martedì 2 giugno 2015

LA MORTE DEI TAROCCHI

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La Morte è la tredicesima carte degli arcani maggiori dei tarocchi; è conosciuta anche come l'Arcano senza nome in quanto nei tarocchi marsigliesi è l'unica carta degli arcani maggiori ad essere contrassegnata solamente dal numero.

Nel gioco di carte è di valore immediatamente superiore all'Appeso e di valore immediatamente inferiore alla Temperanza.

Nella cartomanzia rappresenta la trasformazione oppure il termine.

In alcuni mazzi questa carta non è presente, ed è sostituita con la Filosofia.

Nei mazzi tradizionali è rappresentata come uno scheletro armato di falce, come nell'iconografia comune. Nei mazzi Visconti-Sforza anziché una falce impugna un arco.

Spesso lo scheletro è avvolto in un mantello e falcia teste e membra umane tra germogli di piante. Nei tarocchi marsigliesi non veniva riportato il nome sulla lamina ma solo il numero 13, per paura che, nominandola, la morte potesse giungere inaspettata; al timore attorno a questa carta è collegato uno dei tanti atteggiamenti superstiziosi che si collegano al numero 13.

Nei tarocchi Rider-Waite è rappresentata come uno scheletro vestito con un'armatura nera su un cavallo bianco, che regge uno stendardo che raffigura una rosa a cinque petali. Al passaggio del cavaliere, un re è già caduto, alcuni fanciulli sono in agonia e un vescovo è ancora in piedi ma in procinto di cadere. Sullo sfondo il sole sta tramontando o sorgendo tra due torri.

In altri mazzi è raffigurata come Anubi, il dio egizio dei morti.

Lo scheletro è il simbolo della morte. Il significato originale di questa carta è un memento mori, un invito a riflettere sulla fragilità della vita e a occuparsi delle cose spirituali.

La falce simboleggia il momento del raccolto e quindi per le messi è la fine di una fase e l'inizio di un nuovo significato.

Le spoglie umane si rifanno alla mitologia egizia, secondo la quale il dio Seth uccise Osiride e fece il suo corpo in 13 pezzi, che furono poi ricomposti dalla dea Iside.

La rosa a cinque petali è il simbolo dei Rosa Croce e della rinascita. La rinascita è simboleggiata anche dall'ambiguità della posizione del sole, che potrebbe sorgere ovvero tramontare.

Come simbolo esoterico, la morte va intesa come rinnovamento, trasformazione, momento necessario di cambiamento in cui chiudere con il passato e guardare al futuro; l'erba del prato infatti è normalmente rappresentata con un colore verde acceso per suggerire la vitalità insita nella carta.

Il tredicesimo arcano è il simbolo della trasformazione, della rinascita, della liberazione e rappresenta la fine di un ciclo. Tutto cambia e si evolve. Il suggerimento è di cavalcare il tempo.

Indica la fine di una determinata situazione, presupponendo una rinascita, ovvero l'inizio di una fase successiva più evoluta, matura o semplicemente radicalmente diversa.

Rivolto alla salute la morte normalmente indica un periodo di fiacchezza o di non positività. Indica malattia grave, lunga convalescenza e morte fisica solo se in posizione negativa (ad esempio rovesciata) e accompagnata da altre carte che confermino questo significato.

Ha corrispondenze astrologiche col pianeta Saturno, con l'elemento Acqua e col segno zodiacale dello Scorpione.

Ha corrispondenze cabalistiche con la lettera ebraica Mem; nell'Albero della vita corrisponde al ventiquattresimo sentiero, dall'equilibrio alla vittoria.

Questa carta numerata ma senza titolo risponde come un'eco al Matto, che ha il nome ma non il numero: lo scheletro dell'Arcano XIII potrebbe quasi essere quello del Matto visto ai raggi X. Quindi, i due Arcani rappresentano due aspetti di una stessa energia fondamentale: se il Matto è innanzitutto un movimento, un apporto di energia, una liberazione, l'Arcano XIII rievoca un lungo lavoro di pulizia e di purificazione che prepara il terreno a una nuova vita. Dopo il lavoro di svuotamento e di approfondimento svolto da L'Appeso, con l’Arcano XIII il sacrificio è ormai consumato, l'Appeso è caduto nell'abisso: la carta invita, quindi, a fare piazza pulita del passato, una rivoluzione necessaria per il rinnovamento e l'ascesi che condurranno gradualmente alla totale realizzazione del Mondo.
E’ impensabile ridurre l'Arcano XIII al significato tradizionale di "morte", vi si può leggere una grande trasformazione, una rivoluzione, un cambiamento radicale.
Il personaggio dell'Arcano XIII con la sua falce vitale (rossa) e spirituale (azzurra) sta lavorando sulla natura, sulla propria natura profonda. Impugna la falce per il manico giallo, colore dell'intelligenza: il lavoro è stato desiderato, pensato, e ora viene portato a termine.
L'Arcano XIII corrisponde all'Imperatrice nella prima serie decimale, Arcano III, e viene spinto dalla stessa energia esplosiva, vitale, necessaria per la successiva stabilità apportata dal quarto grado. Il passaggio attraverso l'Arcano XIII è un processo di eliminazione che elabora e doma l'ego. Non si tollerano più elementi inutili; i sistemi di valori e i concetti limitanti che ci tengono prigionieri vengono aboliti, ogni legame di dipendenza viene tagliato così che possiamo riconquistare la libertà perduta, la stessa che ha come simbolo primordiale II Matto.
Il suolo nero su cui lavora l'Arcano XIII ricorda la nigredo dell'alchimia, oppure il fango da cui spunta il loto nella tradizione buddista. Il nero è il colore dell'inconscio, del mistero profondo. Sul suolo vediamo due teste incoronate, una maschile e una femminile, non sappiamo se siano state mozzate oppure se emergano dall'oscurità; in ogni caso, lo scheletro si appoggia su di esse per poter avanzare. La nobiltà profonda del maschile e del femminile appare qui sotto la forma di due archetipi purificati. Inoltre, sono presenti sul suolo nero piedi e mani, alcuni ben formati, altri imperfetti. Sono stati mozzati? Stanno crescendo? In questo secondo caso potremmo dire che il nuovo essere sta già affiorando in superficie.
Nella parte posteriore del cranio dello scheletro, tra le righe, si intravedono le quattro lettere ebraiche Yod, He, Vav, He, che compongono il nome divino. La somma di queste quattro lettere, nell'alfabeto ebraico, dà il numero 26, il numero della divinità, la cui metà esatta è 13.
Questo essere porta dentro di sé la divinità ma non è totalmente divino, lavora sul piano dell'incarnazione. Vi si può vedere un legame con la mitologia cristiana: la figura di Gesù Cristo presenta la doppia appartenenza umana (Gesù) e divina (Cristo).
Anche se porta dentro di sé l'azione divina guardiamo con terrore l’aspetto dello scheletro con la falce, e possiamo vedere come questo personaggio trancia a caso, senza alcun rispetto per la bellezza della vita: una minaccia terribile e inappellabile, come la morte ingiusta e senza pietà. Ma la sua azione ci indica la via della trasformazione conducendoci dalla mortalità all'immortalità della coscienza individuale.
Tutti i riti di iniziazione di cui si ha memoria comprendono una morte rituale. In Australia il giovane che vuole diventare stregone viene lasciato solo e durante la notte gli spiriti lo uccidono, gli tirano fuori viscere e organi che poi rimettono a posto. Il giorno dopo al giovane neofita viene imposto un altro nome, il suo nome vero che resterà segreto. I miti greci ci parlano di uno smembramento del cadavere del dio Dioniso da parte dei Titani che addirittura lo arrostirono finché Zeus li fulminò e ordinò ad Apollo di ricomporre il dio. Ricordiamo che a Dioniso erano dedicati i misteri dionisiaci che assicuravano l'immortalità agli adepti. L'Odissea, l'Eneide, la storia di Gilgamesch (l'eroe babilonese che ricercava l’immortalità) e un'infinità di miti, testi sacri di qualsiasi religione, nonché opere d'arte di carattere iniziatici, come per esempio la Divina Commedia, hanno per argomento una discesa nel mondo dei morti che porta ad un radicale cambiamento del protagonista, una trasformazione nel senso di acquisizione di tutte le capacità che prima, nel vecchio uomo, erano solo latenti e non ancora in grado di aprirsi al divino, perché mescolate ad impurità. La discesa nel regno dei morti significa perciò andare fino in fondo a se stessi, nelle oscurità della propria natura, là dove Jung chiamava “la caverna degli assassini” che ogni uomo ha dentro e deve guardare.
L’Arcano XIII è la carta di Saturno, rappresentato come un vecchio perché simboleggia il primo metallo terrestre che genera tutti gli altri, così come Saturno era il padre di tutti gli altri dei; secondo Fulcanelli questo metallo è il solvente naturale degli altri, secondo il mito greco Saturno divora i suoi figli. Abbiamo visto che anche il dio Cronos faceva ciò e non c'è da stupirsi perché entrambi i mitici vegliardi hanno a che fare col tempo che tutto divora e consuma.
Saturno è rappresentato con una falce ed è il dio dei morti, quello che governa il mondo infero. Però, contemporaneamente, è anche il dio delle messi e gli antichi avevano posto sotto al suo dominio la famosa età dell'oro, epoca mitica nella quale gli uomini vivevano felici amandosi e rispettandosi reciprocamente senza dolori, problemi, paure e privazioni. Ed è poi l'epoca che si cerca di ricreare sulla terra non andando indietro ma avanti, attraverso la morte, per eliminare le impurità che ne ostacolano il manifestarsi, il rivelarsi. La tredicesima carta quindi rappresenta il momento della dissoluzione totale di tutto l'essere per arrivare alla luce.
Spesso i contadini, dopo il raccolto, bruciano il campo per eliminare le stoppie insieme alle erbacce e prepararlo così concimato alla semina: il seme nel suolo oscuro subisce trasformazioni, l'umidità lo attacca, lo gonfia e sembra distruggerlo: tuttavia, senza questo passaggio al nero, non è possibile che cambi stato perdendo le sue caratteristiche di seme per diventare germoglio. Inoltre, come la potatura del ramo secco produce nel nuovo ramo che spunterà più foglie, fiori e frutti, così la morte radicale del vecchio uomo permette la nascita, anzi la rinascita, del nuovo.
La Morte indica perciò un radicale cambiamento di stato, un cambiamento che avviene solo se muore il precedente modo di essere, una trasformazione. Il passaggio può essere doloroso, difficile, può gettare nella disperazione, nella malinconia, nel turbamento, ma è comunque indispensabile per l'evoluzione spirituale.

Questo Arcano richiede una particolare delicatezza nell’interpretazione, infatti alcuni consultanti si spaventano nel vedere questa carta. Tuttavia, non rimanda a predizioni negative, ma indica una grande trasformazione e cambiamenti, il necessario abbandono del passato per accedere a un futuro nuovo. Non è detto, naturalmente, che si tratti di un cambiamento indolore: vedere crollare le proprie illusioni, chiudere col passato, troncare legami o abitudini consolidate provoca sempre sofferenza. Tuttavia, quando si desidera un cambiamento, l'Arcano XIII lo provoca con una tale rapidità che può dare un grande sollievo.
A volte, l'Arcano XIII esprime il bisogno di manifestare un'energia che, per il momento, non sa esprimersi positivamente.
Dal punto di vista affettivo all'interno della coppia avviene un drastico cambiamento, nel senso di un'azione forte, un chiarimento che porta a riunire la coppia oppure, quando questo non sia più possibile, una rottura dolorosa ma positiva per l’evoluzione individuale
Dal punto di vista professionale può indicare un cambiamento di lavoro, un’ impresa condotta a termine dopo aver superato una serie di ostacoli.
Può indicare una persona solitaria, una persona che si rifà una vita dopo un grandissimo dolore.

L'arcano capovolto segnala che il declino è ormai al termine e si capovolge anche l’aspetto negativo dell’eventuale sofferenza legata al cambiamento. Indica, quindi, rinnovamento, rigenerazione, evoluzione della personalità. Passaggio da una situazione all'altra in senso positivo. Nuovi progetti e progetti creduti irrealizzabili inaspettatamente si concretizzano. Nuovi spazi, nuove conoscenze, nuove situazioni. Rinascita sia mentale che emozionale, rigenerazione energetica.

E' una Carta abbastanza veloce (fino a tre settimane) ma lo sviluppo della sua piena qualità può essere anche molto duraturo (quattro mesi circa).



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