Gioanì pipètå,
lü ‘l sa stémå
con_dè le scàrpe biànche,
ma sènså sölå.
Al sércå la murùšå,
ma nó’ ‘lla tróå,
è quànt che ‘lla troàdå
la ghè scapàdå.
La ghè scapàdå ‘n piàså,
co’ la chitàrå,
e lü col mandulì
e grì, e grì, e grì.
Giovannino pipetta,
si pavoneggia
con le scarpe bianche,
ma senza suola.
Cerca la morosa,
ma non la trova,
e quando l'ebbe trovata
gli è scappata.
Gli è scappata in piazza,
con la chitarra,
e lui col mandolino
e grì, e grì, e grì.
Il dialetto bresciano è, insieme al bergamasco, al cremasco, ai dialetti delle zone confinanti delle province di Cremona e Mantova, un idioma del gruppo orientale della lingua lombarda, appartenente al ceppo delle lingue gallo-italiche. Il bresciano è parlato, nelle sue diverse varietà, nel territorio della provincia di Brescia, nella parte nord-occidentale della provincia di Mantova (Castiglione delle Stiviere, Solferino, Medole, Castel Goffredo, Casalmoro), in quella sud-occidentale della provincia di Trento, nella valle del Chiese, valli Giudicarie e val Rendena.
La maggior parte del lessico del bresciano ha origini latine, esattamente come nella lingua italiana: infatti, i dialetti del lombardo sono nati dal latino volgare parlato in quei territori abitati al tempo della colonizzazione romana da popolazioni di stirpi varie. Il territorio bresciano in particolare fu sede dei Galli Cenomani che si insediarono a loro volta sovrapponendosi alle popolazioni preesistenti, probabilmente di stirpe affine ai Liguri e agli Euganei nelle valli e da genti di origine etrusca nelle pianure.
Più tardi il territorio bresciano fu invaso dai Longobardi, popolazione germanica originaria della Scandinavia meridionale, che hanno lasciato numerose tracce nel lessico.
Nell'evoluzione successiva, il bresciano ha accolto termini provenienti da altre lingue, quali principalmente l'italiano che è ormai conosciuto e parlato dalla totalità della popolazione bresciana e dal quale provengono quasi tutti i neologismi, ma anche il francese (per esempio: söför da chauffeur, conduttore di vettura) e in tempi recenti l'inglese (per esempio: fóbal da football, pallone da calcio, gioco del calcio; compiùter da computer, calcolatore elettronico eccetera).
Il dialetto bresciano, come gran parte dei dialetti italiani e delle lingue minoritarie regionali italiane, fino a sessant'anni fa era il linguaggio di ogni giorno e conosciuto da tutti nella provincia di Brescia, poiché poche persone conoscevano un italiano corretto. In particolare modo in provincia, dove fino agli anni sessanta il 70% dell'economia girava attorno all'agricoltura e all'allevamento, il bresciano era l'unico idioma conosciuto. Oggi, seppure permanga in larga misura accanto a un'ampia conoscenza dell'italiano, ha perso quella vasta varietà di vocaboli, chiaramente diversi dall'italiano, che soprattutto in ambito agricolo rendevano classificabile ogni singolo utensile. È possibile sentire vocaboli ormai desueti, in particolare relativi all'ambito agricolo, solo da persone di età avanzata. Tra le generazioni più giovani è in uso un dialetto fortemente contaminato dall'italiano.
La distribuzione del bresciano è con buona approssimazione assimilabile con i confini provinciali. Poiché la provincia di Brescia è molto estesa, anche le varietà dialettali sono numerose e risentono delle influenze degli idiomi parlati nelle province confinanti. Nella zona occidentale si risente molto del confinante e affine dialetto bergamasco. Nelle parlate della bassa (territorio pianeggiante a sud della città) è possibile riconoscere l'influsso del cremonese e del mantovano, sebbene siano proprio le parlate dell'alto cremonese e dell'alto mantovano a essere influenzate dal dialetto bresciano. Particolari inflessioni, gerghi, detti e modalità espressive le si possono riconoscere già passando nei diversi comuni come Manerbio, Leno, Ghedi, Verolavecchia, Quinzano d'Oglio e Orzinuovi in cui certi vocaboli o espressioni comuni al dialetto bresciano vengono spesso riconvertite e fatte proprie; per esempio gnaro/matèl, sòc/s-cèpol, fasòl/mantilì eccetera.
Il bresciano appartiene al gruppo delle lingue romanze, e in particolare, essendo un dialetto lombardo, appartiene al ceppo galloitalico. All'interno dei dialetti del lombardo, il bresciano si colloca insieme al bergamasco, al cremasco, al soresinese e alle parlate dell'alto mantovano, fra i dialetti lombardi orientali.
Le varianti del dialetto bresciano sono molto numerose. In alcuni casi si tratta di semplici variazioni nella pronuncia, ma alcune parlate, come per esempio il lumezzanese, i dialetti della Valle Camonica e il gardesano mostrano differenze molto marcate a tal punto da ridurre considerevolmente la mutua comprensibilità. Oltre a queste già elencate, si possono incontrare altre importanti varianti del dialetto bresciano nelle zone della Bassa Bresciana, della Franciacorta, dell'Alto Mantovano ed a Monte Isola (lago d'Iseo).
I principi generali sono validi anche per le altre varietà del bresciano benché si possano incontrare differenze locali anche notevoli.
Il bresciano ha 9 vocali e 20 consonanti.
Il sistema vocalico per le vocali non accentate è ridotto in confronto a quello delle vocali accentate.
Nella varietà urbana del bresciano per esempio e non contrastano. Ciò significa che la parola robà (rubare) può essere pronunciata sia ro'ba che r?'ba senza che ciò venga percepito come errore. Inoltre, un'ulteriore variante ru'ba è possibile ma in questo caso la differenza verrebbe percepita come una variante locale e l'intelligibilità non sarebbe in alcun modo compromessa.
Inoltre, il suono u sostituisce il suono o/? quando la vocale accentata è una /i/ o una /u/.
Anche i suoni e e ? non sono contrastivi nelle sillabe non accentate, per cui la parola vedèl (vitello) può essere pronunciata indifferentemente ve'd?l oppure v?'d?l. Anche in questo caso, e/? viene sostituita da i in caso di armonizzazione vocalica. In altri contesti lo scambio fra e/? e i non è tollerato nella stessa misura in cui viene tollerato lo scambio fra o/? e u: un'ipotetica variante vi'd?l sarebbe percepita come una pronuncia errata anche se non completamente contrastiva (non esistono coppie minime).
Anche il contrasto fra i suoni y e ø decade e y sostituisce ø in caso di armonizzazione vocalica.
In conclusione, è possibile affermare che esistono solo 5 qualità vocaliche contrastive nelle sillabe non accentate invece delle 9 per le vocali accentate: o/?,(u), ø,(y), a, e/?, i (ma con i non completamente separata da e/?).
Il Bresciano mostra un fenomeno di armonizzazione vocalica regressiva che coinvolge il grado di apertura dell'articolazione. Quando l'accento cade su una vocale chiusa (/i/ o /u/) la vocale che precede subisce una variazione del grado di apertura che viene portato a sua volta al più alto grado di chiusura.
La vocale /a/ non è coinvolta da questo processo ma al contrario agisce da vocale opaca bloccando il fenomeno di armonizzazione.
Questo fenomento colpisce tutte le parole indipendentemente dalla loro funzione grammaticale. Per cui possiamo trovare armonizzazione sia nei nomi che negli aggettivi che nei verbi, ecc.
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