Con la discesa di Napoleone Bonaparte nella penisola italiana e l'avvio della campagna d'Italia in molti luoghi i giacobini insorsero, contribuendo alle vittorie francesi. Il primo territorio a venir conquistato da Napoleone fu il Piemonte; nell'Archivio Storico di Cherasco è conservato un documento che comprova come il 13 maggio 1796, in occasione dell'armistizio di Cherasco tra Napoleone e le truppe austro piemontesi:
« … si è elevato uno stendardo, formato con tre tele di diverso colore, cioè Rosso, Bianco, Verde. »
Sul documento la parola "Verde" è stata successivamente sostituita da "Bleu".
Con il susseguirsi delle vittorie militari di Napoleone e della nascita di repubbliche favorevoli agli ideali rivoluzionari, in molte città si assunsero i tre colori come simbolo del rinnovamento.
Il 18 ottobre 1796 (27 vendemmiaio anno V) la Congregazione dei magistrati e deputati aggiunti di Bologna (davanti al cittadino De Bianchi, cittadini-senatori: Segni, Malvezzi, Isolani, Angeletti, Bargellini, Cospi, Marescalchi, Bentivoglio, con i cittadini legali consiglieri Gavazzi, il sindaco Tacconi e l'avvocato Antonio Aldini), al terzo punto della discussione così delibera:
« Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per formarne una Bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso.
Dal 16 al 18 ottobre 1796, a Modena si tenne il Congresso a cui parteciparono i delegati di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio nell'Emilia, che decretò la nascita della Repubblica Cispadana, con l'avvocato Antonio Aldini presidente.
Il Congresso deliberò anche la costituzione di una Legione Cispadana, per appoggiare la Francia nella guerra contro l'Austria.
« Si decreta la costituzione della Confederazione Cispadana, e la formazione della Legione Italiana, le cui coorti debbono avere come bandiera il vessillo bianco, rosso e verde adorna degli emblemi della libertà. »
« ART.VIII Ogni Coorte avrà la sua bandiera a tre colori Nazionali Italiani, distinte per numero, e adorne degli emblemi della Libertà. I numeri delle Coorti saranno estratti a sorte fra quelle formate delle quattro Provincie. »
Si tratta comunque ancora di vessilli militari e non di una bandiera nazionale.
Presso il palazzo comunale del Fariolo, allora sede del Comune di Felina, il 22 ottobre 1796 si tenne una seduta del consiglio comunale in cui si trattava l'unione dei paesi di Felina e Braglia alla Repubblica Reggiana. L'ordine del giorno venne discusso alla presenza dell'avvocato Antonio Francesco Rondoni, rappresentante plenipotenziario reggiano; il settimo punto era così formulato:
« Potrà il Popolo suddetto distruggere la bandiera dell'ex feudatario e farne una tricolorata colle parole: Libertà, Egualianza. »
I verbali della seduta si trovano presso gli archivi comunali di Reggio nell'Emilia, fra i fascicoli che riguardano la richiesta dei diversi comuni per riunirsi alla città. Che la deliberazione sia stata approvata proprio il 22 ottobre, il professor Giuseppe Giovanelli lo desume dal fatto che tra i punti discussi e riportati mancano il quinto e il sesto, dimostrando che vennero trascritti solo gli argomenti approvati.
Il 19 ottobre 1796, venne offerto un pranzo in onore del generale Napoleone Bonaparte. Nei documenti che testimoniano quest'avvenimento si legge:
« I Quattordici, con i cingoli a tre colori, si recavano festanti ad incontrare il generale. »
Più avanti nello stesso documento si dice che alle domande di Bonaparte riguardanti il motivo della carcerazione dell'avvocato Giuseppe Cuoghi, giudice di Novellara e consigliere al Ministero degli Affari Esteri degli Stati estensi, fu risposto che:
« … fece atterrare l'albero della libertà a Bagnolo, secondo paese degli ex conti Gonzaghi, dipinto a tre colori, coccarda italiana nazionale rosso, verde, bianca. »
L'11 ottobre Napoleone comunicava al Direttorio la nascita della Legione Lombarda, costituita l'8 dello stesso mese, i cui «les couleurs nationales qu'ils ont adopté sont le vert, le blanc et le rouge».
Il 6 novembre, a Milano, la prima coorte della Legione Lombarda ricevette la bandiera nel corso di una solenne cerimonia alle ore cinque pomeridiane sulla piazza del Duomo. Lo stendardo si presentava diviso in tre fasce verticali, riportava la scritta "Legione Lombarda" e il numero di coorte, al centro era presente una corona di quercia che racchiudeva un berretto frigio e una squadra massonica con pendolo. Si tratta ancora una volta di un vessillo militare. Bandiere della stessa foggia furono assegnate anche alle altre cinque coorti costituite; tutte e sei le bandiere sono ancor oggi esistenti.
A Reggio Emilia il 27 dicembre 1796, si riunì un'assemblea di 110 delegati presieduti da Carlo Facci per decretare la costituzione della Repubblica Cispadana, comprendente i territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.
Ad avanzare la proposta di adozione di una bandiera verde, bianca e rossa fu Giuseppe Compagnoni, che per questo è ricordato come il "Padre del Tricolore".
Nel Verbale della riunione del 7 gennaio 1797 si legge:
« … Sempre Compagnoni fa mozione che lo stemma della Repubblica sia innalzato in tutti quei luoghi nei quali è solito che si tenga lo Stemma della Sovranità. Decretato. »
« ... Fa pure mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Viene decretato. »
« ... Dietro ad altra mozione di Compagnoni dopo qualche discussione, si decreta che l'Era della Repubblica Cispadana incominci dal primo giorno di gennaio del corrente anno 1797, e che questo si chiami Anno I della Repubblica Cispadana da segnarsi in tutti gli atti pubblici, aggiungendo, se si vuole, l'anno dell'Era volgare. »
Nella seduta del 21 gennaio, tenutasi a Modena, dove nel frattempo erano stati spostati i lavori congressuali, la decisione venne ulteriormente sancita:
« …confermando le delibere di precedenti adunanze – decretò vessillo di Stato il Tricolore – per virtù d'uomini e di tempi – fatto simbolo dell'unità indissolubile della Nazione… »
La bandiera si presentava a bande orizzontali con il rosso in alto, al centro l'emblema della repubblica e a lati le lettere R e C, iniziali della repubblica.
Pochi mesi dopo, con l'unione tra le repubbliche Cispadana e Transpadana, si costituì la Repubblica Cisalpina, il cui Gran Consiglio, in data 11 maggio 1798, confermò la bandiera nazionale.
« ... la Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all'asta, verde, la successiva bianca, la terza rossa. L'Asta è similmente tricolorata a spirale, colla punta bianca »
Con la nascita della Repubblica Italiana (1802-1805) vennero conservati i colori ma la forma mutò in un quadrato verde inserito in un rombo bianco, a sua volta inserito in un quadrato rosso: si tratta di una composizione identica all'attuale stendardo presidenziale italiano. Il vicepresidente della Repubblica Melzi d'Eril avrebbe voluto eliminare il verde dalla composizione ma, a causa dell'opposizione di Napoleone e delle «pressioni di forze morali massoniche democratiche», il colore venne mantenuto.
Con la trasformazione in Regno d'Italia (1805-1814), la bandiera non subì modifiche formali, benché i vessilli militari riportassero un'aquila imperiale di colore giallo sul quadrato verde.
Nel 1821 durante i Moti del 1820-1821, alla Cittadella di Alessandria, il Tricolore sventolò per la prima volta nella storia risorgimentale. Nel 1831, Giuseppe Mazzini sceglie il Tricolore come emblema della Giovine Italia e nel 1834 viene adottato dai rivoltosi che tentarono di invadere la Savoia.
Nel marzo del 1848, durante le Cinque Giornate di Milano, il re di Sardegna Carlo Alberto assicura al Governo provvisorio lombardo che le sue truppe, pronte a venire in aiuto per la prima guerra d'indipendenza, avrebbero marciato sotto le insegne del Tricolore, con lo stemma sabaudo sovrapposto sul bianco. Sempre nel 1848, viene adottato dalle milizie borboniche e papali inviate in soccorso dei Lombardi, da Venezia e dal Governo insurrezionale della Sicilia. Il 12 febbraio 1849 viene adottato dalla Repubblica Romana. Il Tricolore romano aveva l'aquila repubblicana sulla punta dell'asta.
Nel 1860 tricolore divenne anche la bandiera del Regno delle Due Sicilie, con lo stemma borbonico sovrapposto sul bianco. Quando il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d'Italia, il Tricolore, per consuetudine, continuò ad essere la bandiera nazionale. La città di Vicenza adottò - come gonfalone comunale - il tricolore italiano con, al centro, il simbolo della città. Questa scelta fu ufficializzata nella seduta del Consiglio Comunale del 5 novembre 1866 dopo che, poche settimane prima, il re Vittorio Emanuele II era giunto in città per appuntare al gonfalone cittadino la medaglia d'oro al valor militare, guadagnata con le battaglie del 1848. Patriotticamente la città (annessa da poco al Regno d'Italia) si presentò con il Tricolore al posto del gonfalone. Essendo la Bandiera di Vicenza l'unica bandiera comunale ad essere decorata da due Medaglie d'Oro al Valor Militare, riceve gli stessi onori di una bandiera di guerra; nelle cerimonie ufficiali deve precedere tutte le altre bandiere (ad eccezione delle bandiere di guerra dei reggimenti in armi) e gonfaloni comunali e dev'essere sempre accompagnata da almeno un vigile urbano in alta uniforme storica.
Solo con la nascita della Repubblica, con il decreto legislativo del Presidente del Consiglio del 12 giugno del 1946 si stabilì ufficialmente la foggia della nuova bandiera che in seguito venne confermata nella seduta del 24 marzo del 1947 dall'Assemblea Costituente e inserita pertanto nell'articolo 12 della Costituzione.
Secondo un'antica poesiola scritta nei "sussidiari" delle scuole elementari di un tempo, nel vessillo dell'Italia ci sarebbe il verde per ricordare i nostri prati, il bianco per le nostre nevi perenni, ed il rosso in omaggio ai soldati che sono morti in tante travagliate guerre. Su questo tema hanno profuso rime anche poeti di fama come Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Renzo Pezzani, Ada Negri.... Davvero il verde dei prati, il bianco delle nevi, e il rosso di un sangue versato tra le lacrime di un'intera nazione per duecento anni è la trasposizione allegorica del nostro Tricolore?
E' difficile identificare tra i tanti chi e come ha inventato una simile leggenda. Leggenda romantica, ma non vera. Alla luce della Storia essa appare puerile e senza senso. Può essere il tema di una filastrocca, ma è inconcepibile che una penisola frazionata in tanti piccoli stati, abbia avuto col Risorgimento la forza di unirsi per celebrare prati e nevai.
Nasce quindi il sospetto che l'ignoto cantore di tale favola abbia voluto nascondere una realtà ben diversa, e molto più seria e drammatica. Una verità difficile da gestire quando oggi, grazie ai motori di ricerca come Google, la storia patria reale, è interamente riscritta.
La bandiera italiana è nata nel 1794, quando due studenti di Bologna, Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni, tentarono una sollevazione contro il potere assolutista che governava la città da quasi 200 anni. I due presero come distintivo la coccarda della rivoluzione parigina, ma, per non far da scimia alla Francia, cambiarono l'azzurro col verde. Il significato allegorico è rimasto comunque lo stesso: un Tricolore come traguardo di un popolo che mirava ad avere Giustizia, Uguaglianza, Fratellanza. Tre obiettivi senza i quali non ci può essere Dignità, Democrazia, Prosperità.
Il nostro Tricolore riassume i naturali "Diritti dell'Uomo", le aspirazioni di tutte le genti, la volontà di chi crede nella propria nazione volta al progresso, con leggi adeguate, senza divisioni, stessi doveri e medesimi privilegi. Un paese dove non ci siano discriminazioni, ma ognuno fa' del proprio lavoro una cosciente responsabilità. Dove la morale e l'etica siano guida costante per un'esistenza felice e serena.
Questo è scritto nella nostra bandiera, e questo è quanto sognavano quei due studenti che l'hanno ideata e difesa sino a sacrificare la loro vita ventenne al bieco assolutismo despota dei carnefici del potere.
Con l'Unità ai tre colori si aggiunse l'azzurro, colore distintivo della famiglia Savoia, inserito nella bandiera del Regno d'Italia sul contorno dello stemma per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso delle bande del vessillo; da allora è uno dei colori di riferimento e riconoscimento dell'Italia, ad esempio per le maglie sportive nazionali.
La Repubblica italiana cancellò ovviamente il blu di Savoia e ufficializzò la bandiera nell'articolo 12 della Costituzione, disponendo il verde, il bianco e il rosso a tre bande verticali di eguali dimensioni, per ribadire ancora una volta gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.
I colori della bandiera italiana (il Tricolore), sono indicati nell'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, Edizione Straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948.
I toni cromatici dei tre colori succitati, su tessuto stamina (fiocco) di poliestere, sono sanciti nel comma nº 1, dell'articolo nº 31 Definizione cromatica dei colori della bandiera della Repubblica, della Sezione V "Bandiera della Repubblica, Inno nazionale, Feste nazionali e Esequie di Stato", del Capo II "Delle disposizioni generali in materia di cerimoniale", dell'Allegato "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato", al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 174 del 28 luglio 2006.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 6 del D.P.R. 7 aprile 2000, n. 121 ("Regolamento recante disciplina dell'uso delle bandiere della Repubblica italiana e dell'Unione europea da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici"), negli edifici pubblici la bandiera della Repubblica Italiana, la bandiera dell'Unione europea e il ritratto del Capo dello Stato devono essere esposte negli uffici delle seguenti cariche istituzionali:
a) membri del Consiglio dei ministri e dei Sottosegretari di Stato;
b) dirigenti titolari delle direzioni generali od uffici equiparati nelle amministrazioni centrali dello Stato nonché dei dirigenti preposti ad uffici periferici dello Stato aventi una circoscrizione territoriale non inferiore alla provincia;
c) titolari della massima carica istituzionale degli enti pubblici di dimensione nazionale, e titolari degli uffici dirigenziali corrispondenti a quelli di cui alla lettera b);
d) titolari della massima carica istituzionale delle autorità indipendenti;
e) dirigenti degli uffici giudiziari;
f) capi delle rappresentanze diplomatiche, degli uffici consolari e degli istituti italiani di cultura all'estero. Per i consoli onorari l'esposizione è facoltativa.
L'articolo 292 del codice penale italiano (Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato) tutela la bandiera italiana così disponendo:
Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1 000 a euro 5 000. La pena è aumentata da euro 5 000 a euro 10 000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.
Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.
L'origine del colore azzurro (blu Savoia) risale al 20 giugno 1366, quando il Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, partendo per la crociata indetta da papa Urbano V in aiuto dell'Imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, suo cugino di parte materna, volle che sulla sua galera veneziana, ammiraglia di una flotta di 17 navi e 2000 uomini, sventolasse accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia, uno scialle azzurro:
« … di devozione di Zendado azzurro con l'immagine di Nostra Signora in campo seminato di stelle (oro). E quel colore di cielo consacrato a Maria è, per quanto a me pare, l'origine del nostro color nazionale. »
(Luigi Cibrario cit. in Carlo Alberto Gerbaix De Sonnaz, Bandiere stendardi e vessilli di Casa Savoia, dai Conti di Moriana ai Re d'Italia (1200-1861) (Torino, 1911))
Da quel periodo gli ufficiali portarono annodata in vita una fascia o sciarpa azzurra. L'uso venne reso obbligatorio per tutti gli ufficiali nel 1572 dal duca Emanuele Filiberto di Savoia. Attraverso diverse modifiche nel corso dei secoli la sciarpa azzurra divenne la principale insegna di grado dell'ufficiale italiano ed è ancora oggi simbolo distintivo degli ufficiali delle Forze Armate italiane. La definizione "azzurri" associata alle squadre sportive nazionali italiane è pure essa derivata dal colore azzurro della maglia inizialmente adottato in onore dei Savoia.
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