mercoledì 13 maggio 2015

I MISTERI DELLA REGINA TEODOLINDA



Teodolinda volle celebrare nella Chiesa di S. Maria in Lomello le sue seconde nozze con Agilulfo duca di Torino. Una curiosa leggenda vuole che queste nozze non andassero a genio al demonio perché i Longobardi erano ariani e Teodolinda era cattolica. Con re Autari, il diavolo aveva potuto ottenere che fosse vietato ai Longobardi il Battesimo Cattolico, ma questa volta era la regina stessa che si eleggeva lo sposo acquistando una potenza diretta, che avrebbe poi adoperata a favore della causa cattolica; e per il diavolo il grosso guaio era lì. Allora pensò di farne una delle sue. Il giorno prima delle nozze portò sul cielo di Lomello tutte le nubi più cariche di tuoni e di lampi che aveva in riserva e scatenò un tremendo temporale. I fulmini caddero sulla chiesa già preparata per le nozze, suscitando un grave incendio e in poche ore la chiesa di Lomello fu un mucchio di rovine.

Teodolinda che da santa donna si era preparata alle nozze con la preghiera, si mise a piangere e a supplicare il Signore. Ed il Signore accettò la preghiera della sua serva fedele. Ed eccolo a ordinare al diavolo che sghignazzava in mezzo al fumo, di rifabbricare durante la notte, prima del suono dell'Ave Maria, quello che era stato distrutto, pena la costruzione di tre nuove chiese con la badia. La pia Regina Teodolinda, sentite le parole del Signore, andò tutta felice incontro allo sposo per comunicargli la lieta novella. La notizia udita dai cortigiani corse di bocca in bocca, e tutti aspettavano che si facesse notte per assistere al miracolo. Ma il diavolo, per nascondere la sua vergogna, sull'imbrunire fece calare una nebbia così fitta e fredda da costringere tutti i cortigiani a starsene chiusi in castello. Quel che capitò nel buio fitto, nessuno lo poté sapere. Il diavolo pescò nel fondo dell'inferno i migliori ingegneri, architetti e muratori che poté trovare e diede loro l'ordine di rifare la chiesa in tutta fretta. Ma, senza una direttiva unica, senza ingegnere capo, ciascuno fece a modo suo. Intanto l'Ave Maria era lì per suonare. Mancava di portare a termine la facciata. Ma il Signore che dall'alto stava ad osservare, diede l'ordine di tralasciare: "Lascia di finire la Chiesa, perché si sappia che le cose belle e buone il diavolo non le sa fare; ma farai viceversa il Battistero, dove il figlio di Agilulfo prenderà il Battesimo Cattolico. Non volevi che la mia Chiesa trionfasse, sarà quel Battesimo lo scorno tuo più pungente". Suonata l'Ave Maria, il corteo nuziale si mosse dal castello. Quando il corteo regale, composto di conti, paladini, duchi longobardi, passò il vasto portone della Chiesa, ed entrò nel tempio di S. Maria, poté notare come in quella bellissima Chiesa c'era un curioso disordine di costruzioni: le muraglie non correvano parallele, i colonnati erano di forme e dimensioni diverse nei fusti, nei capitelli, nel giro dell'arco e nell'altezza dei piedi. E, meraviglia ancora più grande, ebbero, all'uscita di Chiesa, quando a fianco di essa, trovarono lì, nuovo di zecca il Battistero, regalo nuziale di Belzebù.".

La leggenda narra che Autari, il nuovo re dei Longobardi, sceglie come sposa Teodolinda figlia di Garipaldo re dei Bavari, ma desidera conoscerla prima di convolare a nozze.
Si reca quindi in incognito, mischiato nella ambasceria che va a chiedere la mano della principessa, per controllare di persona se la descrizione fattagli della futura sposa corrisponde a verità.
L'ambasciatore ed il suo seguito tra cui si cela il re, sono ben accolti ed ospitati.
Durante la cena la principessa, secondo la tradizione, si avvicina agli ospiti per versare loro vino nei calici, si avvicina anche ad Autari e questi le tocca la mano: fatto inaudito perché secondo le usanze del tempo, è solo il promesso sposo che può toccare la mano delle futura consorte.
Teodolinda si confida con la fedele nutrice che la rassicura.
Concluse positivamente le trattative l'ambasceria, viene accompagnata da una scorta bavara, sino al confine.
In prossimità di questo Autari sprona il suo cavallo, sorpassa l'ambasciatore e, impugnata l'ascia da guerra che tiene appesa all'arcione (era una delle armi base dei nordici ) la scaglia contro una quercia conficcandovela profondamente, ed esclamando ad alta voce “così colpisce Autari, re dei Longobardi” svelando quindi la sua presenza.

Un' altra leggenda ci racconta che la futura Regina scende in itala frettolosamente a causa della invasione della Bavaria da parte dei Franchi ed in prossimità di Verona nella località denominata Campo di Sardi, si incontra con Autari e tutti i nobili Longobardi per celebrare il matrimonio che avviene nella massima solennità
Tra i nobili presenti vi è Agilulfo, Conte di Torino, che è sempre accompagnato da un servo che è un druido e sa interpretare quindi i segni premonitori naturali.
Durante la cerimonia nuziale scoppia un temporale ed una folgore colpisce un palo del recinto reale. Il servo/druido predice ad Agilulfo che tra non molto sarà lui a sposare Teodolinda.
E questo avviene perché Autari, a distanza di circa un anno dal matrimonio, viene assassinato in una congiura di corte avvelenandolo.
Teodolinda, che per parte materna ha origini regali longobarde, già apprezzata dal popolo e dai conti, ha la facoltà di scegliere un altro sposo e sceglie appunto Agilulfo: calcolo politico perché è un potente conte Longobardo o altro ?
Anche la scelta dello sposo è legata ad una leggenda.
Nella Brianza era abbondantemente coltivata l'uva con la quale si produceva anche il vino per la messa oltre ad un ottimo vino da pasto.
Ma i Longobardi, come tutti i nordici di quel tempo (ora non più perché hanno rigogliosi vigneti e vini pregiati) erano legati alla birra e da Autari, prima di morire , era stato emanato un editto col quale si proibiva la coltivazione delle viti e quindi la produzione del vino.
Veramente un disastro per la Brianza che si rivolge alla Regina.
Questa che nel frattempo era rimasta vedova, dice la leggenda, comprende la situazione e stabilisce che sposerà il conte che le porterà la più grossa botte del migliore vino della Brianza.
Nel castello di Pavia si presentano i vari candidati con botti sempre più grandi.
Per ultimo si presenta Agilulfo con un seguito sfarzoso che protegge una enorme botte trainata da 36 pariglie di buoi : una botte che non passa neppure dalla porta del castello e vince la tenzone.
Sarà il marito di Teodolinda. 
Dall'unione nascerà un figlio Adaloaldo, che verrà battezzato nella basilica: simbolo che rinsalda l'avvicinamento e la conversione del Longobardi alla religione cattolica.

Secondo un altra leggenda i Longobardi non superano mai gli Appennini e scendono in Liguria sia dalla Lombardia che dal Piemonte ove hanno ducati ben organizzati, ma sono degli accorti politici.
Proprio in prossimità del confine appenninico che divide le due entità esiste un punto di passaggio: Bobbio sito in territorio Longobardo, il che è da tenere ben evidente.
Ecco che su suggerimento della Regina e per aumentare il recente credito dato ai Longobardi per la loro conversione al cattolicesimo, Agilulfo concede a colui che diverrà san Colombano la cappella posta appunto a Bobbio ed il terreno necessario per costituire una abbazia e mantenerla.
Anzi pare che la Regina, proprietaria della zona del monte Penice, ne faccia dono al sant'uomo.
Gli accordi richiedono talvolta degli approfondimenti e san Colombano, in tempo di quaresima cioè quando gli e possibile lasciare per la sua abbazia per le migliorate condizioni atmosferiche, viene invitato dalla Regina per un incontro.
Ovviamente la Regina risiede a Monza ed è qui che il santo deve recarsi pur passando da Pavia.
Teniamo presente che a fine aprile i conti Longobardi si riunivano nella capitale militare Pavia per la dieta annuale di primavera .
In questa riunione decidevano la politica dell'anno, le eventuali trattative e anche le eventuali guerre: era abilità del re “preparare” questa dieta.
Quindi l'incontro della Regina col santo è un contatto politico che servirà per condurre la dieta.
Il santo si incontra con la Regina nel suo palazzo di Monza e viene invitato ovviamente a pranzo, ma… siamo in quaresima e l'ordine impone il digiuno. 
Il santo però non vuole contrariare la Regina: si concentra in preghiera e poi benedice il cibo che, immediatamente, si trasforma in bianche colombe che volano via, ad eccezione del pane, che esso pure cambia forma assumendo quello di una colomba, ma non vola via, rimane sul desco. 
La leggenda dice che la colomba pasquale nasce a Monza.
La Regina opera sempre accortamente ed in uno col re con l'obiettivo di potenziare lo stato Longobardo e Bobbio è indubbiamente un punto di osservazione interessante.

Ma attorno alla Regina Teodolinda fioriscono altre leggende ambientate nella Brianza, nella zona del Lago ed in Valtellina, leggende che pongono meglio in rilievo come sia stata sempre vicina al popolo, al suo popolo.
Quante sono le torri o le residenze attribuite alla Regina sparse sulle rive del lago ed in Valtellina : diverse.

La leggenda narra che durante la costruzione della chiesa di san Giovanni Battista, quella iniziale, temendo che la stessa potesse essere distrutta, dati i tempi, e desiderando che se ciò fosse avvenuto dovesse sussistere la possibilità di ricostruirla, ancora più bella, la Regina facesse nascondere sotto una colonna che poggia su un sistema di pozzi non ben definito, un tesoro di valore corrispondente al suo desiderio.

Un'altra leggenda si riferisce alle reliquie che provenivano dalla Terrasanta e che la Regina, assieme agli oli delle lampade che ardevano a Roma davanti alle tombe dei Martiri, aveva ricevuto in dono per il suo Duomo da Papa Gregorio Magno.
Questo assieme di reliquie, in circostanze estreme, pare fossero state nascoste su iniziativa personale di un componente del Capitolo, per salvarle da furto o distruzione.
Morto però chi le aveva cosi ben celate senza rivelare ad altri ove erano state poste, non furono più ritrovate, con grande costernazione di tutti.
Ma la Regina non abbandona la sua città e, accompagnata da santa Elisabetta , entrambe di bianco vestite, compaiono al custode della basilica nel giorno della Esaltazione della Croce e gli svelano ove le reliquie sono state celate. Questi riferisce al capitolo e si provvede alla ricerca.
Così fu fatto e le reliquie e le ampolle ritrovate tornarono a far parte del tesoro capitolare e lo fanno tutt'ora.

Narra la tradizione che, presso Castello Brianza, sorgesse un piccolo maniero dove Teodolinda e il figlio Adaloaldo venivano a trascorrere momenti di rilassamento. Qui la regina amava fare passeggiate nei boschi di castagno, mentre il figlio accompagnato da un servo, si dedicava alla pesca nel lago che allora occupava tutta la superficie dei paesi sottostanti il castello.
Era una magnifica giornata primaverile, il cielo terso, i primi alberi in fiore, il lago invitava ad una stupenda escursione e prometteva pesca abbondante.
Adaloaldo verso mezzogiorno, chiese alla alla madre il permesso di prendere una barca e di andare a pesca col fidato servo.
Teodolinda acconsentì. L’inverno era stato duro ed aveva intristito l’animo delicato del figlio, che soffriva di crisi di malinconia.
Felice, il ragazzo preparò l’occorrente, mentre il servo allestiva la piccola imbarcazione.
Tutto pronto, la barca spuntò dalla darsena, mentre la regina, da un balcone rivolgeva una preghiera agli angeli custodi perché proteggessero i due pescatori, poi si ritirò.
Il pomeriggio era splendido, Adaloaldo felice, il servo soddisfatto per la pesca, quando, ad un vento improvviso si alzò e fece vacillare la piccola imbarcazione.
In un battibaleno il cielo si agguerrì e nuvole minacciose riversarono pioggia violenta.
Teodolinda, avvertita dalla nutrice, corse al balcone, ma la pioggia le impediva la visuale. Rientrò e si affidò alla provvidenza. La burrasca ebbe breve vita ed il sole ritornò padrone nel cielo ad illuminare una piccola barca capovolta alla deriva.
Un grido straziante ferì l’aria, le lacrime scesero copiose sulla disperazione del volto di Teodolinda che rispecchiava la tragedia.
La regina si inginocchiò e chiese pietà al cielo.
Lentamente e miracolosamente le acque del lago cominciarono a ritirarsi.
Ecco allora apparire tra la melma, il corpicino di Adaloaldo e quello del servo.
Una preghiera di ringraziamento venne elevata al cielo da ina regina che ringraziava l’Onnipotente per aver ricevuto il corpo del figlio su cui piangere e sfogare il dolore di madre.
Fu così grande il dolore che la leggenda ricorda ancora nei nomi le terre poi emerse.

Teodolinda o Teodelinda (Monza, 22 gennaio 627) fu regina consorte dei Longobardi e d'Italia dal 589 al 616. Reggente dal 616 al 624 durante la minorità del figlio Adaloaldo.

Figlia del duca dei Bavari, Teodolinda era una principessa di stirpe regale, discendente per parte materna della casata longobarda maggior portatrice del "carisma" regale, i Letingi. Per suggellare l'alleanza tra Bavari e Longobardi venne data in sposa ad Autari, re dei Longobardi, asceso al trono dopo una fase di assenza di potere regio. Morto Autari, dopo solo un anno di nozze, Teodolinda si risposò con Agilulfo, duca di Torino, da cui ebbe un figlio, Adaloaldo, futuro re dei Longobardi e il primo ad essere battezzato nella fede cattolica. Teodolinda, infatti, essendo cattolica, anche se aderente allo scisma dei Tre Capitoli, rappresentò il primo stabile collegamento tra i Longobardi ariani e la Chiesa di Roma, grazie ai suoi rapporti amichevoli con papa Gregorio Magno.

Donna bella e intelligente, fu molto amata dal suo popolo, che poté godere durante il suo regno e quello di Agilulfo di anni prosperi e fruttuosi. La regina fu una grande mecenate e fornì Monza - la città da lei resa capitale estiva del Regno longobardo - di una ricca basilica dedicata a san Giovanni Battista, di un palazzo reale e di numerosi oggetti d'arte, tra i quali molte reliquie. Fondò molti altri edifici religiosi nell'intera zona brianzola e favorì la predicazione di San Colombano.

Dopo la morte di Agilulfo (616) fu reggente per il figlio Adaloaldo, ma quando questi venne deposto da una congiura di corte - dopo dieci anni di regno -la regina si ritirò a vita privata e poco dopo morì. Fu sepolta con tutti gli onori nella basilica di San Giovanni, ora duomo di Monza, dove fu venerata dal popolo locale come una santa. La sua figura, divenuta mitica, fu amatissima e divenne il fulcro di numerose leggende e storie popolari. La sua fama raggiunse l'apice nel XV secolo quando gli Zavattari affrescarono nel Duomo di Monza una celebre serie di affreschi con le Storie della regina Teodolinda, il più ampio ciclo italiano del Gotico internazionale.

Teodolinda è inoltre venerata beata anche se la Chiesa non ne ha mai confermato il culto.

Teodolinda era figlia di Garibaldo, primo duca dei Bavari - di stirpe franca - e di Valdrada, figlia di Vacone, re dei Longobardi tra il 510 e il 540. La stirpe cui apparteneva la madre di Teodolinda era quella dei Letingi, la fara longobarda regale più nobile, avvolta da una grande aura di rispetto e venerazione presso il popolo dei Longobardi. Aveva una sorella maggiore, il cui nome è ignoto, che nel 576 sposò Ewin, duca di Trento, e un fratello, Gundoaldo.

Di Teodolinda non si conoscono con certezza due dati importanti: la data e il luogo di nascita. Per la data si pensa che la principessa sia nata intorno al 570 o qualche anno dopo, ipotizzando che avesse circa vent'anni o poco meno al momento delle sue prime nozze, avvenute nel 589. Quanto al luogo forse fu Ratisbona, il principale insediamento del Ducato di Baviera e luogo dove sorgeva il palatium dei sovrani bavari.

Teodolinda è la forma italianizzata del nome della sovrana che si è consolidata nella tradizione storica e letteraria dell'Italia. Deriva dall'antico germanico theud (popolo) e lind (tiglio, per traslato scudo), ossia "scudo, protezione del popolo". Ci sono diverse grafie nelle fonti medievali a lei coeve e successive. Nell'Evangeliario di Teodolinda, un prezioso manufatto della sua epoca, il nome è Theodelenda, sul suo sarcofago - di epoca trecentesca - c'è la forma Theodellende, mentre Paolo Diacono la chiama Theudelinda. In un antico papiro del Tesoro del Duomo di Monza, andato perduto ma risalente al 650 e più volte trascritto, la forma del suo nome è Theodelinda, la stessa usata da Papa Gregorio Magno nelle lettere alla sovrana, che si aprono con la dicitura: «Gregorius Theodelindae Reginae». L'italianizzazione di quest'ultima forma è Teodelinda, da cui deriva la nostra forma - meno corretta - Teodolinda (il caso è analogo a quello di Teodorico il Grande, il cui nome italiano sarebbe più correttamente Teoderico).

Nel 588, sfumato un precedente fidanzamento con una sorella del re dei Franchi, Childeberto II, il re dei Longobardi Autari concluse il fidanzamento con Teodolinda. La scelta aveva un preciso risvolto politico: fallito il tentativo di arrivare ad una pacificazione con i Franchi, Autari aveva scelto lo scontro aperto, e di conseguenza cercato l'appoggio dei Bavari che, come i Longobardi, erano minacciati dai Franchi, allora in una fase di ascesa.

Il matrimonio fu celebrato a Verona il 15 maggio 589, presso il campo di Sardi; il fratello di Teodolinda, Gundoaldo, fu nominato duca di Asti.

Autari morì improvvisamente (forse avvelenato) dopo poco più di un anno dal matrimonio, il 5 settembre 590. Secondo il racconto di Paolo Diacono, commovente anche se di dubbia veridicità, in quei mesi la regina letingia avrebbe a tal punto conquistato i Longobardi da far sì che il popolo, spontaneamente, le offrisse la possibilità di scegliersi un nuovo marito e re. La scelta sarebbe allora caduta sul duca di Torino, Agilulfo della stirpe di Anawas. Più verosimilmente quel matrimonio, celebrato nello stesso autunno del 590 a Lomello, era stato orchestrato dallo stesso Agilulfo, che nel maggio del 591, a Milano, avrebbe poi ricevuto l'investitura ufficiale a re in un'assemblea del popolo. La prassi della trasmissione del potere per via femminile, attraverso il secondo matrimonio della regina vedova, era comunque accolta dalla società longobarda.

Teodolinda ebbe un notevole influsso sulle scelte politiche del marito. Cattolica (a differenza del marito e di gran parte del popolo longobardo, ariano e pagano), dopo un iniziale sostegno allo scisma (con ogni probabilità fino al 612 anno della morte del suo consigliere Secondo di Non) dialogò con la Chiesa di papa Gregorio Magno (590-604), con il quale intratteneva uno scambio epistolare. Tale scambio riguardò soprattutto la funzione di mediatrice che la regina esercitò per assicurare periodi di tregua nella guerra in corso fra longobardi e romani. Per il possibile influsso di Teodolinda, furono inoltre restituiti beni alla Chiesa, reinsediati vescovi e avviati sforzi per comporre lo Scisma tricapitolino che divideva il papa di Roma al patriarca di Aquileia. In quegli anni il monaco Secondo di Non, tricapitolino, fu primo consigliere alla corte. Il figlio di Agilulfo e Teodolinda ed erede al trono, Adaloaldo, fu battezzato con rito cattolico nel 603, mentre l'aperto incoraggiamento dato dalla coppia regale alla riforma monastica di san Colombano approdò, nel 614, alla fondazione del monastero di Bobbio.

Agilulfo morì nel maggio del 616 lasciando il titolo al figlio Adaloaldo ancora minorenne, ma già associato al trono dal 604. Una possibile insidia per la successione avrebbe potuto essere rappresentata dal fratello di Teodolinda, il popolare Gundoaldo duca di Asti, ma poco prima questi era stato assassinato, si sospetta per iniziativa della stessa coppia reale. Teodolinda rimase al vertice del potere accanto al figlio, esercitando una reggenza e ricevendo il grande sostegno del duca Sundrarit, già comandante militare e uomo di fiducia di Agilulfo.

Come reggente, Teodolinda intensificò il suo appoggio alla Chiesa cattolica, anche per l'influsso esercitato dal consigliere latino Pietro, subentrato a Secondo. Non ci furono attacchi ai Bizantini, che pure in quegli anni erano in gravi difficoltà a causa della contemporanea pressione di Avari e Persiani, e anzi la diplomazia longobarda si impegnò nella ricerca di un accordo definitivo con l'imperatore. Lo scontento della maggior parte dei duchi si condensò intorno alla figura emergente di Arioaldo, duca di Torino e cognato di Adaloaldo (era marito di sua sorella Gundeperga). Nel 624, quando ormai Adaloaldo era maggiorenne ma non per questo Teodolinda aveva perso il suo influsso sulla politica, esplose il conflitto interno tra i ribelli e il re, sostenuto dal papa e dall'esarca di Ravenna. Infine Adaloaldo venne detronizzato e morì nel 626: gli succedette il cognato Arioaldo.

Teodolinda morì un anno dopo e fu sepolta, accanto al marito e al figlio, all'interno del duomo di Monza, da lei voluto; in seguito sarebbe stata canonizzata. Con la sua morte ha termine il periodo monzese dei re longobardi.

Autari e Teodolinda eressero Milano come propria capitale, al posto di Pavia, e utilizzarono Monza come residenza estiva. La storia di Teodolinda si intreccia così con quella di Monza, dove fece costruire un palazzo e una cappella palatina che poi, nel tempo, sarebbe diventata il nucleo primario del duomo di Monza.

Secondo la tradizione, Teodolinda aveva promesso di erigere un tempio a san Giovanni Battista ed aspettava un'ispirazione divina che le indicasse il luogo più adatto. Mentre cavalcava col suo seguito attraverso una piana ricca di olmi e bagnata dal Lambro, un giorno la regina si fermò a riposare lungo le rive del fiume. In sogno vide una colomba che si fermò poco lontano da lei e le disse "Modo" (qui); prontamente la regina rispose "Etiam" (sì) e la basilica sorse nel luogo che la colomba aveva indicato. Dalle due parole pronunciate dalla colomba e dalla regina venne il primo nome della città di Monza, Modoetia.

Nel 595 Teodolinda fece erigere un oraculum (cappella della regina) di pianta a croce greca; di questa prima costruzione rimangono oggi solo i muri, risalenti al VI secolo. Alla morte della regina, sebbene l'edificio non fosse ancora terminato, il suo corpo vi fu tumulato, al centro della navata sinistra.

In epoca successiva la sua sepoltura fu traslata, sempre nel duomo di Monza, nel sarcofago tuttora visibile addossato alla parete di fondo nella cappella detta di Teodolinda, dietro l'altare che custodisce la Corona Ferrea. Le pareti della cappella sono rivestite di affreschi (opera dei fratelli Zavattari, XV secolo) con le storie della vita della regina, narrate da Paolo Diacono.




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