sabato 12 marzo 2016

LA SETTIMANA DEL CERVELLO

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La "Settimana del Cervello" è una ricorrenza annuale dedicata ad aumentare la pubblica consapevolezza nei confronti della ricerca sul cervello. Ideata dalla Dana Alliance for Brain Initiatives e coordinata dalla International Brain Research Organization, la settimana del cervello è il frutto di un enorme coordinamento internazionale.

Ogni marzo, i risultati più interessanti della ricerca scientifica vengono portati a conoscenza del grande pubblico di tutto il mondo. La campagna della Settimana del Cervello già coinvolto più di 4.100 organizzazioni, associazioni di malati, agenzie governative, gruppi di servizio e organizzazioni professionali in 99 Nazioni.

Il cervello-encefalo non risulta di interesse anatomico per gli antichi egizi, nonostante una già consolidata chirurgia della testa. Ciò può sembrare paradossale, ma era di fatto considerata un'attività servile. Sappiamo di certo che l'asportazione dell'encefalo durante il trattamento di un cadavere, avveniva mediante uncini attraverso il naso, cosa che non dava alcun riscontro morfologico.

Il Papiro Chirurgico di Edwin Smith, risalente al XVII secolo a.C., contiene i primi riferimenti scritti relativi al cervello. La parola cervello appare otto volte in questo papiro che descrive i sintomi, la diagnosi e la prognosi di due pazienti, feriti alla testa, che presentavano una frattura composta del cranio.

Nel mondo greco, Ippocrate e altri filosofi come Platone identificavano nel cervello la sede del pensiero (encefalocentrismo). Aristotele riteneva ancora che fosse il cuore la sede dell'intelligenza, e vedeva il cervello come un meccanismo di raffreddamento del sangue, riscaldato dal corpo. Aristotele riteneva quindi che gli esseri umani fossero più razionali delle bestie in quanto possedevano un cervello più grande in grado di raffreddare meglio il loro sangue caldo.

Durante l'impero romano, l'anatomista Galeno, dissezionò numerosi cervelli di vari animali. Egli ci dice, nei suoi Procedimenti anatomici (cap. IX) che l'encefalo viene suddiviso dalle meningi in "cervello" (encephalon) o "cervello anteriore" e in "cervello posteriore" o enkranion o epikranion, cioè in cervello e cervelletto.

Attraverso l'osservazione delle differenze di struttura e sostanza fra cervello e cervelletto, concluse che il primo, essendo più tenero, dovesse essere il contenitore delle sensazioni, mentre il secondo, essendo più denso, dovesse controllare i muscoli. Nonostante i presupposti fossero sbagliati, le conclusioni di Galeno erano vicine alla realtà. Galeno, inoltre, scoprì che il cervello è cavo a causa della presenza di ventricoli che sono riempiti di un liquido (liquido cerebrospinale). Questa caratteristica del cervello, lo portò a ritenere valida la teoria, fino ad allora dominante, secondo la quale il cervello funzionava tramite il movimento e il bilanciamento di quattro fluidi (detti umori).

Riprendendo ipotesi più volte esposte, Cartesio teorizzò la divisione tra mente e corpo.

Thomas Willis nel 1664 edita il suo Cerebri anatome, che contiene la più dettagliata e completa descrizione del cervello comparsa fino allora. Tratta del circolo arterioso che da lui prenderà il nome. Contribuisce anche alla terminologia medica, coniando la parola neurologia per indicare la disciplina e il termine corpo striato per i gangli della base.

Franz Joseph Gall (1758-1828) e Johann Spurzheim (1776-1832) per primi dimostrano che la sostanza bianca è costituita da fibre nervose e postulano l'esistenza di differenti centri per le diverse funzioni del cervello. Sfortunatamente questa ipotesi viene inizialmente screditata da teorie puramente speculative, anche da parte degli stessi Gall e Spurzheim (come il "centro dell'amicizia", quello "dell'ambizione" e via dicendo). Da questi primi studi quindi si sviluppò la frenologia.

Per determinare la funzione di una specifica parte del cervello si ricorreva al metodo di ablazione sperimentale: in pratica si lesionava una regione del cervello e se ne osservavano le conseguenze. Uno dei primi ad usare questo metodo fu il fisiologo francese Marie Jean-Pierre Flourens che nel 1823 dimostrò che il cervelletto era davvero implicato nella coordinazione del movimento, come già intuito da Galeno.

Fu Pierre Paul Broca che descrisse il centro motorio del linguaggio (1861), mentre Karl Wernicke descrive un'area similare le cui lesioni comportano afasia sensoriale (1874). John Hughlings Jackson osserva pazienti epilettici ed elabora la teoria dell'esistenza all'interno del sistema nervoso centrale di gerarchie funzionali.

Nel 1929, lo psichiatra austriaco Hans Berger registrò il primo potenziale elettrico di un cervello in vivo. Questa tecnica, conosciuta come elettroencefalogramma o EEG, permette di misurare la corrente che scorre nella corteccia cerebrale durante l'eccitazione sinaptica dei dendriti e viene oggi utilizzata nella diagnosi di determinate condizioni neurologiche come le crisi epilettiche e per scopi di ricerca.

L'homunculus motorio e quello sensitivus sono di Penfield e Rasmussen, del 1957.

Nel 1994 Semir Zeki dà inizio allo studio delle basi neurali della creatività e dell'apprezzamento estetico dell'arte. Nel 2001 fonda l'Istituto di Neuroestetica, con base a Berkeley, in California.

Il cervello umano è posto all'apice, sia dal punto di vista della struttura che della funzione, del sistema nervoso centrale. In termini rigorosamente anatomici, il cervello è il risultato dello sviluppo embriologico del prosencefalo, termine che viene utilizzato come suo sinonimo, venendo a comprendere due parti note come diencefalo e telencefalo.



È l’oggetto più complesso e misterioso che si conosca: 1.300-1.500 grammi di tessuto gelatinoso composto da 100 miliardi di cellule (i neuroni), ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine.

Durante la vita fetale l’organismo produce non meno di 250 mila neuroni al minuto. Ma 15-30 giorni prima della nascita, la produzione si blocca e per il cervello comincia una seconda fase che durerà per tutta la vita: la creazione di connessioni tra le cellule.
In questo processo, le cellule che falliscono le connessioni vengono eliminate, tanto che al momento della nascita sono già dimezzate.

La moria diviene imponente dai 30-40 anni quando, senza che l’organismo le sostituisca (la rigenerazione di neuroni è stata realizzata solo in laboratorio), le cellule cerebrali cominciano a morire al ritmo di 100 mila al giorno, circa 1 al secondo.
Per fortuna non c’è un corrispondente declino mentale: la capacità di creare nuove connessioni preserva, infatti, le facoltà mentali acquisite.

Il cervello umano (più correttamente "encefalo") è il risultato della sovrapposizione dei tre tipi di cervello apparsi nel corso dell’evoluzione dei vertebrati.

Dal basso (alla base del cranio), il cervello più antico, o romboencefalo, specializzato nel controllo di funzioni involontarie come vigilanza, respirazione, circolazione e tono muscolare. Comprende il cervelletto e le parti del midollo spinale che si allungano nel cervello.
Salendo, c’è il mesencefalo: una piccola porzione di tessuto nervoso costituita dai cosiddetti peduncoli cerebrali e dalla lamina quadrigemina. Infine c’è il prosencefalo, la parte più "moderna", suddiviso in diencefalo e telencefalo. Il primo, chiamato anche "sistema limbico", contiene strutture come talamo, ipotalamo, ipofisi e ippocampo, da cui provengono sensazioni come fame, sete o desiderio sessuale. Infine, la parte più recente in assoluto: la corteccia, dove hanno sede le funzioni intelligenza e linguaggio.

La corteccia occupa gran parte del cranio, quindi il suo volume è facilmente intuibile.

Difficile, invece, immaginare quanto sia estesa. La corteccia è, infatti, percorsa da profonde fenditure (le circonvoluzioni cerebrali) tanto che, se potessimo distenderla, occuperebbe un’area molte volte maggiore di quella della testa.

La fenditura più profonda è quella che separa i due emisferi, uniti però dal corpo calloso, una fittissima trama di fibre nervose: se si recidessero, i due emisferi non comunicherebbero più.

Le altre fenditure maggiori distinguono i cosiddetti "lobi". I maggiori sono quello temporale (udito ed equilibrio), frontale (movimenti volontari), parietale (sensibilità tattile e gusto) e occipitale (visione).

Ad avvolgere l’encefalo troviamo infine le membrane chiamate meningi (pia madre, aracnoide e dura madre): contrariamente a quanto suggeriscono le frasi fatte, non servono a pensare, ma a nutrire e proteggere il cervello vero e proprio.

Sempre a scopo protettivo, l’encefalo è infine percorso da una serie di cavità piene di liquido (il liquor cefalorachidiano) che crea una sorta di "effetto galleggiamento" utile per contrastare la forza di gravità e le accelerazioni dovute ai rapidi movimenti della testa.

C’è infine una difesa cerebrale che, tra l’altro, rende difficilissimo dimagrire a comando.
Se un digiuno tende infatti a intaccare più i muscoli che la massa grassa, è infatti perché il cervello difende se stesso.
Il suo nutrimento sono gli zuccheri, e i neuroni non sono in grado di demolire i grassi per fabbricarsi zuccheri.
Perciò, finiti quelli disponibili subito nel fegato, usano le proteine (nel frattempo l’organismo demolisce anche i grassi) e intaccano i muscoli.
Meglio così, perché gran parte delle fibre nervose sono "isolate" da un manicotto - la guaina mielinica - costituito da grassi... se i neuroni li potessero "mangiare", come accade in una malattia chiamata sclerosi multipla, diverrebbe impossibile l’attività cerebrale.

Ma veniamo ai mattoni del cervello, i neuroni: cellule specializzate nel raccogliere, elaborare e trasferire impulsi nervosi. Dal loro corpo cellulare si diramano vari rametti, i dendriti, e un ramo più grosso, l’assone.

I primi ricevono i segnali in arrivo, il secondo conduce i messaggi in uscita. Grazie a dendriti e assoni, il numero totale delle connessioni che i neuroni di un cervello umano riescono a stabilire supera il numero di tutti i corpi celesti presenti nell’universo.

L’esistenza di queste connessioni, o sinapsi, fu scoperta alla fine del XIX secolo dal fisiologo inglese Charles Scott Shemngton, anche se non si tratta di connessioni fisiche perché tra due neuroni s’interpone sempre una microscopica fessura.

Per superare questo varco, i segnali cambiano faccia: da elettrici, diventano chimici.

La terminazione dell’assone rilascia sostanze, dette neurotrasmettitori, che sono raccolte dagli appositi recettori presenti sulla membrana della cellula-obiettivo. Catturato il neurotrasmettitore, il messaggio chimico viene riconvertito in impulso elettrico.

Per rendere il viaggio più veloce, sull’assone l’impulso procede a balzi.
L’assone, infatti, è ricoperto da un materiale isolante chiamato guaina mielinica, che però lascia scoperti alcuni punti: i nodi di Ranvier. E saltando da un nodo all’altro, l’impulso raggiunge i 400 km/h.

I neurotrasmettitori sono come parole di un linguaggio limitato ma molto complesso, composto da appena una cinquantina di vocaboli, ma capaci di fornire istruzioni dettagliate.

Purtroppo non esiste ancora un vocabolario per tradurre i messaggi chimici, ma possiamo almeno raggruppare i neurotrasmettitori in due gruppi distinti: quelli ad azione rapida e quelli ad azione lenta.

Tra i primi troviamo molecole come l’acetilcolina, l’adrenalina, la noradrenalina, la dopamina, la serotonina: molecole di piccole dimensioni, che hanno il compito di provocare risposte immediate, dalla percezione di un profumo alla reazione (per esempio, un sorriso).
Del secondo gruppo fanno parte i neuropeptidi (i più noti sono la somatostatina e le betaendorflne): grosse molecole, lente ad agire ma capaci di indurre modifiche durevoli. Danno per esempio forma alle sinapsi, ma possono anche ridurre i recettori per un certo neurotrasmettitore, rendendo così i neuroni "sordi" a certi comandi.

Le informazioni, nel cervello, possono viaggiare ad una velocità di 430 km all'ora.

Il cervello è più attivo quando dormi rispetto a quando sei sveglio.

Il cervello usa circa il 20% dell’ossigeno che ci serve per vivere e riceve il 20% del sangue che circola nel nostro corpo.

Il 75% del cervello è composto di acqua e il 12% da grasso.

Il cervello di un neonato cresce in volume di tre volte nel primo anno di vita. E smette di crescere intorno ai 18 anni.

Il cervello "produce" circa 70 mila pensieri al giorno.

Ridere quando si sente una battuta umoristica attiva cinque aree diverse del cervello.

L’odore è il ricordo che si fissa meglio nel cervello.

I mancini e gli ambidestri hanno un corpo calloso (ossia la massa che collega i l'emisfero destro e sinistro del cervello) più grande in media dell’11% rispetto ai destri.

L’Università americana Harvard contiene un magazzino con 7 mila cervelli conservati lì per ricerche scientifiche.


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