Con il trascorrere dei decenni, la dea Fortuna divenne più di una figura di fertilità, le donne romane non sposate univano le loro forze con la dea per cercare di attirare il compagno ideale, le donne in cerca di una gravidanza che tardava ad arrivare la pregavano per vedere i propri desideri di maternità accontentati. Sia nei grandi propositi legati alla fertilità e all'abbondanza che nei piccoli desideri, la dea fortuna gettava i dadi del destino nella vita dei romani in molte situazioni.
Si racconta anche che ella l'avesse amato, benché egli non fosse che un mortale e avesse l'abitudine di entrare a casa sua attraverso una finestrella. Una statua del re Servio Tullio si ergeva nel tempio della Dea.
« Gli annali di Preneste raccontano che Numerio Suffustio, uomo onesto e ben nato, ricevette in frequenti sogni, all'ultimo anche minacciosi, l'ordine di spaccare una roccia in una determinata località. Atterrito da queste visioni, nonostante che i suoi concittadini lo deridessero, si accinse a fare quel lavoro. Dalla roccia infranta caddero giù delle sorti incise in legno di quercia, con segni di scrittura antica. Quel luogo è oggi circondato da un recinto, in segno di venerazione, presso il tempio di Giove bambino, il quale, effigiato ancora lattante, seduto insieme con Giunone in grembo alla dea Fortuna mentre ne ricerca la mammella, è adorato con grande devozione dalle madri.
E dicono che in quel medesimo tempo, là dove ora si trova il tempio della Fortuna, fluì miele da un olivo, e gli aruspici dissero che quelle sorti avrebbero goduto grande fama, e per loro ordine col legno di quell'olivo fu fabbricata un'urna, e lì furono riposte le sorti, le quali oggidì vengono estratte, si dice, per ispirazione della dea Fortuna. »
(Marco Tullio Cicerone, De Divinatione XLI 85-86)
La Fortuna era una dea dal carattere doppio, ma sempre positivo (altrimenti si parlava di Sors, la sorte):
Uno intraprendente, cioè che aiutava a far andare bene le imprese
Uno erotico (per il quale è rimasto il detto essere baciati dalla fortuna)
Il suo corrispettivo nella mitologia greca è la dea Tyche.
Nell'opera De consolatione philosophiae del VI secolo di Severino Boezio, scritta mentre attendeva la sua esecuzione, il celebre filosofo e statista riflette sulla visione teologica del casus, i cui casuali e spesso rovinosi mutamenti sono in realtà tanto inevitabili quanto provvidenziali, per cui persino i più inspiegabili e accidentali eventi fanno parte del nascosto piano di Dio a cui nessuno può resistere o può cercare di opporsi. Secondo questa concezione, gli eventi, le decisioni umane e persino l'influsso degli astri fanno tutti parte della volontà divina.
L'immagine iconografica della Ruota della Fortuna che accompagna l'immaginario medioevale ma non solo, è una diretta eredità attinta dal secondo libro dell'opera di Boezio. La sua immagine appare così ovunque, dalle miniature dei manoscritti alle vetrate delle cattedrali, di cui c'è un bellissimo esempio nella cattedrale di Amiens, e persino nel gioco dei Tarocchi.
Dalla fine del Quattrocento in avanti l'iconografia della Fortuna si presenta con una quantità straordinaria di varianti con le quali incisori e pittori volevano sottolineare i più diversi comportamenti della dea.
Poiché la dea fortuna possedeva una grande influenza, le venne attribuito il simbolo del globo per indicarne l'importanza sui destini collettivi del mondo. Il globo indica anche la comunità, la totalità, la femminilità e la protezione, indica anche la comunione di tutto ciò che esiste sia a livello materiale che metafisico, i cicli, il completamento, l'infinito.
La cornucopia trasmette i significati di abbondanza, generazione di tutti i doni della vita, una nascita o produzione infinita e inarrestabile: il dio romano Giove diede un corno di capra alla sua bambinaia come ricompensa per aver fatto un ottimo lavoro come babysitter e nel prendersi cura di lui quando era bambino, questo era un magico corno che produceva ogni cosa che si desiderava.
Le ruote sono cerchi mobili e ci ricordano il moto ciclico della ricchezza (fortuna) nella nostra vita. La ruota è anche un simbolo sacro di energia, collegato al simbolo solare e una illustrazione di come l'energia perpetua agisca attraverso tutto.
La corona è il simbolo di vittoria e della ricompensa concessa a chi ha primeggiato al più alto livello di realizzazione. Nell'antica Roma, le corone erano fatte di foglie di alloro o rami di ulivo per citarne alcuni. Il materiale in cui erano costruite dipendeva dal dio, dalla dea o dal tipo di cerimonia a cui si voleva portare tale corona. La corona della dea Fortuna sarebbe stata tessuta con fiori di narciso per rappresentare la bellezza, l'amore, la fertilità e l'attrazione amorosa.
Tiche in Grecia, Fortuna a Roma.
Personificazione del destino e della fortuna, rappresentava tanto la buona quanto la cattiva sorte. La dea era venerata ed onorata quale patrona del pubblico benessere. Solo più tardi assunse un significato più generico, identificandosi con la Sorte, la dea destino, che aveva il potere di decidere la fortuna dei singoli umani e della collettività regolando gli eventi al di fuori dell'opera umana. Attività affine a quella delle Moire, ma sentita piuttosto come divinità benevola.
Man mano che decresceva la fede delle prime divinità, cresceva l'importanza del destino, e Tiche arrivò ad essere considerata come dea nell'epoca ellenistica. Non possiede un proprio mito.
Fu accolta dai Romani sotto il nome di Fortuna, la dea del caso e del destino, considerata colei che porta la fertilità e la fortuna, e le attribuivano come figlia la Necessità.
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