La filosofia della mente è lo studio filosofico della mente, degli atti, della coscienza e delle funzioni mentali e delle loro relazioni con il cervello, il corpo e il mondo. La filosofia della mente si addentra nelle questioni di fondo e nei problemi metodologici che stanno dietro la ricerca scientifica sulla mente, usando sia il metodo speculativo (attraverso esperimenti mentali), sia tenendo conto dei risultati ottenuti nella ricerca empirica e strumentale, che oggi può avvalersi della PET, la tomografia ad emissione di positroni, e della fMRI, la risonanza magnetica funzionale per immagini.
I problemi tradizionali nella filosofia della mente sono capire e definire Cos'è l'Io, il suo funzionamento (spesso in termini di concetti come percezione, appercezione, impressione, sensazione, intuizione, pensiero, rappresentazione, immaginazione, memoria, coscienza, autocoscienza, ragione, intelletto, volontà, istinto, inconscio, sentimento, emozione, passione ecc.) e il suo rapporto con il corpo: queste problematiche assieme al problema anima-corpo hanno coperto il dibattito filosofico fino al XX secolo, spesso indirettamente ricompreso all'interno di ambiti come la metafisica e la gnoseologia, originando a partire dal XIX secolo discipline interamente dedicate come la psicologia e la psicoanalisi.
Oggi, con le nuove scoperte della neurofisiologia e più in generale delle neuroscienze, tali problematiche si sono specificate nel dualismo mente-cervello ovvero la dicotomia tra una prospettiva soggettiva, intrapersonale relativa alla sfera della coscienza e autocoscienza ed una strettamente empirico-materialista tipica della scienza e del metodo sperimentale. Nella filosofia della mente si vorrebbe risolvere questo problema fondamentale ed arrivare ad una scienza efficace ed esauriente delle componenti funzionali della mente (soprattutto della coscienza) e della loro integrazione operativa.
Secondo il dualismo mente e corpo sono fatte di due sostanze differenti. Il primo e il più famoso fra i dualisti era il filosofo francese Descartes (diciassettesimo secolo), che è considerato l'iniziatore di tutto il dibattito mente-corpo. Egli osservò che la realtà è divisa in materia e spirito. Questi sono due mondi differenti composti da due differenti sostanze. Descartes ha definito che cosa è la materia e che cosa è la mente: la materia è qualsiasi cosa mostri la proprietà di "estensione" (proprietà geometriche come dimensione e forma) la mente è "cogito" cioè pensiero (una definizione più scientifica del pensiero verrà successivamente con Brentano). "Res extensa" (le cose che hanno un'estensione) e "Res cogitans" (sotanze pensanti) appartengono a due regni separati e non possono essere studiate con gli stessi strumenti. Questo dualismo ha avuto un'enorme influenza sulle generazioni future. La fisica di Newton, per esempio, è una diretta conseguenza di questo approccio: la fisica studia il regno della materia, e tratta solo di questo. E sarà così fino alla fine del ventesimo secolo.
I dualisti moderni hanno abbandonato la rigida dicotomia di Descartes. Oggi, ci sono due principali rami del dualismo: quello della "sostanza" (la mente è una sostanza diversa dal cervello), come l'interazionismo di Popper ed Eccles, e il dualismo della "proprietà" (la mente è la stessa sostanza del cervello, anche se proviene da una classe di proprietà che sono esclusive del cervello), così come la teoria della "supervenienza" (Kim, Chalmers).
Una variante del dualismo è l'"epifenomenalismo": mente e corpo sono fatte di sostanze differenti , ma la mente non ha alcuna influenza sul corpo. Il cervello causa la mente, ma la mente non ha alcuna autorità sul lavoro del cervello. Gli eventi mentali non hanno effetti materiali, mentre eventi materiali possono avere effetti mentali. Gli eventi mentali sono semplicemente una conseguenza degli eventi materiali (come il fumo è una conseguenza del fuoco, ma non ha nessun impatto sul fuoco).
Secondo il monismo invece il corpo e la mente sono fatti della stessa sostanza: gli "idealisti" pensano che tutto sia mentale, i "materialisti" che tutto sia materiale. Il monismo si divide così in idealismo e materialismo.
Il filosofo olandese Baruch Spinoza (diciassettesimo secolo) riteneva che esistesse una sola sostanza, e che la sostanza avesse due proprietà: cioè che fosse cosciente e che avesse estensione. Gli individui sono parte di quella sostanza, che è in fine Dio. Dio è tutto quello che esiste, (lui è ciò che è), non esiste nulla che non sia Dio.
Il filosofo inglese Bertrand Russel era anche una specie di monista, perché credeva che tutto nell'universo fosse fatto di eventi (spazio-temporali),e che gli eventi non fossero né mentali né fisici.
Secondo l'idealismo, l'unica realtà è la mente.
Il filosofo tedesco Gottfried Leibniz (diciassettesimo secolo) credeva che esistesse solo la mente. Gli esseri umani non sono gli unici ad avere una mente. Tutto ha una mente. Perfino la materia è fatta di mente. La mente ha dei gradi, cominciando con la materia (la cui mente è molto semplice) e finendo con Dio (la cui mente è infinita). La realtà è il luogo di tutte le menti finite o monadi che Dio ha creato. Tutto ha una mente. Questa estrema visione dell'idealismo è chiamata: "panpsichismo".
Il filosofo irlandese George Berkeley (diciottesimo secolo) pensava che tutto quello che noi conosciamo sono le nostre percezioni, e qualsiasi concetto noi lo costruiamo partendo da esse ("esse est percipi"): noi non possiamo sapere direttamente che c'è un mondo esterno. Noi conosciamo solamente il mondo interno delle nostre percezioni. Quando parliamo di un oggetto, noi parliamo di quello che vediamo, sentiamo, gustiamo, tocchiamo e odoriamo: noi parliamo di qualcosa che è dentro la nostra mente. Un oggetto è un'esperienza, tutto l'universo è un complesso di esperienze. Infine, l'unica cosa che esiste è l'esperienza della nostra mente.
Come gli studi sul cervello hanno dimostrato che i sensi ci presentano una visione fittizia dell'universo, così i fisici hanno dimostrato che la materia non è nient'altro che nuvole di particelle galleggianti, e gli studiosi della meccanica quantistica hanno dichiarato che la realtà è infine nella mente dell'osservatore, sembra diventato più incline ad abbracciare l'idealismo. Se tutto quello che vediamo e sentiamo non è altro che un'illusione, come possiamo dichiarare che ci sono realmente delle cose là fuori? L'unica cosa che percepiamo è ciò che i sensi producono per noi. Quella che noi chiamiamo realtà è il lavoro della nostra mente. Se perfino i fisici dichiarano che la realtà non può essere misurabile senza un osservatore, come possiamo dichiarare che la realtà esiste indipendentemente dal nostro pensiero?
Il problema dell'idealismo è che uno non può fare di piu' che asserire di essere un'idealista. Una volta che questo sia stato dichiarato, la realtà non può essere usata per provarlo, dal momento che la realtà è una mera illusione della nostra mente. Tutto è un'illusione, comprese le cose che uno può usare per provare a dimostrare che questa dichiarazione sia giusta o sbagliata.
La maggior parte degli scienziati crede in una forma leggera di idealismo: i sensi ingannano la realtà e la realtà ha bisogno di un osservatore per diventare ciò che è, però le sensazioni si riferiscono a un mondo esterno e le misurazioni sono destinate a tale mondo. I sensi e il cervello alterano semplicemente la realtà cosicché noi possiamo muoverci attraverso essa e sopravvivere. La fisica quantistica non proibisce alla realtà di esistere, ma impedisce a noi la sua completa percezione.
La realtà che noi percepiamo è indubbiamente una produzione della mente, che corrisponde a una realtà là fuori, realtà che è indipendente dalla nostra mente.
Secondo il materialismo, invece, la mente e il corpo sono fatti della stessa sostanza e il mentale può essere spiegato dal fisico (oppure la mente può essere spiegata dalla materia). Questa posizione fu dal principio abbracciata con entusiasmo dal filosofo francese Julien Offroy de la Mettrie che concepì l'"homme machine", la mente come una macchina composta di materia e pensiero come un processo materiale. Differentemente rispetto al dualismo, al materialismo, in tutte le loro varianti, ammette unicamente un tipo di sostanza e una classe di proprietà.
Il materialismo ebbe la sua epoca d'oro in seguito alla pubblicazione di un documento di Herbert Feigl del 1958. Furono queste carte ha mettere il problema mente-corpo al centro della filosofia moderna, dopo così tanti decenni di noncuranza.
La filosofia raggiunse velocemente un vicolo cieco tra dualismo e materialismo. Entrambe le concezioni avevano i propri pro e contro,e non era possibile superare i contro attraverso una via plausibile. Il pro del dualismo era il fatto che riconoscesse la differenza tra materia conscia e inconscia; il suo contro consisteva nell'incapacità di spiegare come la mente fosse in connessione con il cervello. La principale caratteristica del dualismo era il fatto di non dover spiegare tale connessione, dal momento che la mente "è" il cervello; il suo vantaggio era il non dover spiegare come la coscienza scaturisse dalla materia inconscia.
Il comportamentismo ha un posizione intermedia, che concerne con i termini mentali (come "credere", "sperare", "temere") semplicemente nella dimensione in cui essi sono riferiti al comportamento. I comportamentisti rifiutano gli stati mentali definendoli non scientifici. Quello che conta è unicamente la relazione che intercorre tra la disposizione al comportamento e il comportamento vero e proprio. In particolare, alla fine degli anni 40', il filosofo inglese Gilbert Ryle discusse il fatto che la mente non fosse una parte del corpo ma appartenesse a un dominio differente.
Il vocabolario mentale non si riferisce alla struttura di qualcosa, ma al modo in cui qualcuno si comporta o si comporterà. Descartes inventò un mito, il mito della mente dentro il corpo, mito di cui Ryle fece una parodia grazie alla famosa espressione: "il fantasma nella macchina". Noi assumiamo di avere una mente, assegniamo una vita alla nostra mente, e quando non troviamo la mente in natura deduciamo che la mente è una sostanza o una proprietà differente.
Il comportamentismo non è interessato a discutere sulla mente, ma semplicemente si occupa di comportamento e di predisposizione al comportamento. Dichiarazioni che riguardano gli stati mentali diventano scientifiche e significative solo se sono tradotte in dichiarazioni sul comportamento attuale o possibile. Per un comportamentista, una persona che soffre è una persona che piange e fa altre cose per noi associate alla parola "sofferenza".
Il comportamentismo psicologico andò ancora più in profondità dichiarando che tutti i comportamenti possono essere spiegati secondo una relazione diretta di stimolo-risposta.
Il comportamentismo divenne presto popolare, ma fu presto eclissato dallo scontro riemerso tra dualisti e materialisti.
Il vicolo cieco a proposito della mente era dovuto a due fattori indipendenti. Uno era il dibattito storico che iniziò con Descartes, e che mal condusse i filosofi a cercare una soluzione a un paradosso che non era mai esistito. Il secondo fattore era la mancanza di dati riguardanti il cervello: non sappiamo ancora come fa e che cosa fa.
Al giorno d'oggi, il problema mente-corpo è diventato un problema mente-cervello, il materialismo generò il "fisicalismo", secondo il quale uno stato mentale "è" uno stato fisico del cervello. L'enfasi posta sul cervello non è completamente naturale: io sento il dolore nel mio piede, non nel mio cervello. Ma il progresso della neurofisiologia ha generato un fascino per il cervello, che molte persone descrivono come la cosa più complessa nell'universo. Per cui l'enfasi slittò dal corpo al cervello nonostante non c'è realmente nessuna prova per sostenere che il resto del corpo non influenzi la mente (c'è prova del contrario).
Per esempio, la "teoria dell'identità" (Feigl) dichiara che gli stati mentali sono stati fisici del cervello (così come il fulmine è identico ad una scia di elettroni). Siccome è poco plausibile supporre che per ogni stato mentale c'è un unico stato neuronale, una variante della teoria dell'identità rese più flessibile questo vincolo: la teoria dell'identità di Davidson pone che nessuno stato mentale è identico a uno stato fisico, ma lo stato fisico corrispondendo a un dato stato mentale non è necessariamente sempre lo stesso (questo permette a due persone di avere lo stesso sentimento o per la stessa persona di avere la stessa sensazione senza avere ogni singolo neurone nella posizione medesima in entrambi i casi).
Il problema più difficile per il materialismo è di spiegare come la mente, e in particolare i sentimenti, possano scaturire da processi materiali: come possono attività elettrochimiche nel mio cervello improvvisamente trasformarsi nel sentimento di dolore o paura? Il filosofo americano Searle ha riassunto il problema in un paradosso: se la teoria dell'identità lasciasse fuori la mente non sarebbe più plausibile, ma se non lo facesse non sarebbe più una teoria marerialistica.
La cosa principale in una teoria materialistica è come la mente possa essere spiegata da quello che noi sappiamo a proposito della materia. Se infine la mente è materia, allora di cosa è composta e come è strutturata? Come, in altre parole può essere il mentale ridotto al fisico?
Il filosofo Herbert Feigl è uno dei padri fondatori la teoria dell'identità, che divenne popolare nel 1950. Secondo il suo pensiero, gli stati mentali e gli stati fisici hanno la stessa "estensione" ma differente "intensità": descrivono gli stessi stati ma in un modo differente. Gli idiomi mentali e fisici sono descrizioni differenti degli stessi stati. Dal punto di vista dell'uomo comune, questa tesi è difficile da difendere, dal momento che stati mentali e fisici sono ovviamente diversi. Un vecchio trucco filosofico, la così detta "legge di Leibniz", sostiene che due cose sono identiche se e solo se tutte le proprietà che sono applicate a una possano esserlo anche all'altra. Ma le proprietà degli stati mentali e di quelli fisici sono ovviamente differenti.
Ci sono numerose varianti della teoria dell'identità.
Nella teoria causale della mente di David Malet Armstrong, uno stato mentale ha una connessione di causa con uno stato fisico. Essi sono identici, ma esiste anche una connessione causale fra di loro ("uno stato del cervello causa uno stato mentale"), così come noi percepiamo molti fenomeni naturali senza percepire i corrispondenti processi fisici microscopici. David Lewis discusse sul fatto che uno stato mentale può essere definito da uno stato fisico, che non è necessariamente lo stesso per tutte le specie, e da un ruolo "causale", che esprime un comportamento che lo stato induce nell'organismo.
Comunque essi ruotino intorno alla teoria dell'identità, tutti questi filosofi affrontarono lo stesso problema: come spiegare le sensazioni e le emozioni che noi percepiamo, che sono ovviamente molto differenti in natura da una parte di materia.
Una maniera elegante di risolvere il problema dell'irriducibilità venne proposta dal filosofo britannico Bertrand Russell. Egli era tendenzialmente consapevole dell'insondabilità della materia in generale e della materia cerebrale in particolare: noi non possiamo sapere la natura della materia (elettroni, onde gravitazionali e così via) se non attraverso teorie ed esperimenti, ma non possiamo mai percepirlo direttamente. In particolare, noi non possiamo conoscere i processi che avvengono nel nostro cervello. La mente ci permette di percepire al minimo alcuni di questi processi. Egli sottolineò che quello che un neurofisiologo vede realmente, mentre esamina il cervello di una persona, è una parte del proprio cervello. L'irriducibilità del mentale al fisico è semplicemente un'illusione: il mentale e il fisico sono vie differenti di conoscere la stessa cosa, il primo attraverso la coscienza, il secondo attraverso i sensi. La coscienza ci da una conoscenza diretta, immediata di quello che c'è nel cervello, mentre i sensi possono osservare (possibilmente supportati da strumenti) quello che è nel cervello.
Nella teoria di Russell il mentale non è riducibile al fisico, e la tradizionale preminenza del fisico sul mentale è capovolta: il mentale è un potere trasparente del carattere intrinseco del cervello. La coscienza è, principalmente, solo un altro senso, un senso che anziché percepire colori, odori, suoni, percepisce la vera natura del cervello. Molte altre variazioni su queste idee di base sono state discusse e introdotte da filosofi. Una è stata particolarmente influente e ha condotto allo studio dell'intelligenza artificiale.
Con il monismo anomalo Donald Davidson ha dimostrato che il mentale e il neuronale non sono la stessa cosa e ha promosso la teoria dell'identità. La teoria della mente di Davidson si basa su un semplice sillogismo:
Almeno alcuni eventi mentali interagiscono casualmente con eventi fisici
Eventi collegati da un rapporto di causa-effetto sono legati a leggi deterministiche
Non c'e nessuna severa legge deterministica per cui eventi mentali possano essere predetti e spiegati (questa è l'"anomalia" della mente).
Tutto ciò appare contraddittorio, a meno che noi non assumiamo che la mente sia qualcosa d'altro. Tutto ciò che questo significa è che il regno fisico e quello mentale hanno caratteristiche essenziali, che sono in qualche modo incompatibili: uno stato mentale non può essere semplicemente uno stato cerebrale. Non può esistere alcuna legge che colleghi il mentale con il fisico. In alti termini, non ci può essere nessuna teoria che connetta la psicologia e la neurofisiologia.
Nella teoria dell'identità Davidson dichiara che la stessa condizione dello stato mentale potrebbe corrispondere a differenti stati neuronali in tempi differenti; questo significa che, dato uno stato mentale, non è possibile relazionarlo a uno stato fisico specifico. Lo stesso evento potrebbe essere sia mentale che fisico, ma non c'è nessuna relazione tra le due descrizioni.
Davidson crede che ci sia una sola sostanza, una sostanza fisica, e che eventi "dati" siano fisici. Ogni evento mentale è un evento fisico, ma non è possibile ridurre proprietà mentali a proprietà fisiche (non ci sono leggi psicofisiche), e perciò, per esempio, il linguaggio della psicologia non può essere ridotto al linguaggio fisico. Il mentale è infine fisico, ma non c'è nessun modo di spiegare eventi mentali in termini di eventi fisici. Il regno mentale non può essere oggetto di investigazione scientifica.
Il funzionalismo (Armstrong, Lewis) è in realtà un caso speciale della teoria materialistica dell'identità in cui uno stato mentale è definito unicamente dalla relazione causale che induce sul comportamento e su altri stati mentali. Gli stati mentali esprimono, infine, relazioni causali. In altre parole, essi hanno così una funzione. Non importa di che cosa siano fatti, gli stati mentali hanno una funzione ed è questo che conta. Noi definiamo qualche cosa "termometro" se misura la temperatura, senza attribuire importanza al fatto che sia di plastica o di metallo: è la sua funzione e non il materiale che determina che cosa esso sia. Una mente non ha necessariamente bisogno di un cervello: Qualsiasi cosa in grado di espletare la stessa funzione è essa stessa una mente. Allo stesso modo, gli stati mentali sono definiti dalle loro funzioni, e potrebbero essere situati su un computer o un cervello. Come dato di fatto, utilizzando una tecnica inventata da Frank Ramsey, è possibile tradurre ogni frase contenente termini psicologici"non scientifici" (come "credere", "desiderare") in una frase più formale che contiene unicamente relazioni causali. La mente è semplicemente il sito in cui queste relazioni causali sono attuate.
La differenza tra funzionalisti e comportamentisti non è così netta. Principalmente, i comportamentisti rifiutarono di trattare gli stati mentali e si focalizzarono sul comportamento, mentre i funzionalisti sostennero che gli stati mentali sono tali perché causano il comportamento. Il funzionalismo non nega l'esistenza della mente, infatti estende le possibili realizzazioni della mente nella natura.
Il funzionalismo ha un vantaggio sul materialismo: è provato che circuiti neuronali differenti provochino gli stessi stati mentali (persone diverse con diversi cervelli percepiscono le stesse emozioni, la stessa persona con un cervello che si modifica sente le stesse emozioni, un cervello danneggiato tende a ripararsi per attuare le stesse prestazioni che forniva precedentemente), ma il materialismo comporta che uno stato mentale sia una diretta conseguenza di uno stato fisico, che potrebbe significare come due differenti stati fisici possano indurre due differenti stati mentali. Il funzionalismo permette una "realizzazione multipla". Riassumendo, non è necessario che lo stato mentale si realizzi in un cervello: il funzionalismo si occupa esclusivamente della "funzione", non della cosa che attua la funzione. Siccome le funzioni devono essere attuate da un'entità fisica, il funzionalismo computazionale implica una sorta di materialismo. David Lewis sposò entrambe le teorie: ogni stato mentale è uno stato fisico, e ogni stato mentale è uno stato funzionale. L'adesione alle due teorie risolse due categorie di paradossi popolari, il paradosso del "dolore folle" (cosa accadrebbe se un essere umano fosse nato composto di carne come chiunque altro ma con una sensazione di percezione del dolore completamente differente?) e il paradosso del "dolore marziano" (cosa succederebbe se essendo composti da materie differenti si reagisse al dolore nello stesso modo?).
Secondo il funzionalismo computazionale la mente è un programma e il cervello è il suo hardware, e l'esecuzione di quel programma in quel hardware conduce a un risultato che è il comportamento esteriore dell'organismo. La mente è un processore di simboli (così come il computer) e gli stati mentali sono in relazione agli stati computazionali. Un altro caso speciale è il funzionalismo "homuncular" (Dennet, Lycan), che ha scisso la mente in menti sempre più piccole sino ad arrivare a uno stato fisico: un processo mentale è il prodotto di processi mentali di livello inferiore, e ognuno di questi processi è a sua volta il risultato di processi primitivi. Ogni livello più basso è sempre meno "mentale" del precedente. Alla base di questa gerarchia ci sono i processi neuronali del cervello.
La critica più comune al funzionalismo è il fatto che sia altamente poco plausibile che oggetti differenti da un cervello possano avere una mente, ma poi (come Chalmers ha sottolineato) il cervello stesso, quella brutta, caotica, appiccicosa massa grigio-biancastra, è un improbabile candidato per qualcosa di così speciale come la mente. Perché dovrebbe un computer essere più bizzarro di un cervello? La mente risiede nell'organizzazione o nella sostanza? O in entrambe?
Il problema con il dualismo della sostanza è come mente e cervello si influenzino reciprocamente e se siano composte di due sostanze differenti. Non c'è dubbio che la mente e il cervello comunichino in qualche modo fra di loro. Come può avvenire questo se sono fatte di materia diversa? Una via di uscita a questo problema è presupporre che esista un intermediario tra i due.
Eccles discute che l'interazione tra la mente e il cervello di un individuo è analoga al campo di probabilità di meccanica quantistica. L'energia mentale può provocare eventi neuronali attraverso un processo analogo al modo in cui il campo di probabilità genera azione. Egli chiama "psychon" l'unità mentale che trasmette intenzioni mentali alle unità neuronali.
Il fisico inglese Roger Penrose, uno dei leaders in "General Relavitiy", aderisce anche all'assunto che esista un mondo separato di stati di coscienza e che la mente possa accedere a tale mondo. Ma il mondo delle idee di Penrose è ancora un mondo fisico: le informazioni "protoconscious" sono codificate nella geometria spazio- temporale all'interno della scala Planck, e la nostra mente ha accesso ad esse (cioè è cosciente) quando un particolare processo di quanti avviene nel nostro cervello.
Il filosofo americano John Searle non andò così lontano, ma rifiutò anch'egli l'idea che l'universo fosse suddiviso in proprietà fisiche e mentali: le cose come le "sentenze sgrammaticate": la mia abilità a sciare, il governo e i punti segnati in una partita di calcio, non possono essere facilmente categorizzate come mentali o fisiche. La tradizionale dicotomia "mentale-fisico" appare essere spropositata.
Una formulazione più umile ci è data dal matematico americano Rudy Rucker, che credeva nell'esistenza di un paesaggio mentale separato. Rucker chiede:"Credi che quello che hai pensato ieri sia ancora parte della tua mente?". Non è facile rispondere a questa domanda se ritieni che le idee facciano parte della mente. La conclusione di Rucker è che esista un mondo di idee separato dal mondo mentale e fisico. La nostra mente può viaggiare nel paesaggio mentale che contiene tutti i pensieri possibili proprio come il nostro corpo può viaggiare attraverso lo spazio fisico che contiene tutti i possibili luoghi. Le menti dividono lo stesso paesaggio mentale allo stesso modo in cui i corpi dividono lo stesso spazio mentale. Dividiamo tutti lo stesso paesaggio mentale, così come dividiamo tutti lo stesso mondo. In particolare, il paesaggio mentale contiene tutti gli oggetti matematici e i matematici esplorano il paesaggio mentale così come gli astronauti esplorano lo spazio fisico. Lo stesso vale per le leggi naturali e per i fisici. Le formule matematiche e le leggi di natura hanno un'esistenza indipendente. Questo è ovviamente niente più che una nuova aggiunta al vecchio mondo delle idee di Platone.
Il termine "supervenience" è utilizzato per esprimere il fatto che un dominio è completamente determinato da un altro dominio. Per esempio, le proprietà biologiche "supervene" su proprietà fisiche, dal momento che le proprietà biologiche di un sistema sono determinate dalle sue proprietà fisiche. Le proprietà fisiche e biologiche di un organismo sono ambiti differenti di proprietà, ma quelle fisiche determinano quelle biologiche. Una persona può infatti studiare le proprietà biologiche senza dover trattare anche quelle fisiche.
Jaegwon Kim, estendendo il criticismo di Davidson a proposito della teoria dell'identità e generalizzando la dottrina del funzionalismo, applicò il concetto alla mente: le proprietà mentali sono "supervenient" su quelle fisiche (neuronali). Secondo Kim, quindi, il mentale è "supervenient" sul fisico così come le proprietà macroscopiche degli oggetti "supervine" sulle strutture microscopiche. Intuitivamente questo significa che la mente è per il cervello quello che il fulmine è per le particelle caricate elettricamente: lo stesso fenomeno che si manifesta in due modi diversi.
La "supervenience" di Kim definisce una relazione tra il mentale e il fisico e definisce anche alcuni limiti. Uno stato mentale non può corrispondere a due differenti stati fisici. Due cervelli non possono presentare lo stesso stato mentale se sono in stati fisici differenti. Nel dibattito sul materialismo, Kim si schiera con i "fisicalisti": gli stati mentali dipendono dai corrispondenti stati neuronali: ogni cambiamento negli stati mentali deve essere collegato a un corrispettivo cambiamento negli stati fisici. Gli stati mentali "sono" stati neuronali, allo stesso modo in cui l'elettricità "è" gli stessi elettroni. Naturalmente ci si chiede da dove provenga l'elettricità. Si può organizzare in natura una gerarchia cominciando da particelle elementari e terminando con la coscienza. A ciascun livello si applicano alcune proprietà, ma al livello immediatamente superiore se ne applicano delle altre. Per esempio, gli elettroni hanno massa e movimento, ma l'elettricità ha potenziale e intensità. Componenti chimici hanno densità e conduttività, mentre organismi biologici hanno crescita e riproduzione. Ad ogni livello una nuova serie di proprietà emerge: per esempio, la forza debole al livello elementare delle particelle, la viscosità al livello molecolare, il metabolismo al livello biologico, e la coscienza al livello cognitivo. Il filosofo inglese Charlie Dunbar Broad aveva già dimostrato nel 1920 che l'universo è stratificato e che ogni livello rimanda al livello successivo ma non è in grado di spiegare le nuove proprietà che emergono con esso.
La "supervenience" da per scontato che la natura lavori in questo modo, ma non offre alcuna spiegazione del perché a un livello superiore noi dovremmo trovare l'elettricità in luogo di, per dire, "huicity or flowixity" (proprietà immaginarie): perché e come le proprietà? Perché e come la mente emerge dal cervello? Ultimamente, questo è il dilemma della "causazione mentale": come fa il cervello a causare la mente? In generale, questo è il dilemma delle proprietà di "secondo ordine": come fanno proprietà di un livello a causare proprietà ad un altro livello? John Searle (che crede che le menti siano caratteristiche di alto livello dei cervelli) ammette questa "supervenience" a un'estensione che risulta causale: gli stessi stati neuronali sono anche gli stessi stati mentali, dal momento che i primi causano i secondi. La "supervenience" si rivela dunque essere un paradigma utile perché è ridotto alla causalità. Kim non impose alcuna relazione causale: la relazione tra il mentale e il neuronale è analoga alla relazione tra l'utilità di un oggetto e le caratteristiche che lo rendono utile: tali caratteristiche non "causano" la sua utilità, la "costituiscono".
Tutti i fatti dell'universo (e sono per cui supervenient) dipendono da fatti fisici, ma la natura di questa dipendenza non è casuale, almeno secondo il filosofo americano David Chalmers. Proprietà che sono "supervenient" sul mondo fisico possono normalmente essere ridotte ad esso (cioè spiegate nei suoi termini), anche se la coscienza non è veramente, completamente "supervenient" sul neuronale, e per questo non può essere ridotta al neuronale. Chalmers distingue tra "logical supervenience" (che può essere largamente interpretata come possibilità, come situazioni che potrebbero potenzialmente accadere perché sono conformi a qualche ipotetico mondo fisico) e "natural supervenience" (che invece esprime una necessità empirica, quando due serie di proprietà sono sistematicamente e precisamente correlate nel nostro mondo naturale). Situazioni logicamente possibili non sono necessariamente anche situazioni naturalmente possibili (per esempio, ogni situazione che viola la legge di natura). "Logical supervenience" implica "natural supervenience", ma non vale il contrario. La distinzione tra i due tipi di "supervenience" è importante, Chalmers dimostra che un fenomeno può essere ridotto a una serie di proprietà di livello inferiore solo se è "logicamente" supervenient su quelle proprietà; in particolare, può essere ridotto al fisico solo se è "logicamente" supervenient sul fisico. La maggior parte delle cose sono logicamente supervenient sul fisico, così che si possa trovare una spiegazione fisica per esse, le proprietà mentali invece sono semplicemente supervenient in modo naturale (e non logico) sulle proprietà fisiche. Di conseguenza non possono essere ridotte al fisico.
Tutto questo sembra significare che l'universo potrebbe essere completamente differente da quello che è, ma funzionare comunque (avrebbe semplicemente leggi diverse della natura), mentre la nostra coscienza è la nostra coscienza e non può che essere così. Le cose che noi possiamo spiegare in termini di fatti fisici sono quelle del primo tipo.
La credenza fondamentale di Hilary Putnam era che lo stesso stato mentale possa essere completato da differenti stati fisici.
Per esempio, ciascuna persona ha un cervello differente, ma ogni persona ha gli stessi stati psicologici di "paura", "felicità", etc. Anche altri animali mostrano alcuni degli stessi stati. Putnam classificò stati mentali basati sulle loro funzioni, i.e. le loro funzioni causali senza il sistema mentale, non curante della loro struttura fisica. Stati fisici e mentali possono essere anche raggruppati in modi differenti.
Putnam suggerì che lo stato psicologico di un individuo fosse identificato con lo stato di una macchina (alla base, con un computer). Uno stato psicologico causerebbe altri stati psicologici in accordo con le operazioni della macchina. Credenza e desiderio corrisponderebbero a formule contenute in due registri di un computer. Algoritmi appropriati citerebbero quei contenuti per produrre azione.
Questa idea conduce a un caso speciale della teoria dell'identità, la teoria computazionale della mente.
La "teoria rappresentazionale della mente", sviluppata dal linguista americano Jerry Fodor, rappresenta un'evoluzione rispetto alle idee di Putnam. Fodor vuole dimostrare che la mente è un processore simbolico. La conoscenza del mondo è fissata in rappresentazioni mentali, e le rappresentazioni mentali sono simboli, che possiedono il loro ruolo causale in virtù delle loro proprietà sintattiche (i.e, in virtù del loro modo di essere utilizzati in operazioni di "computing"). La mente è dotata di un set di ruoli che operano su ciascuna rappresentazione. La vita cognitiva è la trasformazione di quei ruoli. La mente chiama in giudizio simboli in un modo puramente sintattico, senza essere a conoscenza di che cosa quei simboli significhino. Il comportamento è solo dovuto alle strutture sintattiche interne della mente. I simboli utilizzati per costruire rappresentazioni mentali appartengono al linguaggio del pensiero o "mentalese". Tali parole non possono far parte del linguaggio che noi parliamo, perché la vera abilità di parlare richiede l'esistenza di un linguaggio interno della rappresentazione. Tale linguaggio è una parte intrinseca del cervello ed è stato prodotto in qualche modo attraverso l'evoluzione. Una credenza, per esempio, è pronunciata come una sentenza nel linguaggio del pensiero, che risiede nell'area di credenza del cervello. ("io credo che il mio nome sia Piero" viene trasformato da una traslazione nel linguaggio del pensiero della frase inglese:"my name is Barbara").
Molti filosofi contemporanei, in particolare John Searle, sosterrebbero l'affermazione che i processi mentali sono causati dal cervello. E il concetto suona intuitivamente vero. Una più approfondita ricerca rivela quanto infondata sia questa visione e quanto ingannatrice possa essere per un ragionamento sulla coscienza. Il problema come spesso accade con i filosofi, è che l’affermazione è troppo informale per produrre una discussione formale e scientifica.
La mente è una fabbrica di illusioni. Essa crea la realtà più profonda in opposizione alla più esterna realtà del mondo. Noi vediamo colori e forme, percepiamo gli odori e i profumi, udiamo voci e suoni. Percepiamo lo scorrere del tempo. Ma l'universo è composto da particelle e onde. La mente traduce il mondo in sensazioni. Poi elabora le sensazioni per produrre pensieri, memoria , concetti, idee. Nessuno di questi è reale. È solo una gigantesca illusione. Non saremo mai sicuri se qualcosa esista davvero.
Poi la mente crea la coscienza, i.e. la consapevolezza di sentire quelle sensazioni e , soprattutto, la sensazione soggettiva di esistere. Può la coscienza essere la diretta conseguenza dell'esistenza di queste illusioni? Esiste qualche essere vivente dotato di percezione sensoriale dotato anche di coscienza?
La scienza necessita di definizioni argute, attendibili, in special modo definizioni degli oggetti che studia. Sfortunatamente, la mente è una di quelle cose che noi intuitivamente, ovviamente conosciamo, ma, quando cerchiamo di formalizzare ci rendiamo conto di non conoscerla affatto. Il modo più comune per definire cosa sia la mente, è fare una lista delle facoltà cognitive: la mente è qualcosa che può imparare, ricordare, ragionare, ecc… La verità è che facendo così noi abbiamo solo spostato il livello: dobbiamo adesso definire la capacità di apprendere, la memoria, il ragionamento, ecc… Più scientifici cerchiamo di essere più diamo definizioni che sono sempre più lontane da come vorremmo che fossero. Come abbiamo visto, molte cose (e certamente molti sistemi biologici ) possono essere definiti capaci di qualche capacità ci imparare, ricordare, ragionare, ecc… I cristalli mostrano potenti processi di organizzazione di se stessi.
La mente mortale è un sistema intellettuale temporaneo prestato agli esseri umani perché lo usino durante il periodo di una vita materiale, e secondo come impiegano questa mente essi accettano o respingono il potenziale dell’esistenza eterna. La mente è quasi tutto ciò che possedete della realtà universale che sia sottomesso alla vostra volontà, e l’anima – l’io morontiale – mostrerà fedelmente il frutto delle decisioni temporali che l’io mortale avrà preso. La coscienza umana riposa dolcemente sul meccanismo elettrochimico soggiacente e tocca delicatamente il sistema energetico morontiale-spirituale soprastante. Nel corso della sua vita mortale l’essere umano non è mai completamente cosciente di nessuno di questi due sistemi; perciò egli deve lavorare nella mente, di cui è cosciente. E non è tanto ciò che la mente comprende quanto ciò che la mente desidera comprendere che assicura la sopravvivenza; non è tanto ciò cui la mente assomiglia quanto ciò cui la mente si sforza di assomigliare che costituisce la sua identificazione con lo spirito. Non è tanto il fatto che l’uomo sia cosciente di Dio quanto che l’uomo aneli Dio che si traduce nell’ascensione dell’universo. Ciò che siete oggi non è così importante quanto ciò che state diventando giorno per giorno e nell’eternità.
La mente è lo strumento cosmico sul quale la volontà umana può suonare le dissonanze della distruzione, o dal quale questa stessa volontà può trarre le squisite melodie dell’identificazione con Dio e della conseguente sopravvivenza eterna. L’Aggiustatore conferito all’uomo è in ultima analisi impermeabile al male ed incapace di peccare, ma la mente mortale può essere effettivamente ingannata, distorta e resa malvagia e turpe dalle macchinazioni colpevoli di una volontà umana perversa ed egoista. Allo stesso modo questa mente può essere resa nobile, bella, vera e buona – effettivamente grande – in armonia con la volontà spiritualmente illuminata di un essere umano che conosce Dio.
La mente evoluzionaria è pienamente stabile e degna di fiducia solo quando si manifesta ai due estremi dell’intellettualità cosmica – quello totalmente meccanizzato e quello interamente spiritualizzato. Tra gli estremi intellettuali di puro controllo meccanico e di vera natura spirituale c’è quell’immenso gruppo di menti ascendenti in evoluzione la cui stabilità e tranquillità dipendono dalla scelta della personalità e dall’identificazione con lo spirito.
La mente è un fenomeno che connota la presenza e l’attività di un ministero vivente in aggiunta a vari sistemi d’energia; e ciò è vero a tutti I livelli dell’intelligenza. Nella personalità la mente interviene sempre tra lo spirito e la materia; per questo l’universo è illuminato da tre tipi di luce: luce materiale, perspicacia intellettuale e luminosità spirituale.
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