sabato 27 giugno 2015

I POMPIERI DI VIGGIU'



Nel 1881 si prospettava l'idea di formare un gruppo volontario per un corpo di pompieri Croce Verde ed assistenza a Viggiù. Sino ad allora, per dare l'allarme allorché una canna fumaria, una cascina o un bosco si fosse incendiato si usavano le campane a martello, e coloro che volevano intervenivano in aiuto.Non appena fu possibile, con la sovvenzione dei privati e degli stessi volontari, si acquistò una pompa manuale. Gli idranti, però, erano in numero esiguo e si doveva utilizzare l'acqua dei pozzi, di cui Viggiù era molto ben fornita.
Il 15 dicembre 1910, l'assemblea del Corpo Volontario deliberò di darsi un regolamento, che fu poi approvato dal consiglio comunale il 2 marzo 1912 e dalla giunta Provinciale Amministrativa di Como il 10 aprile 1912.
Nel Corpo dei Pompieri si verificarono molte controversie dovute al cambio dei presidenti o dei reggenti ma, non si giunse mai al suo scioglimento, anzi, negli anni dal 1928 al 1932 i volontari stessi pagavano una quota per far parte del Corpo Pompieristico e partecipare all'istruzione.
Il Corpo Pompieri e Croce Verde di Viggiù partecipava, tra l'altro, a concorsi, raduni e competizioni con altri corpi pompieristici, medaglie, premi e diplomi restano a testimonianza di queste manifestazioni.
Le prime divise furono acquistate dai pompieri del gruppo di Milano, gli attrezzi furono forniti dall'Amministrazione Comunale di Viggiù; le esercitazioni si svolgevano nel cortile delle scuole di via Roma, dove si trovava l'autorimessa dei pompieri e della Croce Verde.
I volontari erano reperibili al 90% in quanto, la maggior parte di essi, era dedita alla lavorazione di pietre e marmi pressi laboratori del paese. Per avvertirli, in caso d'incendio, oltre ad usare le campane a martello, nel 1928 un uomo venne incaricato di girare il paese in bicicletta suonando una tromba di richiamo.
Nel 1935 si installò un allarme a sirena sul tetto delle scuole comunali.
Nel 1939, secondo una disposizione governativa, i pompieri di Viggiù furono incorporati all'Ottantottesimo Corpo dei Vigili del Fuoco di Varese e si lasciò a Viggiù un distaccamento che non era più di tipo volontario.
Del 1949 è il film diretto da Mario Mattoli che altro non è che il pretesto per una lunga sequenza di numero di teatro di rivista.
Il distaccamento di Viggiù fu sciolto nel 1962 e l'Ottantottesimo Vigili del Fuoco di Varese ne incamerò tutto il materiale e le attrezzature. Durante la Seconda guerra mondiale, si trovava sfollato a Viggiù il maestro Fragna che, avendo sentito parlare dei Pompieri di Viggiù, compose e musicò la famosa canzone.
Per i viggiutesi, che amavano tanto i volontari, e per i volontari stessi fu un grosso dispiacere sentirsi messi alla berlina, tuttavia fu giocoforza arrendersi all'evidenza ed al successo che ottenne la canzone. E, dopo tanti anni, si può affermare che anche questo gioioso motivetto ha contribuito alla divulgazione del nome di Viggiù in tutta Europa.



I pompieri di Viggiù è un film del 1949, diretto da Mario Mattoli.
Il titolo è ripreso da una popolare canzone dell'epoca musicata da Armando Fragna, autore delle musiche del film.
La pellicola registrò il terzo incasso nella stagione cinematografica 1949-1950.
I vigili del fuoco si spostano ben volentieri, col motivo non dichiarato di poter

Totò interpreta nel film un dongiovanni che s'innamora della moglie (Barzizza) di un venditore di stoffe (Castellani). La donna sta telefonando alla sua amica, parlandole del suo ammiratore segreto definendolo "non proprio un Adone" ma provando qualche sentimento d'ammirazione per lui. Totò entra nel negozio sfacciatamente e comincia a corteggiare la moglie, ma ben presto sopraggiunge il marito, disperato perché sta per andare in bancarotta. A Totò non resta che fingersi manichino, mentre l'uomo manda via la moglie. Successivamente il marito si siede ad invocare l'anima del padre, sperando che questi possa dargli un consiglio; ma all'improvviso perde i nervi e comincia ad infierire contro i manichini, fermandosi sempre col manichino prima di Totò. Ad un certo punto Totò batte un colpo inavvertitamente e l'uomo lo prende come un segno del padre e comincia a parlare al manichino. Totò allora si finge l'anima del padre e gli richiede stoffe, giacche ed infine un bacio a sua moglie.
Dopo lo sketch Totò riappare verso la fine del film dove dirige la banda e poi conclude il numero con la "fanfara dei Bersaglieri".

Il Morandini cita Ennio Flaiano che nel 1949 si espresse a proposito di questo film sostenendo che “l'errore dei critici" fu quello di "volerlo considerare un film", mentre (in realtà) "è un documentario che anticipa in Italia le gioie della TV”.

Sotto questo profilo, la pellicola "è un capolavoro involontario di reportage, una preziosa antologia dell'avanspettacolo nell'Italia del dopoguerra".

Per volere del visconte, su parere del barone
han fondato la sezione dei pompieri di Viggiù
pompa qua, pompa là, pompa su e pompa giù
poi a spese del marchese han comprato le divise
con feluche a larghe tese e i pennacchi rossi e blu
pompa qua, pompa là, pompa su e pompa giù
indi a scopo addestrativo il paese hanno incendiato
il reparto si è schierato e ha gridato: "Hip, hip urrà!"

Viva qua, viva là, viva su e viva giù
viva i pompieri di Viggiù
che quando passano i cuori infiammano
viva i pennacchi rossi e blu
viva le pompe dei pompieri di Viggiù.

Affrontarono l'incendio con le pompe verso sera
però l'acqua ahimè non c'era per potere funzionar
pompa qua, pompa là, pompa su e pompa giù
però il capo ebbe un'idea veramente peregrina
caricò con la benzina tutti quanti gli estintor
pompa qua, pompa là, pompa su e pompa giù
ed in meno di un secondo nel villaggio già bruciato
tutto in fumo se n'è andato il plotone dei pompier.

Viva qua, viva là, viva su e viva giù
viva i pompieri di Viggiù
che quando passano i cuori infiammano
viva i pennacchi rossi e blu
viva le pompe dei pompieri di Viggiù.
Viva i pompieri di Viggiù
che quando passano i cuori infiammano
viva i pennacchi rossi e blu
viva le pompe dei pompieri di Viggiù






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