“Gli animali furono
imperfetti, lunghi
di coda, plumbei
di testa.
Piano piano si misero
in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia. volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.
L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.
Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto
è immondo
per l’immacolato piede del gatto.
Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un
irreperibile velluto,
probabilmente non c’è
enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono
padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni,
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.
Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.”
Pablo Neruda.
Le diverse mitologie riconoscono ed attribuiscono al simbolismo felino una grande importanza: gli antichi egizi associavano il gatto alla luna e ne dedicavano la figura alla dea -gatta Bast o Bastet, che veniva raffigurata come una donna dalla testa di gatto o dalle complete fattezze di gatto, associandolo simbolicamente alla notte, alla fertilità e alla gioia. Nel “libro dei morti” si dice che i gatti fossero alleati del sole ed in grado di distruggere i suoi nemici. Poiché erano adorati come animali sacri alla dea Bast, i gatti erano ritratti in numerose statue e la loro morte – cui faceva seguito la mummificazione e la sepoltura in bare di bronzo – veniva celebrata con grande dolore e partecipazione emotiva: quando un gatto moriva di morte naturale infatti, gli abitanti della casa si radevano le sopracciglia ed usavano mandare lamenti per ore intere. Chiudevano gli occhi della bestiola amata, gli sistemavano i baffi conto le labbra ed infine lo avvolgevano in bende. Quando aveva luogo un incendio, era usanza trarre in salvo i gatti prima delle persone. Se ci si imbatteva per via in un gatto morto di morte violenta, occorreva scansarne il corpo e gridare il proprio dolore per dimostrare di non esserne i responsabili poiché causare volutamente la morte di un gatto, era una pena punibile con la morte.
A Menfi era costume considerare bella una donna che avesse, come il gatto, il viso di forma triangolare.
Nella mitologia scandinava, la dea Freya – dea dell’amore e della passione violenta – si spostava su di un carro trainato da venti gatti e di notte appariva accompagnata da vergini che cavalcavano gatti.
Il gatto rappresenta il Femminino, il lunare, la sensualità ctonia. Delicato e suscettibile, indipendente ma pronto a cercare carezze quando ne ha desiderio, il gatto è legato alla fertilità e al mistero, alla notte ed alla sua oscura potenza creativa ed evocativa. Animale notturno per eccellenza, il gatto “sa vedere” nel buio e questa capacità lo rende da sempre, nell’immaginario collettivo, compagno fedele di chiaroveggenti e medium.
L’abilità di vedere nel buio è altresì interpretabile metaforicamente come la capacità di guardare attraverso le tenebre del subconscio, attraversandone le oscurità e i misteri: il gatto si trova quindi a suo agio nella luce della coscienza così come nelle oscure profondità dell’inconscio. Animale duplice, ambiguo per eccellenza, richiama alla mente l’unione mai perfetta della natura istintiva alle richieste dell’Io.
Rappresenta la capacità di restare fedeli alla propria natura pur adattandosi alle richieste esterne. Il gatto non ammette padroni né imposizioni, così come l’inconscio e le sue profonde istanze non ammettono regole di sorta.
La sua natura polare di simbolo (sensualità – distacco) tuttavia, ci riporta anche al distacco e all’indifferenza, alla diffidenza ed al tradimento, al freddo calcolo di convenienza all’aggressività repressa. Per usare una frase di M.L. von Franz egli “in sintesi, è esattamente l’opposto rispetto al timore esistenziale” (Il Femminile nella Fiaba, Boringhieri, 1983).
Un grande legame esoterico dal punto di vista della mitologia e della religione ha sempre caratterizzato il rapporto tra uomo e Gatto. In tutti i tempi e in tutti i luoghi, i Gatti hanno sempre rappresentato quel meraviglioso anello di congiunzione tra il mondo umano e qualcosa che va verso la trascendenza dello spirito, qualcosa che per noi è invisibile, ma forse per i nostri compagni felini non è poi così celato ai loro sensi. Basta osservare un Gatto, anche il più piccolo ed appena nato, per assimilare questa verità.
Una lunga tradizione di pensiero assegna al Gatto poteri magici, in quanto la sua sensibilità va oltre quella dei cinque sensi e gli permette di intuire cose che sfuggono alla nostra percezione.
La capacità di avvertire calamità naturali prima dell’uomo (molti hanno dichiarato di essere stati avvertiti dai propri gatti dell’arrivo di un terremoto), o la capacità di accorgersi di “presenze” immateriali, naturali o sovrannaturali che siano, sono solo alcune delle speciali qualità che vengono attribuite ai Gatti. Possiamo crederci o meno, ma è difficile rimanere impassibili di fronte al fascino felino. Fatevi catturare dal loro mistero, non potrete che venirne arricchiti…
Ben più che un luogo comune sono poi le proprietà terapeutiche dei Gatti. Rispetto ad altri animali il Gatto è dotato di una sensibilità particolare, riesce ad entrare in sintonia con l’uomo, comprenderne lo stato d’animo ed agire di conseguenza. Inoltre, accarezzare un gatto, così come un cane, fa sentire meglio, libera delle endorfine che agiscono positivamente sul nostro cervello, soprattutto quando siamo un po’ giù di morale.
La magia del Gatto consiste nella straordinaria e sorprendente capacità di affascinare, di farsi amare, di coinvolgere e di “imporsi” nel mondo degli uomini. Il Gatto è il simbolo vivente della bellezza, dell’invincibilità, della meraviglia, dell’orgoglio, della libertà, dell’autosufficienza, della squisita individualità e del godersi le cose piacevoli. Attraverso i suoi occhi di profondo osservatore e critico imparziale, egli intuisce profondamente ed accetta con indifferenza vizi e virtù del suo amico umano.
Non giudica mai ed è meno che mai un moralista, bensì un complice nella buona e nella cattiva sorte. Non è un compagno passivo, però. L’arrivo di un Gatto nella vita di un uomo ha significato sempre una svolta sia a livello esistenziale, sia creativo.
Perché un Gatto è una presenza magica, sempre, nella nostra vita. Molti si sono chiesti che cosa stiano guardando i Gatti quando si siedono così, fermi, apparentemente persi nei loro “pensieri”, o forse “a sognare ad occhi aperti”. Loro stanno guardando dentro, guardano la trama della vita attraverso loro stessi. Stanno osservando l’affascinante connessione, lo svolgersi di vite dentro alle vite, mondi dentro ai mondi. Stanno ascoltando la dolce canzone della trama della vita, che li rassicura della bellezza senza fine. Quando vedete un Gatto in profonda meditazione, la ragione è sempre la stessa: ha la mente perduta in rapimento e in contemplazione del pensiero.
Il Gatto è alla costante ricerca di dormire sopra i cosiddetti nodi di Hartmann, ossia quelle particolari intersezioni delle linee del campo magnetico terrestre che avviluppano tutto il pianeta ad intervalli regolari.
Se un uomo sostasse a lungo sopra uno di questi nodi, proverebbe una sensazione di spossatezza e via via di malessere: non così il Gatto, che sembra al contrario rilassarsi in questi nodi evitati da tutti gli altri animali. Perché? Questa percezione del magnetismo è nota in tanti animali, come ad esempio tutti i migratori, ma il Gatto fa di più, è come se fosse in connessione con l’Energia Oscura che permea tutto l’Universo. È questo il segreto dei Gatti? È questo il calore curativo che ci trasmette quando stiamo male?
Se pensiamo che questa energia, teorizzata e dimostrata attraverso calcoli matematici ma non ancora “avvistata” per il deficit sensoriale degli esseri umani, è in relazione con i riti magici ancestrali legati al concetto della Dea Madre, si comprende come gli Egizi avessero potuto divinizzare il Gatto come esponente terreno della stessa divinità femminile universale.
Occorre dunque considerare il Gatto come un essere evoluto, intelligente e sensibile, forse anche più dell’Uomo a livello emotivo, e bisogna trattarlo in maniera sempre rispettosa e riverente, comportamento peraltro che si dovrebbe tenere con tutti gli esseri viventi. Ma più di tutto, occorre cogliere ed osservare le sue sfumature, per imparare da lui a percepire i mondi sottili, le dimensioni invisibili che ci circondano.
Chiunque viva con un Gatto non ha alcuna difficoltà a riconoscere le sue facoltà psichiche ed extrasensoriali. I Gatti, spesso, sono portatori di messaggi e presagi; medium e veggenti sono i primi a riconoscere in loro una capacità soprannaturale di percezione ed empatia, tale da indurli ad averli sempre al loro fianco come compagni fidati, ed utilizzarli come mezzi di collegamento tra ciò che è visibile e ciò che non lo è.
In molte culture ai Gatti viene riconosciuta la capacità di vedere e percepire l’invisibile, spiriti e fantasmi inclusi. Gli improvvisi scatti di gioco verso presenze invisibili, che spesso vengono spiegati con la presenza di moscerini od insetti a noi impercettibili, sono invece la manifestazione più emblematica di questo misterioso potere.
Alcune dottrine antroposofiche spiegano inoltre che molti animali e i Gatti in particolare, possiedono la capacità di vedere l’aura che circonda gli esseri umani, il corpo sottile, ovvero i colori che circondano una persona e che sono lo specchio dei suoi stati d’animo, delle sue paure e convinzioni, del suo stato emotivo e fisico. Questo spiega come spesso gli animali siano diffidenti nei confronti di alcune persone, mentre si dimostrano amichevoli e bendisposti nei confronti di altre. La storia è costellata di episodi che confermano il forte valore simbolico ed evocativo del Gatto. Nessun animale ha conosciuto vicende tanto alterne, dalla venerazione come divinità alla persecuzione come incarnazione demoniaca, come questo animale. Il Gatto infatti non suscita sentimenti tiepidi: creatura magica e misteriosa, o lo si ama, o lo si detesta.
Nel mito e nella tradizione il Gatto impera.
Il Gatto, soprattutto quello nero, è l’animale più adatto ad affiancare le Dee lunari della notte. Nero, silenzioso e furtivo si muove nell’oscurità, caccia abilmente, ha occhi che penetrano l’oscurità, brillano e, come la Dee lunari notturne, veglia mentre altri dormono.
Gli antichi Greci infatti, ritenevano il Gatto un animale sacro alla dea Artemide, Dea della Caccia e della Luna. Narra la leggenda che la Dea potesse liberamente trasformarsi in un Gatto.
Anche nell’antica Roma i Gatti erano sacri a Diana (Artemide in Grecia), si credeva che avessero poteri magici, concessi loro dalla Dea. Quando moriva un Gatto nero, veniva cremato e le sue ceneri sparse sui campi per propiziare un buon raccolto ed eliminare le erbe infestanti.
Nella civiltà dell’antico Egitto, gli Egizi raffiguravano la loro Dea con sembianze feline, chiamata Bastet, avente corpo di donna e testa di Gatto, simbolo della vita della fecondità e della maturità. Gli Egizi onoravano ed idolatravano questo animale. Il Gatto era assurto a livello di divinità, venerato per la sua propensione alla caccia dei roditori che infestavano i granai, ed in quanto ottimo animale da compagnia.
Presso gli Egizi infatti, l’uccisione del gatto era punita più severamente di quella di qualsiasi altro animale, sia che avvenisse inavvertitamente o che fosse provocata di proposito. Chi uccideva un Gatto era sempre criminale, e tale crimine si espiava solo col supplizio.
Ma, quando un Gatto moriva naturalmente, dice Erodoto, le persone della casa piangevano il lutto come se fosse scomparso un membro della famiglia. Se moriva il Gatto di casa, tutta la famiglia egizia si rasava le sopracciglia, e il Gatto veniva imbalsamato e degnamente seppellito.
Nell’antico Egitto il Gatto era ritenuto animale sacro e divino, ed è quindi naturale che, alla loro morte, essi venissero imbalsamati e sepolti con ogni onore. Attraverso l’Egitto il Gatto giunse persino nei paesi arabi dove l’animale eletto era il cavallo, tuttavia anche il nostro amico felino venne preso in simpatia e la sua fama ben presto eguagliò quella equina. Pare anche che, mentre il Gatto era sacro al Sole e a Osiride, la Gatta era sacra alla Luna e a Iside.
Il Gatto, la cui pupilla subisce delle variazioni che ricordavano le fasi della luna, veniva paragonato alla Sfinge per la sua natura segreta e misteriosa, e per la sensibilità alle manifestazioni magnetiche ed elettriche. Inoltre la sua abituale posizione raggomitolata e la facoltà di dormire per giornate intere ne facevano, agli occhi degli ierofanti, l’immagine della meditazione, mostrata come esempio ai candidati all’iniziazione rituale.
Nel Libro dei Morti egizio, il Gatto è chiamato Matou allorché combatte contro Apophis, il serpente pitone della paludi, simbolo delle forze malvagie. Si affermava infine che il Gatto possedesse nove anime, e godesse di nove vite successive.I Gatti erano quindi considerati sacri ed attorno a loro o alle loro immagini si svolgevano riti religiosi, danze e riti sessuali. Questo culto, anche se meno sentito, venne mutuato anche dall’Impero Romano e, mentre il Gatto continuava a vivere pacificamente, attorno ad esso si scatenavano gli istinti più brutali dell’essere umano.
Ben presto il periodo di gloria dei Gatti fu destinato a tramontare, e nei loro occhi dove un tempo era stato visto il riflesso dello sguardo degli Dèi, furono temuti come se fossero l’espressione stessa del Demonio.
Con l’avvento del cristianesimo i “gattofili” venivano guardati con sospetto, venne persino stabilita una relazione fra i Gatti e Satana, quindi i Gatti passarono dal rango di divinità a quello di Demoni minori. Da qui a farli passare per gli alleati, complici, confidenti delle Streghe, il passo non era lungo.
In Inghilterra i Gatti ed altri presunti Demoni al servizio delle Streghe vennero spesso esibiti come prove d’accusa nei processi del XVII secolo, con l’effetto di attirare sospetti sulle persone molto attaccate ai loro animali domestici. I Gatti Celtici del mito irlandese diventarono pian piano miniature del demone che avanza, venuti a distruggere il mondo umano e ad oscurare la marea con il sangue del sacrificio: non erano amati perché considerati incarnazione di forze malvagie, i loro occhi mutevoli venivano ritenuti simbolo di falsità, ipocrisia e cattiveria, per cui era abituale che le cerimonie di purificazione si concludessero col sacrificio di un Gatto.
Oltre alle accuse dettate soltanto da gelosie o asti personali, consideriamo anche che una donna sola od uomo, che abbia come unica compagnia un animale, è portato a parlarci e a considerarlo quasi come un membro di una ipotetica famiglia, pertanto, in un periodo in cui gli animali erano considerati o carne da macello oppure esseri fondamentalmente inutili, questo atteggiamento nei confronti di alcuni animali faceva dunque nascere timori e sospetti: nella migliore delle ipotesi, la persona veniva considerata quantomeno “bizzarra”; nella peggiore delle ipotesi, finiva sul rogo poiché ritenuta una Strega. Del resto non si era ancora sviluppata la coscienza del legame profondo che può stabilirsi fra esseri umani ed animali.Durante la caccia alle Streghe, le donne sospettate di praticare la stregoneria venivano torturate e messe al rogo, ma anche i Gatti venivano arsi vivi, ne sono contati otto milioni…
Un’antica leggenda ad esempio, dice che le Streghe usassero il cervello dei Gatti per provocare la morte del loro peggior nemico, ma solo se era direttamente minacciata la loro vita: il sacrificio del loro animale preferito era giustificato dalla gravità della situazione. E se il Gatto uccideva la Strega alla quale apparteneva, diventava invece un Demone quasi impossibile da eliminare, per merito delle sue nove vite.
Tuttavia i Gatti non erano gli unici animali che attiravano le attenzioni dell’Inquisizione: furetti, merli, gufi, civette, rospi e rane, venivano ugualmente ritenuti validi alleati delle Streghe.
Particolare attenzione fu data al Gatto nero: portatore di magia, egli era rappresentante delle tenebre, ma grazie alla pelliccia capace di assumere il bagliore luminoso del chiaro di luna, poteva contare su una duplice identità. Inoltre il nero era un sottoprodotto del fuoco, che per gli antichi era una realtà positiva. Tutti questi aspetti erano, e sono ancora oggi, presenti nel Gatto nero e nelle leggende che ne derivano.
Nella mentalità occidentale viene visto in maniera sostanzialmente negativa, in quanto legato al buio delle tenebre, alla morte, al lutto, all’ignoto, ma in altre culture ha valenze positive: è il colore del vuoto primordiale, del principio, dell’assoluto che racchiude le potenzialità che precedono la creazione del mondo, quindi della creatività latente.
Per le popolazioni classiche (egizi, greci e romani) era semplicemente il colore della notte con la Luna e le stelle. Era una delle tonalità preferite da Iside, la Dea della buona sorte dall’anima felina e, di conseguenza, il Gatto nero era il più sacro per suoi devoti.
Il nero era anche il colore del limo portatore di fertilità e rinnovamento, quindi era simbolo di rinascita e rigenerazione. Era collegato alla morte anche per gli Egiziani, ma in senso positivo: infatti era il colore dell’aldilà, dove il defunto subiva le trasformazioni che gli avrebbero conferito la vita eterna. Osiride signore dell’Oltretomba era chiamato anche Il Nero.
Il nero, se indossato, assicura una certa inaccessibilità, una sorta di barriera protettiva. È il colore usato dalle Streghe per la sua capacità di ostacolare, assorbire e neutralizzare energie negative. Occorre fare però una distinzione fra il nero opaco, che è associato spesso a sensazioni negative (ad esempio il colore del lutto è opaco), e il nero lucido. Quest’ultimo ci trasmette sensazioni positive: è brillante, elegante, sensuale.
Il Gatto nero, se in buona salute, ha un pelo lucidissimo che riflette la luce.La prima donna, quando ancora Eva non era “nata”, la pura, la ribelle, Lilith, l’incontrollabile, l’imprevedibile, la vergine selvaggia, sovrana delle ombre, scelse per compagno lo spirito stesso della notte e del mistero: il Gatto. Già ad opinione degli Gnostici, nel XVI secolo, il Gatto era legato a tutti gli aspetti diabolici della femminilità. Il Gatto sta al cane, dicevano, come la donna sta all’uomo. La sua natura, la sua voluttà, la sua dolcezza, la sua astuzia sono simili a quelle della donna. Gatti dalle movenze sinuose, tanto da essere stati identificati con la femminilità, ma non la femmina positiva, madre e moglie, bensì quella seduttrice, misteriosa ed affascinante, affine alla notte e alle trame nascoste.
Ma il suo fascino nasce anche dalla sua somiglianza con i feroci cugini felini (leoni, ghepardi, tigri, leopardi…), dalla fierezza con la quale preserva la sua indipendenza, ed anche perché capace di conquistarsi gesti di affetto e di tenerezza.
Occhi vivaci, un corpo snello, lucido, forte, un animo affettuoso e fiducioso, indipendenza, raffinatezza ed uno spirito saggio e saccente al contempo. Che il Gatto accanto a noi abbia il pelo lungo o corto, che sia soriano o color tartaruga, la nostra reazione è sempre la stessa: ne restiamo affascinati. I Gatti sono curiosi e complessi, affettuosi ma indipendenti, “addomesticati” ma selvatici, riservati e premurosi…
Affascinante ed enigmatico, il Gatto ama il calore e la tranquillità, è un osservatore attento ma discreto, curiosissimo, che adora ficcare il muso nei nostri affari: si siede sul giornale quando lo stiamo leggendo, o su un foglio proprio nel momento in cui siamo intenti ad appuntarvi sopra qualcosa. È fatto così, non lo fa per dispetto, ma per un irrefrenabile desiderio di essere al centro delle nostre attenzioni.
Misteriosi ed eleganti, giocherelloni e teneri, i gatti sono le creature più “ingannatrici” che la nostra specie abbia mai “civilizzato”, ma, nel corso dei tempi, tutte le civiltà hanno faticato a capire i Gatti. Dolci, o riservati? Solitari, o socievoli? Meditativi, o funerei? Fisicamente i Gatti sono cambiati ben poco, è cambiato il nostro modo di vederli. Diversamente (e quanto diversamente…) dal cane, uno dei primi animali domestici, i Gatti si sono avvicinati all’uomo relativamente tardi, tuttavia si sono rifatti dei tempo perduto ed hanno occupato ben presto un posto non solo nelle nostre case, ma anche nei nostri cuori…Si narra il mito del Gatto di Maometto, Muezza, il primo Gatto con nove vite della storia. Questo Gatto privilegiato si addormentò sulla manica del padrone quando lo stesso dové allontanarsi e, non volendo disturbare il Gatto così profondamente addormentato, si tagliò la manica sulla quale esso dormiva.
Al ritorno di Maometto, Muezza s’inchinò in senso di gratitudine nei confronti del Profeta, e Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso, poi lo accarezzò tre volte sul dorso, e secondo alcune leggende questo gesto donò al Gatto la meravigliosa capacità di atterrare sano e salvo dall’alto sulle sue quattro zampe, senza farsi male. Il numero tre ha un significato importante poiché tre per tre volte, indica l’infinito, donando così al Gatto una vita infinita.
Bisogna chiedersi, per comprendere fino in fondo il significato della leggenda, che cosa potesse rappresentare il taglio della manica della veste, effettuato dal Profeta come offerta simbolica al Gatto. La manica destinata a Muezza altro non era che un dono destinato ai Gatti di tutto il mondo e di tutti i tempi, ma che cosa vi fosse racchiuso, nessuno lo sa.
Comunque apprezzabile è il fatto che sia stato destinato ai domestici felini quale segno di riconoscenza; analizzata in questo contesto la sacra eredità risulta essere veramente notevole, perché conferisce al Gatto dalle nove vite un’eternità di virtù: le azioni risultano essere sempre più forti delle parole.
Nella leggenda non è però molto chiaro il tipo di razza a cui appartenesse Muezza, pare potesse essere un’Abissino perché Gatto sacro ufficiale dell’antico Egitto.
Il gatto nero che attraversa la strada porta sfortuna, ma c’è dell’altro: guai a lasciar dormire il gatto sul letto accanto a sé, con il suo alito “pestilenziale sarà causa di morte”; il pelo del gatto è non soltanto nocivo, ma perfino velenoso; il gatto ha il dono di vedere gli spiriti; il gatto sparisce misteriosamente anche in una casa, riapparendo sempre altrettanto misteriosamente; il martedì grasso i gatti, essendo intenti a festeggiare con il demonio, non sono visibili in giro; infine, essendo un animale infernale, il gatto soffre particolarmente il freddo, quindi durante l’inverno ricerca il calore della fiamma del focolare, e perfino d’estate si crogiola al calore del sole.
Queste sono soltanto alcune delle leggende luttuose o inquietanti che accompagnano il piccolo felino domestico, ne è passato di tempo da quando era deizzato nell’antico Egitto…
Fin dal primo Sabbah, di cui si ha notizia nel 1090, il Gatto fa la sua comparsa da protagonista, la Strega officiante infatti era travestita da gatto nero e le donne che partecipavano al festino danzavano attorno a Satana, con pelli di gatto o gatti appesi al corpo.
In uno scritto del 1180 si descrive l’attesa per la discesa di un mostruoso gatto nero, personificazione del Demonio da parte degli eretici.
Guillaume d’Auvergne, vescovo di Parigi (1231-1236), affermò senza ombra di dubbio che Satana si mostrasse ai suoi fedeli sotto forma di gatto.
Il papa Gregorio IX, nella bolla Vox in Roma del 13 giugno 1233, fece menzione al gatto nero che cadde dal cielo, indicando in questa visione Lucifero, e che il giorno del giudizio si sarebbero visti i gatti arrampicarsi sui muri dell’inferno.
San Bernardino da Siena, nel 1427, scrisse che le Streghe potevano trasformarsi in gatti tramite uno speciale unguento preparato la notte di San Giovanni, o la notte dell’Ascensione, a base di erbe cotte segrete.
Nel 1579 venne bruciata la strega “Dewell di Windsor”, il cui gatto Gille era stato testimone dei suoi patti col diavolo. Nel 1586 anche la Strega Anna Winzelkipfel venne bruciata viva a Bergheim, in quanto colpevole di essersi introdotta, indossando pelli di gatto nero, nella camera di tale Jacques Potter per lanciargli il malocchio.
A Vesoul, nel 1620, la Strega Jeanne Boille confessò di essere in contatto con un potente demone che le appariva sotto le spoglie di un mostruoso gatto nero; nel 1662, colpevole del medesimo crimine Isabel Gowdie, ad Auldearn, nella contea di Nairn, seguirà la medesima sorte di Jeanne sul rogo.
Il drammaturgo Regnard, a seguito di un viaggio nelle terre lapponi nel 1681, raccontò che in quella terra gli Stregoni vantavano di poter operare sulle persone malvagie una trasformazione: quella in gatti neri, poiché tali animali erano affini al demonio.
Qualcosa di diabolico in questo felino era trovato anche dall’illuminista François Marie Arouet (Voltaire) che, nel suo dizionario filosofico (1764), trattando delle costellazioni celesti fece notare che non vi si vede mai la costellazione di un gatto, ma sempre di altri animali, quasi i primi fossero perfino banditi dalla volta celeste.
Infine, non si può non menzionare un’assurda quanto crudele ricetta per ottenere una pozione per l’invisibilità: procurarsi una pentola nuova, una pietra d’agata, un gatto nero e dell’acqua attinta da una fontana a mezzanotte in punto. Mettere l’acqua nella pentola con l’agata, quindi metterci il gatto nero tenendo il coperchio con la mano sinistra (altrimenti la ricetta pare non si attivi), lasciar bollire per 24 ore, mettere la carne in un piatto nuovo, e gettarsela dietro le spalle. Guardatevi allo specchio e non vi vedrete più.
Il Gatto racchiude in sé il lato istintivo della Natura, è un animale libero e indipendente. Perciò è un essere privilegiato per il suo lato criptico e segreto. Lo compresero gli Egizi che fecero del Gatto una divinità che siede nell’Olimpo degli déi. L’origine del Gatto risale al periodo terziario, circa 50 milioni di anni fa, discendente del Felis sylvestris libica, il Gatto africano. Ed è proprio in Africa nell’antico Egitto che si è istaurato il sottile legame esoterico tra l’uomo e il Gatto. Nell’antico Egitto il Gatto era considerato la manifestazione terrena di Bastet, la dea della salute e divinità protettrice della fertilità, della maternità e delle gioie terrene (danza, musica e sessualità), rappresentata con il corpo di donna e la testa di Gatto.
Infatti dalle immagini dipinte o scolpite nelle raffigurazioni di tombe e templi è possibile vedere come la dea Bastet era considerata: déa del canto e della danza, della prolificità degli uomini e degli animali, protettrice della maturazione delle messi e dei frutti e déa dell'amore. Nella sua mano sinistra, spesso veniva raffigurato un amuleto sacro a forma di occhio di Gatto, l'utchat, che aveva poteri magici. Questo amuleto veniva riprodotto nelle decorazioni delle case, dove proteggeva da furti, malattie e incidenti, nei templi e nei gioielli. Tenuto al collo proteggeva i viaggiatori e regalato agli sposi era auspicio di molti figli. Il Gatto era venerato come un essere sacro, chi uccideva questo animale era punibile con la morte. Quando un Gatto passava a miglior vita veniva imbalsamato e la sua tomba era posta in un necropoli destinata esclusivamente a questo animale.
Il Gatto conosce istintivamente i segreti del benessere e dell’armonia, infatti i monaci zen ritenevano che era in grado di “mostrare la Via”. Gran parte delle sue eccezionali qualità dipendono dai sensi. Un udito superfino, un olfatto prodigioso, una vista che funziona anche al buio, sono “strumenti” talmente sofisticati da permettere al Gatto di “vedere” una realtà molto più ampia di quella che è alla nostra portata. Per questa ragione in passato il Gatto era considerato un essere soprannaturale e c’era chi lo venerava come un dio, come gli antichi egizi, e chi invece lo riteneva diabolico e infernale come accadeva nel Medioevo.
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