C'era una volta tanto tanto tempo fa il Saltriosauro che scrutava la preda stando ritto sulle zampe posteriori, a quasi otto metri di altezza; aveva gli occhi feroci dei dinosauri carnivori e corte zampe anteriori con tre potenti artigli; un terribile bestione da una tonnellata e mezza che terrorizzò la Lombardia del Giurassico cacciando i suoi consimili e più miti erbivori. In quel tempo, duecento milioni di anni fa, la Padania era un oceano tropicale - il vasto Tetide - sul quale si affacciavano terre emerse, basse e frastagliate (oggi corrispondenti al Luganese e Varesotto), coperte di araucarie, le nonne delle conifere. Il Saltriosauro è il terzo dinosauro rinvenuto in Italia e primo della sua specie.
Antico ma insieme moderno, se si guarda all'anatomia. Il rettile possiede, oltre alle tre dita invece delle classiche quattro, la cosidetta furcula, l'osso a forma di Y che deriva dalla fusione delle clavicole e che i dinosauri hanno lasciato in eredità agli uccelli loro discendenti, pollo compreso.
Il Saltriosauro è stato avvistato domenica 4 agosto 1996 da Angelo Zanella, un amatore in visita alla cava "Salnova" vicino a Varese, al cui occhio clinico non sfuggono le ossa apparentemente di un grande animale, immerse in una roccia calcarea di origine marina.
Con i suoi otto metri circa di lunghezza, il Saltriosauro è il più grande dinosauro sinora scoperto in Italia nonché uno dei primi predatori di terraferma ad aver raggiunto dimensioni ragguardevoli. Gli altri antichi dinosauri carnivori, come i dilofosauridi del Nord America e della Cina conosciuti attraverso scheletri abbastanza completi, da un confronto osso per osso appaiono decisamente più piccoli. Il Saltriosauro era bipede, con braccia forti e robusti artigli nelle dita della mano; la bocca era munita di denti ricurvi e appuntiti. Dopo la sua morte, la carcassa scomposta è stata trasportata in un fondale marino poco profondo non lontano dalla linea di costa, dove si è fossilizzata, fino a essere ritrovata ai giorni nostri in una cava situata nei pressi del paese di Saltrio (Varese), da cui il nome provvisorio di “Saltriosauro”.
I resti incompleti rappresentano forse il 15% dell’intero scheletro, ciò che rimane dopo che la roccia che li conteneva è stata fatta saltare con la dinamite durante i lavori nella cava.
La carcassa del Saltriosauro fu trasportata in acqua dopo la morte dell'animale e si fossilizzò nelle sabbie di un basso fondale marino, non lontano dalla terraferma. Infatti le rocce calcaree che costituiscono la Formazione di Saltrio sono composte in gran parte da scheletri frantumati di echinodermi (ricci, stelle e gigli di mare) e perciò sono note ai geologi con il nome di encriniti. La fauna fossile contenuta è comunque assai più ricca: sono note oltre cento specie di invertebrati marini (ammoniti, nautili, calamari, gasteropodi, bivalvi, brachiopodi, briozoi). Tutte le ammoniti appartengono a specie tipiche (fossili-guida) del piano Sinemuriano e hanno quindi permesso una datazione sicura al Giurassico inferiore (200 milioni di anni fa).
Le tracce fossili di grandi conifere primitive, chiamate araucarie, confermano che all'inizio del Giurassico, in un'area geografica corrispondente a gran parte del Varesotto e del Luganese, esistevano delle terre emerse che si affacciavano sul mare con litorali bassi e frastagliati. Una lingua di terra la cui estensione è ancora sconosciuta, delimitata ad ovest e ad est da due piccoli golfi del vasto oceano chiamato Tetide (che si apriva a sud-est).
Fino a pochi anni fa, l'immagine più comune di questo antico ambiente, ricavata dai soli studi geologici, era quella di un paesaggio marino nel quale erano immerse piccole isole simili agli odierni atolli tropicali. Ma un dinosauro carnivoro di otto metri non può accontentarsi di un'isoletta: la scoperta del Saltriosauro indica che vi erano aree continentali ben più vaste di quanto si pensasse.
Allo stato attuale delle conoscenza è difficile sapere se le terre emerse nel nord della Lombardia fossero collegate alle piattaforme, ad esse contemporanee, che affiorano nei dintorni di Rovereto, dove in località Lavini di Marco esiste un vasto giacimento di impronte di dinosauri. E' però assai probabile che parenti del Saltriosauro abbiano camminato anche là, e che tra le prede del dinosauro lombardo ci fossero dinosauri vegetariani (sauropodi e ornitopodi) analoghi a quelli che passeggiavano sulla piattaforma trentina.
In contemporanea con l'annuncio della scoperta, il Museo di Storia Maturale di Milano ha allestito una piccola esposizione che permette al pubblico di vedere il Saltriosauro da vicino. La mostra si articola in cinque vetrine situate nella sala V (piano terra). Oltre a una mappa che illustra come era la Lombardia 200 milioni di anni fa, tramite fotografie e ricostruzioni è possibile rivivere la scoperta e conoscere le tecniche utilizzate per estrarre le ossa del dinosauro. Al centro di queste vetrine campeggia un grande pannello su cui, in grandezza naturale, è riprodotta la sagoma della parte anteriore del corpo del Saltriosauro e su cui sono ricomposte le ossa conservate (quelle esposte sono copie perfette delle ossa originali). Chiude la mostra un pannello esplicativo sull'evoluzione dei dinosauri carnivori, aggiornato secondo le più recenti teorie.
Una copia del Saltriosauro è esposta anche al Museo dei Fossili di Besano (Varese).
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