SE MAOMETTO NON VA DALLA MONTAGNA E' LA MONTAGNA CHE VA DA MAOMETTO
Questo proverbio secondo me vuol dire che l'amore non ha confini e tieni da parte l'orgoglio che tante volte rovina; anche se sei di grado superiore .....e voi riallacciare un rapporto perso ....abbassati....
Il Profeta Maometto, fondatore dell'Islam, è citato nei modi di dire fondamentalmente a causa di un aneddoto di cui sarebbe stato protagonista e che è rimasto noto come “il miracolo di Maometto”. Si dice che un giorno il Profeta, sollecitato dalla folla a compiere un miracolo, promise che con l'aiuto di Dio avrebbe indotto una montagna a spostarsi e ad avvicinarsi a lui. Si pose e quindi a una certa distanza dal monte e cominciò a pregare, ma quando dopo un certo tempo fu evidente che la montagna non accennava minimamente a muoversi, il Profeta si alzò e s'incamminò verso il monte dicendo: “Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna”.
Fare il miracolo di Maometto vuol dire:
andare a cercare qualcuno di cui non si hanno notizie o che non aderisce all'invito di chi lo cerca. In senso lato, procurarsi da sé qualcosa che ci si aspettava da altri, o intervenire in una situazione che si pensava si risolvesse da sola.
se la montagna non viene a Maometto ...
se le cose non procedono da sole, è meglio intervenire perché questo avvenga. Usato per chi, desiderando incontrare qualcuno che non si fa vedere, si decide ad andarlo a cercare personalmente.
È contrazione del proverbio che dice “Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna”, che si dice sia la frase pronunciata dal Profeta in occasione del suo miracolo.
venire come la montagna a Maometto vuol dire non arrivare, non farsi vedere, riferito a chi è atteso con fiducia ma inutilmente.
Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto è un modo di dire che mette sull’attenti, figlio di una sapienza popolare fondata sulla pratica della vita. Se un problema non si risolve da solo, devi essere tu a prenderlo di petto e affrontarlo, se no sarà lui a prenderti di petto.
I problemi in questione possono essere svariati, ognuno ne ha, ne ha avuto e ne avrà. Ognuno di noi ha da risolvere qualcosa e questo qualcosa di non risolto puntualmente ci viene incontro quando si è dinanzi ad un bivio, ad una nuova tappa, ad una scelta fondamentale per la nostra vita. Tante volte infatti se non si sceglie è perché in realtà ci sono cose dentro di noi non ancora chiarite, non risolte, e puntualmente esse si ripercuoto su di noi come macigni, come una montagna franante che ci viene contro appunto. Sono i famosi fantasmi che ritornano nel tempo in veste diverse, con in mano un vassoio sul quale è riposto un conto che se non viene pagato si rimanderà a domani e sarà maggiorato di interessi moratori.
La propria storia ha bisogno di chiarezza, il passato può incedere molto sul futuro sia in modo positivo, sia in maniera negativa. Il passato, tante volte è lì come una montagna ferma, ci attende e se non ci facciamo vivi, prima o poi sarà lui a bussare alla nostra porta. E quando arriva si ha paura, terribilmente paura, perché sai dove ti trovi e non conosci dove arriverai se ti inoltrerai dentro di esso. Ma non è altro che un illusione, si crede che se ci si inoltra si corre il rischio di impigliarsi in una rete e restare intrappolati. Quando si sceglie di non affrontare un problema, come il passato non felice, in realtà già si è intrappolati perché non si riesce a fare niente, si è bloccati, si diventa incapaci di fare una scelta libera che ci faccia camminare nella tranquillità, nell’armonia con noi stessi, con Dio e con gli altri che ci sono accanto.
La vita stessa è un parlare, una storia che mentre viene vissuta si racconta e le scelte, quelle fatte e non fatte, dicono tanto, dichiarano il nostro essere uomo e ancora, il nostro essere figli di Dio. Fare della propria vita un “si, si; no, no”, significa inoltrarsi nei problemi, nelle nostre paure, nel nostro passato, nel nostro presente, nel futuro; significa guardare negli occhi queste montagne per scoprirne nuove sfumature e fare pace con se stessi, avere fiducia di se stessi e allo stesso tempo, fiducia in Dio che ci vuole realizzati. Dinanzi a brutte storie, a storie non finite come si voleva, al come si voleva o si vuole essere, si è abituati a condannarsi, a guardarsi e vedersi brutti, inadeguati e a volte falliti. Si preferisce gettare letame su noi stessi piuttosto che andare, salire su questa montagna e vedere l’orizzonte. Non c’è cosa più bella che scalare le montagne, fare chilometri, passare ore e ore a camminare duramente e arrivare su in vetta, guardare il panorama ed essere invasi dal silenzio. E’ come toccare il cielo con un dito, non hai altro desiderio che restare lì, disteso su qualche pietra a respirare aria pulita, ossigeno puro, un toccasana per la propria persona. Scalare il proprio problema è faticoso, ma quando si è arrivati su è liberazione.
Ad ognuno di noi, piccoli Maometti, conviene andare, vale la pena scalare la montagna, perché a furia di fare chilometri e salire, la sua altezza diminuirà, finirà di diventare alla nostra altezza, alla nostra portata. Lì sopra si fanno esperienze particolari, incontri il creato, ne osservi la bellezza del suo Creatore e ammirando questa bellezza incontri te stesso, ti riscopri piccolo con in possesso un grande tesoro, con un futuro che diventa carico di fiducia, con un passato da raccontare serenamente e un presente da vivere in semplicità con la certezza di non essere mai soli.
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