sabato 26 dicembre 2015

IL VILIPENDIO DELLA RELIGIONE



Il vandalismo è indicatore di una disaffezione verso le persone e le cose, che perdono la loro dimensione sacra. Così come scompaiono gli ideali, anche gli oggetti, nel consumismo, perdono la loro dimensione simbolica. Ecco allora il desiderio di distruggere oggetti che appartengono al Sacro: atti che esprimono la fine del Simbolico, dimensione senza la quale però l’essere umano non può vivere. Oggi la dimensione del Sacro non è completamente persa nei giovani, ma si è sicuramente allontanata dal loro orizzonte.

L’essere umano può sopravvivere al dolore, alla sofferenza più inaudita, ma non può vivere nell’insignificanza, che diventa per lui intollerabile, disumana. E la dimensione simbolica fa parte della costruzione di questa rete di significati che appartengono a ognuno di noi, ma anche a tutti. Il valore del Simbolico è indispensabile per costruire la rete della comunità, il senso dell’appartenenza. E oggi sicuramente c’è una enorme difficoltà nei ragazzi – per fortuna, non in tutti – a costruire un sistema valoriale, ideale, che si differenzi da quello dell’adulto.

In Italia il vilipendio della religione è punito dagli articoli 403, 404 e 405 del Codice Penale. Tutti e tre gli articoli sono stati modificati nel 2006 in seguito all'iniziativa di revisione dei reati d'opinione.

Articolo 403
(Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone)
Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.
Articolo 404:
(Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose)
Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni».
Articolo 405:
(Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa)
Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni.
Il vilipendio fu introdotto nell’ordinamento giudiziario italiano nel 1889 (Codice Penale cosiddetto «Zanardelli»). Fino ad allora il reato previsto in casi simili era quello di blasfemia. Questo Codice tutelava l’espressione della libertà religiosa, in forma sia individuale che collettiva, senza discriminazioni tra i culti. L’accusa sussisteva solo laddove vi era volontà di offendere la fede professata dalla persona offesa, e questa presentava querela. Il Codice Penale del 1930 (cosiddetto «Codice Rocco»), invece, ripristinò il trattamento preferenziale per la religione cattolica, discriminando gli altri culti. Inoltre, con i suoi articoli non intendeva solo proteggere la manifestazione esteriore della fede, ma anche la fede religiosa per sé medesima, cioè come istituzione: per far scattare il reato bastava il dolo generico, non più l’intenzione di offendere.

Il tema dell'intolleranza religiosa sta conoscendo una crescente attenzione internazionale , anche perché la libertà religiosa sta incontrando crescenti minacce. Si stima che oggi il 70% della popolazione mondiale viva in paesi con elevate limitazioni alla libertà religiosa, determinate dalle autorità governative o dagli elevati livelli di ostilità sociale.

Secondo quanto riportato nel Rapporto 2012 delle Nazioni Unite, le manifestazioni di intolleranza più comuni comprendono restrizioni burocratiche sproporzionate, impedimenti alla costruzione di edifici religiosi e discriminazioni sistematiche a livello sociale. Le violazioni, spesso legate a pregiudizi e denigrazioni, includono inoltre atti di vandalismo e profanazione, proibizione di cerimonie religiose, confische, minacce e atti di violenza.

Gli abusi e le violazioni della libertà religiosa si inseriscono spesso nel quadro di più ampi conflitti tra società e nazioni.


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