venerdì 25 settembre 2015

Talis PATER, Talis FILIUS

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La frase latina Qualis pater, talis filius vuol dire: "Quale (è) il padre, tale (è) il figlio": in altre parole, il figlio è simile a suo padre.

È spesso citata in una forma lievemente diversa: Talis pater, talis filius.

Si ripete quest’antico proverbio a significare (più spesso, ma non necessariamente, con riferimento a qualità non buone) che il carattere e le tendenze d’ognuno derivano per via ereditaria dal padre, o dagli antenati in genere; oppure per rilevare l’importanza, nel bene e nel male, dell’esempio paterno; o infine, più semplicemente, per affermare, sovente in tono scherzoso, una qualunque somiglianza tra un certo padre e un certo figlio.



Alcune ricerche dimostrano l’importanza cruciale del ruolo delle madri nel trasmettere un sano atteggiamento alimentare, in particolar modo alle figlie.

Abituarsi ad una sana ed equilibrata alimentazione in famiglia è fondamentale per lo sviluppo di un corretto atteggiamento dei figli nei confronti del cibo; e prima si comincia meglio è, visto che i bambini iniziano a imparare dai propri genitori molto precocemente.

La tendenza - soprattutto delle bambine - di imitare le preferenze e abitudini della madre, e non soltanto quelle relative alla moda e alla bellezza ma anche quelle relative al cibo, è un fatto ben documentato. Uno studio recente ha dimostrato come nell’età prescolare le figlie di madri obese abbiano problemi di sovrappeso maggiori rispetto ai figli maschi. Inoltre è ben noto, come le ossessioni più comuni circa il cibo e le diete vengano trasmesse attraverso le generazioni principalmente lungo i rami femminili delle famiglie.

La convinzione che la storia alimentare della madre diventi il futuro alimentare delle figlie si sta affermando sempre di più e non sorprende affatto gli scienziati del comportamento. Il dr Andrew Hill, che insegna da tempo questa materia all’Università di Leeds nel Regno Unito, sottolinea il ruolo che gli adulti hanno nell’influenzare i bambini: è importante innanzi tutto che gli adulti siano consapevoli del fatto che le loro convinzioni ed i loro comportamenti relativi a salute, alimentazione e nutrizione verranno presi come esempio dai bambini almeno quanto il loro comportamento e i loro atteggiamenti rispetto a questioni morali e politiche.

Non è sempre facile determinare come le opinioni circa il cibo vengono trasmesse, perché questo avviene spesso in modo passivo. Così un’affermazione innocente da parte della madre come "odio le mie gambe grasse" e un suo comportamento alimentare differente rispetto al resto della famiglia possono acquistare una certa importanza. Le figlie in particolar modo, guardano, ascoltano e imparano a utilizzare quello che hanno visto e sentito per migliorare le parti del loro corpo di cui non sono soddisfatte.



In altri casi l’influenza diventa molto più attiva e non è necessariamente limitata alle madri. Il desiderio della famiglia di avere una bambina "bella", che spesso sta semplicemente ad indicare "magra", condiziona fortemente il futuro alimentare della ragazza in questione.

Anche i mezzi di comunicazione di massa e la società in generale hanno un ruolo importante nel condizionare donne e ragazze ad essere belle, magre e in forma. Tuttavia, consapevoli dell’esistenza di messaggi più o meno espliciti provenienti dalla televisione e dai giornali, le madri svolgono un ruolo privilegiato per poter a loro volta modificare, modellare e correggere questi messaggi.

Da bambine, è un mito da adorare follemente; da adolescenti, un ostacolo fastidioso per la propria libertà; da adulte, un modello che si imita o si rifugge con lo stesso ardore: 'la mamma è sempre la mamma', dice il detto, e per quanto il rapporto con lei possa non essere stato idilliaco, da grandi arriverà un momento in cui ci si accorgerà di avere ereditato i suoi stessi atteggiamenti che, nel bene e nel male, evidenziano una biologica somiglianza.

È il rapporto amore-odio per eccellenza quello tra madre e figlia, un rapporto fatto di complicità e rivalità, ammirazione e rifiuto, sentimenti contrastanti che coesistono evolvendosi nel corso della vita. Insomma, non tutte abbiamo con la nostra madre (o figlia) un rapporto idilliaco.

Generalmente è il periodo dell’adolescenza quello più carico di tensioni, quello in cui la figlia da bambina si prepara a diventare donna e, possibilmente, una donna diversa dalla propria madre. Credo tutte noi, anche quelle con i rapporti più idilliaci, abbiamo pensato almeno una volta nella vita che il modello rappresentato da nostra madre fosse esattamente quello a cui mai avremmo aspirato.

E invece non abbiamo scampo perché, almeno dai 31 anni in poi, saremo destinate a diventare proprio come lei e a fare nostri i suoi atteggiamenti e le sue abitudini, affrontando la vita come farebbe lei. Ma perché proprio 30 anni? Perché l’età della ribellione è ormai lontana e la nostra identità di donna è già ben definita.



Questi, a grandi linee, sono i risultati di un sondaggio effettuato per la società britannica di giochi online Dotty Bingo, condotto su un campione di oltre 1000 donne. Andando più nello specifico, vediamo che il 24% delle donne intervistate ha confessato che con la propria madre condivide la passione per gli stessi programmi TV, mentre il 16% ha ereditato gli stessi hobby, il 15% le stesse espressioni nel parlare e il 9% i medesimi gusti in fatto di uomini.

Secondo il 27% delle partecipanti, questa rivalutazione della figura materna avviene in media a 31 anni o comunque in un lasso di tempo che va dai 30 ai 35, secondo quanto emerso dalle riposte del 52% delle intervistate. Solo il 5% ha dichiarato che il cambiamento è avvenuto in loro già a partire dai 20 anni, il 26% tra i 35 e i 40 anni e il 10% tra i 40 e i 50 anni.

Ma le figlie sono contente di diventare così simili alle proprie mamme? Per il 50% del campione la prospettiva è allettante, la mamma è un ideale da raggiungere, mentre per l’altra metà un vero incubo.




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