lunedì 28 dicembre 2015

L'APOCALISSE

 


La parola “apocalisse” viene dal termine greco apocalupsis e significa “rivelare, svelare o togliere la copertura”. Il libro dell’Apocalisse è chiamato “Apocalisse di Giovanni” perché è il libro dove Dio rivela gli eventi della fine dei tempi all’apostolo Giovanni. Inoltre, la parola greca per “apocalisse” è la prima parola nel testo Greco del libro dell’Apocalisse. La frase “letteratura apocalittica” è usata per descrivere i simboli, le immagini e i numeri di eventi futuri. Al di fuori dell’Apocalisse, esempi di letteratura apocalittica nella Bibbia si trovano in Daniele capitoli 7-12, Isaia capitoli 24-27, Ezechiele capitoli 37-41 e Zaccaria capitoli 9-12.

Perché la letteratura apocalittica è stata scritta con questi simboli ed immagini I libri apocalittici sono stato scritti un tempo nel quale era più prudente camuffare il messaggio con immagini e simbolismi piuttosto che comunicarlo con parole chiare. Inoltre, i simbolismi creavano un elemento di mistero sui dettagli riguardanti i luoghi e i tempi. Lo scopo di questi simbolismi non era tuttavia di creare confusione, ma di istruire ed incoraggiare i seguaci di Dio in tempi difficili.

Al di là del significato specifico biblico, il termine “apocalisse” è spesso usato per parlare della fine dei tempi in generale, o in modo particolare degli ultimissimi tempi. Gli eventi della fine dei tempi, come il ritorno di Cristo e la battaglia di Harmaghedon, sono spesso chiamati Apocalisse. L’Apocalisse sarà la rivelazione finale di Dio, della Sua ira, della Sua giustizia, e infine del Suo amore. Gesù Cristo è l’”apocalisse” supremo di Dio, perché Egli ci ha rivelato Dio (Giovanni 14:9; Ebrei 1:2).

A partire dal II secolo il nome venne usato per diversi libri, sia cristiani che ebraici, che mostrano gli stessi tratti caratteristici. Oltre all'Apocalisse di Giovanni (chiamata così da alcuni dei primi Padri della Chiesa cristiana), il frammento muratorio, Clemente di Alessandria ed altri menzionano una Apocalisse di Pietro. Vengono inoltre ricordate apocalissi di Adamo e di Abramo Epifanio nonché di Elia (Jerom). L'uso del termine greco per definire opere appartenenti ad una determinata classe letteraria è quindi di origine cristiana, derivato dalla rivelazione del Nuovo Testamento.

Nel linguaggio comune il termine ha perso il significato originario di "rivelazione" e, fuori dell'ambiente religioso, è passato a indicare qualsiasi evento di grande calamità ovvero un succedersi di eventi disastrosi.
La letteratura religiosa apocalittica viene considerata una branca distinta della letteratura. Il genere possiede diverse caratteristiche peculiari.

La rivelazione dei misteri svela cose che vanno oltre la normale portata dell'umana conoscenza. Dio concede a santi o profeti selezionati le istruzioni al riguardo, sia per aspetti estranei all'esperienza umana o per vicende che l'umanità non ha ancora affrontato.

Vengono svelate alcune informazioni sul paradiso, in misura minore o maggiore: gli scopi di Dio; i fatti e le caratteristiche relativi agli angeli e degli spiriti malvagi; la spiegazione di alcuni fenomeni naturali; la storia della creazione e dei periodi iniziali dell'umanità; gli eventi in corso, in special modo quelli relativi al futuro di Israele; la fine del mondo; il giudizio universale e il destino dell'umanità; l'epoca messianica; immagini del paradiso e dell'inferno. Nel Libro di Enoch, la più ampia delle apocalissi ebraiche, la rivelazione comprende tutti gli elementi suddetti.

La rivelazione di saggezze nascoste avviene attraverso una visione o un sogno. A causa della natura peculiare del soggetto, questa è evidentemente la forma letteraria più naturale. L'attuazione della rivelazione e l'esperienza di chi la riceve vengono poste più o meno in rilievo. Normalmente, ma non sempre, i fatti vengono riportati in prima persona. Esiste qualcosa di portentoso nelle circostanze, commisurato all'importanza dei segreti che verranno svelati. L'elemento del mistero, spesso in primo piano nella visione stessa, è presagito negli eventi preliminari. Alcune delle caratteristiche classiche della "tradizione apocalittica" sono collegate con le circostanze della visione e con l'esperienza personale del veggente.

L'introduzione degli angeli come portatori della rivelazione è una caratteristica ricorrente. Dio non parla in prima persona, ma dà le sue istruzioni a mezzo di messaggeri celesti, che agiscono come guide per il veggente.

Rarissimi sono i casi di vere apocalissi in cui lo "strumento angelo" non è in primo piano nel portare il messaggio. Nell'assunzione di Mosè, che consiste principalmente in una predizione dettagliata del futuro degli Israeliti e della storia ebraica, l'annuncio viene dato a Giosuè da Mosè, immediatamente prima della morte di quest'ultimo. Anche negli "Oracoli Sibillini", che sono per la maggior parte un'anticipazione di eventi futuri, la sibilla è la sola a parlare. Ma nessuno di questi libri si può definire rappresentativo della letteratura apocalittica in senso stretto. In un altro testo a volte classificato come apocalittico, il Libro dei Giubilei (scritto intorno al 100 a.C., detto anche Genesi minore, Apocalisse di Mosè o Testamento di Mosè), un angelo è il mediatore della rivelazione, ma la visione o l'elemento onirico mancano. In quest'ultimo caso, comunque, il libro appare decisamente non apocalittico nella sua natura.



Nella trattazione della storia o del futuro la maggior preoccupazione dell'autore è il mostrare la sapienza con cui Dio agisce nella storia e la organizza in tappe o fasi cronologiche. Dunque l'apocalisse non è in primo luogo una profezia, ed il suo principale interesse non è il futuro o la fine della storia, quanto semmai il suo fine. L'autore presenta, a volte in maniera molto vivida, un quadro degli eventi a venire, e in particolare di quelli al termine dell'epoca attuale. Per questo in alcune di queste composizioni il soggetto è descritto vagamente come "ciò che avverrà negli ultimi giorni" (Dan. 2:28; si confronti il verso 29); in maniera simile Dan. 10:14, "ora sono venuto per farti intendere ciò che avverrà al tuo popolo alla fine dei giorni"; si confronti Enoch, i.1, 2; x.2 segg. Così anche la Rev. 1:1 (si confronti la traduzione della Bibbia Septuaginta di Dan. 2:28 segg.), "Rivelazione... ciò che presto verrà ad accadere".

Spesso la visione comprende anche il passato, per dare forza all'inquadramento storico, così che il panorama degli eventi successivi possa passare impercettibilmente dal noto all'ignoto. Perciò nell'undicesimo capitolo del libro di Daniele il dettagliato resoconto delle vicende dell'impero greco d'oriente, a partire dalla conquista di Alessandro fino all'ultima parte del regno di Antioco Epifane (versi 3-39, tutti presentati in forma di predizione) continua, senza interruzione, con una descrizione appena meno vivida di eventi che non sono ancora accaduti (versi 40-45), ma che lo scrittore si aspetta: le guerre che risulteranno dalla morte di Antioco e la caduta del suo regno. Tutto ciò, comunque, serve solo da introduzione alle notevoli profezie escatologiche del dodicesimo capitolo, in cui si trova lo scopo principale del libro. In maniera del tutto simile, il sogno raccontato nel secondo libro di Esdra, 11 e 12, l'aquila che rappresenta l'Impero Romano è seguita dal leone, che è il messia promesso che dovrà salvare gli eletti e stabilire un regno imperituro.

L'elemento del misterioso, evidente sia nell'oggetto che nelle modalità della narrazione, è una delle caratteristiche salienti di ogni tipica apocalisse. La letteratura delle visioni e dei sogni ha le sue tradizioni, che sono particolarmente persistenti; e questo aspetto inusuale è ben illustrato nelle composizioni giudaiche, o meglio giudaico-cristiane, prese in considerazione.

La qualità apocalittica si nota ancora nell'uso frequente di un simbolismo mistificatore.

Un primo significato del 666 potrebbe essere strettamente simbolico: il numero 6 infatti, è visto già nell'ebraismo come "il numero dell'uomo" (Adamo è creato il sesto giorno). Da questo punto di vista, la ripetizione ternaria del 6 può indicare che l'anticristo rappresenterà il tentativo di instaurare il dominio dell'uomo - e dell'arbitrio umano - su quelli che nella tradizione sono visti come i tre livelli della creazione: corpo/anima/spirito, cielo/terra/inferi ecc. Una volta rifiutato Dio, infatti, è l'uomo-anticristo ad ergersi a pseudo-divinità nel tentativo di sostituirsi alla signoria divina sul mondo creato.

In epoche recenti il termine "letteratura apocalittica", o "apocalittico", è stato usato comunemente per descrivere le varie parti delle scritture ebraiche o cristiane, sia canoniche che apocrife, in cui si forniscono predizioni escatologiche in forma di rivelazione. Che il termine sia attualmente usato in maniera blanda, e comprenda spesso cose non propriamente apocalittiche, è dovuto al fatto che lo studio di questa letteratura come classe a sé stante è piuttosto recente.

Nell'uso comune delle lingue occidentali, il termine apocalisse si riferisce alla fine del mondo. Il significato corrente può essere un'ellisse della frase apokalupsis eschaton, che significa "rivelazione degli eventi della fine dei tempi". Tale ellisse nell'uso corrente riecheggia quella nel titolo dell'ultimo libro della Bibbia, il Libro della Rivelazione o Apocalisse di San Giovanni apostolo, che è normalmente interpretato come la profezia della fine del mondo, con numerosi dettagli visuali.

La fine escatologica del mondo nella letteratura apocalittica era spesso accompagnata da immagini di resurrezione, giudizio dei morti e dalla pena dell'inferno per i peccatori. È interessante notare che tali idee non erano esplicitamente sviluppate nei libri pre-apocalittici della Bibbia ebraica, quindi l'esistenza di tali credo nell'ebraismo, nel cristianesimo e nell'Islam può essere ricondotta ai testi apocalittici.

La storia della cristianità è punteggiata di gruppi religiosi millennialisti, quasi fin dalle origini. I movimenti cristiani moderni sono concentrati nel XVIII e XIX secolo e comprendono l'ascesa di religioni apocalittiche come gli Avventisti, i Davidiani, la House of Yahweh, i Cristadelfiani, i Mormoni e i Testimoni di Geova.
L'Islam possiede i propri movimenti, in particolare la fede nell'Imam "atteso" o "nascosto" della comunità sciita. Nel XIV secolo dell'Islam (circa 1890 dell'era cristiana) si riporta un credo che aveva preso a circolare presso la comunità sunnita, per il quale sarebbe presto giunto il Messia promesso, sia per i cristiani, sia per i musulmani. Molti di questi furono Jihadisti, come Muhammad al-Mahdi, Muhammad ibn Abd Allah del Sudan e Usman dan Fodio dell'Africa occidentale, che coniugarono la pratica politica alle loro convinzioni mahdistiche. Mahdi successivi, compresi Mirza Ghulam Ahmad e l'Ayatollah Seyyed Ruhollah Khomeini, furono principalmente riformatori religiosi. Di recente si è assistito a una ripresa del movimento dei Jihadisti, come Osama bin Laden di al-Qa'ida, quasi esclusivamente politici. La profezia del Messia promesso all'inizio del XIV secolo per la maggior parte dei musulmani è stata sostenuta solo da Mirza Ghulam Ahmad, ma il punto di vista della maggioranza venne raccolto dall'Università di al-Azhar del Cairo e dalla Scuola Deoband di Scienze Islamiche in India, che rifiutarono Mirza Ghulam Ahmad perché eretico, dato che si definiva profeta (l'Islam ritiene che Muhammad sia stato l'ultimo Profeta) e messia (un titolo che l'Islam riserva a Gesù Cristo).

Essendo un tema teologico e iconografico di grande intensità drammatica, l'Apocalisse è stata molto rappresentata nell'Alto Medioevo, in particolare nei celebri Commentari dell'Apocalisse del monaco spagnolo Beato di Liebana (VIII secolo). Il primo commento dell'Apocalisse si deve all'esegeta Alessandro di Brema.

Anche nei secoli successivi il tema non smise d'interessare, trasferendosi dai codici agli affreschi ed alle incisioni e ponendo più fortemente l'accento sul Giudizio universale: si pensi all'Apocalisse di Luca Signorelli, eccezionale ciclo di affreschi nella Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto. Tra i Giudizi Universali affrescati, universalmente celeberrimo è quello di Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina nella Città del Vaticano, ma notevoli sono pure quelli sulle controfacciate interne della Cappella degli Scrovegni a Padova, dell'abbazia di Pomposa in provincia di Ferrara e dell'Abbazia di Sant'Angelo in Formis presso Capua. Rilevante è pure il Giudizio Universale a mosaico bizantino sulla controfacciata interna della Basilica di Santa Maria Assunta (Torcello) nella Laguna di Venezia. Importanti rappresentazioni artistiche dell'Inferno e del Paradiso sono quelle musive nel Battistero di San Giovanni (Firenze) e quelle ad affresco nella Basilica di San Petronio a Bologna.

Una delle rappresentazioni moderne dell'apocalisse è per esempio quella che emerge dagli scritti del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin molto più vicini al tipico discorso scientifico e evoluzionista che al discorso svolto totalmente nel linguaggio teologico.
Il suo discorso, in qualche modo profetico sull'avvento dell'Homo noeticus che rappresenta un salto evolutivo rispetto all'attuale Homo Sapiens Sapiens, non è indolore come molti interpreti di questa nuova figura umana ritengono. Per questi ultimi infatti la nuova umanità viene rappresentata come il baluardo estremo della difesa della specie e del pianeta Terra, della democrazia e soprattutto dell'insieme del patrimonio spirituale accumulatosi lungo il divenire storico dell'umanità che lo piega ai legittimi interessi tattici e strategici dei nuovi movimenti emergenti, talora anche radicali, di stampo ecologista, salutista ecc. Questa lettura è sicuramente significativa e i movimenti non violenti, pacifisti, ambientalisti che talora la sostengono sono certamente l'incarnazione sintomatica di una storia che giunge al termine, ma la lettura che il "gesuita proibito" dà dell'avvento dell'Homo Noeticus è ben altra e soprattutto ben più radicale: non è una figura di difesa dello status quo prima che le cose peggiorino irrimediabilmente ma una figura di attacco per far dire alla storia della salvezza: "tutto è compiuto". Ci troviamo infatti di fronte ad una vera e propria "fine del mondo". Esso, l'Homo Noeticus rappresenta infatti per così dire lo sprint finale della convergenza di tutta la nostra galassia nel "punto Omega" a forte potenza gravitazionale, rappresentato dal "Cristo evolutore" che attrae tutto a sé e in cui tutto collassa e implode nell'abbraccio finale tra il creatore e la creatura.
Molte religioni trattano il tema dell'allontanamento dell'uomo dalla sua originaria comunione con l'Assoluto, il Divino.

Le culture orientali e quelle indoeuropee precristiane (Indù, Greci, Romani) rappresentano il tempo ciclicamente, secondo una scansione in quattro cicli che la tradizione classica greco-romana chiama età dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. L'uomo, al termine di ognuna delle quattro fasi, si allontana progressivamente dalla virtù e dal bene. Nelle religioni fondate sul monoteismo (Ebraismo, Cristianesimo, Islam) il punto di partenza è la caduta di Adamo in seguito alla quale l'uomo realizzerà sulla Terra un Regno delle Tenebre.

Tuttavia, nell'escatologia e soteriologia delle religioni, a questa caduta seguirà l'intervento divino, l'arrivo di un Redentore dell'umanità: il Gesù Cristo del Secondo Avvento nel Cristianesimo; il Messia annunciato dai Profeti nell'Ebraismo; il profeta Gesù che affiancherà il Mahdi (il "Ben Guidato", discendente di Maometto) nell'Islam; il Kalki Avatara, ultima manifestazione di Visnù, nell'Induismo; i Buddha e i Bodhisattwa (i Misericordiosi) nel Buddhismo; il Saoshyant o "Redentore universale" nell'Iran di Zoroastro. "

I miti antichi parlano della redenzione del mondo che avverrà attraverso la redenzione dell'umanità. Vaticinano il ritorno dell'età primordiale caratterizzata dalla pietas, dalla pace, da una saggia frugalità, espressione di ricchezza interiore, dalla prosperità della terra e dalla letizia dell'uomo e del creato. Profetizzano una renovatio preceduta da uno sconvolgimento: la grande dissoluzione del cosmo, il mahapralaya indiano; il mare di metallo fuso, dal quale, nella tradizione iranica, i giusti emergeranno indenni; l'ekpýrosis dei presocratici e degli stoici; la concussio mundi di Seneca; il ragnarökkr germanico, l'estate senza fiori e il mare senza vita dei druidi; l'ollin dei testi profetici aztechi che, come il pachakuti andino, connota il sommovimento ciclico del tempo e il capovolgimento dello spazio".

Esiste però un disegno divino di redenzione nelle antiche tradizioni di molte civiltà. Esse "consegnano un messaggio di speranza espresso in India dalla discesa dell'avatara, divino giudice e rinnovatore. Per bocca di Zarathustra, dopo la conflagrazione, Ahura Mazda promette il frashkart, il rinnovamento nella luce del mondo e dell'umanità. Platone, attingendo a una speranza remota, annuncia "nuova vita e immortalità rinnovata". Virgilio e le Sibille cantano il ritorno della Vergine Astrea e del regno di Saturno. Seneca, dopo la concussio mundi, saluta il ripristino dell'antiquus ordo, il ritorno dell'èra in cui pace, pietas e giustizia regnavano sulla terra. "Pace fino al cielo e dal cielo fino in terra", profetizza la celtica Mórrígain e, dopo la distruzione del mondo, dinanzi alla sibilla germanica si dispiega la visione della jörð iðjagroena, la terra di nuovo verdeggiante che emerge dal mare. Secondo le religioni orientali cosmocentriche il Mondo Nuovo sarà l'inizio di un nuovo ciclo cosmico, mentre secondo le religioni monoteiste verrà instaurato un Regno di Dio di cui faranno parte i giusti risorti (visione non ciclica ma lineare-progressiva del Tempo universale).

Lo schema escatologico delle religioni monoteistiche è simile: decadenza spirituale dell'umanità - l'esilio da Dio -, la perversione dell'umanità ultima e le "doglie" della fine, la battaglia finale - Armagheddon - tra i figli della luce e i figli delle tenebre; la restaurazione finale con l'arrivo del Redentore tanto atteso e il Giudizio divino. Tuttavia vi sono delle differenze. Nell'Ebraismo l'attesa del Giorno del Signore con le sue elaborazioni dottrinarie, escatologiche e messianiche, appare nei momenti più convulsi e drammatici della storia di Israele, mentre nel Cristianesimo e nell'Islam il messaggio apocalittico costituisce una parte fondamentale della struttura di queste religioni. I miti dei Tempi Ultimi descrivono dunque le modalità dell'intervento divino nella storia universale al suo tramonto, intervento ripristinatore dell'ordine cosmico nella creazione con cui la realtà tutta riacquista il proprio autentico significato iniziale.

Nei Tempi Ultimi saranno beati gli uomini di quell'epoca: è un concetto contemplato dai miti apocalittici. San Paolo scrive nella Lettera ai Romani (5, 20):" Dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia". Questo "paradosso della Grazia" è presente nella tradizione ebraica, islamica ed induista. Mosè, dopo aver visto in visione l'oscurità dei Tempi Ultimi, si è sentito "inferiore" a coloro i quali, pur in mezzo a tali tribolazioni, conserveranno la fede nella Torah. Maometto in un hadith (detto) afferma: "All'inizio dell'islam colui che mette un decimo della legge è dannato; ma negli ultimi tempi, colui che ne compirà un decimo sarà salvato". Nel testo induista Bhagavata Puraa si cantano le lodi paradossali dell'età ultima (L, 12):" Gli errori commessi dagli uomini nell'Età di Kali, per quanto abbiano origine nelle cose, nei luoghi o in loro stessi, sono interamente cancellati da Bhagavad, il supremo Purusa, quando egli risiede nel cuore.  L'Età di Kali, abisso di vizi, possiede un vantaggio unico ma prezioso: è sufficiente celebrare le lodi di Khrisna affinché, liberi da ogni legame, ci si possa riunire all'Essere Supremo". Nel Vangelo di Matteo (20, 1-16) c'è la Parabola dei lavoratori della vigna o dei Lavoratori dell'Undicesima Ora che riprende questo tema: i lavoratori dell'ultima ora che hanno lavorato solo un'ora sono equiparati a tutti gli altri. E per questo, molti fra "gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi" (20, 16).

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