La capra in araldica principalmente fu assunta a simbolo di fatica, spirito di adattamento, pace e benvolenza grazie ai quali era l’animale per eccellenza capace di vivere e prolificare su terreni impervi e aridi, in grado di consentire all’uomo l’allevamento e la sopravvivenza in territori che per la loro struttura morfologica non consentivano altri tipi di allevamenti o coltivazioni.
Da questa sua energia frizzante nasce la fertilità e la vita, nella mitologia greca è difatti la capra Amaltea a nutrire Zeus infante che la madre aveva nascosto nell’isola di Creta per proteggerlo dal padre Crono che divorava i propri figli. Diventato adulto e re degli Dei Zeus con una delle sue corna creò la cornucopia, il corno dell’abbondanza traboccante di cibo e bevande e alla sua morte la immortalò per sempre tra le stelle della costellazione del Capricorno.
Sempre in Grecia è la capra ad essere sacra a Dionisio: i grandi poeti greci ottenevano come premio per le loro opere migliori un capro. Dal suo nome dall’antico greco “tragos” derivo quello di “tragedia”.
Significativo il richiamo alla mitologia nordica: Heidrum è il nome della grande capra che, dal tetto del mondo di Valhall, dove i valorosi morti in battaglia vengono accolti, dona l'”idromele”, nettare dolcissimo che sgorga in continua abbondanza dalle sue infaticabili mammelle e con la leggenda norvegese dove il carro di Thor, il dio del tuono, veniva rappresentato con la barba rossa, una corona di stelle in testa, una cintura magica, sopra un carro tirato da due capre. Sopravvive ancora oggi l’usanza svedese di mettere sotto l’albero di Natale, una piccola capra di paglia oppure sui rami delle palline con quella forma.
In India è considerata la madre del mondo e per altri popoli asiatici le sue corna sono il retaggio del suo legame con il potere degli Dei attraverso la quale passano i loro fulmini scagliati a terra.
E’ abbastanza recente invece l’accezione negativa attribuita a questo animale dalla chiesa cattolica che ha cercato di sopprimere la sua venerazione, in antitesi alla mitologia greca che coglieva nel profondo legame di questo animale con la terra, la natura ed il mondo silvestre e con la sua facilità di partorire ed essere madre, un simbolo sessuale sottolineato tra l’altro dall’investitura del cornucopia da parte di Zeus.
La chiesa volle quindi attribuire all’animale un valore spregiativo associandolo a Satana, a rapporti sessuali libertini ed incontrollati, attribuzione negativa che trovò facile terreno nei circoli occultisti alla moda di Inghilterra e Francia e che con l’inquisizione si trasformò nella orribile caccia alle streghe organizzatrici di orgie con il Demonio.
In origine, quando la notte era ancora buia e rischiarata soltanto dai lampi del mito, veniva considerata l’essenza stessa della virilità, il simbolo della potenza sessuale maschile e, di conseguenza, la raffigurazione degli istinti primitivi, degli impulsi incontrollati. Capro, quindi, più che capra, come venne chiamata in epoca più civilizzata nel tentativo di addomesticarne il terribile recondito significato, o capretta, come ci piace chiamarla oggi "rimpicciolendone" ancor di più la natura selvatica e inquietante. Non a caso Pan, il dio greco dei boschi e dei pascoli, veniva rappresentato tutto peloso, con i piedi da capra, due corna sulla fronte e una lunga barba, mentre nelle statue che lo tramandavano non mancava mai un fallo ben eretto.
Gli ebrei la usarono come "capro espiatorio", cioè come mezzo per liberare il popolo dai propri peccati: la gente, radunata davanti alla bestia, confessava ad alta voce le colpe di ciascuno che venivano addossate sul capo del caprone, mentre il Gran Sacerdote vi imponeva le sue mani. L’animale veniva poi spinto nel deserto dove, abbandonato allo spirito immondo Azazel e destinato a morire di fame e di sete, scontava i peccati altrui in un luogo dove non potevano più far del male a nessuno. I Greci — ancora loro! — derivarono da essa le origini di quel loro formidabile genere teatrale, che va sotto il nome di "tragedia", che in origine significava infatti "canto dei capri", poiché veniva eseguito da attori contadini mascherati da caproni, che non risparmiavano ai presenti scherzi pesanti e parole scurrili per le quali ricevevano in premio un capretto.
I Romani celebrarono il caprone nel dio Fauno, protettore delle campagne e delle greggi, che ebbe l’epiteto di "Lupercus" da una grotta sul Palatino a lui sacra. "Lupercalia" furono chiamate le feste a lui dedicate nel corso delle quali, dopo aver immolato capri, due giovani sacerdoti, con la fronte bagnate del loro sangue e vestiti solo sulle anche con le loro pelli, percorrevano il Palatino colpendo con corregge, sempre ricavate dalle pelli degli animali sacrificati, le donne sterili affinché potessero sperare nella fertilità. La simbologia è evidentissima.
Strano destino, quello della capra: disprezzata per il suo umilissimo valore, per il carico di miseria che si porta dietro nel suo vagare saltabeccando fra dirupi e rovi insecchiti, eppure esaltata nel mito e nella leggenda come animale fantastico, quasi "alter ego" di una virilità innalzata agli onori scintillanti dell’Olimpo e poi occultata miseramente fra le corna dei peccatori.
La simbologia negativa raggiunse l’apice nelle "messe nere" in cui sull’altare, al posto della croce, stava Satana sotto le sembianze di caprone, mentre le ostie venivano calpestate e coperte di sputi. Il calice, e non poteva essere altrimenti, era uno zoccolo di caprone contenente urina anziché vino.
Uno dei simboli ricorrenti nel Satanismo, il Baphomet è una figura misteriosa e malcompresa, ad oggi ancora estremamente enigmatica e soggetta a fraintendimenti, polemiche e leggende urbane.
Generalmente è inteso come una specie di foto segnaletica del “diavolo”, ed è associato quindi al Satanismo. L’idea generale che si ha del Baphomet è che rappresenti Satana, e che si presenti alle streghe, ancora oggi, in questa forma durante i sabba. Idea malsana e totalmente di parte, sviluppata durante gli anni più tristi dell’Inquisizione, e successivamente entrata a far parte della tradizione e dell’immaginario comune, spesso tra le persone più semplici e meno informate. In realtà la figura del Baphomet non è legata solo al Satanismo, ma anche, e ben di più, alle varie correnti dell’occultismo in generale, che molto hanno preso dalle figure mitologiche antiche. Ma questa figura, legata tanto ai Templari medievali quanto ai Massoni del 1800, nonchè all’occultismo moderno, da dove proviene? Qual’è la sua origine, e quali i suoi significati? Ed oggi, che peso ha nell’immagine e nella cultura comune?
Il Baphomet è una figura enigmatica e ricca di significati, salita alla ribalta nell’ultimo secolo grazie al lavoro compiuto in gran parte da Aleister Crowley e Anton LaVey: le prime testimonianze si ritrovano, però, in molti documenti risalenti all’11° secolo.
E’ preso quasi come un dato di fatto, tra i vari studiosi dell’occultismo, che la figura del Baphomet sia stata di somma importanza nei rituali dei Templari. La prima comparsa del nome si ha in una lettera del 1098, scritta dal crociato Anselmo di Ribemont:
”Non appena il giorno nuovo sorse chiamarono a gran voce Baphometh mentre noi pregavamo nel silenzio dei nostri cuori Dio, attaccammo poi e riuscimmo a respingere tutti i nemici al di fuori delle mura.”
Durante i processi ai Templari del 1307, avvenuti su esplicita richiesta del re Filippo IV di Francia, il nome del Baphomet fu, pare, una costante.
Diversi Templari negarono di adorarlo, altri lo descrissero come un gatto, o una testa con tre facce.
Oggi, al contrario di tanti scritti destinati al consumo “di massa” che negano il legame tra i Templari e il Baphomet, quasi tutti gli autori realmente studiosi di occultismo riconoscono tale collegamento.
La raffigurazione del Baphomet in assoluto più famosa, diventatane in seguito l’icona ufficiale, si trova nel “Dogme et Rituel de la Haute Magie“, un libro scritto dall’occultista francese Eliphas Levi. In seguito anche LaVey diede una sua interpretazione del simbolo, inserendo la testa del caprone all’interno del pentacolo. Oggi questa immagine ha permeato l’immaginario comune, spesso concepita come negativa e in qualche modo ambigua, ma tutti ce l’hanno in mente, senza esclusioni. Spesso anche molti esperti, o cosiddetti tali, di demonologia hanno dubbi ed incertezze sull’iconografia dei vari demoni, tranne che sulla figura del Baphomet, che descrivono sempre e comunque in modo corretto.
Sull’origine del nome di questa figura esistono diverse teorie. La spiegazione che va per la maggiore è quella relativa all’adorazione, da parte dei Templari, di un idolo così chiamato: nome che sarebbe la storpiatura dal francese antico del nome di Maometto, latinizzato in “Mahomet”. Il nome “Baphomet”, quindi, estorto sotto tortura, potrebbe essere stato storpiato ulteriormente dal “Mahomet” originario, in modo voluto od anche del tutto accidentale. Ipotesi abbastanza campata in aria, basata sulle assonanze tra i due nomi.
Il Dr. Hugh Schonfield, il cui lavoro sui Rotoli del Mar Morto è ben conosciuto negli ambienti accademici, ha sviluppato una delle teorie più interessanti, e probabilmente delle più esatte. Studiando un codice in particolare, la Cifra di Atbash, ed usandolo per tradurre i famosi Rotoli, affermò che applicare le regole della cifra alla parola Baphomet, porta ad averla tradotta come la parola greca “Sophia”, cioè “conoscenza” ed anche sinonimo di “dea”. In effetti è molto più plausibile che non una storpiatura sotto tortura di una parola francesizzata. I Templari, che durante la loro permanenza in Medio Oriente erano entrati in contatto con gli insegnamenti del misticismo arabo, stavano introducendo in Europa i principi fondamentali di quello che sarebbe diventato l’occultismo occidentale: lo gnosticismo, di cui appunto Sophia, dea e simbolo della conoscenza, è una delle figure principali, l’alchimia, la Cabala e l’ermetismo. Inoltre erano diventati ormai troppo potenti ed autonomi per non essere in grado di rivaleggiare con la Chiesa: vennero quindi tolti di mezzo con accuse infondate e confessioni estorte di forza.
Un altro studioso, Arkon Daraul, docente di tradizione e magia sufista, elaborò la tesi secondo cui Baphomet deriverebbe dalla parola araba “Abu fihama”, cioè “Padre della Comprensione”. Anche qui si nota il chiaro messaggio di stampo gnostico, secondo cui la “comprensione” è indirizzata,appunto, al capire l’essenza delle cose.
Eliphas Levi, l’occultista francese che ha disegnato la famosa figura del Baphomet, sostenne che il nome derivasse da una ben precisa codifica:
“Il nome del Baphomet dei Templari, che dovrebbe essere pronunciato cabalisticamente al contrario, è composto di tre abbreviazioni: Tem.; OHP.; AB.; Templi omnium hominum patti Abbas, “il padre del tempio della pace di tutti gli uomini”.
Come si può vedere, su tre teorie non ce n’è una sola che abbia un minimo di somiglianza con le altre. Un nome doppiamente storpiato, una codifica gnostica, un’altra codifica cabalistica su base latina: l’unica certezza sembra quella relativa alle conoscenze, giudicate pericolose, delle varie dottrine religiose e filosofiche dell’area mediorientale dell’epoca.
La rappresentazione del Baphomet prende lo spunto da varie origini, ma soprattutto dalle divinità pagane. Infatti, le mitologie di un gran numero di antiche civiltà, come ad esempio quella greca e romana, o quella celtica, narrano di una divinità cornuta.
Nel 1861 Eliphas Levi, nel suo libro “Dogme et Rituel de la Haute Magie”, pubblicò un disegno che sarebbe diventato la più famosa rappresentazione del Baphomet: una figura umanoide alata e con la testa da capra, ed una torcia tra le corna. Nella prefazione scrisse:
”La capra sul frontespizio porta il segno del pentagramma sulla fronte, con un punta in alto, simbolo di luce, le sue due mani che formano il segno dell’ermetismo, quella rivolta verso l’alto verso la luna bianca di Chesed, l’altra verso il basso in direzione di quella nera di Geburah. Questo segno esprime la perfetta armonia della misericordia con la giustizia. Un suo braccio è femminile, l’altro è maschile come quelli dell’androgino di Khunrath, attributi che abbiamo dovuto unire con quelli del nostro caprone perché è uno e lo stesso simbolo. La fiamma di intelligenza brillante tra le corna è la luce magica dell’equilibrio universale, l’immagine dell’anima elevata sopra la materia, come la fiamma, pur essendo legato alla materia, brilla sopra di essa. L’orrenda testa della bestia esprime l’orrore del peccatore, che agendo materialmente, è l’unico responsabile che dovrà sopportare la punizione, perché l’anima è insensibile secondo la sua natura e può solo soffrire nel momento in cui si materializza. L’asta eretta in piedi al posto dei genitali simboleggia la vita eterna, il corpo ricoperto di squame l’acqua, il semicerchio sopra l’atmosfera. L’umanità è rappresentata dai due seni e dalle braccia androgine di questa sfinge delle scienze occulte. “
Nella rappresentazione del Baphomet di Levi, questo simboleggia il compiersi del processo alchemico, cioè l’unione di forze contrapposte per costruire la base della pratica magica ed ottenere, alla fine, il raggiungimento dell’illuminazione.
Questo processo alchemico è evidenziato dai termini “Solve e Coagula” posti sulle braccia del Baphomet: Sciogliere (trasformare il solido in liquido) e Coagulare (trasformare il liquido in solido) sono i due passaggi basilari del processo alchemico, teso a trasformare il piombo in oro o, messo in termini esoterici, un uomo profano in un uomo illuminato, sciogliendo i suoi dogmi e la sua ignoranza, e solidificando le basi di una nuova forma mentale, in grado di renderlo un uomo nuovo.
Le mani del Baphomet sono disegnate a formare una rappresentazione visiva dell’assioma ermetico “come sopra, così sotto”: assioma che riassume i principi e gli obiettivi dell’ermetismo, che vede il microcosmo, cioè l’uomo, come una riproduzione in piccolo del macrocosmo, cioè l’universo. Corrispondendo l’uno all’altro, comprendere uno vuol dire comprendere l’altro, secondo la Legge di Corrispondenza di Ermete Trismegisto:
“Tutto ciò che sta in basso corrisponde a ciò che si trova in alto, e tutto ciò che si trova in alto, ha una corrispondenza a ciò che è in basso, per compiere i miracoli dell’Uno.”
La caratteristica più riconoscibile del Baphomet è la testa di capra. Questa simboleggia l’animale che c’è nell’uomo, le sue tendenze egoistiche e i suoi istinti. Allo stesso tempo, comunque, rappresenta anche i suoi istinti più vitali e positivi, come quello alla procreazione. La torcia sulla fronte, da parte sua, rappresenta l’illuminazione spirituale, coi suoi lati positivi e negativi: così come mostra la verità con la sua luce, allo stesso tempo rende visibile anche la parte peggiore dell’uomo e ne demolisce le illusioni. Insomma, “la verità fa male”, oltre ad essere un aiuto. allontanare e respingere i profani che non sono iniziati al significato esoterico del simbolo.
Il Baphomet è quindi simbolo della Grande Opera alchemica in cui si uniscono forze opposte e separate, ma necessarie l’una all’altra, per generare l’illuminazione.
La padronanza di questa forza vitale è quello che viene chiamato dai moderni occultisti “Magia”.
Poco tempo dopo l’uscita del libro di Levi, tale Léo Taxil, un giornalista francese, pubblicò una serie di opuscoli e libri che denunciavano la Massoneria. Al centro delle sue peraltro mai dimostrate accuse, ovviamente, era il Baphomet, descritto come l’oggetto del culto del Massone generico medio. Combinazione, nel 1897, dopo diverse polemiche e molto scalpore, Taxil convocò una conferenza stampa, per comunicare ufficialmente di aver inventato gran parte delle sue presunte rivelazioni. Nacque così la “Bufala di Léo Taxil”.
Comunque sia, il più probabile rapporto tra Massoneria e Baphomet è espresso dal simbolismo: quindi non si tratterebbe di un “dio” da adorare, ma di una visualizzazione dei concetti esoterici massonici. L’autore massonico Albert Pike sostiene che, nella Massoneria, Baphomet non è un oggetto di culto, ma un simbolo, il cui vero significato è rivelato solo agli iniziati di alto livello.
”E ‘assurdo supporre che gli uomini di intelletto adorassero un idolo mostruoso chiamato Baphomet, o che riconoscessero in Maometto un profeta ispirato. Il loro simbolismo, inventato secoli prima, per nascondere ciò che era pericoloso confessare, era ovviamente incomprensibile da coloro che non erano inziati, e a i loro nemici sembrava un concetto panteistico. I simboli dei saggi sono sempre diventati gli idoli della moltitudine ignorante. Ciò che i capi dell’Ordine veramente credevano e insegnavano, veniva indicato agli Adepti grazie ai suggerimenti contenuti nei gradi elevati della Massoneria, e dai simboli che solo gli Adepti potevano capire “.
Altro personaggio molto legato alla figura del Baphomet fu l’occultista Aleister Crowley. Nacque circa sei mesi dopo la morte di Eliphas Levi: questo lo portò a ritenersene la reincarnazione, forse in buona fede, o forse per una questione di apparenza. Non si saprà probabilmente mai.
Per questo ed altri motivi, quindi, Crowley era noto, all’interno della OTO, come il “Baphomet”.
In seguito Anton LaVey, nel fondare la sua Chiesa di Satana, adottò la testa di capra inscritta nel pentacolo come simbolo ufficiale: è sempre presente, in maniera quasi ossessiva, nei vari rituali, nell’iconografia ufficiale, sull’altare durante le messe nere. Una convinzione di LaVey era che i Templari adorassero il Baphomet come simbolo di Satana. Nella Bibbia Satanica si trova la descrizione a proposito:
“Il simbolo di Baphomet è stato usato dai Cavalieri Templari per rappresentare Satana. Attraverso i secoli questo simbolo è stato chiamato in molti nomi diversi. Tra questi ci sono: La Capra di Mendes, La capra dei mille giovani, la capra nera, La Capra di Giuda, e forse nella maniera più appropriata, Il capro espiatorio.
Baphomet rappresenta le potenze delle tenebre combinate con la fertilità generativa della capra. Nella sua forma “pura”, il pentagramma viene mostrato comprendente la figura di un uomo all’interno delle cinque punte della stella – tre che puntano verso l’alto, due rivolti verso il basso – a simboleggiare la natura spirituale dell’uomo. Anche nel satanismo il pentagramma viene usato, ma dato che il satanismo rappresenta gli istinti carnali dell’uomo, o l’opposto della sua natura spirituale, il pentagramma è invertito per ospitare perfettamente la testa del capro – le corna, che rappresentano la dualità, la spinta verso l’alto nella sfida, gli altri tre punti rovesciati, o la Trinità negata. Le figure ebraiche attorno al cerchio esterno del simbolo derivanti dagli insegnamenti magici della Cabala, precisamente quelli del “Leviathan”, il serpente degli abissi acquatici, ed identificato come Satana. Queste cifre corrispondono alle cinque punte della stella rovesciata. “
Una descrizione a detta di molti forzata, ma comunque accettabile e non priva di logica. Oggi, soprattutto grazie all’influenza di Aleister Crowley e Anton LaVey nella cultura popolare, i riferimenti al Baphomet sono sempre più evidenti, al punto tale da arrivare anche al di fuori del cosiddetto ambiente “heavy metal”, fino a videogiochi, arte figurativa, musica di vari generi e videoclip.
Il Baphomet è il simbolo della realizzazione alchemica, l’illuminazione Magica e spirituale,ottenuta attraverso l’unione di forze opposte. Questa Illuminazione, per i Satanisti autentici, è lo scopo finale dell’esistenza, una condizione ottenibile in diversi modi a seconda delle varie scuole di pensiero ma comunque comune a tutti.
Ecco che quindi un simbolo come questo, che incarna l’ideale Satanista dell’evoluzione personale e della liberazione da dogmi e preconcetti, viene riconosciuto come valido e significativo. Non è visto come il “demonio” o il “principe del male”, così come nessun Satanista crede nell’esistenza di un mostro che si accoppia con delle streghe durante un sabba. L’immagine dell’epoca medioevale viene rifiutata come ciò che è, ovvero come una via di mezzo tra una tradizione ed una bugia tesa a creare un controllo sociale sulle masse.
Insomma, che cos’è il Baphomet per il Satanista? E ‘un simbolo di Satana oppure di illuminazione? E ‘una rappresentazione del bene o del male? La risposta è semplice: è entrambe le cose. Bene e male sono presenti all’interno dell’uomo e dell’universo, in modo opposto ed equilibrato, necessari e complementari l’uno all’altro. Per il Satanista non è importante “rifiutare il male” e “scegliere il bene”, come viene propagandato da molte vie di mano destra, ma raggiungere l’equilibrio tra i due. Equilibrio che porta a vedere le cose in modo più completo e reale, senza illusioni, quindi a “sciogliere” tutti i preconcetti, pregiudizi e dogmi che ottenebrano la mente, “illuminandola” con la torcia simbolica del Baphomet, e “solidificando” le basi per una ricerca superiore. Non potendo quindi eliminare la parte negativa di sé, il Satanista impara ad accettarla, come sarebbe giusto che ogni uomo facesse: accettandola senza farsene dominare raggiunge proprio quell’equilibrio personale che è la condizione basilare per evolversi spiritualmente. Proprio il fatto di accettare la parte più selvaggia e “demoniaca” di noi diventa il primo passo verso l’evoluzione: è inutile illudersi di essere “puri e superiori”, ma al contrario si deve guardare in faccia la realtà anche se può fare male. Il famoso disegnatore giapponese Go Nagai, in quel suo capolavoro che è il Devilman, ha detto esattamente questo.
L’assioma ermetico “Così sopra come sotto”, quindi, diventa uno dei principi ritenuti validi e seguiti universalmente da ogni Satanista autentico: il “sopra” viene visto come la parte più pura e nobile dell’uomo, così come il macrocosmo, mentre il “sotto” è la parte più negativa e buia, ma anche il microcosmo. Accettare, comprendere ed equilibrare queste parti è la sfida maggiore per chiunque, non solo Satanista, abbia deciso di intraprendere una strada indubbiamente impegnativa e lunga, ma sicuramente in grado di dare maggiori soddisfazioni rispetto ad una vita superficiale e vuota.
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