorni prima del concepimento di Gesù secondo Luca);
congiunzione di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci (la congiunzione astrologicamente più importante perché anche il sole era allineato con la terra e i pianeti, pur trovandosi nella costellazione della Vergine).
marzo-aprile del 6 a.C.: Annunciazione a Maria e concepimento di Gesù (circa 266 prima del Natale);
Nel febbraio Marte raggiunge Giove e Saturno nella Costellazione dei Pesci, congiunzioni di Marte con Saturno e di Giove con la Luna e successivo occultamento di Giove da parte della Luna nella costellazione dell'Ariete (17 aprile).
2 febbraio del 5 a.C.: Presentazione al Tempio, durante la quale Simeone il Vecchio pronuncia il Nunc dimittis (40 dopo Natale per obbedire la legge mosaica), seguita in data imprecisata dalla visita dei Magi;
L'esplosione di una supernova (o la comparsa di una cometa) in marzo annuncia ai Magi la realizzazione della profezia significata dalla misteriosa triplice congiunzione di due anni prima, spingendoli a partire per Gerusalemme; la profezia di Michea e la luce della stella li guidano a Betlemme. Erode uccide tutti i nati dall'avvio della triplice congiunzione (maggio 7 a.C.).
Altre sette congiunzioni, molto significative dal punto di vista astrologico, ebbero luogo negli anni 3-2 a.C (cioè nei due anni antecedenti la presunta data di nascita di Gesù secondo la tradizione cristiana connessa con la storia). Tre di esse implicarono sempre Giove, con la stella Regolo della costellazione del Leone, anch'essa un simbolo regale. Altre, verificatesi sempre nei pressi di Regolo, implicarono Venere e altri pianeti, fra cui Marte e Mercurio.

Particolarmente interessante è la congiunzione di Giove con Venere verificatasi il 17 giugno del 2 a.C. Essa si verifico nella costellazione del Leone (simbolo della tribù di Giuda seconda la Genesi Gen 49,9) e precisamente nei pressi di Regulus (nome che significa "piccolo re"). Se essa viene interpretata come un'indicazione celeste del concepimento di Gesù, la sua nascita cadrebbe circa alla Pasqua del successivo anno 1 a.C. (6 aprile). Una nascita in occasione di questa festa, quando tutti i giudei dovevano recarsi a Gerusalemme, spiegherebbe come mai non si trovò posto per Giuseppe e Maria a Betlemme (Luca 2,7) e si accorderebbe con il pernottamento all'addiaccio dei pastori meglio di una nascita in dicembre.

Tra le varie rappresentazione del periodo natalizio, una delle più curiose è la Stella di Miranda a Terni che risulta essere la rappresentazione della stella cometa più grande al mondo con i suoi 105 metri di diametro esterno della stella, 305 metri di lunghezza della coda per una superficie complessiva di 30000 metri quadri.



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sabato 25 luglio 2015

LA STELLA DI DAVIDE

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Questo simbolo si pensa provenga da antichi trattati ermetici e molti gruppi iniziatici e popoli del mondo che lo hanno usato ne hanno attribuito un'importanza e un significato diverso. Dall'antico testo di Ermete Trismegisto emerge il significato: "Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della realtà Una. E poiché tutte le realtà sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le realtà sono nate da questa realtà unica mediante adattamento". L'incontro dei due triangoli simboleggia l'unione perfetta dello spirito e della materia. Tutto ciò che esiste e si manifesta nel mondo fenomenico degli effetti è un riflesso del mondo invisibile delle cause che vi sono in principio, il microcosmo e il macrocosmo si compenetrano vicendevolmente e sono uno lo specchio dell'altro. Rappresenta anche l'unione e l'equilibrio del principio maschile (triangolo con la punta verso il basso) e il principio femminile (triangolo con la punta verso l'alto) in sè stessi.

La forma della stella è un esempio dell'esagramma, un simbolo significativo anche per altri popoli. È ottenuta dall'incrocio di due triangoli equilateri (aventi quindi tre angoli uguali di 60° ciascuno) e di eguali dimensioni, uno col vertice rivolto verso l'alto e il secondo col vertice rivolto verso il basso. L'esagramma è da datarsi anteriormente all'utilizzo degli ebrei. Fuori dal sistema giudaico viene utilizzato prevalentemente nell'occultismo.

L'esagramma è un antico simbolo che si trova anche in antichi templi Indiani col nome di Shatkona. Simboleggia il Nara-Narayana, o il perfetto stato meditativo dell'equilibrio tra l'Uomo e Dio, che, se mantenuto, porterebbe nel "Moksha", o "Nirva?a" (liberazione dai limiti del mondo terrenale e le sue trappole materialistiche).

Un'altra teoria sull'origine della forma è da reperirsi semplicemente in 2 delle 3 lettere ebraiche del nome David. Nella scrittura ebraica Davide è scritto solo con 3 caratteri, due dei quali sono la "D" (o "Dàleth" in ebraico). Nei tempi antichi questa lettera veniva scritta in modo molto simile a un triangolo, più o meno come la lettera greca "Delta" con la quale condivide il suono e la stessa posizione (quarta) nei rispettivi alfabeti come anche la D in italiano e negli altri alfabeti occidentali. Il simbolo poteva essere un semplice stemma della famiglia formato ribaltando e sovrapponendo le due più importanti lettere del nome del capostipite.



Alcuni ricercatori hanno anche teorizzato che la Stella di David rappresenti la situazione astrale al momento della nascita di David o della sua incoronazione e alcune recenti ricerche sembrerebbero dimostrare che il ritorno di quella situazione astrale fosse anche il segno nuovamente atteso per la venuta del Messia, realizzatosi all'avvento di Gesù di Nazareth. In altre parole, la famosa stella vista dai Magi sarebbe proprio la Stella di Davide. In effetti, la Stella di Davide è altresì conosciuta come la Stella del re nei circoli astrologici e fu pure un simbolo astrologico nello Zoroastrismo.

In antichi papiri, i pentagrammi, insieme a stelle ed altri simboli, era spesso reperibile su amuleti con il nome ebraico di Dio, e veniva usato per proteggere dalla febbre e da altre malattie. Stranamente non si trovava l'esagramma su questi amuleti. Nel Grande papiro magico a Parigi e a Londra possiamo trovare 22 simboli per parte ed un cerchio con dodici simboli, ma non sono reperibili pentagrammi o esagrammi.

Quindi, con tutta probabilità non fu il sincretismo delle influenze ellenistica, ebraica e copta a originare il simbolo. È possibile che sia stata la Kabbalah a far derivare il simbolo dai Templari, ma questo ipotizzerebbe un'origine molto posteriore alla datazione accertata (almeno il III secolo a.C.). La "Pratica" della Kabbalah fa uso di questo simbolo ordinando le dieci Sephiroth, sul simbolo e mettendolo sugli amuleti. Comunque, il simbolo non si trova sui classici testi kabbalistici come lo Zohar, gli scritti del rabbino Isaac Luria e altri similari. Pertanto si può dire che questo utilizzo nel diagramma sefirotico non è nulla più di una reinterpretazione di simboli magici preesistenti.

Un'etimologia popolare sarebbe quella secondo cui la Stella di David venne letteralmente tratta dallo scudo del giovane guerriero Davide (che poi sarebbe diventato il re David). Per risparmiare metallo, lo scudo sarebbe stato fatto con un supporto metallico di due triangoli incrociati con una copertura in pelle. Non vi è chiaramente alcuna prova storica evidente dell'esattezza di questa pur acuta etimologia popolare. L'interpretazione tradizionale vede un triangolo "acquoso " e "femminile" con il vertice rivolto verso il basso ed uno "focoso" e "maschile" con il vertice rivolto verso l'alto. In un secondo tempo, superato questo dualismo, la cosmologia cominciò a parlare dei quattro elementi costituenti l'universo. Il triangolo con il vertice rivolto verso l'alto indicava l'"aria" e quello con il vertice verso il basso la "terra".

Lo Scudo di Davide non viene menzionato nella letteratura rabbinica antica. È degno di nota, però, che non ci sono prove archeologiche dell'utilizzo di questo simbolo nella Terra Santa nei tempi antichi, anche dopo i tempi del re David. Gli studiosi concordano nel fatto che anche durante il periodo del Secondo Tempio lo Scudo di Davide non era un simbolo largamente riconosciuto in Israele. Un ipotetico Scudo di Davide comunque è stato recentemente notato su una Lapide ebraica a Taranto datata verso il III secolo a.C.
Leggende ebraiche fanno collegare il simbolo al Sigillo di Salomone, il magico anello con sigillo usato dal re Salomone per controllare i demoni e gli spiriti. Le leggende ebraiche collegano il simbolo anche ad uno scudo magico teoricamente posseduto dal re Davide che lo avrebbe protetto dai nemici.

Gli studiosi hanno proposto anche che possa essere una reliquia delle pratiche religiose dell'Antico Egitto, adottato dagli israeliti che avevano a che fare con l'occultismo e il sincretismo non prima del periodo del re Salomone.

La prima citazione della letteratura ebraica dello Scudo di Davide è l'Eshkol ha-Kofer del Karaita Giuda Hadassi (metà del XII secolo EV) ed afferma nel capitolo 242: «Sette nomi di angeli precedono la mezuzah: Michele, Gabriele, ecc. ... Tetragramma li protegge tutti! E anche il simbolo chiamato 'Scudo di David' è posto a lato del nome di ogni angelo.» Era quindi anche questa volta un simbolo su di un amuleto.

Nelle sinagoghe, forse, prese il posto della mezuzzah, e il nome "stella di Davide" potrebbe essergli stato dato in virtù dei suoi presunti poteri protettivi. L'esagramma potrebbe essere stato utilizzato all'inizio anche come ornamento delle sinagoghe, com'è successo, per esempio, anche nelle cattedrali di Brandeburgo e Stendal, sul Marktkirche ad Hannover e sul sagrato del duomo di Vigevano. Un simbolo in questa forma è stato ritrovato anche sull'antica sinagoga di Tell Hum. A Cafarnao si ritrova nelle decorazioni marmoree della sinagoga del V sec. d.C., assieme al pentagramma.

Nel 1354, il Re di Boemia Carlo IV prescrisse per i Giudei di Praga una bandiera rossa con sia lo scudo di Davide che il sigillo di Salomone. La bandiera rossa con la quale i Giudei incontrarono il Re Mattia Corvino nel XV secolo aveva due pentagrammi con due stelle d'oro (Schwandtner, Scriptores Rerum Hungaricarum, ii. 148). Infatti, nel 1460, gli ebrei di Budapest, ricevettero il re Mattia Corvino con una bandiera rossa con due Scudi di David e due stelle. Il pentagramma, perciò, era evidentemente in uso anche tra gli Ebrei. Si può vedere in un manoscritto già dall'anno 1073. Nel primo libro di preghiere in ebraico, stampato a Praga nel 1512, un grande Scudo di David appariva sulla copertina. Nel colofone del libro venne scritto: «Ogni uomo sotto la sua bandiera concorda con la casa dei suoi padri... e merita di conferire un dono benigno su ognuno che porta lo Scudo di Davide». Nel 1592, a Mordechai Maizel venne dato il permesso di esporre «una bandiera del re David simile a quella della Sinagoga Principale» nella sua sinagoga a Praga. Nel 1648 ai giudei di Praga venne di nuovo dato il permesso di esporre una bandiera come ricompensa per aver partecipato alla difesa della città contro gli Svedesi. Su uno sfondo rosso compariva uno Scudo di David in giallo al centro del quale stava una stella svedese.

La Stella di David può essere trovata sulle lapidi degli ebrei religiosi fin da centinaia di anni fa in Europa, ed è universalmente accettata come simbolo del popolo ebraico. A conseguenza dell'emancipazione giudea dopo la Rivoluzione francese, le comunità ebraiche scelsero la Stella di David per rappresentarsi, un po' come la croce usata dalla maggioranza dei cristiani.

Alcuni gruppi di ebrei ortodossi rifiutano l'uso dell'esagramma a causa della sua relazione con la magia e l'occulto e non lo riconoscono come un simbolo ebraico. Alcuni gruppi di Haredi, chiamati Neturei Karta, lo rigettano a causa dell'associazione comune col Sionismo.

Diverse sinagoghe degli ortodossi moderni, e anche numerose sinagoghe di altri movimenti ebrei, espongono comunque la bandiera di Israele con la Stella di David in evidenza di fronte alle sinagoghe e vicino all'arca contenente i rotoli della Torah.

La Bibbia non fa nessuna menzione diretta della Stella di Davide. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 528, riferisce che "I magi venuti a Gerusalemme per adorare il re dei Giudei ... alla luce messianica della stella di Davide, cercano in Israele colui che sarà il re delle nazioni". È evidente che in questo contesto non si sta parlando di un particolare simbolo a forma di esagramma, quanto della nuova stella come simbolo biblico dell'ascesa regale della casata di Davide (Cfr. Nm 24,17-19: la visione di Balaam).

Fino al XIX secolo la Stella di Davide appare sporadicamente come motivo puramente ornamentale anche in chiese o altri edifici sacri cristiani. A partire dall'Ottocento, invece, crebbe una certa perplessità di fronte all'impiego di questo simbolo, che progressivamente veniva sempre più connotato come identificativo dell'ebraismo, se non addirittura come un richiamo all'occultismo o alla simbologia massonica. Alcune chiese relativamente recenti presentano tuttavia ancora la Stella di Davide come motivo ornamentale (si pensi al timpano nella facciata neogotica della Basilica di Santa Croce a Firenze o al rosone centrale della chiesa di San Marco a Milano). Ad ogni modo, il suo utilizzo negli edifici di culto cattolici rimane sempre raro. Curioso è il fatto che la stella di Davide sia riproposta nella Galleria Umberto I di Napoli, posta di fronte al Teatro S. Carlo. Sul tamburo della cupola, decorato con finestre, è infatti presente il simbolo della stella.

Parecchi cristiani, specialmente tra gli anglicani indipendenti, i battisti, ed altri protestanti, appoggiano dichiaratamente lo Stato di Israele, sulla base della convinzione che Dio abbia stabilito un patto con gli israeliti in cui è stabilito che la Terra di Israele debba rimanere in loro possesso. Ecco per quale motivo si possono vedere Stelle di David (o altri simboli ebraici) nelle loro chiese e in particolar modo nelle vetrate. Un esempio di ciò è la stella incastonata nel soffitto della Cattedrale nazionale di Washington.

Il Davidiani hanno fede nella restaurazione del regno davidico in Israele prima della seconda venuta di Cristo (Avvento o Parusia) nelle nuvole del cielo e il riferimento al ramo davidico non è dato dal nome del capo della setta David Koresh ma basato sul Libro di Isaia 11:1) al biblico ''Albero di Jesse'', (che compare nella stemma ufficiale utilizzato dai Davidiani, all'interno di una stella di David, il padre di re Davide, dal quale sarebbe disceso il Messia Gesù. Koresh, il re Ciro II di Persia, è la figura del gentile che aiuta gli ebrei a far ritorno in Palestina. Victor Houteff ha diretto i Davidiani a lavorare per la riforma della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno esclusivamente, in preparazione di un grande afflusso di convertiti, quando la chiesa sarebbe divenuta in uno stato più puro.

La Stella di David viene anche utilizzata, anche se più raramente, dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, principalmente in architettura. Simboleggia le Tribù d'Israele e l'amicizia e l'affinità con il popolo ebreo. Inoltre, alcuni teologi indipendenti SUG come l'ebreo-SUG Daniel Rona hanno avanzato la possibilità che la Stella di Davide venne creata dopo gli Urim e Tummim, ma questa non è comunque la dottrina ufficiale della Chiesa.

Un distintivo con una Stella di David e portato dai membri della Chiesa Cristiana di Sion, che conta più di tre milioni di membri ed è la più grande Chiesa africana istituita dell'Africa del sud.

Il professor Gershom Scholem teorizza che la Stella di Davide ebbe origine nei testi di Aristotele, che usò i triangoli in differenti posizioni per indicare i diversi elementi basici. I triangoli sovrapposti rappresentano così le combinazioni di elementi. Dai testi di Aristotele questi simboli sono arrivati fino alla letteratura araba pre-musulmana.

Gli arabi musulmani si interessavano di matematica ed erano attirati dalle storie bibliche ed islamiche. Difatti uno dei personaggi più importanti nella prima letteratura araba islamica era il Re Salomone (in arabo Sulayman). Il Talmud babilonese contiene una leggenda su Salomone rapito da Asmodeo, re dei demoni. Riuscì a rapire il re rubandogli il suo "sigillo di Salomone", anche se secondo il Talmud quel sigillo era semplicemente una moneta di metallo col tetragramma del nome divino scritto sopra. È possibile che il sigillo venisse alterato nelle storie arabe. La prima apparizione del simbolo nelle scritture ebree fu nei testi kabbalistici orientali, così è possibile che la Stella di David fosse un'alterazione del pentagramma mediante l'influenza araba.
In vari passaggi del Corano vi è scritto che David e Salomone fossero profeti e re, e pertanto sono figure riverite dai musulmani. I Beylik musulmani della Turchia e parte dei Giannizzeri, durante le dinastie qaramanide e Candaroglu usarono la stella sulle loro bandiere. Tuttora la stella si può trovare in moschee e in altri manufatti dell'arte islamica.

Una Stella di David, spesso di colore giallo, venne utilizzata dai nazisti durante la shoah come metodo di identificazione degli ebrei, e venne chiamata la Stella Ebrea. L'obbligo di portare la Stella di Davide con la parola jude (giudeo in tedesco) scritta sopra venne esteso a tutti gli ebrei al di sopra dei 6 anni nelle zone occupate dalla Germania dal 6 settembre 1941. In altri luoghi vennero utilizzate le parole della lingua locale (per esempio juif in francese, jood in olandese) Nella Polonia occupata gli ebrei vennero costretti a portare una fascia sul braccio con una Stella di Davide sopra, come anche una pezza davanti e dietro i propri indumenti.

Gli ebrei internati nei campi di concentramento vennero in seguito costretti a portare simili distintivi. I nazionalsocialisti obbligavano gli ebrei ad indossare vestiti con cucita la stella di David per farsi riconoscere.

Nella veste politico-sionista del simbolo, è stato e viene tuttora spesso bruciato in manifestazioni pubbliche che contestano la legittimità della costituzione dello Stato di Israele da parte dell'ONU.

Parimenti all'uso del termine pentalfa in luogo della stella araldica a cinque punte, esalfa è nell'araldica e in una piccola parte della vessillologia il nome usato per definire una stella a sei punte, come la Stella di Davide, ma non vuota e con semplici linee radianti.

Magen David Adom (Stella rossa di Davide) è la società di soccorso nazionale, competente per le emergenze sanitarie, per disastri, soccorso con ambulanza e servizio di banca del sangue di Israele, analoga alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale. A seguito dell'adesione di Israele al Terzo Protocollo Aggiuntivo (2005) alle Convenzioni di Ginevra, il Magen David Adom è entrato a far parte del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. La formalizzazione del riconoscimento del Magen David Adom quale membro del Movimento di CR/MR è avvenuta per acclamazione nel corso della XXIX Conferenza Internazionale della CR/MR, tenutasi a Ginevra nel 2006.



Stelle a sei punte sono state trovate anche come diagrammi cosmologici nell'Induismo, nel Buddismo e nel Giainismo. Le ragioni dietro a questa comune apparizione del simbolo nelle religioni Indiane e Occidentali sono perse nei misteri dell'antichità. Una possibilità potrebbe essere quella secondo cui queste abbiano un'origine comune, ma esiste anche la possibilità che artisti religiosi o adepti delle religioni di varie culture creassero indipendentemente la forma della Stella di Davide, che dopotutto è una semplice ed ovvia forma geometrica.

Nelle leggende indiane, la forma è generalmente consistente di due triangoli, uno che punta verso l'alto e l'altro verso il basso, bloccati in un abbraccio armonioso. I due componenti sono chiamati 'Om' e 'Hrim' in sanscrito, e simboleggia la posizione dell'uomo tra la terra e il cielo. Il triangolo rivolto verso il basso simboleggia Shakti e quello rivolto verso l'alto Siva. L'unione mistica dei due triangoli rappresenta la creazione.

I due triangoli insieme sono conosciuti anche come 'Shanmukha', ossia il sei-facce, che rappresenta le sei facce di Kartikeya, progenie di Siva e Shakti. Questo simbolo fa anche parte di diverse yantras e ha un profondo significato nei rituali indù dell'adorazione e della mitologia.

Nel Buddismo, alcune vecchie versioni del Bardo Thodol, altresì conosciuto come Il Libro tibetano dei morti, contengono una Stella di David con una svastica al suo interno. Ma questo non ha assolutamente nulla a che vedere con l'utilizzo della così chiamata Stella di Davide da parte delle religioni tibetane. Venne fatta dai pubblicatori per questa specifica pubblicazione. In tibetano, viene definita l' 'origine del fenomeno' (chos-kyi 'byung-gnas'). È soprattutto connessa col culto di Vajrayogini, e forma la parte centrale di Her mandala. In realtà è in tre dimensioni invece di due, anche se potrebbe essere stata solo disegnata in maniera differente.

A Nouga Kogen, nel Giappone centrale, si trovano resti di un monumento di un idolo antico (ora racchiuso in una piramide preservatrice) sul quale riposa una pietra che aveva su una Stella di Davide. Questa traccia riporta indietro all'antica credenza giapponese secondo la quale un "dio" dal cielo venne in un tempio a Nouga Kogen, lo stesso tempio dal quale la pietra venne trovata.

La Stella di David è usata come sigillo e come emblema della Società teosofica (fondata nel 1875). Anche se è maggiormente sfruttato, in realtà viene utilizzato con altri simboli religiosi, tra i quali la Svastica, l'Ankh, l'Aum e l'Ouroborus

Il Movimento Raeliano Internazionale (IRM), un movimento religioso-pacifista, usa un simbolo simile alla Stella di David. Questo simbolo, d'accordo con il fondatore dell'IRM, Rael, è da attribuirsi al fatto che secondo il credo dei raeliani il termine Elohim (Dio in ebraico) significhi invece "coloro che vengono dal cielo" e che quindi si tratti non dell'Onnipotente, bensì di extraterrestri tecnologicamente avanzati che mediante l'ingegneria genetica avrebbero sintetizzarono la vita sulla terra dalla materia inanimata in 7 laboratori base che contengono il simbolo.

Alcuni significati che introducono particolari variazioni di questo simbolo sono supportati dall'IRM, come il "ben fatto" (dove "svastica" significa "ben fatto" in Sanscrito) e "infinito temporalmente" (dovi gli Hindi vedono la svastica come simbolo per cicli "eterni"). Nel Movimento Raelista i due triangoli significano "come sopra, così sotto", che potrebbe riferirsi alla somiglianza tra il passato del creatore e i futuro della creatura o forse alla ripetuta struttura gerarchica dell'universo.

L'IRM ha un piano a lungo termine, ovvero costruire un tempio complesso o ambasciata che dovrebbe, nel periodo della Singolarità tecnologica, e prima del 2035, supportare l'arrivo di profeti delle maggiori e di alcune minori religioni dopo uno spettacolare ritorno da un viaggio interstellare. Rael (o l'Elohim, come direbbe lui) necessita che l'ambasciata contenga il "simbolo dell'Elohim". Il simbolo inizialmente usato dal Movimento raeliano diede inizio a una controversia riguardo alla proposta di costruire l'ambasciata raeliana in Israele dal momento in cui alla Stella di Davide venne aggiunta una svastica nel mezzo.

Il Sigillo di Salomone è un simbolo costituito da due Triangoli equilateri intrecciati, noto anche come Esagramma, Stella a Sei Punte o Esalfa. Il Sigillo di Salomone esprime l’unione del cielo e della terra, del mondo spirituale con il mondo materiale. E’ formato da due triangoli equilateri incrociati e, a volte, inscritti in un cerchio.

Il Triangolo con il vertice verso il basso rappresenta i due elementi pesanti, Acqua e Terra, il cui principio corporeo li fa tendere verso il basso, mentre il Triangolo con il vertice in alto rappresenta i due elementi leggeri e spirituali, Aria e Fuoco. Con l’incrocio dei due triangoli si forma un esagono centrale che rappresenta il cuore dell’uomo stabile in un equilibrio al centro del movimento spirituale e del movimento corporeo che permette di raggiungere la saggezza e la forza interiore. Inoltre quando è presente un punto all’ interno dell’esagono centrale, simboleggia l’unione di tutti gli elementi esistenti.
Il Sigillo di Salomone è un simbolo molto antico, reso noto a partire dal medioevo, quando assunse i caratteri di talismano. Il simbolo della Stella a Sei Punte non è privo di valenze archetipiche, dato che si ritrova in aree culturali diversissime. I due triangoli intrecciati, per quanto iconograficamente abbinati all’ebraismo (Stella di David), figurano pure nel patrimonio simbolico dell’Islam, nel quale hanno assunto valenze terapeutico-magiche e alchemiche.

In quest’ultimo ambito essi sono interpretati come il simbolo dell’equilibrio tra le forze cosmiche del Fuoco e dell’Acqua. L’interpretazione tradizionale vi vede un Triangolo “acquoso” (femminile, orientato verso l’alto) e uno “focoso” (maschile, rivolto verso il basso), la loro unione rappresenta in modo armonico un conchiuso sistema dualistico. Si narra che il famoso Re Salomone (Shelomoh, in ebraico, 961-931 a.c.), figlio del re Davide, se ne servi fino al momento della morte per scacciare i demoni e invocare gli angeli. Per questo motivo la Stella a Sei Punte viene chiamata anche Sigillo di Salomone o Scudo di Davide, mentre oggi, essendo poi diventato un elemento dello stemma dello stato di Israele, lo si definisce per lo più come Stella di Sion o di David. Senza avere, in linea di principio, nulla a che vedere con la tradizione ebraica, la Stella a Sei Punte fa spesso la sua comparsa nei libri magici e negli esorcismi di estrazione popolare con la funzione di potente simbolo magico. Nelle cerimonie di magia viene dipinto sul petto del mago per difenderlo dagli influssi malefici e dalle maledizioni. Diviene addirittura fondamentale nelle invocazioni, perché assieme al cerchio magico tracciato ai piedi dello stregone, è l’ unica difesa contro le creature evocate. Tra l’ altro è il disegno base di molti talismani benaugurati e di protezione.


Secondo la leggenda è l'anello con cui Salomone piega i demoni al proprio volere, imprigionandoli in un vaso di bronzo sigillato con simboli magici e obbligati a servirlo (Clavicula Salomonis).

Nella concezione cabalistica assume il significato di unione e armonia tra il microcosmo e il macrocosmo. In particolare la metà esagonale che ne deriva, nell’albero della vita corrisponde al Sephirah del sole.

La bandiera dello Stato d'Israele con l'esagramma al centroSecondo alcune tradizioni (quella alchemica) il simbolo è l'unione dell'elemento fuoco con l'elemento Acqua.

Esistono alcune varianti di esagramma in cui al centro è raffigurata la parola Yod He Vau He che dalla Bibbia sappiamo essere il nome di Geova.

L'Esagramma è diffuso e usato anche in altre antiche religioni orientali come il Giainismo, l'Induismo e il Buddismo.

Esiste una variante molto simile ma a dodici punte, tetragramma, in cui i dodici campi indicano i dodici mesi dell’anno solare.

La leggenda narra che David ha utilizzato tale cifra nel suo cappotto per combattere Golia, è per questo che è comunemente conosciuta come la Stella di Davide.



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LA STELLA



Stella stellina
la notte si avvicina
la fiamma traballa
la mucca è nella stalla
la mucca e il vitello
la pecora e l'agnello
la chioccia e il pulcino 
ognuno il suo bambino
ognuno con la sua mamma
e tutti fan la nanna



Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. In astronomia e astrofisica il termine indica uno sferoide luminoso di plasma che genera energia nel proprio nucleo attraverso processi di fusione nucleare; tale energia è irradiata nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica, flusso di particelle elementari (vento stellare) e neutrini. Buona parte degli elementi chimici più pesanti dell'idrogeno e dell'elio (i più abbondanti nell'Universo) vengono sintetizzati nei nuclei delle stelle tramite il processo di nucleosintesi.

La stella più vicina alla Terra è il Sole, sorgente di gran parte dell'energia del nostro pianeta. Le altre stelle, ad eccezione di alcune supernovae, sono visibili solamente durante la notte come dei puntini luminosi, che appaiono tremolanti a causa degli effetti distorsivi (seeing) operati dall'atmosfera terrestre.

Le stelle sono oggetti dotati di una massa considerevole, compresa tra 0,08 e 150–200 masse solari. Gli oggetti con una massa inferiore a 0,08  sono detti nane brune, corpi a metà strada tra stelle e pianeti che non producono energia tramite la fusione nucleare, mentre non sembrano esistere, almeno apparentemente, stelle di massa superiore a 200, per via del limite di Eddington. Sono variabili anche le dimensioni, comprese tra i pochi km delle stelle degeneri e i miliardi di km delle supergiganti e ipergiganti, e le luminosità, comprese tra 10−4 e 106 - 107 luminosità solari.

Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in sistemi costituiti da due (stelle binarie) o più componenti (sistemi multipli), legate dalla forza di gravità. Un buon numero di stelle convive in associazioni o ammassi stellari (suddivisi in aperti e globulari), a loro volta raggruppati, insieme a stelle singole e nubi di gas e polveri, in addensamenti ancora più estesi, che prendono il nome di galassie. Numerose stelle possiedono inoltre uno stuolo più o meno ampio di pianeti.

Nel corso della storia numerosi filosofi, poeti, scrittori e musicisti si sono ispirati al cielo stellato per la realizzazione delle loro opere e, in diversi casi, si sono interessati direttamente allo studio dell'astronomia.

Il termine "stella" è stato oggetto di numerose etimologie e interpretazioni da parte dei linguisti. Sino agli inizi del XX secolo due erano le etimologie prevalenti: la prima, proposta dal tedesco Adalbert Kuhn, sosteneva che "stella" derivasse dal latino stella (originariamente sterla), forma sincopata di sterula, che a sua volta deriverebbe dall'ittita shittar e dal sanscrito सितारा (sitara), la cui radice sit- è comune col verbo che significa spargere; secondo quest'etimologia "stella" significherebbe sparsa (per il firmamento). Altri studiosi a lui contemporanei ritenevano che il termine derivasse invece da un arcaico astella, a sua volta derivato dal greco ἀστήρ (astér, in latino astrum), che mantiene la radice indoeuropea as-, di accezione balistica; secondo questa seconda etimologia "stella" significherebbe che scaglia (raggi di luce).

Attualmente i linguisti propendono per due alternative etimologie. La prima tende a far derivare il termine da una radice protoindoeuropea, h₂stḗr, da una radice h₂Hs- che significherebbe ardere, bruciare; in alternativa, il termine deriverebbe da una parola sumera o babilonese, riconoscibile anche nel nome della dea Ištar, con cui si indicava il pianeta Venere.

Nell'avvicendarsi delle epoche storiche furono molti i filosofi, i poeti, gli scrittori e persino i musicisti a ispirarsi al cielo stellato; in diversi casi, essi stessi si sono interessati in prima persona allo studio dell'astronomia, con riscontri nelle loro opere.

Numerosi sono i riferimenti sulle stelle fatti da importanti letterati dell'antichità greca e romana. Secondo l'astronomo Kenneth Glyn Jones, il primo riferimento conosciuto alle Pleiadi, un famoso ammasso aperto nella costellazione del Toro, è una citazione di Esiodo, risalente circa all'XI secolo a.C. Omero ne fa menzione nell'Odissea, mentre nella Bibbia compaiono addirittura tre riferimenti.
Numerosi intellettuali del periodo scrissero inoltre opere incentrate sull'astronomia; basti pensare ad Arato di Soli, autore dei Fenomeni, al Somnium Scipionis, parte del VI libro del De re pubblica ciceroniano, o ancora a Marco Manilio e il poemetto didascalico Astronomica, alle Naturales Quaestiones di Seneca, o a Claudio Tolomeo e al suo Almagesto, il più completo catalogo stellare dell'antichità.

Durante l'epoca medioevale si classificava l'astronomia come una delle arti del quadrivio, assieme all'aritmetica, alla geometria e alla musica. Dante Alighieri, nella Divina Commedia, ha trattato diversi aspetti del sapere dell'epoca, indugiando particolarmente sulle conoscenze astronomiche del tempo; le tre cantiche del poema inoltre terminano con la parola "stelle": infatti esse, quali sede del Paradiso, sono per Dante il naturale destino dell'uomo e della sua voglia di conoscenza, tramite il suo sforzo a salire a guardare verso l'alto.

Altri importanti letterati, quali Giacomo Leopardi, si occuparono nelle loro opere di argomenti inerenti ad aspetti astronomici; il poeta di Recanati è autore nei suoi componimenti di un gran numero di riferimenti astronomici, come ad esempio in Canto notturno di un pastore errante dell'Asia o in Le ricordanze; inoltre scrisse, durante la sua gioventù, un poco noto trattato intitolato Storia dell'astronomia. Celebre l'aforisma di Emerson: "Aggancia il tuo carro a una stella". Riferimenti astronomici sono presenti anche in diverse liriche del Pascoli (come in Gelsomino notturno), in Giuseppe Ungaretti (che compose una poesia intitolata Stella) e nel romanzo Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry.
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Nell'epoca romantica la musica, come del resto le altre arti, poneva il suo fondamento su tutti gli episodi in grado di scatenare nell'animo umano quelle forti sensazioni che prendono il nome di "sublime"; in particolare la vista del cielo stellato influì sulla creazione dei cosiddetti Notturni, i più importanti dei quali furono composti dal polacco Fryderyk Chopin (che ne scrisse 21). Diversi altri riferimenti astronomici sono presenti nelle opere per pianoforte e nella sesta sinfonia di Beethoven. Il genere del Notturno non si esaurì con il Romanticismo, ma proseguì nell'età postromantica; il riferimento importante è dato dai due Notturni nella settima sinfonia di Gustav Mahler e nelle atmosfere notturne ricorrenti nei poemi di Richard Strauss, in particolare nella Sinfonia delle Alpi.

Nel campo delle arti figurative è sufficiente pensare a Leonardo da Vinci per comprendere le innumerevoli affinità tra scienza e arte e, sebbene Leonardo non si sia interessato di astronomia, nelle sue ricerche riuscì comunque ad abbracciare concetti scientifici inerenti alla natura dell'Universo comparandoli ad altri più "umanistici" sulla natura umana. Altri artisti, quali Albrecht Durer, Étienne L. Trouvelot, Giacomo Balla, Maurits C. Escher, furono persino spinti ad approfondire gli studi astronomici per rappresentarne i concetti scientifici nelle loro opere. Anche Salvador Dalí restò fortemente influenzato dagli sconvolgimenti teorici arrecati alla fisica primo novecentesca da parte della teoria della relatività di Einstein. Altri ancora, come Giotto, Vincent van Gogh e Joan Miró, subirono il fascino irresistibile della volta celeste e, semplicemente, vollero rappresentare il cielo stellato sulla tela o nelle elaborazioni stilistiche a loro più congeniali.

Da tempo immemore le stelle trovano spazio nella cultura popolare. Sebbene le conoscenze popolari del cielo fossero piuttosto ridotte e commiste con numerose leggende, sia risalenti all'epoca precristiana, ma ancora più spesso legate alla religione cattolica, esse avevano un certo grado di complessità e rappresentavano, per così dire, la continuazione di quel sapere astronomico risalente alla preistoria e profondamente legato alla scansione temporale delle attività lavorative nel corso dell'anno.

Per questo motivo alcuni astri assunsero nomi particolari a causa della loro utilità pratica: il pianeta Venere, ad esempio, considerato una vera e propria stella, era denominato stella bovara perché il suo apparire coincideva con l'inizio della giornata lavorativa dei pastori; Marte (o forse Antares, nella costellazione dello Scorpione) era invece detto la rossa e segnava il termine della mietitura, mentre Sirio era la stella delle messi poiché ricordava, in base al momento e alla posizione in cui appariva, il tempo della semina autunnale o primaverile.

L'apparizione delle comete, considerate vere e proprie stelle, era un avvenimento piuttosto raro, ma quando si verificava era considerato un cattivo presagio, che suscitava sempre apprensioni e angosce. Nella tradizione popolare cristiana, invece, esse hanno assunto una valenza positiva: basti pensare alla Stella di Betlemme, tradizionalmente considerata una cometa, che si ritiene abbia guidato i re magi sino a Betlemme, dove sarebbe nato Gesù. Anche le meteore, popolarmente dette stelle cadenti, rivestivano un ruolo particolare nella cultura popolare: erano infatti considerate un buon auspicio, in particolar modo quelle che comparivano nella notte di San Lorenzo, ovvero le Perseidi.

Al giorno d'oggi, specialmente nei Paesi industrializzati o in via di forte sviluppo, questo stretto contatto fra la cultura popolare e la volta celeste si è perso, soprattutto a causa del sempre più crescente inquinamento luminoso. Nonostante diverse amministrazioni regionali stiano prendendo provvedimenti per cercare di arginare questa forma di inquinamento, oggi è molto difficile osservare le stelle dai centri urbani; pertanto l'unico modo per compiere delle buone osservazioni resta quello di recarsi quanto più lontano possibile dalle luci cittadine, in luoghi dove gli effetti dell'inquinamento luminoso si facciano sentire il meno possibile.

Dal punto di vista geometrico il Pentagramma - chiamato anche Pentalfa, Pentacolo, Pentacolo di Agrippa, Stella del microcosmo, Stella di luce, Stella dei Magi, Stella dell’Iniziazione - è un segno benefico che raffigura il corpo umano a braccia e gambe aperte.
Il pentagramma è anche conosciuto come Piede dei Druidi perché veniva utilizzato come protezione proprio contro i Druidi e le streghe.
Simbolo antichissimo e potente dai molteplici significati, presso gli antichi Egizi era l'immagine di Horus, figlio del Sole e di Iside, incarnava la materia prima, il Fuoco sacro, la sorgente inesauribile di vita e il germe universale di tutti gli esseri.
In poche parole possiamo definire il Pentagramma come "il simbolo" per eccellenza dell’uomo-microcosmo.
Per la Magia tradizionale, il Pentagramma è un accentratore di potenza, felicità e amore. Esso rende sicuri si sè e sospinge verso la meta migliore, modera e contiene gli istinti dell'uomo amplificandone la genialità: è il simbolo di quell'energia capace di dominare le potenze demoniache e le attrazioni elementari.
Con Pitagora rappresentava il simbolo della salute, nel Medio Evo molti autori importanti adornavano le prime pagine dei loro manoscritti con Stelle a cinque punte: credevano così di riuscire a garantirsi il successo della propria opera e pensavano gli conferisse il dominio totale sugli spiriti della natura.
In esoterismo rappresenta una stella che possiede forze segrete che possono essere utilizzate per il raggiungimento dei propri obiettivi e per realizzare i desideri.
Il Pentagramma è anche uno dei simboli principali dell’occultismo, del satanismo e della Massoneria: è noto, infatti, che satanisti e streghe amino il Pentagramma. Esso è sempre stato usato nella magia rituale ed è utilizzato anche nella divinazione, per l'evocazione degli spiriti maligni e per invocare l'aiuto demoniaco.
Il Dictionary of Mysticism definisce in questo modo il Pentacolo "è considerato dagli occultisti il mezzo più potente per evocare gli spiriti. Quando la Stella ha la punta diretta verso l'alto, essa è considerata il segno del bene e uno strumento per evocare gli spiriti benevoli; quando la Stella ha la punta in giù e altre due in alto, è il simbolo del male, di Satana, ed è utilizzato per evocare le potenze malefiche".
La concezione massonica conferisce al Pentagramma il significato particolare detto "numero d’oro", oppure "proporzione aurea": è la proporzione ermetica per la quale la parte minore sta in rapporto alla maggiore come la maggiore sta al Tutto.
Per la Libera Moratoria la Stella Fiammeggiante simboleggia, dal punto di vista esoterico, il genio umano, inteso come raggio di Luce divina. Essa rappresenta il Fuoco filosofico degli Alchimisti, ovvero la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia, ottenuta alchemicamente con l’acciarino o la lente ustoria e non tramite normale combustione.
All’interno della Stella, partecipe della sua luce, si trova spesso la lettera "G" (in lingua latina oppure greca), alla quale sono attribuiti diversi significati: Dio, Grande Architetto dell'Universo, Gloria, Grandezza, Gravitazione, Gnosi, Geometria, Genio e Generazione.


Un altro significato della Stella a cinque punte è l’unione del principio maschile e femminile o l'Essere Androgino, cioè il corpo luminoso, che non ha sesso, tenuto conto che le sue punte sono la somma del tre, simbolo maschile, e del due, il simbolo femminile.
E’ stato associato dalle popolazioni più antiche al pianeta Venere, in quanto se si segnano le posizioni planetarie di Venere lungo i 360° del cerchio zodiacale, la figura che si forma è proprio un pentagramma perfetto.
È in Mesopotamia che per la prima volta troviamo il pentagramma, di solito inciso su tavolette o frammenti di coccio come segno fonetico, ma anche come fregio delle vesti di alcune divinità, con diversi significati, forse connesso alle cinque direzioni spaziali – avanti, dietro, sinistra, destra e "in alto" – e ai cinque pianeti Giove, Mercurio, Marte, Saturno e Venere.
A Roma troviamo il pentagramma in una serie di monete dell’età repubblicana associato a simboli come capitelli corinzi, squadre, basamenti di colonne e altri oggetti che fanno pensare ad un collegamento della stella con la professione del costruttore.
Nel Rinascimento, il periodo del ritorno di Platone e del neoplatonismo, si afferma il principio base della magia naturalis, quello della simpateia tra simile e simile, tra microcosmo e macrocosmo: “ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per le meraviglie di una cosa unica”, come recita l’incipit della Tavola di Smeraldo attribuita ad Ermete Trismegisto. Ed è proprio in questo contesto che come simbolo dell’uomo-microcosmo ritroviamo il pentagramma accostato alla figura umana a braccia e gambe spiegate che appunto ricorda la forma di una stella a cinque punte. In tal guisa, ad esempio, è conosciuto anche come Pentagramma di Agrippa, dal nome del filosofo Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535) che nel "De Occulta Philosophia" del 1533, inserisce l’immagine di un uomo inscritto in un doppio cerchio circondato dai simboli planetari di Marte, Giove, Saturno, Mercurio e Venere; gli arti e la testa sono collegati da linee che formano appunto un pentagramma.
Altro esempio lo troviamo nel famosissimo Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci (1452-1519). Nel famoso disegno Leonardo da Vinci sviluppa, dandone completa esemplificazione grafica, le affermazioni del De architectura di Vitruvio circa le proporzioni tra le parti del corpo umano. E l’idea di rintracciare nella stessa realtà fisica dell'uomo leggi numeriche e geometriche perfette trova giustificazione proprio in un clima culturale - quello dell'Umanesimo e del Rinascimento - in cui l'individuo era considerato artefice del proprio destino e misura di tutte le cose.
Se si disegnano tutte le diagonali possibili di un pentagono regolare fino ad ottenere una stella a 5 punte, misurando i segmenti che si ottengono dall'intersezione reciproca delle diagonali, si determina che l'intera diagonale sta alla parte maggiore come la stessa parte maggiore sta 1,618  e che è convenzionalmente indicato dalla lettera greca Φ (phi). La parte maggiore è la "sezione aurea" del segmento che costituisce la diagonale intera. Questa proporzione e il numero che la rappresenta si trova un po’ dappertutto in natura, tanto che gli antichi pensavano che fosse stato stabilito dal Creatore dell'universo. I  primi scienziati la chiamarono infatti " proporzione divina". Anche nella sequenza di Fibonacci (1170-1250), in cui la somma di due termini adiacenti è uguale al termine successivo, il quoziente di due numeri adiacenti tende sorprendentemente al valore 1, 618.
Sia le sue proprietà geometriche e matematiche, che la frequente riproposizione in svariati contesti naturali, apparentemente slegati tra loro, hanno impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale canone di bellezza.
Ma il numero d’oro e la divina proporzione prima ancora di ritrovarli applicati nell’architettura, sono nel corpo umano, anzi è stato proprio il corpo umano tanto bene proporzionato e armonizzato a servire da modello all’architettura. Quindi la stella a cinque punte possiamo considerarla una trasposizione in geometria del rapporto armonico che è nell’uomo e a questo pensò Agrippa di Nettesheim quando disegnò l’uomo microcosmo e Leonardo da Vinci, anch’egli forse un iniziato, con l’uomo Vitruviano o Homo ad circulum e ad quadratum.
Nell’antichità, Egizi e Greci avevano scoperto questa quantità in natura, e la utilizzarono nell’arte, in architettura e nella filosofia. Ritenevano che il rapporto aureo rappresentasse la proporzione ideale tra parti del corpo come il viso e il tronco, o tra gli arti ed il corpo intero; fu perciò usata come guida per riprodurre accuratamente la figura umana nella pittura e nella scultura.
Nel "tempio dell'Uomo", Scwaller de Lubicz (1887-1961), archeologo ed esoterista nel contempo, mostra il Tempio di Luxor in Egitto come l'applicazione architettonica dell'essere umano, con le sue proporzioni ed armonie dettate dalla sezione aurea.
La Grande Piramide, Il Tempio di Luxor, la Cattedrale di Chartres, il Tempio di Salomone e la successiva Moschea di Al Aqsa, Anhkor Vat in Cambogia, le zigurrat babilonesi, il Partenone greco, Castel del Monte in Puglia, Pievi e Magioni Templari, antiche Abbazie cistercensi e benedettine, sono solo alcuni dei tanti edifici di culto costruiti secondo i dettami dell’antica arte di Thot: la Sacra Geometria.
La sezione aurea risulta indissolubilmente connessa con la geometria pentagonale dove emerge ovunque si propone: la possiamo trovare nel rapporto fra il lato BC e la sua diagonale AB, ma anche fra AB e BD (o AC’) e fra AD e AC’, e a sua volta AD e DC’, e in un’infinità di relazioni simili, se immaginiamo che nel pentagono centrale possiamo iscrivere una nuova stella o pentagramma, la quale produrrà a sua volta un nuovo pentagono centrale in cui ripetere l'iscrizione del pentagramma e così via.
Sia le proprietà geometriche e matematiche di questo rapporto, che la frequente riproposizione in svariati contesti naturali, apparentemente slegati tra loro, hanno impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale canone di bellezza; testimonianza ne è forse la storia del nome che ha assunto gli appellativi di "aureo" e "divino".
E proprio perché il pentagramma ha la particolarità che tutti i suoi segmenti sono una applicazione del rapporto aureo, è stato fin dai tempi più antichi assunto a perfetto simbolo dell’armonia, della bellezza e della perfezione associato anche alla dea Venere e al femminino sacro, anche se il rapporto si trova in diverse altre figure geometriche, in particolare il rettangolo e il triangolo.
Furono probabilmente i Babilonesi a scoprire le prime proprietà geometriche del pentagramma, ma la prima civiltà a definire il rapporto aureo fu quella ellenica. Possiamo infatti far risalire la scoperta attorno al VI secolo a.C., nell’Italia Meridionale, presso la scuola pitagorica, ove, riferisce Giamblico, presumibilmente Ippaso di Metaponto ne scoprì l’esistenza. E i Pitagorici, appartenenti ad una scuola filosofica che poneva il numero come struttura base dell’essere, affascinati dalle peculiarità geometriche del pentagramma, i cui lati si intersecano sempre secondo la sezione aurea, lo scelsero proprio per emblema e ne fecero il centro delle loro meditazioni, in quanto lo consideravano simbolo di ordine e di perfezione.
Ma fu Euclide, intorno al 300 a.C., a lasciare la più antica testimonianza scritta oggi disponibile sull'argomento, precisamente nel XIII° libro dei suoi Elementi, ove, a proposito della costruzione del pentagono, fornisce la definizione di divisione di un segmento in quella che definisce "media e ultima ragione"(gr. ἄκρος καὶ μέσος λόγος).
Tale divisione è basata sul semplice concetto di medio proporzionale: un segmento AB è infatti diviso in media e ultima ragione dal punto C' se il segmento AC' ha con AB lo stesso rapporto che C'B ha con esso.
Dal declino del periodo ellenico passarono circa mille anni prima che la sezione aurea tornasse nuovamente a intrigare le menti dei matematici.
È il 1202, l’anno in cui Leonardo Fibonacci (1170-1250) pubblica il suo Liber abaci, il libro col quale si diffonderanno in Europa le cifre indo-arabe, e nel quale introduce il concetto di successione ricorsiva, ovvero la famosa sequenza in cui ogni termine è la somma dei due precedenti:
0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89,
ma in realtà Fibonacci pone un problema per la cui soluzione occorre calcolare i primi 12 termini della successione che oggi porta il suo nome e non fa alcuna considerazione sulla successione infinita.
Ma ad insaputa dello scopritore, anche la successione che porta il suo nome è indissolubilmente legata alla sezione aurea, in quanto, il quoziente di due numeri adiacenti tende sorprendentemente al valore 1,618.
Un rinnovato interesse per il numero aureo si ebbe in un periodo di fervente rinascita culturale, il Rinascimento, e particolarmente lo si deve ad un libro, il “De Divina proporzione”,  del matematico Luca Pacioli (1445- 1514 o 1517), pubblicato a Venezia nel 1509, corredato di disegni di solidi platonici di Leonardo da Vinci, con il quale si divulgava a una più vasta platea di intellettuali l'esistenza del numero d’oro e delle sue innumerevoli proprietà, fino ad allora appannaggio soltanto di una ben più ristretta cerchia di specialisti. Il medesimo libro scalzava inoltre la definizione euclidea di proporzione media ed estrema, reinventandone una completamente nuova di proporzione divina, dove l'aggettivo “divina” è dovuto ad un ardito accostamento tra l’irrazionalità del numero che lo rende compiutamente inesprimibile per mezzo di una ratio o frazione, e l'inconoscibilità del divino per mezzo della ragione umana. Ma il termine divino potrebbe essere inteso anche in un'altra accezione, che forse era stata intuita già dagli antichi, perché la sua ricorrenza in natura, e in particolare nei suoi aspetti più armonici, dimostrerebbe che la misteriosa magia della proporzione divina è stata scritta all’inizio dei tempi, che è uno dei mattoni usati da un principio creatore e che pertanto c’è un ordine sotto l’apparente caos. Ma se l’aggettivo “divina”  si deve al Pacioli non è altrettanto certa l'origine della denominazione “aurea” con la quale è comunemente conosciuta, e, anche se è diffusa l’opinione che tale denominazione fosse in auge fin dall'antica Grecia, studiosi di storia della matematica la collocano più verosimilmente attorno al XV° - XVI° secolo, mentre la prima testimonianza scritta rintracciabile sembra risalire addirittura al 1835 nel libro Die Reine Elementar-Mathematik, del matematico tedesco Martin Ohm.
Del rapporto tra i due argomenti, sequenza di Fibonacci e numero aureo, sfuggito anche al Pacioli, si accorse invece Keplero nel 1611 che, quale astronomo, la ricercò nell'architettura dell'universo: non a caso concettualizzò un modello eliocentrico in cui le orbite dei pianeti erano inscritte e circoscritte in solidi platonici e di conseguenza legate alla divina proporzione.
Ma quello che più ha affascinato la mente umana fin dai tempi più antichi è il fatto che le proporzioni del Φ (phi) o numero d’oro si ritrovano un po’ ovunque in natura, nei luoghi più impensati, e creano una sensazione di armonia e di bellezza.
E’ stato individuato nella disposizione dei petali di una rosa, dei semi nelle mele, nella forma a spirale di alcune conchiglie, nella forma dei cicloni, negli ammassi di galassie, persino nella doppia elica del DNA e nel corpo umano. E poiché l’uomo ha sempre cercato di imitare la perfezione della natura, non ci deve sorprendere il fatto che quasi tutte le antiche costruzioni rispettassero la divina proporzione: i pitagorici parlano di “euritmia” delle costruzioni architettoniche basate sul numero d’oro che dà senso di proporzione e bellezza anche a colui che non lo conosce.
Infatti non abbiamo la certezza che la sezione aurea e il numero che la definisce fossero conosciuti da civiltà precedenti a quella greca, eppure secondo alcuni studiosi si ritrova anche in alcuni dei massimi templi costruiti dagli antichi egizi, come la Piramide di Cheope e il tempio di Luxor.
Ora nella Piramide di Cheope, ad esempio, il rapporto tra la base (230 metri) e l’altezza (145 metri) è pari a 1,58, molto vicino a 1,6. Non si esclude tuttavia che si potrebbe trattare di un tentativo un po’ forzato di ritrovare anche qui il numero aureo e si sa quanto si è elucubrato sui numeri della grande piramide..
L’egittologo ed esoterista francese René Adolphe Schwaller de Lubicz (1887-1961)nel suo capolavoro,”Il tempio dell’uomo”, dimostra che il tempio di Luxor è di un’enorme complessità geometrica e che si tratta di una rappresentazione simbolica di un uomo, una sorta di gigantesco geroglifico. Una delle principali intuizioni di  Schwaller è  che il tempio contiene molti esempi della proporzione geometrica nota come sezione aurea.   L’argomento è stato ripreso in tempi più recenti dall’egittologo indipendente John Anthony West con “Il serpente celeste”.
La Grande Piramide, Il Tempio di Luxor, il Tempio di Salomone e la successiva Moschea di Al Aqsa, Anhkor Vat in Cambogia, le zigurrat babilonesi, l’arco di Costantino, il Partenone, Castel del Monte in Puglia, Pievi e Magioni Templari, antiche Abbazie cistercensi e benedettine, la Cattedrale di Chartres e quella di Notre Dame di Parigi, sono solo alcuni dei tanti edifici di culto costruiti secondo i dettami dell’antica arte di Thot, la Sacra Geometria, e in tutte sarebbe rintracciabile il rapporto aureo, così come in molte costruzioni recenti, quali il Palazzo dell’ONU e alcune opere di Le Corbusier.
Ma il numero d’oro e la divina proporzione prima ancora di ritrovarli applicati nell’architettura, sono nel corpo umano, anzi è stato proprio il corpo umano tanto bene proporzionato e armonizzato a servire da modello all’architettura. Si riteneva infatti che il rapporto aureo rappresentasse la proporzione ideale tra parti del corpo come il viso e il tronco, o tra gli arti ed il corpo intero; fu perciò usata come guida per riprodurre accuratamente la figura umana nella pittura e nella scultura.
E al rapporto armonico che è nell’uomo pensarono sia Agrippa di Nettesheim, quando disegnò l’uomo microcosmo, sia Leonardo da Vinci, anch’egli forse un iniziato, con l’uomo Vitruviano o Homo ad circulum e ad quadratum.
Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535) nel "De Occulta Philosophia" del 1533 inserisce l’immagine di un uomo inscritto in un doppio cerchio circondato dai simboli planetari di Marte, Giove, Saturno, Mercurio e Venere, con braccia e gambe spiegate, e gli arti e la testa collegati da linee che formano un pentagramma.
E nel famosissimo Uomo Vitruviano Leonardo Da Vinci (1452-1519), sviluppa, dandone completa esemplificazione grafica, le affermazioni del De architectura di Vitruvio circa le proporzioni tra le parti del corpo umano. La persona è inscritta in un quadrato e in un cerchio. Nel quadrato, l'altezza  dell'uomo (AB) è pari alla distanza (BC) tra le estremità delle mani con le braccia distese . La retta x-y passante per l'ombelico divide i lati AB e CD esattamente in rapporto aureo tra loro. Lo stesso ombelico è anche il centro del cerchio che inscrive la persona umana con le braccia e gambe aperte.
E Leonardo da Vinci sarebbe stato profondamente affascinato dalla sezione aurea tanto da riprodurla in altre sue opere, in particolare La Gioconda, la Vergine delle rocce, l’Ultima Cena, mentre il Botticelli l’avrebbe utilizzata nella Venere.
E l’idea di rintracciare nella stessa realtà fisica dell'uomo leggi numeriche e geometriche perfette trova giustificazione proprio in un clima culturale - quello dell'Umanesimo e del Rinascimento - in cui l’uomo è considerato artefice del proprio destino e misura di tutte le cose.
Dunque la proporzione aurea, scoperta dagli antichi in natura, è stata utilizzata nell’arte e nell’architettura, benché non si possa essere certi che il suo uso sia stato sempre premeditato.
Non solo, c'è chi ha rintracciato il rapporto aureo pure in letteratura, più specificatamente in poesia, come principio organizzatore della struttura ritmica che dona al componimento le sue decantate doti di armonia, e nella musica, ove la struttura di molte partiture musicali che suonano istintivamente "armoniose" rispecchierebbe la sezione aurea, anche se si tratta di interpretazioni molto controverse.
Quel che è innegabile è che per secoli la magia, il fascino, la perfezione della sezione aurea ha ispirato intere generazioni di artisti e architetti, ma anche di musicisti, letterati, psicologi e mistici, ha appassionato comunità scientifiche di ogni tempo e di ogni angolo del mondo ed è apparso come simbolo dell’Armonia e della Bellezza dell’universo.
Secondo alcuni indica la chiara intelligenza dietro la creazione, secondo altri non rappresenta proprio nulla, perché, anche se è innegabile che essa tenda a mostrarsi un po’ ovunque, si tratterebbe solo di coincidenze.



La stella è da sempre uno dei simboli più amati e preferiti come tema per il tatuaggio, anche per questo motivo è uno di quei tattoo a cui vengo associati molti significati.

Uno dei significati attribuiti alla stella è un desiderio interiore di diventare proprio come una stella o comunque di raggiungere la felicità sopratutto per il suo dare luce, essere fonte di luce e di speranza.

Un altro significato è l’aver raggiunto un proprio obiettivo o aver avverato un proprio sogno.

In alcune culture una stella significava una nuova nascita, un matrimonio, un evento importante e decisivo o il desiderio di cambiare al meglio la propria vita.

L’idea di associare alle stelle amici e familiari dapprima era stata associata solo ai rami di fiori di pesco, mentre ora viene associata anche alle stelle, con la conseguente creazioni di vere e proprie “vie latee” parentali sulla pelle.

La stella è tipica della Old School americana, classico elemento tatuato sul corpo dei marinai anche per via della simbologia navale che le è stata attribuita.

Anche il numero delle punte della stella può racchiudere un diverso significato in base al numero delle stesse:

la stella a 4 punte simboleggia l’asse del mondo e si raffigura come una croce sempliceo con le punte molto aguzze.
la stella a 5 punte è la forma che troviamo in natura, in alcuni fiori e in animali come la stella marina.
la stella a 6 punte o esagramma è conosciuta come Stella di Davide o Sigillo di Salomone, rappresenta l’unione del Cielo con la Terra, l’equilibro fra divino e umano, l’evoluzione.
la stella a 7 punte o septagramma è conosciuta anche come stella delle fate e rappresenta la magia, l’infansia e la capacità di comunicare con il mondo magico.
la stella ad 8 punte era l’emblema dei Cavalieri di Malta ed era diffusa anche fra i Crociati.
la stella a 9 punte è un simbolo magico collegato alla dèa madre, nella mitologia dei popoli scandinavi rappresentava i nove Mondi, per gli esoteristi rappresenta la fine di un ciclo, per altri è simbolo di perfezione.



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