Le "Sette Sorelle" sono un gruppo di grattacieli di Mosca particolarmente rappresentativi del classicismo socialista.
Originariamente i grattacieli in progetto erano otto, numero che avrebbe dovuto simboleggiare gli otto secoli della capitale (1147-1947); la torre Zaryadye, progettata dall'architetto Dmitrij Nikolaevic Ceculin, non fu però mai costruita.
Un ottavo grattacielo che richiama esplicitamente le forme dei primi sette fu invece realizzato tra il 2001 e il 2005: si tratta del Triumph Palace, che fu per un certo tempo il più alto d'Europa.
Il progetto iniziale, concepito prima della Seconda Guerra Mondiale, prevedeva la costruzione di otto edifici, volti a simboleggiare gli 800 anni dalla fondazione di Mosca, che si sarebbe celebrata nel 1947. Il 7 settembre dello stesso anno, durante i festeggiamenti, intorno alle 13 venne deposta con cerimonia ufficiale la prima pietra. Il primo grattacielo venne edificato nel 1949 e gli altri (a eccezione di uno) a seguire, ogni tre-cinque anni. Più tardi cominciarono a chiamarli “sette sorelle”, lasciando in secondo piano edifici analoghi situati all’estero, come il Palazzo della Cultura di Varsavia. “Possiamo farcela!”, era questo il motto architettonico che era giunto da un Paese in rovina, sfinito dalla fame, in cui la maggioranza degli abitanti si trovava a vivere in coabitazione con numerose altre persone.
Ai lavori di costruzione furono costretti a prender parte migliaia di prigionieri dei Gulag, ma anche prigionieri di guerra tedeschi. Per la stabilizzazione del terreno ogni volta sotto le fondamenta venivano utilizzate nuove tecnologie. I costi erano di secondaria importanza.
I grattacieli monumentali, in stile neoclassico, fanno da perimetro al centro della città ed esteriormente ricordano una fortezza. Sono accomunati dalla stessa concezione stilistica: al centro si trova la torre principale, somigliante a una piramide azteca, che si innalza a gradini restringendosi verso la vetta, mentre intorno a essa sono distribuiti tutti gli annessi.
Dopo la morte di Stalin nel 1953, Krusciov dichiarò guerra agli “eccessi staliniani” nell’urbanistica, sacrificando tutto a funzionalità e laconicità. L’edilizia abitativa si sviluppò in tempi record, con la conseguenza che molti abitanti della città riuscirono finalmente ad avere una casa propria. Ma ancora oggi per i russi i “grattacieli di Stalin” sono sinonimo di qualità, mentre quelli “kruscioviani” di quantità.
Due delle sette sorelle sono alberghi. Uno è l'Hotel Ukraina, famoso hotel situato sulla riva del Moskowa e di fronte alla "casa bianca" russa. Celebrato nei libri di Frederick Forsyte, protagonista silenzioso durante tutta la Guerra Fredda, ospitava politici e personalità di rango. Seppur molto vecchio, con arredamento rimasto agli anni Cinquanta, è uno dei più costosi di Mosca (circa 250 euro a notte). Un'altra delle sette sorelle è il Leningradskaja, sempre albergo. In altri due grattacieli prendono posto il Ministero degli Esteri e dell'Agricoltura, mentre altri due sono stati modificati ed ospitano molti appartamenti. Infine l'ultima sorella si trova sulla Collina dei Passeri (ex Collina di Lenin). E' la sede dell'Università, anche se pare si sia svendendo per mancanza di fondi. L'Hotel Ucraina è forse quello più famoso in quanto diversi occidentali, in viaggio in Russia, sono ospitati. Fuori dall'albergo potete ancora osservare i simboli dell'ex URSS: la stella a cinque punte in cima al grattacielo e i simboli della falce e martello. Dentro, secondo la logica dell'Impero sovietico dove lo Stato impiegava tutti i suoi cittadini, forse c'è più personale che clienti, in proporzione. Nei vari piani c'è almeno un addetto alla sicurezza presente sia di notte che di giorno, per esempio. Infine pare che esista un'ottava sorella, a Varsavia. In Polonia la sede del Palazzo della Cultura e delle Scienza (PKIN), disposta su 30 piani e 3500 vani, ha una struttura simile a quelle moscovite. Pare che fosse prevista anche una nona "sorella", in Cecoslovacchia, voluta da Stalin. Ma i praghesi domandarono invece tre linee di metrò.
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