mercoledì 24 giugno 2015

IL DIALETTO COMASCO



Considerato molto spesso simile al dialetto milanese, pur appartenendo alla medesima famiglia, presenta molteplici differenze.

Simili ad esso sono il dialetto ticinese, il varesotto, il lecchese ed il brianzolo.

Sulle sponde occidentali del lago a nord della città è parlato il dialetto laghée che è una variante del dialetto comasco con influenze del dialetto ticinese. Tra paese e paese, si sono sviluppate notevoli differenze causate dalle non facili possibilità di frequentazione nei secoli passati, soprattutto nelle valli più isolate delle montagne del lago.

In Tremezzina la parlata è riconosciuta dalla finale en nei nomi che normalmente finiscono con in (per esempio misulten per misultin). A Cremia terminano i nomi femminili in e invece che a (Marise al posto di Marisa). La gente di Lezzeno spesso usa la o al posto della a (lona al posto di lana) come anche a Vercana ("Mè quant gò fom mai poo e salom" per dire "io quando ho fame mangio pane e salame", o "beef un bionc" per dire "bere un bianco"). Quelli della Valle Albano, in seguito alle emigrazioni in Sicilia, hanno subito forti influenze da quella regione: per esempio è frequente l'uso della erre retroflessa, il loro dialetto è chiamato muncecch.
In Val Cavargna, valle isolata, si è sviluppato un dialetto assolutamente originale, anzi, qui è stato elaborato un vero e proprio dialetto gergale, il rungin, incomprensibile ai non iniziati.

In alcuni comuni della provincia di Como molto vicini alla città di Varese come Binago, Cagno e Rodero, la parlata locale risente l'influsso del dialetto varesotto, mentre nei paesi confinanti con il Saronnese come Rovellasca, Rovello Porro e Turate, sfuma nel dialetto saronnese.

Nel Lecchese si parla invece una variante del dialetto milanese con influssi di origine bergamasca. Non a caso il sottotitolo dei Promessi Sposi è " Storia milanese del XVII secolo" e Lecco ha sempre fatto parte del Contado di Milano fino ai primi anni del XIX secolo.

Per accedere all’area in lingua italiana premere il tasto uno, in dialetto due, in inglese tre”. Questo era il messaggio che si sentiva contattando il centralino del comune di Como. Una risponderia automatica multilingue che, come seconda scelta, contemplava il dialetto comasco, dopo l’italiano e prima dell’inglese. Era stato introdotto nel 2009 da Diego Peverelli, all’epoca assessore leghista con delega all’Ambiente, che si era guadagnato le luci della ribalta anche introducendo il rito dialettale per il matrimonio civile. Sua l’idea e sua anche la voce registrata che riferiva i messaggi in comasco agli utenti del servizio.



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