venerdì 22 maggio 2015

FOLKLORE A BUSTO ARSIZIO

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Il ciclo delle stagioni ha scandito da sempre il ritmo di vita del mondo agricolo: evocare la primavera nel bel mezzo dell'inverno, propiziarsi il favore del cielo per tenere lontano siccità e tempeste, trarre auspici da determinati avvenimenti, ringraziare i santi protettori del raccolto andato bene, ricordare i propri morti sentiti come parte indissolubile del proprio destino: tutto questo ha sempre fatto parte del patrimonio culturale della gente semplice legata per la sopravvivenza ad una terra non sempre benevola.
Uno degli elementi caratterizzanti e determinanti di Busto è senza dubbio la ricchezza associazionistica presente in Città. Grazie alle numerose associazioni, coordinate e stimolate dall'Amministrazione Comunale, si possono rivivere le belle tradizioni bustocche e si può difendere con grande vigore la cultura locale.
Busto Arsizio più tenacemente di altre città vicine, mantiene fede ad una vecchia quanto simpatica tradizione come quella della festa della Gioeubia.
Nel mezzo dell'inverno e precisamente l'ultimo giovedì di gennaio, si brucia la "vecchia" simbolo della stagione secca quasi per implorare l'arrivo della stagione verde, che significava possibilità di sopravvivere.
Era la festa delle donne, un ricordo forse della società Matriarcale tipica delle genti liguri dalle quali discendono anticamente i bustocchi.
In questo giorno, obbligatorio il "risotto con la luganiga", l'uno e l'altro simboli di fertilità.

La maschera di carnevale ufficiale della Città Di Busto Arsizio è "Ul Tarlisu". Il termine adottato è il corrispondente dialettale di "Traliccio" denominazione di un particolare tipo di tessuto "cruciata" o federa per materassi e cuscini, a righe bianche e marroni, prodotto nei tanti opifici della città.
Il Tarlisu (traliccio) è, assieme alla Bumbasina, una delle maschere tipiche della città di Busto Arsizio dal 1983.

L'ideatore delle maschere è stato Giovanni Sacconago, il patron del carnevale bustocco, scomparso nel 2013.

Tarlisu (traliccio), tipo di tessuto inventato dai bustocchi nei primi dell'800, usato come fodera dei materassi. Il successo di questo tessuto è stato tale che fu esportato in tutto il mondo insieme alla bumbasina (tela per fare lenzuola) dal pioniere bustese dell'esportazione cotoniera Enrico Dell'Acqua. L'abilità di questo pioniere nel vendere ispirò Luigi Einaudi a farne uno studio definendolo il Principe Mercante. Il successo dette un forte impulso allo sviluppo dell'industria tessile a Busto Arsizio tanto che la Città si meritò l'appellativo di Manchester d'Italia.La Famiglia Sinaghina, che da anni organizza il carnevale, ripropose il Tarlisu come personaggio emblematico a Maschera della Città.

Al Tarlisu si è unita la maschera femminile "la Bumbasina"formando la coppia ideale della realtà tessile della città.La Bombasina era una tela grezza di cotone usata prevalentemente come lenzuola, ma anche come asciugatoi e grembiuli per lavori domestici. Il grezzo veniva tinto e così era idoneo a molteplici usi. Una delle caratteristiche di questo tessuto era che tutta la preparazione del filato era eseguita manualmente e perciò in maniera artigianale; di conseguenza la "bumbasina" presentava nella pezza ciò che a Busto veniva chiamata "a guseta" (residuo del guscio del cotone).
La festa di San Giuseppe è la festa della famiglia. I Bustocchi hanno un culto particolare per il padre di Nostro Signore Gesù Cristo; al suo nome hanno legato, fin dalla sua fondazione, il loro grande Ospedale. Tutti gli anni si assiste ad una lunga processione di gente che va in visita all'ospedale di San Giuseppe, per recare una testimonianza di fede e di carità al capostipite della famiglia cristiana.

Il lunedì dell'Angelo da tempo immemorabile i Bustocchi si trovano alla Madonna in Veroncora per la Festa dell'insalata e ciàpi.
Il significato di questa tradizione va ricercato nel lavoro agricolo, una volta di importanza pari al lavoro tessile, legato alle stagioni e ai riti connessi per chiedere al cielo abbondanti raccolti.
Questo della Veroncora era il rito di primavera con il quale si festeggiava il ritorno della bella stagione offrendo la prima insalata dei campi con le uova sode da sempre simbolo della fecondità. Tradizionale la gara di abilità di cavalieri spericolati su cavalli addobbati a festa con nastri e fiori. Attorno al prato di gara stavano predisposti i carri sopra i quali le famiglie facevano un tifo infernale sino a tarda sera.

La Città di Busto da sempre festeggia, il 24 giugno, il suo patrono San Giovanni. Non è ben precisato se, la notte di San Giovanni, la Madonna pianga di tenerezza per la ricorrenza della nascita di colui che ha battezzato suo Figlio o di angoscia per i peccati del mondo, fatto sta che le sue lacrime, che in questa notte si solidificano, avevano un potere miracoloso e quelli che le possedevano le conservavano in piccoli astucci come reliquie portentose.

Per San Rocco un tempo i contadini portavano tutto il bestiame bovino ed equino alla chiesa per la benedizione ; oggi la Sagra viene celebrata nel mese di settembre e si può gustare il tradizionale "pane di San Rocco".

La chiesetta della Madonna in Prato, è legata alla festa, che si svolge l'8 dicembre di ogni anno, detta delle "Coppette" (cialdoni di mandorle), che i fidanzati portavano una volta in dono alle promesse spose, come augurio di prosperità.




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