venerdì 11 settembre 2015

PIAZZA VERGOGNA

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Nel 1573 il Senato palermitano acquistò una fontana inizialmente destinata al Palazzo di San Clemente a Firenze, con l'intenzione di collocarla nella piazza.

Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, vennero demolite diverse abitazioni, e la fontana venne riadattata al luogo con l'aggiunta di nuove parti. Nel 1581 furono ultimati i lavori di sistemazione della fontana sulla piazza.

Dal XVIII secolo al 1860, la fontana fu considerata la rappresentazione della municipalità corrotta, e i palermitani soprannominarono la piazza, anche per la nudità delle statue, piazza della Vergogna.

Al centro della piazza si trova la Fontana Pretoria (1554), opera di Francesco Camilliani, che occupandone gran parte dell'estensione caratterizza fortemente il Piano Pretorio. Tre dei quattro lati sono chiusi da edifici: il Palazzo Pretorio (sede del Comune) costruito nel XIV secolo e ristrutturato nel XIX secolo, la Chiesa di Santa Caterina (fine del XVI secolo), e due palazzi baronali: Palazzo Bonocore e Palazzo Bordonaro. Sul quarto lato la piazza scende con una scalinata su via Maqueda.

La fontana fu realizzata per il giardino di don Luigi di Toledo a Firenze, su un terreno ottenuto dalle suore di San Domenico al Maglio nel 1551 dopo molte pressioni. Su questo terreno in seguito sarebbe stato costruito, a partire dal 1584, il palazzo di San Clemente ancora oggi esistente.



La realizzazione dell'insolito giardino (privo di un palazzo o di un edificio di rilievo) e della monumentale fontana furono commissionate allo scultore fiorentino Francesco Camilliani, allievo di Baccio Bandinelli, che vi lavorò, a partire dal 1554. La fontana comprendeva 48 statue e aveva dimensioni inusuali, soprattutto visto che non era destinata ad uno spazio pubblico, ed era fronteggiata da una lunga pergola formata da 90 colonne di legno messe in opera sotto la sorveglianza di Bartolomeo Ammannati.

Spinto dai debiti ed in procinto di spostarsi a Napoli, don Luigi, grazie al fratello don Garçia de Toledo, riuscì nel 1573 a vendere la fontana alla città di Palermo. Don Garçia, che era stato viceré di Sicilia, era in buoni rapporti con il Senato palermitano, che decise di acquistare la fontana e di collocarla nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio.

La fontana giunse a Palermo il 26 maggio 1574 smontata in 644 pezzi dei quali 112 imballati in 69 casse. Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, vennero demolite diverse abitazioni. La fontana tuttavia non arrivò completa e alcune sculture si erano rovinate durante il trasporto, mentre altre forse furono trattenute dal proprietario. Tra queste sono da considerare probabilmente le due Divinità nel Museo del Bargello a Firenze, e altre statue che vennero collocate nel giardino privato di don Luigi a Napoli (che alla sua morte furono portate nel giardino di Abadia a Cáceres, di proprietà della famiglia Toledo).

A Palermo furono quindi necessari alcuni adattamenti nella ricomposizione dei pezzi e ne vennero aggiunti altri.

La cura della ricomposizione e dell'adattamento della fontana fu affidata nel 1574 a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, che ultimò i suoi interventi nel 1581, con l'aiuto di Michelangelo Naccherino.

Per tutto il XVIII secolo e parte del XIX secolo fu considerata una sorta di rappresentazione della corrotta municipalità cittadina, che vide in quelle immagini il riflesso e i personaggi discutibili del tempo. I palermitani soprannominarono la piazza, anche per la nudità delle statue, "piazza della Vergogna".



La fontana ruota attorno ad un bacino centrale circondato da quattro ponti di scalinate e da un recinto di balaustre ed è costituita da tre vasche concentriche da cui prende l'avvio il gioco d'acqua che viene versata dalla sommità da un Bacco.

Distribuite all'interno di questa costruzione architettonica si trovano le statue che raffigurano gli dei dell'Olimpo e i fiumi di Palermo, Oreto, Papireto, Maredolce e Gabriele. Quest'ultima statua rappresentava il fiume toscano Mugnone, famoso nelle novelle di Boccaccio.

La parte centrale è circondata dalle raffigurazioni scultoree di varie divinità mitologiche.

Tra i monumenti d'età medioevale, tardo-rinascimentali e barocchi del centro storico di Palermo, la fontana, che rende il Piano Pretore un elemento urbanistico sorprendente, è uno dei più spettacolari della città.

La leggenda narra che una notte le suore di un convento di clausura che si affaccia sulla piazza, disgustate dall'oscenità delle statue ne abbiano distrutto le pudenda, per eliminare così le "vergogne".



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