martedì 22 settembre 2015

La Magia Dei "Giorni Delle Donne"



La parola “mestruo”, deriva sia da “mese”, sia da “misura” e da “luna” (dal latino men e dal greco mens, menos), ma la sua radice “me” o “ma” richiama forse il “mana”, l’energia immanente che per i melanesiani permeava ogni cosa esistente sulla Terra. Il ciclo mestruale era quindi una vera e propria emanazione di energia pura ed elementare che le donne condividevano consapevolmente, isolandosi nelle capanne sacre per poi uscirne rinnovate e colme di nuova saggezza.
In molti popoli il sangue femminile era intimamente connesso al Serpente e ai suoi simboli di ciclica rigenerazione. Il serpente, più di ogni altro animale per via del suo cambio di pelle, rappresenta le varie morti e rinascite che fanno parte della vita dell’individuo, ovvero i diversi momenti di passaggio da una fase all’altra dell’esistenza. Intensamente connesso alla Luna ed alle acque, alla terra e alla fertilità, il serpente è quindi emblematicamente inseparabile dalla Donna e dal suo sacro flusso, poiché la loro energia rigeneratrice è considerata simile.
Tra gli Indiani Chiriguanos, quando la giovane donna versa il suo primo sangue, le donne della tribù inscenano un rito in cui tentano di cacciare via il serpente che l’ha morsa, ferendola; in altre tribù, invece, le fanciulle danzano gioiosamente intorno all’immagine di un serpente, forse sotto ai raggi della luna che carezzano il loro bel corpo.

Un altro dei riti di passaggio che sono giunti sino a noi, legato al primo sangue delle fanciulle, proviene dalla tradizione dei Navajo ed è conosciuto con il nome di Kinaalda (“rito di pubertà”).
Secondo le leggende questo bellissimo rito fu insegnato alle donne da Estsanatlehi (“Madre di tutti”), la Donna che Muta, o Donna che si Rinnova, chiamata con molti nomi diversi tra cui Donna Conchiglia Bianca e Donna Dipinta di Bianco. Ella è la personificazione divina della Terra, con il suo Equilibrio immutabile ed i suoi Cicli perenni. Rappresenta l’eterno mutamento, l’interminabile girare della Ruota del Tempo, ma anche l’assenza del Tempo stesso che esiste oltre le concezioni ed i limiti umani; traccia il sentiero delle stagioni, che mutano quando Lei muta il suo abito, veglia sui cicli della Luna e delle Donne, su quelli del sangue e sui passaggi della vita femminile, specialmente su quello determinato dalla comparsa del mestruo che rende la fanciulla feconda.
Splendidamente vestita di candide conchiglie e di preziosi turchesi, è la segreta amante del Sole, con il quale fa dolcemente l’amore nei boschi verdi e sulle spiagge bagnate dalle onde, forse insegnando alle donne a fare lo stesso…
La sua pelle non raggrinzisce mai perché ogni qual volta Ella raggiunge una certa età si incammina verso Est, dove incontra la Se Stessa fanciulla e, abbracciandola, ne riassume le sembianze. Per questo si dice che fu Lei ad istruire le Donne sui segreti dell’Eterna Giovinezza, mostrando loro come mantenere viva ed ardente la Bimba interiore nonostante l’incedere degli anni ed il peso del corpo. Allo stesso modo, fu Lei a trasmettere loro tutta la Conoscenza tradizionale, così come gli antichi riti, i canti sacri, le parole magiche e i profondi misteri femminili. Fu Lei disegnare la Via della Bellezza e a donare l’istinto della Ricerca.
Le genti che la amano le parlano con affetto, le offrono doni e la nutrono; la venerano con i canti e con la narrazione, ma soprattutto con ciò che le è più caro, il Kinaalda a cui avevamo precedentemente accennato.
In questo rito, che dura quattro giorni, la fanciulla divenuta donna si trasforma nella Donna che si Rinnova ed accoglie il Suo potere sacro dentro di sé, spargendo benedizioni al popolo che la festeggia con gioia e devozione. Le anziane della tribù la vestono con conchiglie bianche, simbolo della bellezza languida e voluttuosa delle acque e della femminilità, poi, facendola sdraiare con la pancia a contatto con la terra, la massaggiano con mani sapienti. Si crede, infatti, che nei momenti di passaggio e di iniziazione ad una nuova condizione di vita, il corpo ritorni morbido come al momento della nascita e che possa quindi essere “impastato” e “modellato” come fosse fatto d’argilla o di soffice pasta di pane. Così, lo si aiuta ad assumere una nuova forma, quella della donna fertile, in armonia con la trasformazione avvenuta interiormente.
Durante il primo e l’ultimo giorno del rito, la ragazza cammina in senso orario intorno ad un cesto pieno di cereali, pigmenti di pittura, polline e piume, considerati sacri elementi del rituale; il quarto giorno viene invece preparato un grande dolce. La fanciulla, insieme ad altre donne, pesta e polverizza il granoturco, facendolo diventare farina, e questa viene benedetta con il sacro polline e poi sparsa circolarmente in direzione del Sole. Quindi vengono presumibilmente uniti altri ingredienti a formare un impasto che viene poi avvolto nei cartocci del granoturco ed interrato. Sopra alla terra umida che ricopre il composto viene acceso un fuoco che per tutta la notte verrà alimentato per cuocere completamente il dolce.
Nel frattempo tutti si riuniscono nella capanna della fanciulla ed ella si siede in direzione dell’alba, per accogliere i primi raggi solari e rappresentare il congiungimento amoroso tra la Donna ed il Sole. Tutta la notte viene trascorsa ad intonare i sacri canti che invocano la Donna che si Rinnova, mentre Ella viaggia sulle parole e sulle musiche vibrate nell’aria sino a quando, nel tredicesimo canto, emerge nella fanciulla e la colma della sua essenza. Ora la giovane Donna, completamente identificata nella Dea, canta riferendosi a Lei in prima persona, parla con la sua voce ed è piena della sua consapevolezza.



La sensazione della presenza della Dea viene avvertita da tutti i presenti e la fanciulla ne percepisce l’Amore universale, la Bellezza immortale che permea ogni cosa presente sulla Terra. Ella è la Donna che si Rinnova, è la Madre che ha generato tutto, è l’amante del Sole. La fulminea Saggezza la riempie ed ella è il Tutto, è la madre di sua madre, la nonna di sua nonna, l’infante e l’anziana. Tutte le fasi della sua vita passata e futura sono presenti in lei e dell’immensa coscienza di quest’unico istante ella preserverà il ricordo per sempre.
Al termine dei canti e della cerimonia viene dissotterrato il Dolce della Luna e la fanciulla, sempre rivolta verso il Sole, lo taglia a fette, conservandone la parte centrale. Tutti se ne nutrono, tranne lei, che si limita a distribuirlo alle sue genti. In quel momento, infatti, ella incarna Estsanatlehi che dona ai Suoi figli il Nutrimento.
La torta è simbolo del matrimonio tra la terra ed il sole/fuoco, tra il femminile ed il maschile; contiene gli ingredienti che la Madre offre alla Sua progenie ed è una grande benedizione per tutti, poiché la sua consumazione apporta fortuna, prosperità, pace e benessere, al singolo come all’intera tribù. Si potrebbe pensare che, anticamente, uno degli ingredienti segreti del Dolce della Luna fosse qualche goccia di sangue versato dalla giovane donna e che fosse proprio tale ingrediente ciò che, più di tutto, portava benedizione e felicità.
Quando tutti hanno consumato la torta, la fanciulla viene dipinta con argilla bianca, che ella usa per segnare la pelle di chi desidera ricevere i suoi divini poteri; poi, viene nuovamente massaggiata dalle anziane, che le danno anche dei consigli sulla sua nuova condizione.
Il rituale termina con l’interramento della parte centrale della torta, come offerta e ringraziamento alla Madre Terra, al granoturco e agli altri preziosi alimenti che nutrono e rendono possibile la vita.
Anche dopo il termine del rito, la fanciulla rimane la Donna che si Rinnova, poiché per i Navajo ogni donna che ha vissuto il Kinaalda è la Donna che si Rinnova. Il potere e la presenza della Dea non la abbandona mai ed essa è considerata sacra, rispettata ed onorata come si onora il Divino.
Tra gli Indiani Apache esiste un rito simile al Kinaalda, sebbene vi siano varie differenze che li distinguono. La fanciulla incarna Estsanatlehi, la Donna che si Rinnova, per tutti e quattro i giorni, ma è interessante notare il mezzo tramite il quale la splendida Dea entra in lei, ovvero la Danza.
Il primo giorno, infatti, la giovane danza da sola, liberamente, in piedi sulla pelle di cervo che è il luogo centrale del rito sacro. Con il bastone ornato di oggetti magici ed amuleti, ella batte la terra al ritmo del caldi e profondi colpi dei tamburi, e mentre danza “viaggia” verso un’altra consapevolezza, più alta, più pura. Danzando, la fanciulla e la Donna che si Rinnova si incontrano e si riconoscono come una cosa sola. La fanciulla si lascia pervadere da Lei e dalla loro Unione scaturisce divina benedizione per tutti i popoli.

Lasciando per un momento le tradizioni dei Nativi Americani e consultando altre fonti, leggiamo che il sangue mestruale, preziosa essenza naturalmente gradita alla Dea Madre, costituì il primo sacrificio offerto sul Suo altare, sgorgato dal grembo della Sacerdotessa senza dolore e senza l’immolazione di alcun essere vivente.
Per il suo grande potere, che apriva certe segrete porte di percezione, si dice che la profetessa dell’oracolo di Delfi, in Grecia, pronunciasse i suoi responsi proprio durante i giorni in cui esso fluiva dal suo ventre.



In molte culture lo si riteneva una panacea tanto potente da essere in grado di guarire qualsiasi male, anche quelli più gravi, ed il suo potere avrebbe raggiunto l’apice se a spargerlo fosse stata una giovane fanciulla che lo conosceva per la prima volta. Si credeva che questo sangue, versato durante un’eclissi di Luna (la magica “rugiada di Luna”), fosse il più potente e mortifero veleno usato dalle maghe della Tessaglia; ma potrebbe anche darsi che questa concezione fosse già stata contraffatta dai degeneranti ideali patriarcali, poiché una simile sostanza era forse ben più simile ad una benedizione apportatrice di Fortuna e Felicità, piuttosto che ad un motivo di lacerante dolore e morte.

Con l’avvento del patriarcato, generato dal lento appassire degli antichi ideali armonici, il sangue femminile assunse, infatti, connotazioni profondamente negative e venne chiamato in mille modi terribili. Le donne che prima erano portatrici di Saggezza, riconosciute dagli uomini stessi che le onoravano e le amavano, divennero creature infette da allontanare e maledire, specialmente nel loro “tempo sacro”. Molto fu detto e molto si dice ancora, ma preferiamo evitare di approfondire questo tema perché rovinerebbe la bellezza sinora espressa. L’indigesto frutto dell’ignoranza, infatti, non merita tempo e parole, e rischia sempre di guastare l’intero Raccolto.

Racconta la leggenda che, molto tempo dopo la scomparsa della Donna Antica, Colei che aveva insegnato tutti i Segreti ed i Misteri alle Donne, le genti cominciarono perdere i suoi insegnamenti e a dimenticarLa. Gli uomini iniziarono a pretendere di comandare e di dare ordini alle loro compagne e queste lasciarono che il germe dell’accondiscendenza crescesse dentro di loro, sconvolgendo quell’equilibrio primario che per secoli aveva generato la perfetta armonia.
Allora accadde che un giorno, la giovane Tem Eyos Ki si recasse alla Casa dell’Attesa per trascorrere il suo tempo sacro, lasciando fluire il proprio sangue sul morbido e fresco muschio. Qui vi trascorse più di quattro giorni insieme ad altre donne…
“Quando ritornò dalla casa dell’attesa era una donna folgorata dall’illuminazione, una donna colpita dalla meraviglia, una donna scossa dal potere, una donna piena d’amore. Proveniva dalla casa dell’attesa con un’espressione sul viso più potente della magia. Scintille luminose brillavano tra i suoi capelli.
Sorrise e cantò un canto che parlava dell’amore che non conosce limiti, dell’amore che non conosce legami, dell’amore che non chiede nulla e nulla si aspetta, ma realizza tutto. Cantò della conoscenza e del credere, del condividere e del dare. Cantò di un luogo così meraviglioso che le menti della gente non potevano nemmeno tentare di immaginare. Un luogo senza collera o paura, un luogo senza solitudine od incompletezza.
Camminò attraverso il villaggio cantando il suo canto e le donne la seguirono. Raccolsero i loro bambini, femmine e maschi in egual modo, e seguirono Tem Eyos Ki, lasciando indietro le pentole da cucina ed i telai, lasciando indietro i mariti ed i padri.
Tem Eyos Ki camminò oltre il villaggio, lungo le spiagge, verso la foresta. Cantando il suo canto di amore e di meraviglia. E le donne la seguirono.”
Ciò che accadde a Tem Eyos Ki nella capanna dell’attesa è protetto dal segreto e non è dato sapersi.

Eppure proprio in questa leggenda, che forse è molto più vera di quanto si possa pensare, ritroviamo uno degli antichi frammenti di saggezza perduti, ovvero la certezza che, in certi rari casi, dalla consapevolezza vera e completa del ciclo di sangue e della propria femminilità sacra, poteva scaturire l’Illuminazione e la ricongiunzione con la Dea Madre in tutta la Sua essenza, ovvero il meraviglioso ritrovamento di Lei nel proprio interno.
Si dice che ogni antica leggenda racchiuda in sé un insegnamento altrettanto antico, attingibile in ogni tempo ed in ogni luogo esistente. Forse una di queste leggende è proprio quella della lucente Tem Eyos Ki, che è in grado di parlare ancora alle donne, di cantare per loro, di chiamarle a seguirla, abbandonando ed oltrepassando la banale cortina di comune quotidianità per posare lo sguardo nell’Oltre. E forse uno dei modi per fare questo passo è prendere consapevolezza dei propri cicli e della propria sacralità femminile che nessun mortale o falso dio può deturpare o
cancellare.
Isolarsi in una propria sfera magica, separata dal mondo esterno, con i suoi ritmi fittizi e le sue vitree illusioni, ricercando i lembi del sentiero della Bellezza, potrebbe costituire il primo passo verso la Bellezza stessa.



Armonizzarsi con i veri tempi lunari e terrestri, danzare e cantare i loro ritmi, amare il proprio flusso di sangue ed il proprio splendido corpo, potrebbe ricreare l’antica sintonia istintiva con la Natura e con la Dea Antica che irradia Amore ultraterreno.
Versare il proprio sangue sulla terra muschiata forse farebbe sorgere la percezione di un cerchio che si chiude, di un’offerta che ritorna alla propria stessa origine.

Osservare, scoprire ed ascoltare sono forse gli insegnamenti più veri che la Donna che si Rinnova potrebbe donare, ricordando che tutto ciò che c’è bisogno di conoscere è già presente nella meravigliosa Donna, sin dalla sua nascita.

Il rituale di legamento con il sangue mestruale è uno dei più potenti ed antichi segreti della magia. Le sue origini risalgono al medioevo: in molti antichissimi libri esoterici si parla infatti del sangue catameniale. Secondo la tradizione questa lavorazione magica sarebbe stata sperimentata per le prime volte in Sicilia.

Nelle credenze popolari mentre da una parte il sangue mestruale viene demonizzato come qualcosa che rende impuri, da un'altra parte gli viene riconosciuto un potere magico per legare ad una donna un uomo riottoso.
In tutta l'Italia meridionale si credeva e forse si crede ancora che poche goccie di sangue mestruale mischiato al sangue del pollice versato al caffe' , leghino un uomo.
Un'altra usanza è quella di raccogliere il sangue mestruale del terzo giorno del ciclo,in una boccettina;ed esporlo per tre giorni agli influssi del sole e della luna.
Trascorsi i tre giorni,mischiare il sangue con un pizzico di erba chiamata concordia,quindi portare il sangue in chiesa,assistere alla messa e all’atto della consacrazione,inginocchiarsi,stringere la boccettina con il sangue tra le mani e pregare.
A questo punto il sangue è consacrato e andrà somministrato in piccola quantità all’uomo,nel vino o nel caffè dicendo mentre si mescola col vino o al caffè.





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