Verso l'anno 324 Elena, madre dell'imperatore Costantino I, fece scavare l'area del Golgota in cerca degli strumenti della Passione di Gesù.
Fu rinvenuta quella che venne identificata come la "vera Croce", con i chiodi ancora conficcati. Elena lasciò la croce a Gerusalemme, portando invece con sé i chiodi: tornata a Roma, con uno di essi creò un morso di cavallo, e ne fece montare un altro sull'elmo di Costantino, affinché l'imperatore ed il suo cavallo fossero protetti in battaglia.
Due secoli dopo Papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece fabbricare la corona ferrea e vi inserì il chiodo, ribattuto a forma di lamina circolare.
La tradizione che legava la corona alla Passione di Cristo e al primo imperatore cristiano ne faceva un oggetto di straordinario valore simbolico, che legava il potere di chi la usava a un'origine divina e ad una continuità con l'impero romano.
La storica Valeriana Maspero ritiene invece che la corona fosse il diadema montato sull'elmo di Costantino, dove il sacro chiodo era già presente. L'elmo e il morso, insieme alle altre insegne imperiali, furono portati a Milano da Teodosio I, che vi risiedeva: Ambrogio li descrive nella sua orazione funebre de obitu Teodosii. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'elmo fu portato a Costantinopoli, ma in seguito fu reclamato dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, il quale aveva a Monza la sua residenza estiva. I bizantini gli inviarono il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Il "Sacro Morso" rimase a Milano: oggi è conservato nel duomo della città.
La Corona è una straordinaria realizzazione di oreficeria bizantina: è composta da sei segmenti aurei, uniti a cerniera e ribattuti sul cerchietto di ferro, ciascuno dei quali è decorato da tre gemme sovrapposte, un rettangolo smaltato con una grossa pietra al centro e rosette d’oro disposte a croce.
La Corona ha, infine, un importantissimo valore storico: divenne il simbolo stesso del Regno d’Italia e fu utilizzata per incoronare Carlo V d’Asburgo, Napoleone e Ferdinando I; ancor prima, nel X secolo, sarebbe stata utilizzata per l’incoronazione di Berengario I.
La Corona Ferrea o Corona di Ferro è un'antica e preziosa corona che venne usata dall'Alto Medioevo fino al XIX secolo per l'incoronazione dei Re d'Italia. Per lungo tempo, gli imperatori del Sacro Romano Impero ricevettero questa incoronazione.
All'interno della corona vi è una lamina circolare di metallo: la tradizione vuole che essa sia stata forgiata con il ferro di uno dei chiodi che servirono alla crocifissione di Gesù. Per questo motivo la corona è venerata anche come reliquia, ed è custodita nel duomo di Monza nella Cappella di Teodolinda.
Due secoli dopo papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece erigere il duomo di Monza; ella fece fabbricare la corona e vi inserì il chiodo, ribattuto a forma di lamina circolare. La tradizione che legava la corona alla Passione di Cristo e al primo imperatore cristiano ne facevano un oggetto di straordinario valore simbolico, che legava il potere di chi la usava a un'origine divina e a una continuità con l'impero romano. La Corona Ferrea fu usata dai re Longobardi, e poi da Carlo Magno (che la ricevette nel 775) e dai suoi successori, per l'incoronazione dei re d'Italia.
Indagini storiche più recenti ritengono che la conformazione odierna della corona sia dovuta a interventi databili tra il V e il IX secolo. Essa potrebbe essere stata un'insegna reale ostrogota, passata poi ai Longobardi e quindi ai Carolingi, i quali, dopo averla restaurata, la donarono al Duomo di Monza, chiesa reale fatta erigere da Teodolinda.
Gli imperatori del Sacro Romano Impero venivano incoronati tre volte: una come Re di Germania, una come Re d'Italia, una come Imperatore (quest'ultima corona veniva imposta dal Papa). L'incoronazione con la Corona Ferrea si svolgeva a Milano, nella basilica di Sant'Ambrogio; altre volte tuttavia la cerimonia si svolse a Monza (nel Duomo o nella Chiesa di S.Michele) oppure a Pavia, e saltuariamente in altre città ancora.
Tra un'incoronazione e l'altra, la Corona Ferrea risiedeva nel Duomo di Monza, che per questo motivo era dichiarata "città regia", proprietà diretta dell'imperatore, e godeva di privilegi ed esenzioni fiscali.
La corona attraversò tuttavia alcune vicissitudini: nel 1248, insieme al resto del Tesoro del Duomo, fu data in pegno all'ordine degli Umiliati, a garanzia di un ingente prestito contratto dal capitolo del duomo per pagare una pesante imposta straordinaria di guerra, e fu riscattata solo nel 1319. Successivamente, sempre come parte del Tesoro, fu trafugata dal cardinale Bertrando del Poggetto durante l'occupazione crociata di Monza (1323-24) e inviata a suo zio, papa Giovanni XXII ad Avignone. La corona rimase presso il seggio papale dal 1324 al 1345: durante questo periodo fu persino rubata, ma il ladro fu catturato e la refurtiva recuperata. Al momento della restituzione, venne effettuato un nuovo censimento del tesoro nel quale si constatò il danneggiamento della corona a causa della sottrazione di due delle otto placche che la componevano: la reliquia fu quindi affidata nello stesso anno all'orafo Antellotto Bracciforte, che la rinforzò con una corona interna in argento, la quale in seguito venne identificata con il Sacro Chiodo. Da quel momento non fu possibile per un uomo indossare la Corona d'Italia sul proprio capo, date le dimensioni ridotte: le successive incoronazioni vennero infatti effettuate con l'ausilio di speciali copricapi.
La tradizione della triplice incoronazione si interruppe con Carlo V, che fu incoronato nel 1530 a Bologna: abdicando nel 1556, egli divise l'impero in due, separando così i regni di Italia e Germania. Nel 1576 san Carlo Borromeo istituì il culto del Sacro Chiodo, per celebrare la venerazione della Corona e legarla all'altro Chiodo della Passione nel Duomo di Milano.
Due secoli dopo, però, il Ducato di Milano passò all'Austria e la tradizione riprese: l'imperatore Francesco I ricevette la Corona Ferrea nel 1792.
L'incoronazione più famosa è però quella di Napoleone Bonaparte, che si incoronò re d'Italia nel 1805: nel rito celebrato nel Duomo di Milano, egli si impose da solo la corona sul capo, pronunciando la frase: "Dio me l'ha data e guai a chi me la toglie!". Per devozione alla corona Napoleone istituì poi l'Ordine della Corona del Ferro.
Dopo la parentesi napoleonica, l'incoronazione ritornò prerogativa degli imperatori d'Austria, e Ferdinando I la ricevette nel 1838. Durante le guerre di indipendenza italiane, la corona fu requisita da Monza e portata a Vienna, ma nel 1866, dopo la sconfitta dell'Austria nella terza guerra di indipendenza, fu restituita all'Italia e ritornò a Monza.
I Savoia tuttavia non la utilizzarono mai per le incoronazioni, poiché conservarono la corona del Regno di Sardegna dal quale nasce l'attuale Italia (anche nello stemma regio). Inoltre essa era diventata negli anni precedenti un simbolo della dominazione austriaca, oltre a ciò il Regno d'Italia era in conflitto con il Papato, in seguito alla presa di Roma, e l'utilizzo di una corona che era anche una preziosa reliquia era poco opportuno. In ogni caso la corona faceva parte delle insegne reali, come testimonia l'esposizione di essa ai funerali di Vittorio Emanuele II (1878), il quale aveva anche istituito l'Ordine cavalleresco della Corona d'Italia. Il re Umberto I forse meditava di incoronarsi con la Corona Ferrea quando il clima politico fosse stato più favorevole: nel 1890 egli inserì la Corona Ferrea nello stemma reale, e nel 1896 donò al duomo di Monza, città in cui egli amava risiedere, la teca di vetro blindato in cui essa è tuttora custodita. Il suo assassinio nel 1900 interruppe i suoi progetti, ma di nuovo alle sue esequie venne esposta la Corona e la sua tomba al Pantheon ne reca una copia bronzea.
Il figlio Vittorio Emanuele III non volle alcuna cerimonia di incoronazione.
Con la proclamazione della Repubblica Italiana nel 1946, la Corona Ferrea smise definitivamente di essere un simbolo di potere, per essere solo una reliquia e un prezioso cimelio storico.
L'ultimo viaggio della corona avvenne durante la seconda guerra mondiale: temendo che i tedeschi volessero impadronirsene, nel 1943 il cardinale Ildefonso Schuster la fece trasferire segretamente in Vaticano, dove rimase fino al 1946. Essa ritornò portata da due canonici del duomo di Monza, nascosta in una cappelliera dentro una valigia.
Lo storico monzese Bartolomeo Zucchi, che scriveva intorno al 1600, contò 34 incoronazioni avvenute fino a quel momento. Non tutte queste incoronazioni sono però comprovate da documentazioni storiche.
Tra quelle sicure, oltre a quelle longobarde, si ricordano:
Carlo Magno (800)
Arduino d'Ivrea (1002)
Corrado II (1024)
Corrado III (1128)
Federico Barbarossa (1155)
Enrico VI (1186, in occasione delle nozze con Costanza d'Altavilla)
Enrico VII di Lussemburgo (1311)
Carlo IV (1355, presente Francesco Petrarca)
Carlo V d'Asburgo (1530, a Bologna. Per non far scivolare la corona usò un particolare copricapo a forma di cono)
Napoleone I (1805)
Ferdinando I d'Austria (1838, che usò un'altra corona per contenerla, collegata con catenelle, per non farla scivolare)
Il prezioso cimelio è in lega di argento e oro all'80% circa, ed è composto di sei placche legate fra loro da cerniere verticali; ha il diametro di cm 15 e l'altezza di cm 5,5; il peso è di 535 grammi. È adornata di ventisei rose d'oro a sbalzo, ventidue gemme di vari colori e ventiquattro placchette floreali a smalto cloisonné. Le gemme rosse sono granati, viola sono ametiste, il corindone è blu scuro. Altre decorazioni sono in pasta vitrea. La lamina circolare che tradizionalmente si identifica con il Sacro Chiodo corre lungo la faccia interna delle sei placche. La corona è troppo piccola per cingere la testa di un uomo: si ritiene perciò che in origine fosse composta di otto placche invece che sei. La corona è custodita nella cassaforte protetta da due porte. È nella teca dal 1885 per volontà di Umberto I.
Secondo la ricostruzione di Valeriana Maspero, in origine le placche d'oro avevano soltanto la gemma centrale, come si vede in alcune monete che ritraggono Costantino con il suo elmo in testa. Due corone ritrovate nel XVIII secolo a Kazan', in Russia, sono del tutto simili; probabilmente anche la Corona Ferrea fu opera di orefici orientali.
Le lastrine colorate con le altre pietre furono aggiunte presumibilmente da Teodorico, il quale fece rimontare il diadema su un altro elmo, in sostituzione di quello trattenuto dai bizantini. Carlo Magno fece poi sostituire alcune delle lastrine che si erano rovinate. L'esame al Carbonio 14 condotto su due pezzetti di stucco ha infatti datato uno di essi intorno al 500, e l'altro intorno all'800. L'aspetto della corona successivo al restauro di Carlo Magno è testimoniato dai documenti dell'incoronazione di Federico Barbarossa: essa non era più montata su un elmo, ma portava solo un archetto di ferro sulla sommità. Essa aveva ancora la dimensione adatta ad essere portata sulla testa.
Le due placche mancanti furono probabilmente rubate mentre la corona era in pegno agli Umiliati, che la conservavano nel loro convento di Sant'Agata (nell'attuale piazza Carrobiolo a Monza). I documenti successivi al 1300 infatti la descrivono come "piccola". Nel 1345 essa fu affidata per un secondo restauro all'orafo Antellotto Bracciforte, il quale le diede l'aspetto attuale.
L'identificazione della lamina metallica inserita nella corona con il chiodo della Passione di Cristo sembra risalga al XVI secolo. San Carlo Borromeo, che rilanciò la venerazione del Sacro Morso custodito nel duomo di Milano, visitò più volte anche la Corona Ferrea e vi pregò davanti. Nel 1602 Bartolomeo Zucchi affermava con certezza che la corona era il diadema di Costantino e che in essa vi era il sacro chiodo. Un secolo più tardi, però, Ludovico Antonio Muratori esprimeva parere contrario; egli notava tra l'altro che, rispetto alla dimensione di un chiodo romano da crocefissione, la lamina era troppo piccola.
Nel frattempo anche le autorità ecclesiastiche esaminarono il problema: finalmente nel 1717 il Papa decretò che, pur in assenza di certezza sull'effettiva presenza del chiodo nella corona, ne era autorizzata la venerazione come reliquia, in base alla tradizione ormai secolare in tal senso.
Nel 1993, la corona è stata sottoposta ad analisi scientifiche, e il verdetto è stato che la lamina non sarebbe di ferro, bensì d'argento. Secondo alcuni studiosi, essa fu inserita dal Bracciforte nel 1345 per rinsaldare la corona, che era stata danneggiata dal furto di due placche; gli autori cinquecenteschi, perduta memoria di questo intervento, e sapendo dall'orazione di sant'Ambrogio che nella corona era inserito il sacro chiodo, conclusero che doveva trattarsi della lamina.
Altri ritengono invece che la corona sia effettivamente il diadema di Costantino, e che con il sacro chiodo fossero stati forgiati due archetti incrociati che venivano usati per agganciare il diadema all'elmo (e non il cerchio che si trova oggi nella parte interna della corona). Quando i bizantini sganciarono il diadema per darlo a Teodorico, essi trattennero anche gli archetti. L'elmo rimase esposto nella chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, appeso sopra l'altare, fino al saccheggio veneziano del 1204, dopo di che se ne ignora la sorte. In ogni caso la Chiesa continua ad autorizzare la venerazione della reliquia, che sarebbe, secondo l'ipotesi dell'archetto dell'elmo, una reliquia di secondo tipo, cioè che deve la sacralità al contatto con una reliquia di primo tipo (oggetto legato direttamente a una figura venerata).
Di chiodi asseriti della Croce, oltre a quello della corona e quello del Duomo di Milano, ne esistono un terzo, conservato nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, ed un quarto, dalla tradizione più dubbia, nel Duomo di Colle Val d'Elsa in provincia di Siena.
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