venerdì 12 febbraio 2016

LA SICCITA'

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Da tempo viene studiato il fenomeno, denominato El Niño, dovuto ad una caduta degli alisei.

Più recentemente si sta puntando l’attenzione sul fenomeno opposto, caratterizzato dal forte raffreddamento della superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale determinato dal rinforzo degli alisei da Sud-Est, ciò anche al fine di individuare le relazioni con l’andamento climatologico sul Mediterraneo.

È ormai abbastanza diffusa la conoscenza di un fenomeno meteo-oceanografico, che si verifica saltuariamente nel Pacifico equatoriale, denominato poeticamente dalle popolazioni rivierasche di lingua spagnola El Niño, cioè il Bambino (Gesù).

Esso, infatti, per ragioni collegate a variazioni stagionali, comincia a manifestarsi chiaramente durante il periodo natalizio.

El Niño è collegato ad una caduta, in taluni casi anche a temporanee inversioni di direzione di provenienza, degli alisei da Sud-Est. Si tratta di venti molto persistenti e continui, che soffiano nelle basse latitudini dell’Oceano Pacifico meridionale.

A sua volta la caduta degli alisei è connessa ad un’oscillazione della differenza di pressione esistente fra il Pacifico orientale Sud americano e quello occidentale indonesiano ed australiano.

Tale oscillazione, scoperta nel 1923 dal climatologo inglese Sir Walker ed ignorata per molti anni, è denominata Southern Oscillation.

In definitiva, data la connessione fra quest’ultima ed El Niño, si parla comunemente, in ambito internazionale, di ENSO (El Niño Southern Oscillation).

L’ENSO innesca nella circolazione oceanica delle basse latitudini del Pacifico una serie di meccanismi dinamici e termodinamici che conducono, fra l’altro, ad un sensibile riscaldamento della superficie del mare su una regione oceanica equatoriale di vastissime dimensioni. Parte del calore oceanico viene ceduto all’atmosfera sovrastante e, data l’enorme quantità di energia in gioco, col passare del tempo si innesca una temporanea variazione naturale del clima in grado di produrre situazioni meteorologiche anomale, spesso avverse, anche a distanze enormi dalla zona dell’ENSO, probabilmente perfino nel Mediterraneo.

Latitudine degli scarti dalla norma della temperatura dell’aria al livello di 500 hPa
L’ENSO è uno dei fenomeni più attentamente ed intensamente studiati in tutto il mondo dagli esperti di Meteorologia, climatologia, oceanografia ed anche di discipline economiche, visti i danni che provoca in diverse regioni del globo ed in particolare nel versante pacifico del Sud-America. L’Enso è un evento che si presenta con periodicità assai irregolare, mediamente ogni 4-5 anni, ed ha una durata di circa 12-18 mesi. Di recente, tuttavia, l’attenzione degli esperti nel campo ha cominciato a rivolgersi anche ad una situazione più rara ma ugualmente interessante, e cioè ad un processo di forte raffreddamento della superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale dovuto, probabilmente, ad un rinforzo degli alisei da Sud-Est. Poiché il fenomeno ha caratteristiche del tutto opposte a quelle di El Niño è stato, ironicamente e quasi scherzosamente, denominato La Niña (La Bambina). Anche la Niña ha ripercussioni quasi planetarie e potrebbe essere la causa scatenante di intense siccità nel Mediterraneo, fra le quali quella ben nota dei periodi invernali 1988/1989 e 1989/1990. Per comprendere una simile conclusione occorre prima ricordare le proprietà ed i meccanismi di evoluzione del sistema che condiziona in maniera molto importante il clima ed il tempo del Mediterraneo, e cioè, l’Anticiclone delle Azzorre. Questo anticiclone è un sistema dinamico (determina cioè, alte pressioni sia in quota che al suolo) appartenente al gruppo dei cosiddetti anticicloni subtropicali e come tale è uno dei grandi “centri di azione” della circolazione generale dell’atmosfera. In altri termini il suo comportamento è in grado di condizionare l’evoluzione a grande scala spazio temporale dei moti atmosferici. Normalmente l’Anticiclone delle Azzorre durante l’inverno si colloca nella sua sede oceanica (intorno, appunto, alle isole Azzorre) mantenendosi a latitudini abbastanza basse.

Questo stato di cose permette a gran parte delle perturbazioni atlantiche di penetrare nel Mediterraneo e ad altre di formarsi all’interno del bacino stesso.Durante l’estate, invece, l’anticiclone sale di latitudine, si espande e ricopre come un ombrello protettivo il Mediterraneo, nel quale prevale pertanto, come a tutti noto, tempo secco, caldo e soleggiato. L’espansione estiva è conseguenza della diminuzione della differenza di temperatura atmosferica (gradiente termico) esistente fra le zone tropicali (calde) e quelle delle alte latitudini (fredde). Il gradiente termico Sud-Nord è molto più marcato in inverno piuttosto che in estate; per questo durante i mesi freddi l’anticiclone delle Azzorre si colloca a latitudini relativamente basse nella sua sede oceanica, mentre d’estate rimonta verso Nord e si espande fino sopra il Mediterraneo. Il legame fra l’intensità del gradiente termico Sud-Nord e il comportamento degli anticicloni subtropicali è largamente provato dalle osservazioni (FLOHN, 1974) e previsto dai modelli dinamico-numerici per le previsioni del tempo, sino dai più primitivi studiati negli anni 60. In sostanza si ha: Anticiclone delle Azzorre lontano dal Mediterraneo se il gradiente suddetto è forte, anticiclone nel Mediterraneo se il gradiente è debole. Detto questo, è stato osservato che La Niña verificatasi fra la seconda metà del 1988 e l’inizio del 1990 ha determinato oltre che un forte raffreddamento della superficie oceanica anche un conseguente ed ovvio raffreddamento dell’aria a contatto di detta superficie. I movimenti dell’atmosfera hanno poi propagato il raffreddamento a tutte le basse latitudini. È evidente che una diminuzione della temperatura delle basse latitudini, fino a valori largamente al di sotto di quelli normali, determina una diminuzione del gradiente termico Sud-Nord. Non solo, ma la massa d’aria raffreddata delle basse latitudini si è disposta, a grande scala, in maniera leggermente inclinata da Sud-Ovest verso Nord-Est; questo fatto ha favorito il trasporto verso latitudini superiori di aria mite di origine oceanica e quindi un riscaldamento dell’atmosfera delle alte latitudini particolarmente evidente, fra l’altro, nel settore europeo.Dunque, raffreddamento al Sud e riscaldamento al Nord costituiscono un duplice motivo di diminuzione del gradiente termico Sud-Nord. Del resto la diminuzione del suddetto gradiente sulla regione delle longitudini europee è evidente anche al livello di 850 hPa (circa 1500 metri di altezza). Il fenomeno è inoltre notevolmente più marcato nei periodi invernali 1988/89 e 1989/90. Questi periodi, come ben noto, furono dominati da configurazioni anticicloniche, con valori barici altissimi, estremamente superiori ai valori normali, disposte con l’asse principale lungo i paralleli nella tipica posizione in cui d’estate, si colloca l’anticiclone delle Azzorre.




Di qui la grande siccità che colpì l’Italia, e più in generale, l’intero bacino centrale ed occidentale del Mediterraneo. Il fenomeno, dunque, potrebbe essere stato collegato alla riduzione del gradiente termico Sud-Nord prodotto dalla Niña.Per cercare una qualche conferma della teleconnessione (connessione a distanza fra due eventi meteoclimatici) si è dato uno sguardo al passato. La Niña è un fenomeno assai più raro, meno studiato e non ben definito come El Niño. Pertanto una sua classificazione comporta elementi di incertezza e di dubbio. Comunque, basandosi sugli studi di DIAZ e MARKGRAF, 1991 nonché di COVEY ed HANSTENRATH, 1978, e limitandosi ai casi più marcati e più evidenti, nel periodo compreso fra il 1865 ed il 1990 sono stati reperiti 14 casi di La Niña. In corrispondenza ad essi si è calcolato un indice di precipitazione invernale (periodo Ottobre-Marzo) lo Standardized Anomaly Index (SAI), il quale permette di rappresentare con un solo dato l’intero bacino centro-occidentale del Mediterraneo. Il calcolo dell’indice è stato effettuato sulla base dei dati pluviometrici di 68 stazioni appartenenti ad Italia, Francia meridionale, Spagna, Portogallo, Algeria, Tunisia e Malta, dati raccolti nell’ambito del progetto europeo di ricerca sulla desertificazione denominato MEDALUS (Mediterranean Desertification and Land Use). In 13 occasioni su 14 la Niña è stata accompagnata da siccità o siccità intensa invernale nel Mediterraneo centro occidentale. La conclusione è che sembra probabile, o quanto meno possibile, una teleconnessione fra la Niña ed alcuni casi di siccità mediterranea, a conferma del fatto che nell’atmosfera “tutto è collegato a tutto”.

La siccità che sta caratterizzando questo inverno italiano "è decisamente anomala e va purtroppo nella direzione proiettata dai nostri modelli", che indicano come "l'Italia stia andando verso un clima africano", con "sempre maggiore frequenza dell'anticiclone africano a scapito di quello delle Azzorre" e concrete possibilità di "desertificazione". Insomma, temperature miti e siccità invernali "sono gli effetti di cambiamenti climatici già in atto e che dobbiamo fronteggiare", come d'altronde è stato anche 'certificato' dalla Cop 21, la conferenza mondiale sul clima di Parigi del dicembre scorso. E' quanto ha spiegato Gianmaria Sannino, responsabile di Modellistica climatica e impatti dell'Enea.

Secondo Sannino, tali anomalie registrate in Italia "sono sicuramente collegate a El Nino, uno dei pochi eventi periodici lontani che possono avere influenze in Europa e che sta facendo registrare, sulle coste cilene, livelli di trasferimento di calore dall'oceano all'atmosfera come non se ne vedevano da tempo". Il fatto poi che "gli ultimi 10 anni siano stati quelli più caldi dal 1880 ad oggi e che il 2015 sia stato in assoluto l'anno più caldo, tra l'altro togliendo il primato al 2014", concorre a indicare come si tratti "ormai di una situazione sistematica".

"La desertificazione dell'Italia è una di quelle cose che potrebbe capitare ed è linea con quelle proiezioni prese per buone alla Cop21", ha aggiunto Sannino, per il quale "bisogna correre ai ripari molto rapidamente per contenere l'aumento della temperatura sotto i 2 gradi". E questo vale soprattutto per il Mediterraneo, "un hot spot climatico, uno dei posti più soggetti ai cambiamenti perchè al centro di tante configurazioni climatiche differenti" e con "configurazioni geografiche particolarmente delicate".

Sul fronte delle previsioni stagionali, l'attuale siccità "non depone bene per i mesi successivi - ha premesso il ricercatore dell'Enea -: le previsioni sono ancora sperimentali ma è probabile che la prossima primavera sia secca e calda e che si avrà un'estate con temperature nella media".

Il gravissimo deficit di piogge ha costretto numerosi comuni, nel mese di gennaio 2016, a emettere provvedimenti che limitano i consumi idrici. Si tratta, naturalmente, di provvedimenti che generalmente vedono la luce nel periodo estivo, non in quello invernale.
Si chiede, insomma, di limitare il consumo di acqua per le più comuni attività quotidiane. In Sardegna, per esempio, dal 22 gennaio, in ben 15 comuni nella zona tra Nuoro e Sassari è stata imposta una contrazione di ben il 40% nella fornitura idrica dalle 18.00 di sera alle 6.00 del mattino successivo. Situazione drammatica non soltanto nell’isola, ma anche in quasi tutto il Nord Italia. Le amministrazioni locali corrono ai ripari ripristinando condotte e invasi in disuso da 15 anni. In Piemonte ci sono state le raccomandazioni contro gli sprechi nelle province di Vercelli, Biella e Cuneo. La provincia di Belluno, in Veneto si sono sofferte le maggiori difficoltà: in alcune località hanno fatto ricorso al rifornimento dei bacini con le autobotti. Alla fine dello scorso anno, a tal proposito, Cortina ha simbolicamente chiuso tutte le fontane pubbliche. In Lombardia la Regione ha diffuso l’allarmante notizia che la quantità di acqua presente nei laghi è inferiore di oltre il 50% rispetto ai livelli medi stagionali. Il Po, a Cremona, scorre 7,10 metri al di sotto dello zero idrometrico.

La pochissima neve caduta sull’arco alpino si tradurrà in minor quantità di acqua disponibile durante il periodo estivo in tutta la Pianura Padana. Coldiretti parla di una prospettiva drammatica. Basti pensare, per esempio, che in Toscana, ad Agnano Pisano, ci sono già le pere mature sugli alberi; piante di susine in fiore nella Versilia. Eventi che, mediamente, accadono a fine marzo, non in pieno gennaio. A Massa, addirittura, stanno maturando i pomodori. Risultato, questo, della siccità unita alle temperature eccezionalmente elevate.



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