mercoledì 24 giugno 2015

LA LINEA CADORNA



La linea, impropriamente chiamata Cadorna (la sua vera definizione è Occupazione Avanzata Frontiera Nord – O.A.F.N.) fu realizzata negli anni 1915-1916 dal Passo del Gran San Bernardo fino al bacino del Lago di Como (Gruppo Galbiga – Tremezzo) e, passando dal Monte Legnone e dal Pizzo Tre Signori, terminava al Pizzo del Diavolo in alta Val Brembana. Lungo questo tratto vennero realizzati 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglieria delle quali 11 in caverna, 296 km di strade camionabili e 398 km tra carrarecce e mulattiere. Le zone del Lago di Como e del Lago Maggiore erano le più difficili da fortificare perchè non avevano difese naturali e anche perchè vicine all’area industrializzata della Lombardia e quindi più a rischio per un attacco. La progettazione della linea prevedeva la divisione in tre settori: nel primo, il più vicino alle linee nemiche, erano sistemati i posti di vedetta che dovevano essere ben nascosti e quindi posizionati in galleria; il secondo settore era occupato da trincee e reticolati; il terzo prevedeva le postazioni di comando, le artiglierie , le munizioni e gli uomini sistemati in ricoveri blindati o in grotta. Importante era il mimetismo, possibilmente con la sistemazione sotterranea. La linea Cadorna è classificata tra le più lunghe fortificazioni d’Europa: è seconda solo alla Linea Maginot.

Nel complesso delle opere di fortificazione del Sasso di Cavallasca, la più importante dal punto di vista strategico – militare è il sistema delle trincee e di cunicoli del "fortino" del monte Sasso.
La struttura è di elevato interesse turistico poiché si articola su più livelli e comprende più manufatti: la galleria centrale a "U" scavata nella roccia e realizzata come deposito di armi, viveri e luogo di riposo per i militari è circondata per 360° da un sistema complesso di trincee e camminamenti con numerosi punti di osservazione, piazzole per mortaio e mitragliatrici.

Il tipo di fortificazione campale predominante nel complesso del “Fortino” è la trincea: di battaglia o di combattimento, rinforzata e di comunicazione. La trincea, scavata nel terreno, protetta da un parapetto in terra o in pietra e dotata di un fosso ricovero, deve adattarsi con facilità al terreno su cui viene costruita; disporsi con la faccia principale verso la probabile direzione di arrivo dell’avversario; non essere esposta al tiro d’infilata (tiro di fianco).

Il suo compito è di proteggere le truppe che l’occupano e facilitare l’esecuzione del tiro. Il fosso ricovero è profondo quanto l’altezza di un uomo e largo circa un metro e mezzo. Ha la funzione di mantenere le truppe, che si trovano in posizione di attesa, al sicuro dal tiro nemico. Il fondo di questo fosso è leggermente inclinato per favorire lo scolo delle acque.
Il parapetto è realizzato in pietra tagliata in blocchi di forma parallelepipeda impilati in modo da formare un muro alto da 1 metro a 3 metri e largo 70-80-centimetri. In zona in cui la pietra scarseggia, il parapetto viene costruito in calcestruzzo (impasto di sabbia, ghiaia e pietrisco con cemento e acqua). Nel parapetto vengono ricavate delle nicchie, a sezione quadrangolare, in cui depositare le munizioni. A volte sotto le nicchie quadrate si trovano nicchie a sezione rettangolare per il deposito di viveri e dello zaino.
La banchina è un gradino largo 50-80 centimetri posto alla base del parapetto sul quale salgono i soldati per affacciarsi al parapetto stesso, osservare il territorio circostante, far fuoco sul nemico.

Le scarpate delle trincee ricavate in terreni friabili sono rivestite con muri in calcestruzzo, con muri a secco, con ramaglie, fascine o graticci.
Facilitano l’uscita dalla trincea le scalette e le gradinate realizzate sul fianco dell’opera.

Al fortino del Monte Sasso sono altresì ritrovabili i cosiddetti camminamenti: i camminamenti sono passaggi più angusti, di altezza superiore rispetto alle normali trincee e, sovente, dotati di copertura. I camminamenti della Linea Cadorna sono prevalentemente scavati nella roccia o realizzati con copertura cementizia La loro funzione è di permettere il passaggio sotto il fuoco nemico da una trincea all’altra, il raggiungimento delle postazioni per armi automatiche in tutta sicurezza, il ricovero dei soldati nei momenti di pausa o di eventuali feriti e il trasporto a destinazione dei rifornimenti.

Il Fortino è altresì caratterizzato dalla presenza di una galleria ad “U” costruita a “rovescio” nella montagna al fine di evitare il danneggiamento in un possibile assalto nemico. Si tratta di una galleria semicircolare con due ingressi che si aprono sul pianoro della località denominata Pian Mericc. Dall’ingresso di sinistra parte, diretta alla sommità del rilievo, una trincea di comunicazione che, dopo aver raggiunto un appostamento scoperto per mitragliatrice, confluisce nel sistema di trincee da combattimento costruite appena sotto la cima di Monte Sasso per poi abbracciare i fianchi e dirigersi verso la zona della fontana meglio conosciuta come “l’abbeveratoio”.

Nel complesso di Sasso Cavallasca sono rilevabili numerosi ricoveri di varie dimensioni, ma non tutti sono visitabili a causa degli smottamenti che ne hanno ostruito gli ingressi.
Il ricovero principale, denominato “Galleria di deposito”, con apertura principale sulla strada militare Cavallasca-Sasso Cavallasca, poco sopra l’ex caserma della Guardia di Finanza, è scavato nella gonfolite (la roccia di cui è formata la collina della Spina Verde) e si compone di un locale rettangolare, con la volta conica, sul cui fondo si apre un camminamento che immette in una trincea di comunicazione diretta verso le postazioni della Maiocca.
I ricoveri servono per dare rifugio e riposo ai soldati, che hanno prestato servizio nelle trincee di combattimento o che attendono di entrare in azione, e per proteggere e conservare intatti materiali e munizioni. Sono di solito ricavati sul rovescio delle alture.

I ricoveri possono essere in caverna, se scavati direttamente nella roccia o in galleria se scavati in terreni d’altra composizione e poi rivestiti, soprattutto nella volta con materiali idonei per impedire gocciolamenti d’acqua dovuti a infiltrazioni. L’acqua di percolazione, raccolta in piccoli canaletti scavati lungo le pareti del ricovero, è, opportunamente convogliata verso l’esterno. Altrettanta attenzione è dedicata alla ventilazione dell’ambiente, che può essere effettuata in modo naturale con apposite canalizzazioni in superficie oppure mettendo in funzione sistemi artificiali. I ricoveri devono avere almeno due imbocchi ben occultati all’osservazione nemica. All’interno vengono costruiti dei tavolacci di legno ad uno o più strati per dare comodo giaciglio agli uomini.
La capienza del ricovero è indicata nelle carte militari con un numero posto accanto al segno convenzionale che identifica il manufatto.

La linea Cadorna è una colossale opera di ingegneria militare che è corredata da una serie di strutture secondarie; tra essi gli abbeveratoi e le vasche per la raccolta dell’acqua; era specificato nelle linee guida per la costruzione delle opere di fortificazioni che vi dovessero essere abbeveratoi per i soldati e per le bestie, e, laddove non era possibile avere a disposizione acqua risorgiva, si costruissero cisterne nelle quali raccogliere l’acqua piovana o/e di scolo dei terreni. Nel complesso fortificato di Sasso Cavallasca sono state costruite tre grosse vasche in cemento, interrate e scoperte di circa tre metri per tre, una in prossimità della zona denominata Maiocca, l’altra a Pian Mericc e l’altra ancora in località Pian delle castagne. Probabilmente sono state utilizzate, durante i lavori, per raccogliere l’acqua piovana o di recupero, necessaria per usi edili.

In una rientranza, ricavata scavando il fianco collinare, a lato di un ruscello, è stata costruita, in località denominata Fontanin della Pobbia, una fontana ad angolo retto con duplice funzione di abbeveratoio nel primo tratto e, nel secondo tratto, di lavatoio caratterizzato da un piano inclinato. Si è provveduto a rinforzare le pareti laterali con calcestruzzo e ad acciottolare il piano di calpestio per evitare il formarsi di fango e putridumi. L’acqua che approvvigiona le vasche è convogliata da un vicino ruscello, attraverso un tubo di derivazione. Un secondo abbeveratoio, ora non più visibile a causa di una piccola frana di terriccio che l’ha sommerso, è stato costruito lungo la strada militare Cavallasca- Sasso Cavallasca, circa 200 metri dopo il ricovero in caverna.
Un’insegna in cemento, con inciso “G.M 1917”, ricorda che dette opere sono state costruite dal Genio Militare nel 1917.

La struttura comunemente denominata “Trincea del Pin Umbrela”, che ha uno  sviluppo iniziale allo scoperto per circa 20 metri e poi in galleria per un tratto di 23 metri è quello che nell’ingegneria militari si chiama “osservatorio”. L’osservatorio del Sasso Cavallasca, indicato nei documenti militari con il numero XLI.D e considerato un posto avanzato di osservazione, è stato costruito all’inizio del sentiero che porta alla località Pin Umbrela. Si accede, a rovescio dell’altura, attraverso un camminamento in caverna, di circa una ventina di metri, che porta ad un pozzo verticale dotato di scala alla marinara composta di cambrette di ferro.
Questo tipo d’osservatorio é particolarmente adatto all’osservazione per mezzo di un periscopio. L’apertura superiore del pozzo deve essere dotata di sportello al quale fissare lo strumento. Si ricorre al periscopio quando la vicinanza col nemico è tale da rendere rilevabile qualsiasi feritoia o imboccatura.

L’osservatorio doveva permettere un’ampia visuale del territorio da sorvegliare, essere ben occultato e protetto, avere accessi facili e defilati. assicurare collegamenti continui, rapidi e sicuri con i comandi da cui dipendeva ed essere debitamente distanziato dai centri di fuoco per non essere coinvolto durante le azioni belliche.
La comunicazione tra l’osservatorio, le unità d’artiglieria e gli organi di comando avveniva attraverso l’utilizzo del servizio telefonico.

Gli appostamenti per mitragliatrice lungo la linea Cadorna sono sostanzialmente di due tipi:costruiti o in tratti di trincea e all’infuori di essa e possono essere scoperti, blindati, in caverna, in pozzo.
Un esempio di appostamento blindato si trova, nel Parco Spina Verde in Località Maiocca, a circa metà della mulattiera militare che congiunge la strada militare Cavallasca-Sasso Cavallasca con Pian Mericc.

La postazione si raggiunge scendendo a sinistra su una breve pista che conduce a due tratti di trincea di combattimento, separati tra loro da una traversa. A monte della traversa si apre l’ingresso di un camminamento in caverna lungo il quale sono state costruite, sulla sinistra con un intervallo di una decina di metri, una postazione per artiglieria di piccolo calibro e una postazione per mitragliatrice realizzata qualche metro più in basso rispetto al piano di calpestio del camminamento. Entrambe sono posizionate in modo tale che le bocche da fuoco siano rivolte verso il vicinissimo confine svizzero. Il tratto di camminamento che collega le postazione è caratterizzato da una presa d’aria ricavata nel soffitto. Di fronte a ciascuna postazione si trova un ripostiglio per le munizioni.

Il camminamento prosegue oltre la postazione per mitragliatrice, sottopassa la mulattiera e va a terminare in una galleria con l’uscita su una pista che si raccorda con la mulattiera. Un piccolo rilievo del terreno protegge l’apertura, occultandola alla vista del nemico.

Il tipo di fortificazione campale predominante nel complesso del “Colombirolino” e del “Seveso” è la trincea: di battaglia o di combattimento, rinforzata e di comunicazione. La trincea, scavata nel terreno, protetta da un parapetto in terra o in pietra e dotata di un fosso ricovero, deve adattarsi con facilità al terreno su cui viene costruita; disporsi con la faccia principale verso la probabile direzione di arrivo dell’avversario; non essere esposta al tiro d’infilata (tiro di fianco).
Il suo compito è di proteggere le truppe che l’occupano e facilitare l’esecuzione del tiro. Il fosso ricovero è profondo quanto l’altezza di un uomo e largo circa un metro e mezzo. Ha la funzione di mantenere le truppe, che si trovano in posizione di attesa, al sicuro dal tiro nemico. Il fondo di questo fosso è leggermente inclinato per favorire lo scolo delle acque.

Il parapetto è realizzato in pietra tagliata in blocchi di forma parallelepipeda impilati in modo da formare un muro alto da 1 metro a 3 metri e largo 70-80-centimetri. In zona in cui la pietra scarseggia, il parapetto viene costruito in calcestruzzo (impasto di sabbia, ghiaia e pietrisco con cemento e acqua). Nel parapetto vengono ricavate delle nicchie, a sezione quadrangolare, in cui depositare le munizioni. A volte sotto le nicchie quadrate si trovano nicchie a sezione rettangolare per il deposito di viveri e dello zaino.

La banchina è un gradino largo 50-80 centimetri posto alla base del parapetto sul quale salgono i soldati per affacciarsi al parapetto stesso, osservare il territorio circostante, far fuoco sul nemico.

Qui è possibile osservare anche un appostamento scoperto costituito da una piazzola per l’arma, da un rialzo su cui appoggiarla, da buche laterali per i serventi. Le dimensioni della piazzola variano secondo il tipo di mitragliatrice, leggera o pesante, da posizionare. Il parapetto ha le stesse dimensioni della trincea in cui è inserita la postazione.

Le batterie della Linea Cadorna sono opere fortificate in cui vengono sistemati  da uno a sei pezzi d’artiglieria. Possono essere scoperte, in caverna o in casamatta.
A San Fermo della Battaglia, nella proprietà di Villa Preglio, a rovescio di un rilievo collinare, il Genio Militare costruisce cinque piazzole per pezzi da 149 di cui una in caverna, due coperte e due scoperte, collegate con camminamenti e completate con ricoveri, e riservette in caverna.
Gli obiettivi di tiro risultano essere la conca di Mendrisio, la Val Breggia, la strada e la ferrovia da Capolago a Mendrisio.

La postazione attualmente visibile dalla strada per Cardano, nel linguaggio corrente definita «in barbetta», consta di un’ampia piazzola rettangolare collegata, tramite un camminamento in calcestruzzo, ad una postazione in caverna. Sul lato a monte della piazzola è visibile l’apertura di un pozzo per l’acqua.
Questo tipo di installazione offre scarsa protezione ai serventi e all’armamento, ma ha il vantaggio di poter usufruire di un ampio campo di tiro.
Nella denominazione del cannone da posizionarsi 149 A, il numero indica il calibro della bocca da fuoco (149 mm) e la lettera, il materiale con il quale è stato realizzata la canna (A, acciaio).
Questo cannone ha una canna della lunghezza di 5,464 m; pesa 6,630 tonnellate; ha una gittata (distanza massima alla quale può lanciare un proietto) di 3,4-14,2 km.

Sulle pendici di Monte Olimpino viene edificata, all’interno di un lungo sistema di trinceramenti che da Pian delle castagne raggiunge il cimitero di monte Olimpino, una batteria in casamatta, indicata sulla carta militare aggiornata al 1° luglio 1918 come cannoniera da 75.
Vi si accede dal sentiero che scende da Pian delle castagne e va verso l’abitato di Monte Olimpino. Attraverso una breve galleria in cui è stata ricavata una nicchia per il deposito delle munizioni e una presa d’aria nel soffitto, si raggiunge un’ampia casamatta con copertura a volta e due feritoie rettangolari orientate verso la strada e la ferrovia Como-Chiasso.



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