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domenica 26 giugno 2016

LA CINTURA DI CASTITA'



La cintura di castità è un mezzo di contenzione fisica, mediante il quale è possibile impedire a un soggetto, consenziente o meno, di avere rapporti sessuali mediante la penetrazione. La cintura di castità può essere applicata sia a uomini che donne, ma nella tradizione il suo uso è legato strettamente al sesso femminile.

Nell'aneddotica tradizionale si fa risalire l'uso della cintura di castità al tempo delle crociate, collegandola alla necessità, per i cavalieri che partivano per il Santo Sepolcro, di assicurarsi della fedeltà delle proprie consorti, evitando i rischi connessi a un così prolungato distacco.

In realtà, una ricostruzione storica più attenta porta a concludere che i primi usi della cintura di castità risalgano, in Italia, al XIV o XV secolo, in particolare negli ambienti dell'alta nobiltà.

Il primo documento in cui compare la cintura di castità, è datato 1405 ed è conservato nella biblioteca di Gottinga (la cintura è qui nominata come "congegno fiorentino"). Tale manoscritto nel suo interno contiene disegni di macchine da guerra e altre invenzioni immaginarie.

Si dice che indossarono la cintura di castità, fra le altre, Caterina de' Medici, Anna d'Austria, la moglie di Francesco II di Carrara (il quale fu addirittura accusato di esserne l'inventore, in uno scritto del 1750 di Freydier de Nimes). Recentemente, tuttavia, l'esistenza e l'utilizzo della cintura di castità nel medioevo è stata contestata.

Ormai da tempo è opinione comune fra gli storici che l'uso medievale della cintura di castità sia un falso storico.

L’idea di astinenza sessuale è certamente antichissima e lo stesso termine latino cingulum castitatis (traducibile appunto come cintura di castità) compare, a partire dal VI secolo, in alcuni testi di Papa Gregorio Magno, Alcuino di York, San Bernardo di Chiaravalle, fino a Giovanni Boccaccio. Ma in tutti questi casi è inteso come un simbolo di purezza teologica, non certo come un oggetto di dissuasione erotica.

Il concetto di patto di castità tra due innamorati comparve invece più avanti, in alcuni poemi del XII secolo, come il Lai di Guigemar di Maria di Francia: alla partenza del cavaliere Guigemar la sua donna chiede all’amante di annodarle la camicia intorno alla vita, come patto di fedeltà fino al ritorno. Ma si tratta di un patto simbolico e, soprattutto, voluto dalla donna.

Per trovare la prima citazione visuale di un oggetto che ricordi vagamente una cintura di castità dobbiamo aspettare il 1405 e un manoscritto, il Bellifortis di Konrad Kyeser, dedicato alla tecnologia militare dell’epoca.

Il congegno disegnato, quasi un’armatura, è presentato come uno strumento imposto alle donne fiorentine dai mariti gelosi, ma i commenti di Kyeser sono ironici e probabilmente il disegno è stato realizzato sulla base di sentito dire e non copiando un oggetto autentico. Di certo non risulta nulla del genere nella Firenze del tempo.

Alcune incisioni del XVI secolo, tra cui una attribuita a Sebald Beham, raffigurano invece una donna che indossa una “cintura di castità”, chiusa da un lucchetto, in piedi tra due uomini mentre riceve e consegna denaro: l’interpretazione che ne è stata data è che si tratti di una prostituta in mezzo al cliente e al protettore, quest’ultimo disposto ad aprire il lucchetto solo al pagamento della prestazione. Anche se fosse stata vera e non solo simbolica, dunque, la cintura rappresentava qui solo uno strumento professionale.

Le prime cinture di castità “vere” sono quelle finite nei musei intorno al 1840. Al Museo d’arte medievale di Cluny a Parigi, per esempio, fino a poco tempo fa si poteva ammirare una cintura che si diceva fosse appartenuta alla regina di Francia Caterina de’ Medici (1519-1589). Fu solo nel 1990 che i responsabili del Museo si accorsero che si trattava di un falso risalente al XIX secolo.

Anche un altro esemplare simile, esposto al British Museum di Londra e a lungo indicato come risalente al XVI secolo, è stato di recente datato alla metà dell’800 e tolto dalle esposizioni. Quasi tutti i musei che le conservavano e le attribuivano all’epoca medievale, hanno oggi corretto i loro cataloghi per indicarne la fattura recente o l’origine fraudolenta.



La cintura di castità non è molto diversa dagli altri miti medievali, ma la sua popolarità è probabilmente maggiore. Classen ricorda in particolare il contributo del film di Woody Allen Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere) tratto dall’omonimo libro del sessuologo David Reuben.

La cintura di castità viene descritta del libro, e nel film viene mostra all’opera con conseguenze esilaranti. Ma Allen, mettendo in ridicolo i contenuti del libro, si è forse avvicinato all’essenza delle cintura di castità meglio di chiunque altro: l’oggetto infatti è citato in alcuni testi medievali, ma in queste fonti l’intento era invariabilmente comico o allegorico, cioè non si riferivano a qualcosa che esisteva fisicamente.

Esistono poi alcuni disegni di età Medievale, mentre durante il Rinascimento la cintura di castità nelle opere d’arte divenne un ingrediente molto frequente, ma lo storico spiega che oggi il disegno di un disco volante non è certo una prova dell’esistenza degli alieni. Inoltre, anche le rappresentazioni artistiche delle cinture di castità hanno chiaramente un intento satirico, e ci mostrano spesso un secondo uomo con una copia della chiave pronto ad aggirare la gelosia del marito. In effetti, anche nel medioevo peggiore che possiamo inventarci, un dispositivo come una cintura di castità sarebbe stato difficile da impiegare: non solo la mancanza di igiene sarebbe stata insostenibile (e possibilmente letale), ma procurarsi una copia della chiave non sarebbe certo stato molto complicato.

Per quanto riguarda gli oggetti che ancora si vedono in molti musei, sembra certo che nessuno di essi risalga al medioevo, e che siano invece stati fabbricati molto più di recente. A partire dal diciottesimo secolo cominciano infatti a essere regolarmente esposti strumenti di tortura attribuiti all’età Medievale, molti dei quali erano però inventati (come la Vergine di Norimberga) e, appunto, le cinture di castità. Successivamente diversi accademici estranei all’indagine storiografica contribuirono a legittimare il mito.

Sono esistiti svariati tipi di cintura di castità ma l'aspetto prevalente, essenzialmente, si compone di una banda in vita ed una fascia pubica (che copre completamente i genitali, in modo da renderli inaccessibili), bloccate insieme. Il materiale utilizzato nelle cinture classiche è solitamente metallico, con un rivestimento, soprattutto interno, di velluto o pelle; le cinture moderne sono realizzate perlopiù su misura, in acciaio inossidabile rivestito internamente in neoprene o gomma, che assicura una migliore igiene. L'igiene è infatti uno degli aspetti maggiormente problematici per chi adopera la cintura di castità nonostante essa preveda, in ogni caso, la presenza di due piccole aperture, una anteriore e una posteriore, per l'espletazione dei bisogni fisiologici.

Naturalmente, per impedire la rimozione della cintura, essa è predisposta per l'applicazione di uno o più lucchetti.

Tradizionalmente l'uso della cintura di castità è correlato all'esigenza maschile di assicurarsi la fedeltà della propria donna, in particolare laddove questa fedeltà sia messa a repentaglio dalla particolare avvenenza o disponibilità sessuale della donna. A questo uso tradizionale si correla invece l'esigenza di garantire la sicurezza delle donne, in particolare nobili o comunque aristocratiche, dalla possibilità di essere esposte a stupri o violenze che avrebbero potuto portare, come conseguenza, una filiazione illegittima. Questa esigenza, sia pure in un'epoca diversa, quella moderna, segnata dalla liberazione sessuale e dalla facilità di accesso alla contraccezione, è stata fra i motivi di una ripresa di interesse per l'uso della cintura di castità, la quale riveste, per alcune donne, il ruolo di difesa estrema dal pericolo di aggressioni e stupri, molto sentito dal sesso femminile in particolare nelle metropoli occidentali più esposte alla violenza e alla microcriminalità. Non è noto tuttavia il numero di donne che effettivamente utilizza la cintura di castità con questo scopo (si può immaginarlo, tuttavia, molto ridotto, anche a causa dell'alto costo commerciale della cintura stessa).

Altre motivazioni per l'uso della cintura di castità si riscontrano, in particolare negli ambienti più puritani, fra coloro che ritengono importante il mantenimento della verginità fino al momento del matrimonio. In questo caso la cintura di castità assume il ruolo (auto) dissuasivo, rispetto alla tentazione di un eventuale rapporto pre-matrimoniale: quasi una prova d'amore, fra due fidanzati impegnati nel rinviare il loro primo incontro sessuale.

La motivazione però più diffusa (ed estesa, peraltro, anche ai maschi), probabilmente, per l'uso della cintura, riguarda la comunità BDSM, nella quale l'uso di questo strumento fa parte di quel tipo di dominazione-sottomissione che prevede, da parte dello slave (lo schiavo), la disponibilità a lasciare al partner dominante le decisioni riguardo alla propria sessualità. In questo caso, è il partner dominante, di solito, a detenere la chiave e quindi a regolare l'uso e la rimozione della cintura, con l'obiettivo, oltre che di indurre l'impossibilità di avere rapporti sessuali, anche di ottenere una maggiore umiliazione e repressione sessuale del soggetto sottomesso, impedendone anche la masturbazione e, nel caso dei maschi, rendendone dolorosa la stessa erezione. In questo tipo di relazioni il cosiddetto "dono della chiave", che lo slave fa nei confronti del dominante, assume un valore molto significativo, come testimonianza effettiva dell'importanza della relazione e della fiducia che il sottomesso ha, nei confronti di chi assume il controllo sulla sua sessualità. Va infine detto che in alcuni casi questo tipo di disciplina sessuale è applicato a se stesso, direttamente, senza intervento di estranei, da soggetti praticanti il masochismo sessuale.
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venerdì 24 giugno 2016

GLI INCANTATORI DI SERPENTI

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Gli incantatori di serpenti indiani con i loro turbanti di stoffa e il piffero che fa danzare un king cobra sono parte dell'immagine fiabesca di questo grande paese.

Eppure pochi sanno che quest'icona è in via di estinzione forzata, poiché non è più permesso possedere privatamente serpenti o animali considerati esotici. Da molti anni una legge vieta l'utilizzo di animali a fini di profitto, specialmente se per questo subiscono dei maltrattamenti. Ma il governo indiano ha cominciato solo ora ad applicarla sistematicamente e a perseguire gli incantatori, accusandoli di provocare ai rettili malattie e menomazioni e quindi di violare proprio il reato previsto dalla legge di protezione ambientale del 1972.

Il Pungi (in lingua hindi) o Been, o Tiktiri (in sanscrito) è uno strumento musicale a fiato diffuso nella musica popolare indiana. In particolare viene utilizzato dagli incantatori di serpenti ed è legato al culto di Shiva.

Si tratta di un clarinetto doppio ad ance interne semplici, costituito da due canne inserite in una zucca a bottiglia (Lagenaria siceraria): una canna, dotata di 7 fori, crea la melodia, mentre la seconda, dotata di 2 fori, funge da bordone.

E' un duro colpo al futuro dell'arte dell'incantamento trasmessa per millenni di padre in figlio o di maestro in discepolo, sebbene la tecnica non sia altro che la conoscenza di una particolare reazione del serpente al movimento di un oggetto (viene usato il flauto, ma potrebbe essere un'asticella) di fronte alle sue membrane laterali che percepiscono solo il movimento, essendo il king cobra perfettamente sordo. Per evitare pericoli anche al pubblico - spiegano gli animalisti - i suonatori di flauto lacerano però le membrane del veleno, e incollano dell'isolante sul dente acuminato.

Ma il razionalismo scientifico degli amanti degli animali, che cercano con queste informazioni di smitizzare l'alone romantico del pifferaio magico, non ha molta presa in un paese dove immagini di incantatori sono state trovate in antichissimi templi hindu e sono diventate nei millenni inscindibili dal culto del serpente simbolo di potere, virilità, protettore di luoghi sacri e della dimora del dio Vishnu, l'elargitore di vita, accompagnatori del dio Shiva, il distruttore del superfluo.

"Il problema - incalzano i promotori della contestata campagna antipifferai - è che le offerte di burro e latte presentate nei templi per tradizione ai poveri serpenti trasportati lì dagli incantatori, provocano agli animali malattie alle vie respiratorie, e secondo uno studio del Fondo Mondiale settantamila esemplari muoiono ogni anno per allergie al latte, polmonite, infezioni alle vie respiratorie e stitichezza".

La controproposta degli esperti naturalisti è quella di dare lavoro agli incantatori per le loro conoscenze pratiche dei serpenti e degli antidoti al loro morso a fini scientifici e sanitari, oppure utilizzarli come musicisti in band di flauti. Ma solo una parte degli interessati sarebbe disposta a cambiare lavoro. "Noi siamo inscindibili dai nostri serpenti - ha detto un manifestante - è sempre stato così dalla notte dei tempi e non lo cambierà un governo destinato a passare."



La posizione dell'incantatore di serpenti è una delle migliori affinché l'uomo ritrovi tutta la sua forza. Grazie a questa posizione l'amante riprende il controllo ed offre alla sua donna tante possibilità.

Può succedere che l'uomo si senta un po' stanco o comunque non al massimo delle sue potenzialità sessuali. La donna può allora provare tutte le strategie possibili affinché il suo uomo ritrovi l'erezione. Intrugli, cibo afrodisiaco, profumi ammaliatori, niente da fare, non bastano. È a questo punto che le cose prendono una piega molto più piccante.

Dopo avere coccolato, accarezzato, viziato ed eccitato il suo amante, la donna si stende teneramente sul letto. Aspetta che l'uomo la sollevi per la vita per riporla sulle sue gambe, approfittando così di una perfetta vista della sua compagna.

Aprendo le gambe, questa si offre al suo amante in una posizione molto erotica. Può mettere un guanciale per avere più comodità e vedere meglio l'uomo che le sta di fronte. Ora, sembra già aver ritrovato la forza. Prendendo la sua amante per la vita, il bacino o i glutei, la penetra delicatamente ma profondamente. Dirige l'atto quando la donna si lascia andare e si dona completamente al suo controllo, dato che lei ha poca libertà di movimento. Come un serpente addomesticato, si abbandona al controllo dell'incantatore.

Questa posizione sensuale può variare all'infinito. Gli amanti possono tenersi le mani per un'unione più romantica ma anche più sportiva. L'uomo può anche impossessarsi dei polsi della partner per accelerare la penetrazione, o prenderle le caviglie, o ancora delicatamente prendere le mani per fissarle sulla propria nuca. Insomma, le possibilità sono quasi infinite.

In tali condizioni, e con i preliminari che condurranno necessariamente al piacere supremo, la posizione dell'incantatore di serpenti è una delle migliori affinché l'uomo ritrovi il suo potere.




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domenica 8 maggio 2016

IL VALORE DELLA VERGINITA'



In molte culture “verginità” e “innocenza” sono sinonimi, il cui contrario è “colpevolezza” (con ampie sfumature che vanno dalla “vergogna” al “peccato”). Da una piccola porzione di pelle – molto probabilmente un residuo dello sviluppo fetale – si è stabilita, per molto tempo, la moralità di una donna. Inutile ricordarvi i delitti e le violenze, le calunnie e le persecuzioni, a cui per secoli sono state sottoposte le donne “colpevoli” soltanto di avere un “imene non integro” in data precedente al matrimonio. Espressioni verbali come “rompere l’imene”, “deflorare”, “sverginare” non solo sono orripilanti, ma sono anche profondamente errate: sono nate dall’ignoranza dell’anatomia femminile e dalla volontà di perpetuare miti essenziali al mantenimento delle strutture patriarcali, e pregiudizi nei confronti della sessualità delle donne.

Secondo recenti dati si stima che la media mondiale dell'età in cui viene persa la verginità sia tra i 16 e i 18 anni. Ad ogni modo una donna si considera pronta a perdere la verginità con l'arrivo del menarca.

Tradizionalmente, le donne non sono più considerate vergini dopo aver subito una violenza sessuale, ma presso in alcune culture ciò non è vero. C'è chi intende la verginità in un senso esclusivamente spirituale, arrivando alla nozione di "vergini rinate", cioè donne che "tornano" alla verginità (intesa come astinenza). In questo caso sarebbe però più corretto usare la parola castità.

In molte culture la verginità femminile è strettamente legata all'onore personale o familiare, e spesso la perdita della verginità prima del matrimonio è motivo di vergogna. Moltissime culture prevedono un esame della verginità, effettuato a volte da un'anziana del villaggio.

In molte culture occidentali, nelle cerimonie matrimoniali la verginità è simboleggiata dal velo e dall'abito bianco, ma spesso la donna indossa l'abito bianco anche se non è più vergine. Va inoltre considerato che in alcune culture occidentali la verginità non è più considerata una virtù, e anzi in certi casi può essere vista come qualità negativa, in quanto suggerisce che la persona non sia attraente o matura o sia eccessivamente legata alle tradizioni.

Il filosofo Bertrand Russell, nel suo libro "Perché non sono cristiano", sosteneva che evitare esperienze sessuali prima del matrimonio fosse ingenuo e sciocco, e che farlo avrebbe alla lunga portato a più infelicità della pratica sessuale. Questo sulla base del fatto che se si è all'oscuro del desiderio sessuale e della sua naturale conclusione, non si è in grado di distinguere tra una profonda infatuazione e un vero sentimento, e perciò si è condotti a scegliere male il proprio partner, mentre tale errore sarebbe evitabile se si conoscesse la differenza.

Al contrario il filosofo Philipp Mainländer, nel suo lavoro centrale, "Die Philosophie der Erlösung" secondo Theodor Lessing, "forse il più radicale sistema pessimistico noto in tutta la letteratura filosofica mondiale", intende la verginità, come strumento d'elezione dell'elusione procreativa, come un assecondamento di quello che egli identifica come il processo dissolutivo universale.

Molti storici e antropologi fanno notare come in realtà anche nelle culture che attribuiscono grande valore alla verginità, come accadeva nelle culture occidentali prima della rivoluzione sessuale, si riscontra comunque una notevole attività sessuale pre-matrimoniale, nelle tipologie che non implicano penetrazione vaginale: si parla dunque di una "verginità tecnica". Pur non essendovi lacerazione dell'imene, ad esempio, si è fatto ricorso a rapporti sessuali di altro tipo: orale, anale, masturbazione, o simulazione del coito tra le gambe. Analogamente, nell'odierna gioventù iraniana la pratica più diffusa è il lapai, che consiste nello stringere il pene dell'uomo tra le gambe della donna in modo da simulare il coito.

In molte parti del mondo e anche in Italia per dare una prova concreta della verginità della donna, era tradizione esporre sul terrazzo, alla finestra o sul balcone le lenzuola che avevano ospitato i coniugi nella loro prima notte di nozze. Mettendo in bella vista le tracce di sangue, infatti, si dimostrava che la sposa era effettivamente illibata. L'usanza aveva risvolti tragicomici quando le tracce di sangue, per varie ragioni, non c'erano: si suppliva allora con sangue animale.



L'atto di "perdere la verginità", ovvero la prima esperienza sessuale, è considerato in moltissime culture come un evento molto importante, e affine a un vero e proprio rito di passaggio. La perdita della verginità può essere vista come una pietra miliare di cui essere orgogliosi, o un fallimento di cui vergognarsi, soprattutto se derivante da sensi di colpa per una perdita di autocontrollo, o semplicemente come un momento naturale della crescita. Storicamente, queste percezioni hanno spesso avuto una grande variazione tra uomo e donna, implicando orgoglio per l'uomo e vergogna per la donna. Tuttavia, nella recente evoluzione della cultura occidentale, l'influenza di questa contrapposizione si è affievolita, ed ora è sempre più comune anche per le donne vivere la prima esperienza sessuale con naturalezza e a volte anche con orgoglio.

Nel corso della storia molti stati hanno spesso protetto legalmente la verginità. La Germania ha abolito solo nel 1998 una legge che autorizzava una donna deflorata a chiedere un risarcimento, se la relazione veniva poi interrotta.

Per il cristianesimo il sesso al di fuori del matrimonio è considerato peccato, mentre nel Nuovo Testamento si trovano incoraggiamenti al celibato (Matteo 19, 12). È da notare che il cristianesimo non distingue tra verginità maschile e verginità femminile, ma attribuisce identico valore alla verginità in entrambi i sessi.

L'Islam prevede regole estremamente severe, secondo cui l'attività sessuale deve restare confinata all'interno del matrimonio. Sebbene la verginità della sposa sia sempre stata molto importante nelle società islamiche, la pratica comune dei divorzi e nuovi matrimoni, anche in società molto tradizionali, implica che una donna possa sposarsi anche avendo avuto precedenti esperienze sessuali, purché sempre nell'ambito di un precedente matrimonio. Khadìja bint Khuwàylid era una vedova quarantenne e non più vergine quando sposò il Profeta Maometto: ciò non fu di ostacolo al loro matrimonio.

Uno degli aspetti più importanti della tradizione ebraica è la grande importanza attribuita alla verginità, che appare evidente già nella Genesi, nella figura di Rebecca:

« La giovinetta era molto bella d'aspetto, era vergine, nessun uomo le si era unito. »
(Genesi 24, 16)
Il tema è ricorrente nella Bibbia, soprattutto nelle regole riguardanti tradimenti, matrimoni e divorzi.

In pratica, l'ebraismo è molto tollerante riguardo alle relazioni sessuali. Il sesso non è visto come sporco o indesiderabile di per sé, ed anzi, all'interno del matrimonio è considerato una mitzvah. Le correnti più liberali sono relativamente aperti anche nei confronti del sesso pre-matrimoniale: sebbene non sia incoraggiato, non è nemmeno proibito - si applicano ad esempio anche ad esso tutte le regole generali sulla sessualità.

In molte tradizioni neopagane, la figura di una Vergine è una delle tre persone della dea triplice.

La verginità è spesso stata considerata una virtù indicante purezza e capacità di fronteggiare le tentazioni, e come tale è un attributo importante di molte figure divine, esclusivamente femminili. Ad esempio, nella mitologia greca è attributo di Atena, Artemide, ed Estia. Le vestali nella Roma antica erano condannate a morte in caso di rapporti sessuali. La costellazione della Vergine rappresenta poi in molte culture una vergine sacra, la cui identità e storia però è abbastanza variabile.

La parola deriva dal latino virginitas, virginitatis, quindi da virgo, virginis (vergine). Secondo alcuni, Virgo significherebbe semplicemente "giovane donna", al contempo puella significa ragazza. Non è certo se il passaggio dalla giovane età all'età matura fosse sancito dalla perdita della verginità o da un altro rito di passaggio similare.

La verginità femminile esercita tuttora un certo fascino sull’uomo. Richiamo della tradizione o semplice desiderio di sentirsi unici e importanti. Dal canto suo la donna che aspetta sa di avere qualche chance in più che l’uomo, al di là della semplice attrazione sessuale, si impegni con lei. Può piacere o meno, ma questo copione si tramanda inconsapevolmente di generazione in generazione, da migliaia di anni.
La rivoluzione sessuale, l’avvento dei metodi contraccettivi, la legge sul divorzio e sull’aborto hanno permesso una rivisitazione dei comportamenti e delle ideologie sessuali femminili.

La contrapposizione netta verso le posizioni repressive e sessuofobiche ha incoraggiato, al contrario, condotte sessuali libere e appaganti, approdando a un permissivismo sessuale. Così, la verginità femminile è stata banalizzata, ha perso per alcune il suo significato di dignità, assumendo quello opposto di ostacolo da rimuovere quanto prima, di un peso di cui vergognarsi.

Nella società attuale, dove imperano l’individualismo, il godimento, il sesso a tutti i costi e il “tutto e subito”, questa recente visione negativa della verginità ha portato molte giovani ad affrettare l’età della loro prima volta, affrontandola senza l’adeguata maturazione emotiva e psicologica, col risultato di una negativa, deludente, e, nei casi più gravi, traumatica esperienza.

Per altre, invece, la verginità è tornata a essere un valore ricercato di attesa, non vissuta, però, con obbligo morale, sofferenza e fatica come avveniva nei secoli passati. È un’attesa convinta, una scelta sentita di conoscere meglio se stesse, il proprio corpo e le proprie emozioni, di entrare in sintonia con il proprio partner, di arrivare al rapporto sessuale informate, di ponderare i rischi, di coltivare un sentimento e una relazione.

Un misto di cautela, consapevolezza ed emozioni che alimenta giorno dopo giorno il desiderio. Fino al momento in cui ci si sente davvero pronte per compiere questo passo così importante. Il primo rapporto, infatti, lascia tracce nella memoria delle donne, influenzando la loro futura sessualità.



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sabato 30 aprile 2016

RUOLI GAY

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Nei rapporti tra uomini, generalmente uno dei partner assume il ruolo di attivo mentre l’altro assume il ruolo di passivo. Anche se alcune ricerche suggeriscono che le percezioni dei ruoli sessuali dei potenziali partner nelle relazioni gay possono indicare se un uomo adotterà il ruolo di attivo o passivo durante i rapporti sessuali, non è chiaro se i ruoli sessuali possono essere percepiti con precisione da osservatori ingenui. Nello studio si è scoperto che gli osservatori ingenui sono stati in grado di distinguere i ruoli sessuali degli uomini dalle foto dei loro volti con una precisione significativamente maggiore rispetto alla possibilità di indovinare. Inoltre si è stabilito che il rapporto tra la percezione e il reale ruolo sessuale degli uomini delle foto è stata legata alla mascolinità percepita. Insieme, questi risultati suggeriscono che le persone si basano su percezioni di caratteristiche rilevanti ai ruoli di genere maschio-femmina stereotipati e legati alle relazioni eterosessuali per dedurre con precisione i ruoli sessuali nelle relazioni omosessuali. Così, le relazioni omosessuali e il comportamento sessuale possono essere percettivamente incorniciati, compresi, e possibilmente strutturati in modi simili a stereotipi sulle relazioni del sesso opposto, il che suggerisce che le persone possono fare affidamento su queste inferenze per formare percezioni accurate.

Negli ultimi decenni il concetto delle preferenze è stato allargato non solo per comprendere le posizioni sessuali, ma anche per includere l’incredibile varianza psicologica, emozionale e sociale dell’identità sessuale. Sono nate così delle lunghe liste di definizioni intermedie, affinché la gran parte delle sfumature potesse essere rappresentata.

Un individuo che si definisce attivo è, nella pratica del sesso omosessuale, un partner che preferisce essere la parte penetrativa all’interno di rapporto anale. Nell’interpretazione più ampia del termine, quella che comprende anche caratteristiche sociali e psicologiche, per attivo si può intendere anche il soggetto che, all’interno di un rapporto di coppia, si sente dominante. I confini di quest’ultima definizione sono però labili: un omosessuale potrà essere attivo nei rapporti sessuali ma affatto dominante in quelli romantici e sociali, così come viceversa.

Identificati anche con il termine inglese “top”, esiste una lunga lista di preferenze intermedie, tra cui si elencano:

Total top: un individuo che assume esclusivamente ruoli penetrativi durante i rapporti sessuali;
Power top: un soggetto attivo che, oltre alla pratica fisica, manifesta una certa predisposizione psicologica dominante durante il rapporto;
Service top: un attivo che, durante la penetrazione, preferisce sia la parte passiva a guidare l’incontro erotico;
Oral top: è un soggetto attivo che, di norma, preferisce lanciarsi unicamente in rapporti orali.

Un omosessuale passivo è un individuo che preferisce essere penetrato durante il rapporto sessuale. Nella definizione più ampia del termine, può includere anche persone che amano essere guidate nei rapporti affettivi della coppia o nelle relazioni sociali, anche se questa specificazione potrebbe risultare borderline: esistono passivi in camera da letto ma dominanti nelle relazioni affettive, così come viceversa.


Come nel caso degli attivi, i passivi vengono identificati anche dalla parola inglese “bottom”. Tra le varie categorie intermedie, si possono elencare:

Total bottom: un soggetto esclusivamente ricettivo durante i rapporti sessuali;
Power bottom: un individuo passivo a livello di penetrazione, ma frequentemente dominante a livello psicologico, tanto da prendere spesso le redini del gioco erotico;
Versatile Bottom: un omosessuale principalmente passivo che, in occasioni abbastanza sparute, assume il ruolo di attivo;
Oral Bottom: un soggetto passivo che si presta, tuttavia, solamente a rapporti orali.
Sia nel caso di un ruolo passivo che di uno attivo, sulle categorie del sesso orale non vi è accordo universale. Secondo un’interpretazione molto diffusa, la parte ricevente sarebbe in realtà quella attiva, poiché di fatto pratica la stimolazione sul partner. Viceversa, la persona che subisce tale stimolazione è quella passiva.

Un omosessuale che si definisce versatile è un soggetto che gradisce indipendentemente il ruolo attivo e passivo all’interno di un rapporto sessuale. Tale ruolo può mutare a ogni singolo incontro, a seconda anche delle preferenze del partner, oppure mantenersi stabile per un certo periodo di tempo. È il caso di coppie stabili dove un rappresentante è esclusivamente top o bottom. Nella definizione più ampia del termine, per versatile si potrebbe includere una persona votata alla perfetta equità psicologica e sociale della coppia. Come nei precedenti casi, però, una simile specificazione rischia d’essere fuorviante: esistono versatili a letto dominanti o remissivi nella vita e viceversa, così come tante altre configurazioni dell’identità umana.

Fra le categorie intermedie, si possono elencare:

Versatile-passivo: un individuo che pratica indifferentemente ruoli attivi e passivi durante il sesso, preferendo però i secondi;
Versatile-attivo: un soggetto versatile che gradisce maggiormente i rapporti attivi;
Versatile puro: un omosessuale che non manifesta una specifica preferenza per l’uno o l’altro ruolo.
Naturalmente, in fatto di sesso orale le categorie si moltiplicano e complicano: una persona versatile nel sesso anale, infatti, non è detto che lo sia anche durante la stimolazione orale.


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lunedì 28 marzo 2016

IL GIGOLO'

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Gigolò, oppure escort uomo, accompagnatore, ha un ruolo diverso da quello che si potrebbe immaginare, la prostituzione maschile non si può accorpare a quella femminile. La voglia di pagare per ottenere facilmente favori sessuali da uomini belli e muscolosi ha contagiato anche la donna, anche se l'approccio in questo caso è profondamente diverso e a volte si tratta di donne che per un motivo o per un altro non hanno mai avuto una vita sessuale e sentimentale soddisfacente. La donna emancipata e moderna del terzo millennio è schiacciata da numerose responsabilità, lavoro, matrimonio, figli, spesso vive rapporti logorati da ritmi disumani e il desiderio dell'uomo così si spegne di fronte a queste donne iperimpegnate. Scatta quindi il bisogno di conferma della propria femminilità, di trasgressione senza rischio, di piacere sessuale a portata di click, come già esiste per gli uomini. Nell'ultimo decennio c'è stata un'impennata dell'offerta in internet di gigolò, portali e siti di singoli individui spopolano in rete. Molti ragazzi attratti da facili guadagni si vendono e allietano la vita a donne che di solito vanno da un minimo di 35 ad un massimo di 65 anni. Spesso si tratta di donne piacevoli, affascinanti. Spesso è sbagliato associare loro l'immagine della vecchia e viziata ereditiera anche se a volte può essere così. Bisogna quindi uscire dallo stereotipo poco credibile di Richard Gere in American Gigolò, il famosissimo film di Paul Schrader con l'affascinante Julian Kaye che sfreccia sulla sua Mercedes SL Pagoda per le vie di Beverly Hills, questo è frutto della fantasia di un bravo sceneggiatore.

Pochi professionisti, ma tanta richiesta. Il mondo degli accompagnatori maschili è un settore che sembra non conoscere crisi. Anche se poche lo ammettono, infatti, secondo un’indagine condotta dall’associazione Donne e qualità della vita, due donne su 10 si sono rivolte a uno gigolò almeno una volta nella vita e quattro hanno pensato di farlo.
Sono per lo più consulenti o libere professioniste di età compresa tra i 46 e 55 anni, spinte a provare l'esperienza a causa delle scarse attenzioni ricevute dal partner o per solitudine. Solo il 18%, però, cerca nel gigolò un grande amatore: il 24% ritiene fondamentale che sia un uomo sensibile e il 22% non bada a spese purché dall'altra parte ci sia una persona pronta a capirla.
Una ricerca sul mercato del sesso realizzata dall'Eurispes mette in rilievo come, a differenza della prostituzione femminile, in quella maschile prevalgano gli accompagnatori italiani, spesso di buona cultura e capaci di parlare più lingue.

Non è semplice sapere con precisione quanto guadagna uno gigolò perché manca un tariffario.

Secondo un sondaggio è emerso che ogni anno nel Regno Unito – e presumibilmente anche nella maggior parte dei Paesi europei – migliaia di donne pagano uomini escort, cioè accompagnatori, in cambio di rapporti sessuali.

Non solo: ne è venuto fuori che il ‘ricorso’ da parte femminile al sesso a pagamento è un trend sensibilmente in crescita.

Nel Regno Unito ‘lavorano’ attualmente 44.000 escort uomini;  esiste quindi un vasto ‘bacino di utenza’. Tuttavia, le inglesi intervistate non erano  propense a parlare davanti alle telecamere, anche nei casi in cui avevano  ammesso di possedere esperienze di questo tipo.



Diversa è la situazione negli USA, dove le donne dedite a questa pratica parlano più liberamente dei propri desideri e bisogni sessuali soddisfatti attraverso la prostituzione maschile.

La prostituzione maschile eterosessuale è assolutamente nuova nel nostro Paese. Infatti, si conosceva in passato la figura del gigolò, ma con questo termine ci si riferiva al cosiddetto mantenuto, una persona con la quale la donna aveva un rapporto spesso duraturo, che prevedeva un compenso, per le prestazioni ricevute, sotto forma di costosi regali. Mentre parlando di prostituzione maschile, si intendono prestazioni sessuali occasionali.

Una nuova disponibilità maschile a fungere da uomo ‘oggetto’ è evidente in Italia soprattutto nel mondo degli spogliarelli, diventati  ormai un’attrazione considerata normale in alcune feste private, nelle discoteche, negli addii al nubilato.

Alla diffusione del fenomeno contribuisce in buona misura internet, che offre anche alle donne più timide la possibilità di contattare facilmente escort e accompagnatori. Centinaia sono i siti di questi ‘professionisti’, tutti corredati di foto, informazioni personali e listino prezzi dettagliato.

L’ ‘Associazione italiana donne e qualità della vita’ ha analizzato il fenomeno della prostituzione maschile eterosessuale, intervistando circa 1500 donne di età compresa tra i 18 e i 55 anni: le donne che si rivolgono a uomini escort sono spesso persone affermate nella vita, imprenditrici, libere professioniste, manager e  impiegate. Le meno attive sembrano essere le lavoratrici part-time (8%) e le casalinghe (5%). Gran parte delle donne interessate ha un’età compresa fra i 46 e i 55 anni, ma anche le più giovani (26-35 anni) non disdegnano la compagnia degli escort, anche se spesso tentano poi di instaurare con loro dei rapporti affettivi. Per quel che riguardo lo stato civile, molte delle donne ‘esperte in materia’ sono divorziate, ma neanche le altre sono tutte single: il 21% dichiara d’essere sposata… forse non felicemente.



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martedì 15 marzo 2016

I PIEDI

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Fin dal passato i piedi esprimono potere e sensualità e il loro ruolo è ampiamente riconosciuto se si fa riferimento alla mitologia, alla religione e alla cultura in genere. 
In antichità la lavanda dei piedi era un atto di sottomissione compiuto dagli schiavi nei confronti dei loro padroni, una forma di umiliazione che confermava la supremazia dei potenti sui loro servi. Nella Bibbia diventa segno di umiltà nell'episodio che vede protagonista Maria Maddalena che massaggia con olio di nardo i piedi del Cristo asciugandoli con i suoi capelli.

La Moda non trascura il fascino delle estremità e riporta l’attenzione sugli anellini indossati ai piedi. Nell'India del Sud sono una vera e propria tradizione e molte ragazze vestono particolari gioielli collegati da catenine alle loro collane. Le donne che indossano anelli sul secondo dito di entrambi i piedi comunicano di essere sposate, le prostitute invece li portano alle ultime dita.
Oggi, però, solo alcune famiglie restano legate agli antichi costumi e in Occidente decorare i piedi con preziose gioie è un trend ormai affermato.

Il fascino dei piedi si esprime totalmente in ambito sessuale; oggetto del desiderio in molte pratiche, le estremità possono essere baciate, massaggiate, accarezzate e annusate per stimolarne i diversi punti erogeni, situati soprattutto sotto il tallone e in corrispondenza dell'alluce.

La passione per i piedi può estremizzarsi in una particolare forma di feticismo, il “retifismo";  la parola deriva da uno scrittore francese della seconda metà del ‘700 dalla vita sregolata, Restif de la Bretonne. Nella  sua opera “Le pied de Fanchette” sono narrate le vicende di una donna che riesce ad affermarsi socialmente servendosi del fascino dei suoi piedi.

I chiromanti hanno sempre affermato la possibilità individuare la personalità umana nel palmo delle mani, ed invece c’è chi si batte per diffondere che attraverso i piedi si può leggere molto di più.

Un olandese, autore e produttore di trasmissioni televisive e radiofoniche, Imre Somogyi, ha pubblicato “Leggere le dita dei piedi”, in cui esaminandone forma e posizione, propone un metodo per decifrare le personalità e addirittura cogliere dettagli relativi al passato della persona che si sta analizzando.

Un alluce abbastanza grande denoterebbe necessità di comunicare e abilità verbale. Arrotondato, molta diplomazia. Sarebbero da evitare le persone con le dita incurvate poiché avrebbero capacità di manipolare situazioni e persone. 

I piedi sono contemplati anche dalla riflessologia, che, nelle sue procedure di manipolazione di punti energetici, non trascura le tante corrispondenze rintracciabili tra le varie zone dei piedi e i principali organi del corpo umano.

Scoperte curiose hanno determinato che moltiplicando la falange dell’alluce per sette volte e mezzo si ottiene la misura del piede.
Non solo: al piede destro corrisponde la parte razionale, al sinistro quella emotiva. Chi ha il secondo dito più lungo dell’alluce del piede sinistro in genere vive in maniera iperattiva e potrebbe avere problemi cardiaci, gradirebbe i sapori amari e potrebbe soffrire di disturbi allo stomaco.

Nelle mitologie il piede ha un simbolismo soprattutto fallico, da cui nasce il feticismo della calzatura (femminile ): trovare scarpe adatte, far piedino, prender piede. Nell’antichità in Cina il sole, il più importante simbolo yang, era spesso rappresentato da un piede. Il Rigveda chiama il sole “il Solipede” e in una preghiera armena si chiede che il sole voglia posare il suo piede sul volto di colui che prega. Il piede (maschile) che calca la terra (femminile) è un simbolo frequente nella mitologia e, per la sua immagine sessuale, evoca le fecondità; genera la benefica pioggia e perfino gli esseri umani.I piedi evocano anche la stabilità,perchè noi poggiamo su di loro: nell’Apocalisse il Figlio dell’Uomo ha “piedi di bronzo”.I piedi ci permettono di spostarci: nell’alta antichità il sole era spesso rappresentato con le ali ai piedi al termine di ogni raggio, per evocare l’idea del suo procedere. Anche Mercurio, messaggero celeste degli dei, era rappresentato con le ali ai piedi. In contatto diretto con il suolo, il piede ci ricorda la dura realtà delle leggi della vita, contrapposta alle illusioni ideologiche soggettive: non avere i piedi per terra (volare). Situato agli antipodi della testa, regno dell’Io e della razionalità, il piede è il punto in cui vengono feriti (a volte fino a morire) eroi e dei, quando meno se lo aspettano: il vecchio Ra viene ferito al piede dal verme velenoso di Iside, Orione da uno scorpione, Achille da una freccia, Filottete da un serpente. Il piede può suscitare un gesto di umiltà nei confronti di un superiore: in India il visitatore toglie la polvere dai piedi del rishi.

Allusioni ai piedi, nei sogni, possono riferirsi alla stabilità delle basi della vita esteriore o interiore, al moto in avanti o all’indietro nell’evoluzione, a seconda che ci sia progresso, regresso o stagnazione. Possono anche far riferimento alla regione più lontana dalla testa, sede del razionalismo cieco, da cui vengono gli attacchi più imprevedibili a un intelletto che si limita al solo campo della coscienza. A piedi nudi il significato negativo: esprime dei sentimenti di insicurezza; ci si sente disarmati, vulnerabili, non protetti da un solido paio di scarpe, per affrontare le pietre, le spine, il freddo.A volte si tratta di umiliazione, di avvilimento: una persona scalcagnata.A volte l’ umiliazione è ricercata: umiliare il corpo per fortificare lo spirito (Carmelitani scalzi ).Significato positivo: il piede esprime il rapporto diretto con la terra, con i fluidi tellurici, la realtà della vita e le sue leggi; così per non dimenticare la condizione umana, i movimenti dello Yoga devono essere sempre eseguiti a piedi nudi, mentre un proverbio cinese ci ammonisce: non si può camminare guardando le stelle quando si ha un sasso nella scarpa. Il riferimento può essere anche alla modestia, alla sottomissione: Mosè parla a Jahweh solo a piedi nudi (Esodo 3:15), i musulmani si tolgono le scarpe per entrare nella moschea così gli indù in un tempio o davanti al rishi, o i praticanti zen nel dojo. Jung annota che certi passi di danza dei primitivi, che battono i piedi sul posto, “sembrano una sorta di ripetizione dello scalpitìo infantile. Questo è in relazione con la madre e con sentimenti di piaceree rappresenta anche un moto esercitato già nella vita intrauterina”. Il piede è simbolo di forza, ma anche di debolezza: il tallone di Achille. A volte è anche simbolo del mondo vegetale: la pianta del piede.



Secondo una ricerca inglese se volete sapere cosa pensa di voi l’interlocutore che vi sta di fronte, dovete osservare come muove gli arti inferiori, specie se è donna. 

“Se li muove, allargandoli oppure avvicinandoli a chi le sta davanti, vuol dire che è attratta dalla persona in questione. Viceversa se li tiene incrociati o, stando seduta, li raccoglie sotto il corpo, significa che non è interessata. Ma il segnale peggiore è se li tiene assolutamente immobili: un sintomo che sta mentendo o che è preoccupata.” 

Il "linguaggio dei piedi" è il tema delle ricerche condotte da uno psicologo della Manchester University, la cui ipotesi è che i piedi rivelino il nostro stato d’animo molto di più dell’espressione del volto o dei gesti delle mani. Insomma, amici uomini, è lì che dovreste guardare, per capire se piacete alle donne. 

Le regole che valgono per le donne, non valgono per gli uomini. Secondo il professor Geoffrey Beatty, autore della ricerca, gli uomini muovono i piedi in maniera indipendente da quel che provano dal punto di vista sentimentale. Tranne in due situazioni: se tengono i piedi fermi, sono stati infedeli; se invece li muovono in continuazione, sono nervosi. 

Afferma Beatty, preside della facoltà di psicologia della Manchester University e consulente del reality show “Big Brother”, il “Grande Fratello” britannico: “Mentre la gente può sapere che messaggio danno le proprie espressioni facciali o i gesti delle mani, pochi si rendono conto di muovere o meno i piedi e dei messaggi che inviano con essi. Il linguaggio segreto dei piedi può rivelare molto sulla nostra personalità, su cosa pensiamo dell’individuo che abbiamo di fronte e perfino sul nostro stato emotivo e psicologico”, continua lo studioso. “La gente può mascherare un sorriso o celare quello che sta facendo con gli occhi, ma i piedi sono un po’ più facili da analizzare perché quasi nessuno è consapevole di come li muove. Sono movimenti istintivi e dunque più sinceri, un affascinante canale di comunicazione non verbale”. 

Per arrivare a queste conclusioni, il professore britannico ha studiato la letteratura scientifica esistente sull’argomento in numerosi paesi e ha compiuto altre ricerche, commissionate da un’azienda di calzature britannica. “Se per esempio si incontra qualcuno per la prima volta e questa persona scoppia a ridere, non è necessariamente una reazione positiva. La gente può ridere di chi le sta davanti per mascherare nervosismo o per nascondere contrarietà. Ma i dati che ho riscontrato dimostrano che, se una donna muove i piedi mentre ride, è uno dei segnali più chiari e potenti che il suo interlocutore le piace. Al contrario, se incrocia i piedi o accavalla le gambe, non è un buon sintomo”.


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lunedì 14 marzo 2016

IL DRUIDISMO

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Vivere il Druidismo oggi, si sublima nella completa riverenza della Natura e del suo patrimonio sacro ma rappresenta anche  uno studio ed una dedizione ad una vasta quantità di apprendimenti, dedicati.
Il Druida studia l'ambiente, celebrando il ciclo stagionale ed impegnandosi in attività ecologiche per la salvaguardia dell'ambiente e degli abitanti non umani. Il Druida studia la natura umana, lavorando per approfondire la conoscenza del sè e delle sue emozioni,analizzare la ragione la sua coscienza ed il libero arbitrio. Egli e' costantemente alla ricerca delle sue fonti di ispirazione per coltivare ed esprimere la sua creatività artistica al fine di migliorare la memoria storica ed ispirare il suo popolo, tribù o famiglia.Il Druida studia la sua ascendenza e quella del suo popolo imparando dall'eredità dei sui antenati e dal paesaggio delle sue terre, esplorando la storia, i miti ed il folklore...in tutto questo il Druida troverà la sua divinità e mostrerà loro la sua devozione con preghiere,offerte,creatività cercando di vivere con onore. La magia del vivere quotidiano, un Druida e' in poche parole coinvolto completamente nella vita, con i suo Dei,i suoi Antenati, gli Spiriti e le leggi della Natura, imparare ad interagire con tutte le cose con responsabilità, rispetto e come atto di devozione, dai gesti piu' semplici a quelli più ispirati e cerimoniali.

Non ci sono autorità centrali su tutto il territorio e neanche una singola organizzazione a cui appartengono tutti i druidi, anche se ci sono degli ordini e organizzazioni nazionali creati per facilitare il collegamento,il confronto e gli studi per i druidi.
Molti druidi sono organizzati in piccoli gruppi, rappresentati dai loro famigliari ed amici che condividono il loro credo. Questi gruppi si dividono in clan o boschi e si ritrovano per le celebrazioni ed i riti religiosi sia all'aperto che nelle case dei membri, anche se quest'ultima soluzione è molto meno usata.
Molti gruppi hanno una struttura egualitaria e la funzione amministrativa viene divisa tra i membri, altri gruppi riconoscono un leader per le sue funzioni di coordinamento o per essersi distinto nello studio e nella pratica del Druidismo, soprattutto quando i gruppi risultano numerosi con centinaia se non migliaia di membri sono guidati da un capo scelto oppure un Arcidruido. Nessuna altra struttura gerarchica viene attribuito alla tradizione druidica se non il rispetto per gli anziani ed un pensiero circolare (no piramidale)

Nessuna forma etica ci è giunta dal passato (a prescindere che mai ci sia stata) per cui oggi i druidi esprimono la loro morale etica in svariati modi differenti, anche se quasi tutti si rifanno al motto dei Fianna ( antichi guerrieri irlandesi) che dice:
Forza nelle nostre mani, verità nel cuore e conoscenza sulle nostre labbra.
Dove la forza e' la rappresentazione del coraggio e del vivere con onore, la verità nel cuore per vivere senza inganno o auto inganno e la conoscenza/saggezza sulle labbra perchè bisogna sempre essere pronti a parlare con eloquenza sia per elogiare ciè che e' buono che per condannare ciè che è malvagio e falso.
Altri valori sono rappresentati dalla generosità e l'ospitalità.

Tutti le espressioni dei principi del druidismo contengono un messaggio universale applicabile e condivisibile da tutti gli ordini druidici mondiali. Il Druidismo ci incoraggia ad amare ampiamente e profondamente:
La venerazione per la natura sia alla base dei principi del Druidismo moderno ma non solo legato ad una visione ecologica, difatti un druida  deve impegnarsi nel vivere in modo eco sostenibile il più possibile, alimentando la ricerca delle energie alternative ed essere consapevole del rapporto con i suoi consumi quotidiani atti allo svolgimento delle sue attività. Importante per il Druida è anche il rapporto energetico con i luoghi naturali e selvaggi, ancora oggi i “nemeton” più sacri non sono di certo ubicati nelle città ma nella silenziosa solitudine di radure e boschi,sulle rive di fiumi o laghi,ai piedi o sulle cime di monti o colline, soprattutto dove la natura riesce a comunicare indisturbata con la nostra anima.

I Druidi sono tradizionalmente dei pacificatori, e lo sono tutt’ora: ogni cerimonia inizia e termina con la Pace alle quattro Direzioni, vi è una preghiera specifica per questo “La preghiera della Pace”. Ogni gruppo druidico deve alimentare la pace e mai l’odio .

La Via del Druido coltiva il Bardo, l’Artista Interiore, e incoraggia la creatività,in tutti i suoi aspetti artistici in quanto l’unico modo che abbiamo per manifestare i nostri Dei è solo attraverso la nostra arte.



I Druidi erano giudici, e legislatori. Tradizionalmente i Druidi erano interessati ad una giustizia restaurativa, non punitiva. Oggi i Druidi pur non coprendo sempre cariche sociali legate all’amministrazione della giustizia, debbano impegnarsi nel seguire una via filosofica della verità e del giusto.

I Druidi riconoscono ed usano il potere della mitologia e delle storie tradizionali del proprio territorio, attraverso le quali ricostruiscono anche cerimoniali,usi e costumi, per non parlare del simbolismo.

I Druidi riconoscono il potere formativo del passato. L’archeologia territoriale e l’antropologia devono essere sempre una piattaforma di spunto per lo sviluppo del Druidismo attuale. La storia, infatti, c’insegna che tutte le religioni si sono adattate con i tempi. Non bisogna collegarsi alla storia solo in modo accademico ma con il culto dei nostri antenati e progenitori, è possibile trovare un rafforzo alla ricerca della nostra identità culturale e tribale,soprattutto utilizzando metodi sciamanici.

L’amore non è rivolto solo alle piante sacre tradizionali oppure verso i misteri dei grandi giganti verdi secolari ma oggi i Druidi piantano alberi nell’intento di creare i “Boschetti Sacri”,studiano le conoscenze tradizionali sulle piante e si occupano anche dello studio delle proprietà magiche e curative di tutte le piante ed erbe.

I Druidi sia nel passato che oggi costruiscono circoli di pietre, usano e innalzano i monoliti per dare una “centratura” al loro spazio magico. Le grandi pietre sono il ricettacolo di una memoria energetica, sono i testimoni muti di un passato tribale che hanno divinizzato la natura ed i suoi spiriti. Oggi i Druidi collezionano pietre e lavorano anche con il potere dei cristalli.

I Druidi concepiscono gli animali come sacri, studiano e insegnano le loro conoscenze tradizionali. I loro archetipi sono alla base di una tradizione sciamanica, totemica e magica. Nella vita quotidiana gli animali vanno rispettati con uguali diritti all’uomo, creando  un rapporto equilibrato tra noi e la loro natura e identità animale che è molto distante dall’umanizzarli.

La conoscenza tradizionale Druidica delle Stelle, incarnata dagli antichi racconti e dai circoli di pietre, insegna l’amore per l’Universo.

Il Druidismo incoraggia la magia delle relazioni sociali, della comunità,dell’aggregazione e della collaborazione.

Il Druidismo incoraggia la celebrazione e il pieno coinvolgimento nella vita – non è una spiritualità che vuole sfuggire dalla vita.

Le cerimonie druidiche includono incontri in luoghi boscosi, tenuti solitamente una volta alla settimana, anche se molti gruppi si basano sul calendario lunare. Nelle cerimonie viene celebrata l'assunzione rituale degli spiriti (Scotch o Whiskey irlandese allungato con acqua) chiamati acqua della vita (uisce beatha), vengono intonati canti e recitati sermoni e possono essere ordinati nuovi sacerdoti.

I maggiori giorni sacri sono quelli in cui cadono i solstizi, gli equinozi e i festival (Sabbat). Possono essere allestite feste e banchetti con danze in cerchio e cantici. Non sono necessariamente collettivi, ognuno può festeggiare anche personalmente.

Un valore fondamentale è quello dell'ecologia, vista come unica via attraverso cui mantenere il legame naturale tra l'uomo e gli spiriti della natura, attraverso il rispetto e il mantenimento di quest'ultima.

La liturgia dell'ADF è considerabile più complessa di quella dell'RDNA, basata sulle teorie di Bonewits e sul modello di venerazione indo-europeo.

Dall'antica religione celtica, le generazioni moderne hanno tratto molte feste e tradizioni: Samhain (Halloween), Yule il Natale per i Cristiani, Imbolc la Candelora, Oestara (Pasqua), Beltane (Calendimaggio), Lammas (circa Ferragosto). A Natale alcuni praticano, senza rendersene conto, tradizioni druidiche: l'albero di Natale ne è l'esempio più comune. Per i druidisti, gli alberi sono spiriti potenti, il Natale era originariamente una festa volta ad onorare gli spiriti degli alberi addobbando questi ultimi.

Gli dei principali sono la Madre Terra (spesso chiamata mia/nostra Madre), vista come personificazione delle realtà materiali e identificata con il concetto della Dea triplice; Béal, la personificazione delle realtà non materiali, e Dalon Ap Landu, il Signore dei Boschi. Ai primi due vengono solitamente associati la Terra e il Sole. Ma la cerchia delle divinità non si chiude qui. Il Druidismo si basa anche sulla credenza di spiriti e divinità della natura come:
Cernunnos, il Dio Cervo chiamato spesso anche Re Cervo;
Morrigan, la dea della guerra rappresentata sotto le spoglie di un corvo; lo stesso Piccolo-popolo
Lúg, il Dio della luce e di tutte le arti.
Arkan Sonney è un maialino e si dice che chi lo acchiappi trovi fortuna per tutta la vita. È anche conosciuto con il nome di Lucky piggy.
Banshee: al contrario di come spesso si pensa la banshee è un folletto socievole, femminile, divenuto però solitario per i dolori patiti.
Leanhuan Shee: un bellissimo spirito femminile Irlandese che vaga alla ricerca dell'amore degli uomini.
Tra le divinità druidiche ci sono anche animali come il lupo e il serpente, che non sono vere e proprie divinità ma incarnano simbolicamente degli spiriti della natura. Il serpente ad esempio è lo spirito della medicina, della salute, del mistero, della magia, ad esso si attribuisce conoscenze e saggezza.

Con l'arrivo del Cristianesimo divinità e simboli delle religioni pagane vennero spesso identificati in demoni infernali e simboli satanici. Il serpente è infatti uno dei principali simboli maligni nella visione cristiana. L'immagine della Madonna che calpesta la testa del serpente è esemplare della trasformazione avvenuta. Per divinità che non è stato possibile cancellare sono stati creati santi, primo tra tutti San Patrizio, nonché l'uso del trifoglio che si fa nella sua leggenda: originariamente usato per la triplice immagine della Dea diviene simbolo della Trinità.

Il sacerdozio è generalmente suddiviso in tre fasi a cui si accede tramite iniziazione:
Bardo, il sacerdote di primo grado, ha conoscenze basilari sulla mitologia e la filosofia druidica.
Ovate, il sacerdote di secondo grado, iniziato ai sacri misteri, nella religione antica dotato di profezia.
Druido, il terzo grado del sacerdozio si raggiunge quando un sacerdote diviene sufficientemente maturo e saggio da poter insegnare ad altri le proprie conoscenze.
Esistono tuttavia altri tipi di suddivisioni, a volte a sé stanti a volte integrate a quelle sopra citate. Ad esempio si può trovare la suddivisione in gilde in base alla differente specializzazione dei sacerdoti. Non si tratta di tessuti organizzati per il fatto che il Druidismo è una religione nata di recente. ADF ed altre organizzazioni stanno cercando, col tempo, di dare al Druidismo un assetto molto simile a quello delle religioni più diffuse, con clero ben definito e templi.

Nel Druidismo la donna è molto rispettata. Il sacerdozio è aperto ad entrambi i sessi e mentre il sacerdote uomo viene chiamato druido, la donna è semplicemente sacerdotessa. In genere le donne celebrano i riti dedicati alla Dea e tutti i riti di fertilità e morte che scandiscono l'anno, ma quelli fondamentali per il Druidismo sono presieduti sia da sacerdotesse sia da druidi.

Nella religione druidica ha grande importanza l'unione sessuale di uomo e donna, si ritiene che durante un rapporto sessuale si sprigioni enorme energia mistica, in quanto l'unione di uomo e donna simboleggia l'unione del Dio e della Dea, il principio maschile e quello femminile.
Questa sessualità mistica ha però un sicuro precedente, nella religione celtica originaria, solo limitatamente all'Irlanda e in riferimento alla congiunzione rituale del solo nuovo sovrano - o comunque capotribù - con un sostituto della dea-madre, probabilmente la propria stessa moglie o la promessa consorte. Non sembrano pertanto esistere prove intorno a forme di ierogamia praticate da druidi o elementi sacerdotali a essi riconducibili, né tantomeno ritualità sessuali patrimonio dell'intera popolazione. Il Cristianesimo, tendendo ad assimilare le vecchie credenze a culti demoniaci, ha in qualche modo mirato a una sovrapposizione delle festività, sostituendo le sue celebrazioni ai momenti di culto celtici, per avere la certezza che i fedeli cristiani non partecipassero ai riti della vecchia religione.
Più tardi, in particolare a partire dal XII sec., ogni eventuale rapporto sessuale rituale non poteva non apparire se non corrispondente a una lotta tra succube e demone, in cui la sacerdotessa era descritta come una donna che era stata sedotta dal maligno e costretta ad atti riprovevoli con il demonio stesso.
Con il tempo sono state assimilate anche altre divinità che non potevano essere cancellate.
Nel limite del possibile sono state assimilate a demoni preesistenti nella cultura cristiana.



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domenica 14 febbraio 2016

DIPENDENZE E DIPENDENZE

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Accanto alle classiche dipendenze da droghe, negli ultimi anni sono proliferate le dipendenze da attività legali.
Intendiamo con il termine ‘New Addictions’(Nuove Dipendenze) tutte quelle nuove forme di dipendenza in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica.  L’oggetto della dipendenza è in questo caso un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata.
Le nuove dipendenze (New Addicitons) o dipendenze comportamentali si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti, tra esse le più note e maggiormente indagate sono il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP), lo Shopping Compulsivo, la Dipendenza da Internet, da Sesso,  da Lavoro e da Studio, le Dipendenze da Tecnologia, le Dipendenze Relazionali.

Tutti questi comportamenti, seppur considerati normali abitudini della vita quotidiana,  possono  diventare,  per  alcuni  individui,  delle  vere  e  proprie
dipendenze, che sconvolgono ed invalidano l’esistenza del soggetto stesso e  del  suo  sistema  di  relazioni.  Le  dipendenze  comportamentali,  infatti,  si
manifestano  nell’urgente  bisogno  di  dover  praticare  un’attività,  nella consapevolezza  che  a  lungo  andare  condurrà  all’autodistruzione.

Perciò, anche   se   non   vi   è   assunzione   di   sostanze   chimiche, il quadro fenomenologico è molto simile a quello della tossicodipendenza e dell’alcolismo. Spesso  le “New  Addictions” si  combinano tra loro, o si accompagnano alle   dipendenze da   sostanze; molto frequente è, per esempio, l’associazione di  Gioco d’Azzardo Patologico e  Dipendenza dall’Alcol.  Si  riscontrano, inoltre, passaggi da una dipendenza ad un’altra, la quale diventa sostitutiva di quella precedente. Per esempio, un soggetto che riesce ad  uscire  dalla  tossicodipendenza, cessando l’uso delle droghe, ma che sviluppa un’incontrollabile bisogno di giocare d’azzardo, non è realmente guarito, ma ha solamente  spostato sul comportamento di gioco l’oggetto della propria dipendenza.

Il telefono cellulare con la sua imponente diffusione tra diverse generazioni di utilizzatori, dai bambini agli anziani, dagli adolescenti agli adulti, ha determinato negli ultimi dieci anni la comparsa di nuovi comportamenti nella vita quotidiana e nuovi stili comunicativi tra le persone.

Da una recente indagine in Italia dell’ISTAT sull’uso dei mezzi di comunicazione e delle nuove tecnologie è emerso che il cellulare occupa il 2° posto, dopo il televisore.
Alcune ricerche hanno posto l’attenzione sull’impatto del cellulare sui bambini e sugli adolescenti, considerati per la loro vulnerabilità categorie a rischio.
Certo le caratteristiche del cellulare sono affascinanti: può essere usato dovunque e in qualunque momento, dà la possibilità di essere raggiunti in ogni momento, può essere sempre portato con sé, lasciato acceso o spento a piacimento.
Con il cellulare è comparso anche un nuovo stile comunicativo: SMS, MMS, Videochiamate. Nulla di tutto questo c’era prima dell’avvento del cellulare.
In particolare sono in aumento le problematiche di dipendenza da Internet.
La dipendenza da Internet o Internet dipendenza, meglio conosciuta nella letteratura psichiatrica con il nome originale inglese di Internet Addiction Disorder (IAD), è,  secondo la psicologa Kimberly Young, considerata la pioniera in campo scientifico nello studio della Dipendenza da Internet, un disturbo nel controllo degli impulsi che non implica l’assunzione di una sostanza.

Secondo la psicologa Kimberly Young esistono 5 principali tipologie di dipendenza virtuale:

Dipendenza cybersessuale (o da sesso virtuale): Gli individui che ne soffrono sono di solito dediti allo scaricamento, all’utilizzo e al commercio di materiale pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti.

Dipendenza cyber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): Gli individui che ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale. Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l’individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici reali. In molti casi questo conduce all’instabilità coniugale o della famiglia.

Net Gaming: La dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria di comportamenti, compreso il gioco d’azzardo patologico, i videogame, lo shopping compulsivo e il commercio online compulsivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d’asta o le scommesse su Internet, soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri relativi all’impiego o rapporti significativi.



Information Overload (Sovraccarico cognitivo): La ricchezza dei dati disponibili sul World Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto riguarda la navigazione e l’utilizzo dei database sul Web. Gli individui trascorreranno sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell’organizzazione di dati dal Web. A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsive-ossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo.

Computer Addiction: I giochi che si possono installare nel computer sono numerosissimi, ma oltre ad essi sono nati oggi, grazie ad Internet, i giochi interattivi, nei quali i partecipanti giocano contemporaneamente ed interagiscono tra di loro. Questi giochi di ruolo virtuali, sono molto coinvolgenti proprio perché consentono al soggetto di nascondere la propria vera identità e costruirsene un’altra, con la quale si presenterà agli altri giocatori.

La dipendenza da sesso o Sex Addiction tra le nuove dipendenze colpisce prevalentemente i maschi. La dipendenza sessuale è una relazione malata, distorta con il sesso attraverso la quale la persona cerca di alleviare lo stress evitando sentimenti dolorosi e fuggendo da relazioni intime di fronte alle quali emerge una profonda inadeguatezza nella capacità di gestirle.
Il radicamento nella realtà, che pure può mostrare tutti i suoi aspetti più difficili e dolorosi, è un elemento fondamentale della sanità.
Il dipendente da sesso ha una grave difficoltà a vivere il sesso naturalmente, come una relazione intima con uno scambio di piacere. La relazione è invece di tipo ossessivo.
I comportamenti che un dipendente sessuale può mettere in atto sono diversi: rapporti sessuali con prostitute o con persone anonime, esibizionismo, acquisto di materiale pornografico, utilizzo di servizi erotici telefonici o su internet, masturbazione in modo ossessivo, ad esempio.
La compromissione di una vita di relazione sana è molto rilevante, ma rilevanti sono anche gli effetti sui processi mentali: l’intrusione di pensieri e fantasie non volute può impedire la concentrazione, la vigilanza su una normale occupazione.

Lo shopping compulsivo o  “compulsive buying” è una forma patologica caratterizzata da preoccupazioni e impulsi intrusivi e ricorrenti rivolti alla ricerca e all’acquisto eccessivo di beni spesso superflui o di valore superiore alla propria disponibilità economica.
Lo shopping impegna la persona per un tempo superiore a quello preventivato e comporta una grave compromissione del funzionamento sociale e lavorativo ma viene perseguita nonostante le conseguenze negative (sentimenti di colpa e vergogna, problemi familiari, problemi economici).
A differenza delle comuni attività di acquisto che possono rappresentare un momento di condivisione con il partner o gli amici, lo shopping patologico è un’attività che viene svolta prevalentemente da soli, una sorta di piacere privato.

Si distinguono 4 diverse fasi attraverso cui si manifestano le condotte patologiche di acquisto: anticipation, preparation, shopping, spending.
Nella prima fase (anticipation) la persona sviluppa un pensiero, un impulso, una preoccupazione relativa all’acquisto di un oggetto; questo momento è spesso preceduto da sentimenti depressivi, ansia, noia o autosvalutazione.
Nella seconda fase (preparation) il soggetto organizza e prepara l’attività dello shopping individuando l’area o il negozio, gli oggetti da acquistare , la modalità di pagamento.
La terza fase (shopping) è caratterizzata dall’intensa eccitazione e gratificazione che il soggetto prova mentre sta acquistando e che culmina nell’acquisto (quarta fase “spending”). Questa fase è seguita spesso da sentimenti di depressione, vergogna  e colpa.
Secondo il dr. Lorrin Koran, direttore della Stanford University, lo shopping si configura come un disturbo del comportamento quando si verificano queste condizioni:
Quando il denaro investito per lo shopping è eccessivo rispetto alle proprie possibilità economiche;Quando gli acquisti si ripetono più volte in una settimana;
Quando gli acquisti perdono la loro ragione d’essere: non importa che cosa si compri, se abiti, CD, profumi, lampade o prosciutti; ciò che conta è comprare, soddisfare un bisogno inderogabile e imprescindibile che spinge a entrare in un negozio e uscirne carichi di pacchi;
Quando lo shopping risponde a un bisogno che non può essere soddisfatto, per cui il mancato acquisto crea pesanti crisi di ansia e frustrazione;
Quando la dedizione agli acquisti compare come qualcosa di nuovo rispetto alle abitudini precedenti.
Al primo posto tra gli oggetti della “febbre da acquisto”, per quanto riguarda le donne, ci sono i capi d’abbigliamento, seguiti da cosmetici, scarpe e gioielli: tutti elementi riconducibili all’immagine. L’uomo, invece, predilige simboli di potere e prestigio come telefonini, computer portatili e attrezzi sportivi. In entrambi i casi, comunque, si tratta di oggetti in grado di aumentare l’autostima e la buona percezione di sé, aspetti che in tutte le forme di addiction risultano spesso fortemente compromessi.
Lo shopping compulsivo causa problemi significativi quali stress, interferenze con il funzionamento sociale e lavorativo, disagi familiari e coniugali e gravi problemi finanziari. Inoltre, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna in seguito all’acquisto di oggetti che, il più delle volte, vengono nascosti al resto della famiglia oppure messi da parte, regalati o buttati via.
Si innesca così un circolo vizioso: il disagio fa affiorare nuovamente il bisogno di un nuovo acquisto. Anche se il suo armadio è strapieno di cose – che forse non userà mai- lo shopper si sente “svuotato” e sente nuovamente crescere l’impulso ad acquistare di nuovo.
La caratteristica dello Shopping Compulsivo è infatti proprio quella di “acquistare per il piacere di acquistare”, per abbassare il livello di tensione cresciuto a dismisura e non importa se l’oggetto acquistato è utile oppure inutile, se serve o se verrà adoperato.

Nel DSM-IV il gioco d’azzardo patologico viene definito come un “comportamento persistente, ricorrente e maladattivo tale da compromettere le attività personali, familiari lavorative”.
Il giocatore compulsivo non gioca per guadagno materiale, ma per il piacere che gli deriva dal giocare. La perdita di controllo e la pervasività del gioco nella vita del soggetto determinano il deterioramento dei rapporti affettivi, familiari, lavorativi.
Ci sono 6 macrocategorie di giocatori d’azzardo:
Giocatori patologici per azione: sono persone che hanno perso il loro controllo sulla loro attività di gioco d’azzardo. Quest’ultima per loro, è la cosa più importante nella vita, poiché li mantiene in azione e quindi “vivi”. Le relazioni ed attività familiari, sociali e lavorative vengono influenzate negativamente dall’attività di gioco.
Giocatori patologici per fuga: sono giocatori che trovano nell’attività di gioco sollievo da sensazioni di ansia, solitudine, rabbia o depressione. Usano il gioco d’azzardo per sfuggire da crisi o da difficoltà. In questo caso, il gioco ha un effetto “analgesico” e non una risposta euforica.
Giocatori sociali costanti: per queste persone il gioco d’azzardo è la forma principale di relax e di divertimento, ma è in secondo piano rispetto alla famiglia e al lavoro.
Giocatori sociali adeguati: queste persone giocano per passatempo, per socializzare e per divertimento. A questa categoria appartiene la maggioranza della popolazione adulta.
Giocatori antisociali: coloro che si servono del gioco al fine di ottenere guadagni illegali.
Giocatori professionisti: sono persone che giocano d’azzardo per professione e, considerandolo una professione si mantengono attraverso di esso.



Il gioco d’azzardo patologico tipicamente inizia nella prima adolescenza nei maschi e più tardivamente nelle femmine. La modalità del disturbo può essere regolare o episodica e il decorso del disturbo è cronico. Generalmente vi è una progressione della frequenza del gioco d’azzardo, delle somme scommesse e dell’eccessiva dedizione al gioco e alla ricerca di denaro con cui giocare, portando ad un allontanamento della famiglia, di abbandono solitudine e anche di problemi legali. L’impulso e l’attività di gioco d’azzardo generalmente aumentano durante periodi di stress o di depressione.

Tutte le persone, in genere, lavorano per poter guadagnarsi da vivere. Tuttavia, questo comportamento, considerato normale, può diventare una dipendenza quando non ha più una funzione di sopravvivenza, ma ci aiuta a superare mancanze esistenziali e problemi familiari. Si parla così ‘work addiction’ (o workaholism), cioè la dipendenza da lavoro che appartiene alla categoria delle dipendenze non legate a sostanze e per questo, spesso le viene data meno importanza.
Il tratto più subdolo della dipendenza da lavoro è il suo essere congruente (differentemente dalle altre dipendenze) con le aspettative sociali: essere produttivi, infatti, è una delle attese più pressanti della società in cui viviamo.
Sembrerebbe che quelli maggiormente predisposti siano i liberi professionisti, perchè non vincolati ad un orario fisso e quindi finiscono per perdere il limite tra ciò che è lavoro e ciò che non lo è. Nella maggior parte dei casi, le conseguenze sono una vita familiare e sociale distrutta, ansia, depressione e patologie stress-correlate.
Il dipendente  da lavoro si  caratterizza per i seguenti aspetti:
eccessivo tempo dedicato al lavoro (il dipendente tende a lavorare o a pensare al lavoro anche in ferie, nei week-end e nel tempo libero, nei casi più gravi arriva a lavorare anche di nascosto);
tendenza a trascurare le relazioni interpersonali (tranne quelle legate al lavoro), affetti e interessi;
stile di vita completamente incentrato sul lavoro;
incapacità a rilassarsi;
problematiche psicologiche (stati ansiosi, tendenza al perfezionismo, senso di vuoto ed inutilità quando “staccano” dal lavoro, autostima legata alla quantità o al successo lavorativo, sensi di colpa, atteggiamento ossessivo-compulsivo nei confronti del lavoro, disturbi del sonno ecc.)
problematiche fisiche (disturbi cardiocircolatori, emicrania, problemi gastrointestinali, dolori muscolari, malattie psicosomatiche, abuso di sostanze come alcol, nicotina,caffeina e stimolanti ecc.)
problematiche relazionali (isolamento, scarsa assertività, atteggiamento sprezzante nei confronti dei colleghi e delle persone che vanno in vacanza, coltivano hobby e interessi, vanno in pensione o godono del tempo libero, problematiche familiari legate al troppo lavoro ecc.)
Queste caratteristiche possono aiutare la non facile differenza tra il lavoratore passionale e il dipendente da lavoro; il lavoratore passionale, ovvero chi ha scelto il lavoro in base alle proprie passioni, anche se eccede nell’attività lavorativa è pero in grado di godere degli altri aspetti della vita, ovvero egli prova piacere nel coltivare hobby, relazioni sociali e interessi svincolati dall’attività lavorativa mentre il dipendente trova l’unica fonte di gratificazione nel lavoro abbandonando interessi e relazioni.

Ormai da un po’ di anni, gran parte del tempo libero destinato all’attività ludica è, sempre più spesso, costituito dal “videogioco” che risponde al “bisogno ludico”, appassionando persone di ogni età, sesso e classe sociale.
Tuttavia, tale attività ludica può essere abusata fino a diventare una dipendenza, cioè la ‘videogames addiction’. Il problema, sempre in aumento nei giovani, sostituisce momenti dedicati all’attività fisica, allo studio, annullando qualsiasi tipo di relazione sociale e favorendo l’isolamento creando problemi con la famiglia.
Ci troviamo di fronte ad una diagnosi di dipendenza da videogiochi, quando un soggetto soddisfa almeno quattro dei seguenti criteri:
con l’aumentare delle giocate ai videogiochi, il soggetto rivive sempre esperienze trascorse di gioco, a valutare e pianificare le prossime giocate ai videogiochi o ad escogitare modi per procurarsi il denaro con cui giocare;
bisogno di spendere somme sempre maggiori di denaro per ottenere l’eccitamento desiderato;
irrequietezza ed irritabilità quando si tenta di giocare meno ai videogiochi o di smettere;
il soggetto ricorre ai videogiochi come fuga da problemi o conforto all’umore disforico; dopo aver speso soldi giocando ai videogiochi, il soggetto ritorna spesso a giocare per ottenere un punteggio maggiore (inseguimento del punteggio);
il soggetto mente e litiga in famiglia ed altri per nascondere il grado di coinvolgimento nei videogiochi, mettendo a rischio la scuola;
il soggetto compie azioni illegali/asociali per finanziare i videogiochi;
confida negli altri perché gli forniscano il denaro necessario a far fronte ad una situazione economica disperata, causata dai videogiochi (un’“operazione di salvataggio”).

I sintomi della dipendenza possono verificarsi attraverso stati di ansia, attacchi di panico, problemi del sonno, sogni riguardanti i videogiochi, incubi e tremori. Negli adolescenti in cerca di una fuga dalla realtà, generalmente sono privi di vita sociale, trascurati dai genitori e dotati di scarsa autostima.

L’amore, rappresenta il bisogno e la capacità di trascendere noi stessi e, insieme ad un altro, creare una realtà nuova. Talvolta, quando si altera l'equilibrio tra il dare e il ricevere, tra il proprio confine e lo spazio condiviso, l'amore può trasformarsi, invece che in un'occasione di crescita e arricchimento,  in una gabbia senza prospettive di fuga, con pareti fatte di dolore. Questo è quello che succede quando si scivola nella dipendenza affettiva. La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva, in cui l'individuo, “donatore d'amore” a senso unco,  vede nel legame con un altra persona, spesso  problematica o sfuggente, l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti affettivi.
Non sempre  la differenza tra amore e dipendenza affettiva è netta. Può addirittura accadere che i due fenomeni si confondano.

La chiave di distinzione sta nel grado di autonomia dell'individuo e nella sua capacità di trovare un senso in se stesso. Diversamente da quanto comunemente si crede, l'amore nasce dall'incontro di due unità, non di due metà. Solo per si percepisce nella sua completezza è possibile donarsi senza annullarsi, senza perdersi nell'altro. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo autonomo,  non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità. La paura dell'abbandono, della separazione, della solitudine generano un costante stato di tensione. La presenza dell'altro non è più una libera scelta ma  è vissuta come una questione di vita o di morte: senza l'altro non si ha la percezione di esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati in una relazione simbiotica.

La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. A volte il partner del “dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che  maschera  la propria dipendenza affettiva con una dipendenza da droga, alcol o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il rischio di condurre un'esistenza per sé.
Altre volte la persona amata è rifiutante, sfuggente o irraggiungibile, per esempio sposata o non   interessata alla relazione.  In  entrambi i  casi quello che seduce è la lotta: la dipendenza si alimenta del desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente, e cresce in proporzione al rifiuto, anzi se non ci fosse quest'ultimo, il presunto amore non durerebbe.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell'altro ma inevitabilmente viene  delusa e il suo amore prende la forma del  risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, in virtù di ciò che definisce “amare troppo”, non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore che richiede invece autonomia e reciprocità.

Nella dipendenza affettiva, ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga. I sintomi della dipendenza sono gli stessi :
ebbrezza : il soggetto  prova una sensazione di piacere quando sta con il partner, che non riesce ad ottenere in altri modi e che gli è indispensabile per stare bene.
tolleranza: il soggetto cerca dosi di tempo sempre maggiori da dedicare al partner,  riducendo sempre di più il  proprio tempo autonomo e i contatti con l’esterno
astinenza: il soggetto sente di esistere solo quando c'è l'altro, la sua mancanza lo getta in uno stato di allarme. Pensare la propria vita senza l'altro è inimmaginabile. L'altro è visto come l'unica fonte di gratificazione, le attività quotidiane sono trascurate, l'unica cosa importante è il tempo trascorso con l'altro.
incapacità di controllare il proprio comportamento: una riduzione di lucidità e capacità critica che crea vergogna e rimorso e che in taluni momenti viene sostituita da una temporanea lucidità, cui segue un senso di prostrante sconfitta e una ricaduta nella dipendenza ,che fa sentire più imminenti di prima i propri bisogni legati all’altro. Questi processi si colorano di rabbia e senso di colpa.
Inoltre, a differenza delle droghe, che sono più facilmente disponibili, si può generare una paura ossessiva di perdere la persona amata, espressa con gelosia e possessività, che si alimenta smisuratamente ad ogni piccolo segnale negativo che si percepisce.
La posizione paradossale che caratterizza la dipendenza affettiva è: “non posso stare con te” (per il dolore in seguito a umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti) “ne senza di te”, (per l'angoscia al solo pensiero di perderti).



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