La confisca dei beni è un modo per aggredire la mafia nel portafoglio togliendo a boss, prestanome e riciclatori le proprietà e i beni accumulati illegalmente per rimetterli a disposizione della società. La confisca costituisce dunque uno degli strumenti più importanti per una seria lotta alle organizzazioni criminali ed è disciplinata dalla Legge n.575 del 31 maggio 1965 che costituisce il testo normativo di riferimento, recante una serie di disposizioni modificate e integrate nel corso degli anni da numerosi altri interventi legislativi.
La legge n.109 del 7 marzo 1996, approvata dal governo tecnico di Lamberto Dini, segna una rottura col passato perché nasce dalla spinta delle associazioni della società civile e da una campagna di raccolta firme in tutta Italia che era già iniziata nel 1995 per sostenere un disegno di legge che prevedeva l’uso sociale dei beni che venivano confiscati alle organizzazioni criminali. Si tratta quindi di una legge che ha posto degli obiettivi importanti, perché ha riconosciuto il ruolo “antimafia” che la società civile, il mondo delle associazioni e della cooperazione sociale, hanno nel nostro Paese.
L'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscate alla Criminilità Organizzata è stata istituita dal Governo Berlusconi con decreto legge n.4 del 4 febbraio 2010, convertito nella Legge n.50 il 31 marzo 2010: essa ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia organizzativa e contabile ed è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'Interno.
L'approvazione di tre provvedimenti da consente all'Agenzia di coadiuvare l'Autorità Giudiziaria dal momento del sequestro dei beni fino alla confisca definitiva. Tra gli aspetti disciplinati figurano la separazione della contabilità relativa alla gestione dell'Agenzia dalle attività di amministrazione, custodia, destinazione e vendita dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nonché l'organizzazione della rete di comunicazione e lo scambio di dati con i soggetti coinvolti nelle procedure di amministrazione e destinazione dei beni stessi.
I beni e gli immobili confiscati sono patrimonio della collettività e possono essere raggruppati in cinque grandi categorie: immobili in gestione, immobili destinati consegnati, immobili destinati non consegnati, immobili usciti dalla gestione e aziende. Con l'esclusione della Valle D'Aosta e dell'Umbria, al 31 dicembre 2010 risulta che al Nord si trova l'11,37% degli immobili confiscati, il 5,87% è nell'Italia Centrale, mentre al Sud si sono realizzate 82,77% confische di beni, immobili e aziende. Oltre la metà delle aziende confiscate è concentrata tra Sicilia e Campania e le altre regioni con più di cento aziende sequestrate dalle autorità si trovano in Lombardia, Calabria, Puglia e Lazio.
Secondo la Legge n.50 del marzo 2010, i beni immobili confiscati sono destinati «agli Enti locali per finalità sociali o istituzionali, ovvero, allo Stato per finalità di ordine pubblico, protezione civile, usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici ed istituzioni culturali di rilevante interesse». Per quanto riguarda i beni immobili mantenuti nel patrimonio dello Stato circa l'80% è stato consegnato mentre il restante 20% resta ancora nelle mani dello Stato poiché presenta qualche fattore di criticità che ne impedisce la consegna. Dei beni attualmente in riutilizzo, la grande maggioranza - 421 immobili su 539, pari al 78% del totale - è stata assegnata alle Forze dell'Ordine, ovvero ai Carabinieri, alla Polizia di Stato e alla Guardia di Finanza.
La consegna degli immobili può subire dei ritardi a causa di diversi fattori di criticità: ci possono essere, per esempio, gravami ipotecari e pignoramenti che richiedono l'accertamento della buona fede del creditore; beni occupati dai soggetti sottoposti a misura patrimoniale e familiari; beni confiscati in quote indivise o contenziosi causati dalle impugnazioni delle ordinanze di sgombero. Il problema delle ipoteche sui beni immobili confiscati coinvolge la metà di quelli in gestione presso l'Agenzia Nazionale e anche numerosi fra quelli destinati e consegnati ai Comuni. Spesso l'Agenzia destina e consegna ai Comuni i beni con tutte le loro problematiche, con la conseguenza che questi ultimi non sono in grado di fare fronte, da soli, al pagamento delle pretese dei terzi, cioè delle Banche o delle società specializzate che hanno acquistato il credito.
La carenza di risorse finanziarie è il fattore che più incide sul mancato riutilizzo dei beni passati nella gestione degli Enti territoriali. Tali risorse sono necessarie per la ristrutturazione e la riconversione dei beni immobili che il più delle volte giungono agli Enti territoriali deteriorati o danneggiati. Molto spesso i singoli Comuni non sono in grado di far fronte a investimenti così importanti e quindi viene meno la possibilità di reinserire tali beni all'interno di un circuito di legalità e di utilizzo da parte dell'intera collettività. Per questo oggi sono previste alcune forme di finanziamento dei progetti di riutilizzo dei beni confiscati attraverso stanziamenti per lo più comunitari, coadiuvati anche da fondi nazionali e regionali.
In Italia, d'immobili confiscati e non consegnati o riutilizzati ce ne sono parecchi. Su 83 immobili e terreni confiscati in Emilia Romagna, per esempio, solo a Bologna sono 8 su 12 quelli per i quali un ente locale non ha ancora manifestato interesse. Le spese per il mantenimento ora le paga l'Agenzia Nazionale che usa il conto di gestione della confisca o, se privo di liquidità, quello di un'altra confisca, in attesa di poter consegnare e destinare case, garage e appezzamenti. Villa Celestina potrebbe essere l'emblema bolognese dei beni confiscati alle mafie e restituiti alla collettività, usati per fini sociali: un risarcimento non solo simbolico. Invece va in malora! Oggi è una pericolante e fatiscente villa a tre piani che presenta delle criticità: ci vorrebbe un investimento milionario per rimetterla in sesto ma il potenziale è enorme.
Cifre e volumi che farebbero pensare a una favola con il lieto fine. Eppure il meccanismo è in sofferenza e la macchina delle misure di prevenzione patrimoniale non viaggia come dovrebbe. Troppe le questioni irrisolte. In primis l'Agenzia dei beni sequestrati e confiscati che si inceppa nell’ultimo passaggio della riassegnazione: immobili che restano vuoti o ancora occupati dai familiari dei boss in carcere, terreni abbandonati dove invece potrebbero nascere cooperative di giovani, aziende che con i quattrini dei mafiosi andavano a gonfie vele e che la gestione statale ha affossato spingendole verso il fallimento.
Così lo strumento principale di lotta alle cosche è diventato l'emblema dell'antimafia che non funziona. Tranne qualche rara eccezione. Ci sono i giovani che lavorano le terra che furono di ‘ndrangheta, camorra, cosa nostra e sacra corona unita. Ci sono le case dei padrini trasformate in centri per disabili. E qualche azienda che da Srl mafiosa si è trasformata in cooperativa di lavoratori onesti. Esempi unici che vanno avanti tra mille difficoltà, sfidando le resistenze dei mafiosi che vorrebbero riconquistare il loro territorio e l'indifferenza di buona parte della politica che sul contrasto alle mafie tace, salvo poi presentarsi alle commemorazioni per le vittime illustri.
Il quadro che emerge dall’inchiesta di Dataninja.it in collaborazione con i quotidiani locali del Gruppo Espresso è allarmante: abbiamo un tesoro e non sappiamo come utilizzarlo. C’è bisogno di un intervento del governo, di un piano per recuperare al meglio i quattrini sottratti ai capi mafia. Il rischio, altrimenti, è la resa di fronte al potere economico delle cosche. Che cantano vittoria ogni volta che fallisce un progetto di recupero di un bene immobile o aziendale.
Gestire? Assegnare? Associazioni di volontariato fantasma, create appositamente da parenti e amici di politici, assegnatarie di case di prestigio. Quando non addirittura assegnazioni completamente fuorilegge, tipo case assegnate a singoli beneficiari, ad uso privato.
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