Pochi elementi architettonici hanno una funzione così essenziale, e insieme sono altrettanto carichi di significati simbolici. Lungo le scale si va a cercare il paradiso o ci si inoltra verso la dannazione. Nella Genesi, Giacobbe sogna una scala percorsa in su e in giù da una folla di angeli, tramite fra Dio e le genti che da quel momento saranno chiamate popolo d’Israele. Budda scende dal sacro monte Meru, situato al centro dell’universo, utilizzando una scala. In una delle sue visioni, Maometto contempla una scala che parte dal tempio di Gerusalemme, lungo la quale le anime dei giusti salgono verso Dio. Nel cielo di Saturno, «di color d’oro in che raggio traluce / vid’io uno scaleo eretto in suso», riferisce Dante; che non riesce a distinguerne la sommità, perché arriva fino all’ultima sfera celeste.
Nei palazzi dell’aristocrazia, e poi della borghesia trionfante, erano le scale a scandire non solo le funzioni, ma anche le gerarchie dell’abitare, designando il “piano nobile” e quelli minor pregio. E quando la centralità delle scale è stata scalzata dall’invenzione dell’ascensore, anche quella gerarchia è mutata; proiettando al vertice l’attico, un tempo derelitto dormitorio della servitù, formicaio di chambres de bonne. Nel frattempo, il cinema si era annesso l’immagine della scala, spesso come luogo del terrore: la carrozzina che precipita nella Corazzata Potëmkin, l’ascesa del campanile e poi il tuffo nel vuoto della Donna che visse due volte.
Gli architetti del Rinascimento furono affascinati, quasi ipnotizzati, dalla scala a spirale. Nella doppia elica che fa da centro, anche geometrico, del castello di Chambord, il più grande di quelli costruiti sulla Loira, c’è la mano e l’estro di Leonardo: due scale a chiocciola che ruotano nello stesso senso senza mai incrociarsi, e in cima una lanterna che dà accesso alla luce.
Del palazzo Farnese a Caprarola è notissima la Scala Regia, la rampa cordonata percorribile anche a cavallo. Ma il vero colpo di genio del Vignola fu la “scala del cartoccio”, uno stretto scivolo elicoidale inserito nel corrimano della scala di servizio. Lungo il suo percorso si facevano scivolare sacchetti di carta appesantiti con sabbia o ghiaia, in modo da far arrivare velocemente e segretamente ai piani più bassi ordini e messaggi.
Come prototipo del barocco, gli studiosi francesi propongono lo scalone monumentale del palazzo Canossa, a Mantova. Movimentato nell’andamento e carico di statue: i membri della famiglia proprietaria, i loro antenati mitologici, un esercito di puttini, e due grossi cani dall’aria minacciosa trasportati lì di peso dallo stemma di famiglia. Più a Nord, lo stile del tempo cerca soprattutto la spettacolarità: così nel vasto palazzo dei principi-vescovi di Würzburg le scale sono l’elemento principale di un grande salone, su due livelli raccordati dalla doppia gradinata. Salendo, il visitatore coglie man mano dettagli sempre più numerosi del soffitto affrescato da Giambattista Tiepolo, con raffigurazioni ai quattro angoli dei continenti ancora noti (l’Europa, naturalmente, ha in mano uno scettro). L’architetto di quella scala, Balthasar Neumann, è l’autore anche di un’altra meraviglia, nel castello di Augustusburg, vicino a Colonia.
La panoramica si chiude con due pilastri dell’architettura contemporanea, azzardi orgogliosi di architetti capaci d’imprimere una svolta alla storia della loro arte. Uno è il Guggenheim Museum di New York, dove la rampa a spirale di Frank Lloyd Wright diventa l’edificio stesso, abolisce l’esistenza dei piani e la distinzione tra forma esterna e interna. L’altra è il Centre Pompidou di Renzo Piano e Richard Rogers, a Parigi: in un edificio tutto ad angoli retti o di 45 gradi, con moduli ripetuti centinaia di volte, la scala che attraversa diagonalmente l’intera facciata è l’unico elemento dissonante. Dunque, quello che attira ogni sguardo, definisce la personalità e l’anima della costruzione.
La scala è un elemento architettonico e strutturale di rilievo. La sua storia corre parallela a quella dello sviluppo delle conoscenze tecnologiche in ambito costruttivo. Da realizzazioni di carattere puramente tecnico, caratterizzanti periodi storici da noi molto lontani, si passa a strutture architettoniche di grande valore e significato tanto da risultare, non solo negli edifici che hanno segnato la storia dell’architettura, uno degli elementi costruttivi più importanti.
Con la rivoluzione industriale lo sviluppo delle tecnologie del ferro ha consentito la costruzione di rampe leggere e finemente disegnate. Uno degli esempi più significativi di ciò lo fornisce l’architettura della seconda metà dell’ 800 e quella dei primi decenni del ‘900, che ha visto la nascita dei flessuosi stilemi dell’Arte Nouveau. A tale proposito, si vuole ricordare la celeberrima scala dell'Hotel Tassel dell’architetto Horta ( Bruexelles, 1892 ): una scenografica rampa a giorno, con gradini in legno naturale, sostenuti da una struttura metallica perfettamente visibile. Le ringhiere sono costituite da elementi portanti tubolari e da una lavorazione con parti metalliche morbidamente curvate. Le stesse forme ondulate sono riprese nelle decorazioni delle pareti e nel disegno del pavimento. L’edificio di Horta, per le sue caratteristiche architettoniche e per le soluzioni degli ambienti interni, viene considerato un manifesto dell’Art Nouveau.
La corrente razionalista ridimensiona lo studio formale del design della scala, riconducendola alla purezza del suo carattere funzionale e sottolineando il suo fondamentale compito organizzativo degli spazi nello studio di ambienti su più livelli. A tale proposito, si consideri come gli edifici a carattere residenziale si distinguano, da un punto di vista tipologico, a seconda della natura del disimpegno, che permette ai vari alloggi di accedere alla scala.
Con l’avvento della costruzione di edifici sempre più alti e tecnologicamente evoluti, la scala perde definitivamente il suo peso compositivo e viene confinata in spazi secondari, favorendo la presenza degli ascensori quali elementi principali di collegamento verticale e dando a gradini e rampe il ruolo di accessi di emergenza in caso di incendio o di impossibilità di funzionamento degli elevatori meccanici.
Un altro importante passo evolutivo nella storia della scala viene fatto nei primi anni ottanta, con la comparsa sul mercato della " scala modulare ", realizzata in legno, od in ferro.
A seconda della pendenza, una scala moderna può essere a pioli se è quasi verticale e dunque i gradini fungono da appoggio per i piedi tanto quanto da appiglio per le mani, oppure tecnica, se la pendenza è comunque molto elevata (superiore ai 50º); queste scale sono previste di rado per usi occasionali di manutenzione e simili. Le scale comuni hanno una pendenza compresa circa tra i 20 e i 45º, dove di solito sono tanto più ripide, quanto il loro uso è privato. Le scale esterne sono generalmente meno ripide perché lo spazio disponibile è maggiore e le condizioni atmosferiche possono creare condizioni di rischio. Per pendenze minori ai 20º si realizzano piuttosto cordonate, sotto gli 8º rampe a pendenza continua.
Un particolare genere di scale tecniche usate a pendenze notevoli è quello delle scale a gradini sfalsati: ogni gradino è di forma triangolare, o comunque occupa la sola parte destra o sinistra della scala, in modo da occupare meno spazio possibile in pianta. L'utente però è costretto a iniziare la salita con un piede determinato e non può tenere più di un piede su un singolo gradino.
Lo sfalsamento può essere contemporaneamente anche di tipo orizzontale, fino a mezza pedata, ma è un caso più raro. Il percorso risulta, quindi, costituito da una successione di gradini che si devono calpestare in modo alternato secondo un ordine preciso. Si ottiene così una riduzione allo sviluppo in pianta della rampa di scale che può arrivare alla metà della lunghezza di una scala normale.
Storicamente le scale degli edifici erano costruite in legno, pietra o laterizio ed erano incastrate tra due muri portanti. La scarsa resistenza dei materiali impediva di avere larghezze del gradino rilevanti, mentre gli elevati costi costruttivi costringevano a ridurre lo spazio disponibile per le scale; dovendo comunque superare il dislivello tra i piani, i costruttori aumentavano a dismisura la pendenza delle rampe.
Questo tipo di scale è tuttavia di fatto obsoleto, essendosi affermate le scale adiacenti a una sola parete. È d'altronde possibile realizzare scale portate dai soli pianerottoli a cui sono vincolati, senza necessità di pareti perimetrali. Una suddivisione si può anche fare tra scale a gradini portanti o a gradini non portanti: Nelle prime i gradini sono progettati e costruiti come delle piccole travi sporgenti da muri o da travi a ginocchio. Nelle seconde la rampa è concepita come un solaio, vincolato ai pianerottoli o ai muri laterali, e calcolato come una piastra.
Nella maggior parte degli edifici, la scala trova spazio in un vano apposito, chiamato anche gabbia, che ha generalmente una pianta rettangolare che occupa le spazio sufficiente per due rampe di scale parallele che si incontrano in pianerottoli ai lati più distanti del rettangolo, oppure può occupare in pianta un'area quadrata sufficiente perché la scala giri intorno a un pozzo centrale (scala a pozzo) che accoglie quasi sempre l'ascensore.
Quando il vano scale ha una pianta circolare (o in certi casi ellittica), si parla di scala a chiocciola. Per via dell'economicità della pianta circolare, le scale a chiocciola sono storicamente state usate dove ci fosse uno spazio disponibile limitato.
Nelle scale mobili la larghezza della rampa è funzione del numero di persone che vi possono transitare contemporaneamente e dell'uso a cui è adibita. L'alzata in genere è compresa tra i 15 e i 20 cm mentre la pedata viene calcolata tramite relazioni empiriche basate sul lavoro svolto dall'utente nell'affrontare il dislivello.
Infatti al variare della pendenza, l'utente tende a modificare la lunghezza del passo di modo tale che il lavoro svolto per superare un gradino sia uguale al lavoro svolto per compiere lo stesso passo su un piano. Questo comporta che l'aumento della pedata corrisponde ad una riduzione dell'alzata e viceversa.
Nel caso di rampa rettilinea questa deve avere non meno di 3 gradini e non più di 15 per non indurre una sensazione di vuoto nell'utente e per spezzare il lavoro dell'utente senza intralciare il movimento degli altri utenti.
Se la scala è ad asse curvilineo è bene che la pedata non scenda sotto i 10 cm sul bordo interno.
Il corrimano deve avere un'altezza tra 90 cm e 1 m e distare almeno 4 cm dal muro.
Il parapetto posto sul vuoto deve avere un'altezza minima di 1 m ed essere inattraversabile da una sfera del diametro di 10 cm (DM. 236 14/06/89). È comunemente accettato che le aste debbano essere verticali e non orizzontali per evitare il pericolosissimo "effetto scaletta".
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