La grande odalisca (La grande odalisque) è un dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres (88,9 cm×162,56 cm), probabilmente fra i più noti del pittore, realizzato nel 1814. È situato al museo del Louvre dal 1899.
Sebbene sia stata pesantemente criticata per le sue fattezze sproporzionate nel 1819, anno della sua prima esposizione, l'opera ricevette un consenso unanime positivo dopo un arco di tempo di circa dieci anni.
Riferendosi al dipinto il professore d'arte Robert Rosenblum la definì:
« Una pigra creatura dell'harem, i cui piedi non sono mai stati segnati o sporcati dall'uso, l'odalisca è presumibilmente in mostra passiva per il nostro diletto... Giace reclinata nel lusso ovattato, carezzata da rasi, sete, pellicce e piume. »
Louis de Cormenin la descrisse in questo modo:
« ...lei volta verso lo spettatore una testa incurante con la consapevolezza di essere bella. Lei non è nuda per insolenza, ma per tranquillità e serenità... Senza lacrime di rimorso, senza modestia e senso di allarme, lei aspetta... la sua bellezza non la stimola... »
Charles Lenormant dichiarò invece:
« Sorprendentemente bella da un punto di vista puramente materiale, così fiera di sé, e così distaccata sia con il presente che con il futuro »
Come messo in evidenza dalla scrittrice Fatema Mernissi, la donna di Ingres è nuda, sebbene le vere odalische fossero sempre vestite. Ciò è stato interpretato, criticamente, come il risultato di una visione distorta e lasciva che l'Occidente aveva, durante l'Ottocento, nei confronti di culture distanti, quali quella islamica.
Il dipinto raffigura un'odalisca distesa nel letto di un harem mentre si fa vento con una ventaglio di piume. Se si esclude il suo turbante, la donna ritratta è completamente nuda e voltata di schiena; viene ripresa nel momento stesso in cui ruota la testa per osservare lo spettatore. La pelle della figura femminile risalta dal fondo scurissimo della stanza, che si presume essere enorme.
L'opera segue i principi della pittura neoclassica, quali la precisione "classica" della forma, e quelli del manierismo, come dimostrano le dimensioni volutamente sproporzionate del soggetto: le sue anche sono infatti troppo grandi mentre il collo è estremamente lungo. La lunghezza del suo corpo, dovuta all'aggiunta di tre vertebre, rende la figura più voluttuosa e sensuale. Il pittore fu inoltre ispirato agli ideali di perfezione concepiti da Raffaello Sanzio. Nonostante queste premesse, La grande odalisca segnò il primo avvicinamento del pittore al romanticismo, dal quale riprese il gusto per l'esotico.
Il dipinto cita numerose altre opere: la testa dell'odalisca riprende i soggetti femminili tratti dallo Sposalizio della Vergine e dalla Madonna del Belvedere di Raffaello, mentre la posizione della donna cita il tema della Venere distesa, come Venere di Urbino di Tiziano, della quale Ingres citò il materasso semidisfatto, analogamente a come fece, anni dopo, Manet nella sua Olympia. In particolare la posa di spalle ricorda la Venere Rokeby di Velazquez, con la quale ha in comune anche le deformazioni anatomiche. Sempre da un'opera di Raffaello, La Fornarina, Ingres riprese il turbante della donna, mentre la presenza di combinazioni di colori freddi, gli arti estesi della donna e la sua testa piccola omaggiano il Parmigianino.
Il bagno turco (Le Bain Turc) è un dipinto (diametro 108 cm) del pittore Jean-Auguste-Dominique Ingres, probabilmente fra i più noti dell'artista, realizzato nel 1862. Definito uno dei dipinti più "intensamente personali" di Ingres, nonché una "sintesi di tutte le esperienze che (Ingres) aveva iniziato sessant'anni prima", Il bagno turco viene spesso considerato fra le sue opere più mature.
Originalmente di forma rettangolare, il dipinto venne terminato nel 1862 dopo oltre tre anni di lavoro. Il suo primo committente fu il principe Napoleone che lo restituì al pittore poco tempo dopo. Successivamente l'opera venne trasformata in un tondo e vennero aggiunti nuovi particolari, quali la bagnante coricata nella vasca e il tavolo imbandito sullo sfondo. Dopo essere appartenuta all'ambasciatore turco Kahlil Bey, che la acquistò per ventimila franchi, l'opera passò a nuovi acquirenti fino al 1911, anno in cui entrò a far parte della collezione del Louvre.
Il bagno turco raffigura un harem luminoso dove numerose odalische completamente nude si rilassano. Esse, che si presentano monumentali ed emotive, contribuiscono a generare un'atmosfera intima, sensuale, ed evocativa. Oltre a rendere unitario il dipinto ed a valorizzare le rotondità delle donne, la forma circolare del dipinto simula, secondo le intenzioni dell'artista, uno spioncino finalizzato a stimolare il lato voyeurista dello spettatore.
Il dipinto cita diverse opere e studi realizzati da Ingres lungo la sua carriera: la bagnante voltata di schiena in primo piano è pressoché identica alla Bagnante di Valpinçon (1808); la donna con le braccia alzate all'estrema destra è ripresa da uno studio a olio (1815 circa) in cui venne presa a modello la prima moglie del pittore Madeleine; quella con la mano sul volto ha l'aspetto della seconda moglie del pittore (già ritratta in precedenza nel dipinto Delphine Ramel, Madame Ingres del 1859); mentre la donna coricata a destra con le braccia incrociate ha il viso identico a quello di un angelo presente nell'opera Il voto di Luigi XIII (1824). L'opera è inoltre frutto delle impressioni che Ingres ebbe leggendo una lettera di Lady Montagu:
« Erano circa duecento bagnanti... i primi sofà furono coperti di cuscini e di ricchi tappeti e quelle donne vi si sistemarono. Erano tutte... nude. Dopo il pasto si finì col caffè e coi profumi... due schiave mi coprirono d'incenso i capelli, il fazzoletto, i vestiti. »
(Ornans, Francia, 1819 - La Tour-de-Peilz, Svizzera, 1877)
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