domenica 23 agosto 2015

I NUMERI

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C'è stato un periodo in cui gli esseri umani non avevano il concetto di numero e del contare.

Egli iniziò a rappresentare l'insieme dei suoi animali con oggetti concreti come bastoni incisi con delle tacche o sacchetti contenenti sassi. Con lo sviluppo degli scambi commerciali e con la nascita della scrittura questi modelli concreti furono sostituiti da simboli grafici: nacquero in questo modo i numeri. L'uomo si accorse subito che diventava molto difficile usare per insiemi con diversa numerosità simboli grafici ogni volta diversi: nascono così i sistemi di numerazione. Molti popoli hanno adottato un proprio sistema di numeri, ma, alla fine, si è imposto a livello mondiale quello indo-arabo, perché più semplice ed efficace rispetto agli altri. Tutti i sistemi di numerazione, di cui sotto viene fatta una breve rassegna, sono classificabili in due grandi categorie: i sistemi numerici ADDITIVI e quelli POSIZIONALI. Nei primi ogni simbolo (cifra) ha sempre uno stesso valore. Nei secondi il valore della cifra differisce a seconda della posizione occupata nel numero. Il nostro sistema decimale è quindi posizionale, mentre quello romano è additivo.

Con solamente tre simboli grafici i Maya scrivevano i loro numeri. Mentre il punto e la linea avevano un loro valore preciso, l'ovale, che essi scrivevano sotto agli altri simboli, aveva la funzione di moltiplicare per 20 il valore dei simboli scritti sopra di esso. Per i numeri maggiori di 200 i Maya utilizzavano il metodo posizionale scrivendo dal basso verso l'alto le unità di primo, secondo e terzo ordine il cui valore veniva moltiplicato per 20 ad ogni passaggio da un'unità a quella di ordine superiore.



Il concetto dello zero ed il valore posizionale dei simboli grafici usati per rappresentare numeri sono le grandi scoperte matematiche fatte dai popoli dell'India, apprese successivamente dagli Arabi e diffuse in Europa dal matematico italiano Leonardo Fibonacci all'inizio del XIII secolo d.C. Per questo motivo chiamiamo indo-arabe le cifre con le quali scriviamo i nostri numeri, anche se graficamente diverse da quelle arabe ed indiane.

Il sistema binario, o a base due, fu proposto dal matematico tedesco Leibniz già nel diciassettesimo secolo, ma solo ai nostri giorni ha trovato un suo utilizzo pratico: esso costituisce il linguaggio numerico attraverso il quale i computer possono funzionare. Utilizza solo le cifre 0 e 1: mentre lo 0 ha sempre valore nullo, indipendentemente dalla posizione occupata, come avviene per tutti i sistemi numerici posizionali, la cifra 1 ha un valore diverso che dipende dalla posizione e che cresce da destra a sinistra con le potenze del 2. A parità di valore i numeri a base 10 sono scritti con meno cifre dei numeri a base 2. Ad esempio il numero 32 in base 10 corrisponde a 100000 in base 2.

L'essere umano non sempre sa riconoscere le quantità ad occhio; con un'occhiata non si riesce a superare il 4: a partire da questa quantità bisogna incominciare a contare. Il modo più primitivo consiste nel confrontare uno ad uno gli oggetti che fanno parte di due gruppi diversi.
Una delle prime attività umane fu la pastorizia ed il pastore primitivo trovandosi nella necessità di contare i capi di bestiame ricorse ad un sistema meccanico incidendo su di un tronco d'albero un segno per ogni capo, era così in grado, di verificare se vi fossero capi mancanti. Le prime testimonianze in questo senso sono fossili di 30 mila anni fa, coperti di buchi o di segni troppo regolari per essere casuali. Oltre a tacche nel legno venivano usati nodi, dita di mani e piedi, buchi, incisioni, tagli su pezzi d'osso o di legno. In questo modo si introduce il concetto di numero cardinale.
Ancora oggi gli Eschimesi contano sulle dita fino a cinque, e, con l'aiuto delle dita delle mani e dei piedi, possono arrivare fino a venti, ciò che viene chiamato "un uomo intero". Certe tribù ancora più arretrate si fermano al due o al tre. Gli abitanti della Papua Nuova Guinea si toccano varie punti del corpo per identificare un numero arrivando fino al numero 22. In Asia venivano usate le falangi delle dita riuscendo così a contare fino a 28. In Australia e in Polinesia è stata osservata una numerazione per coppie, ma il sistema per cinque, con l'aiuto delle dita, è il più largamente diffuso in tutto il mondo.
Anche se si vogliono raggruppare oggetti si possono usare raggruppamenti naturali come quelli a cinque a cinque che corrispondono alle dita di una mano, o a dieci a dieci se consideriamo entrambe le mani. Quest'ultimo sistema fu quello che dette origine al nostro sistema di numerazione decimale.
La lingua francese conserva ancora traccia del sistema di numerazione in base 20 (dita delle mani e dei piedi) infatti per dire 83 si dice quatre-vingt-trois (quattro volte venti più tre).
Un altro esempio è il sistema che adottiamo per designare il passare del tempo o la misura degli angoli, in cui si usa la base 60 che deriva dal sistema sumero/babilonese.



I numeri servono a contare, ma anche a calcolare ossia ad elaborare i dati per ottenere informazioni supplementari; il termine calcoli designava le pietre che portavano incisioni geometriche e che servivano per contare. Anche i Sumeri usavano i "calcoli" che erano sassolini sagomati (un cono piccolo = 1, una sfera piccola = 10, un cono grande = 60...). Il termine calcolo deriva dal latino calculus, cioè sasso, da cui anche il termine italiano "calcolo", pietruzza, che in medicina indica le concrezioni calcaree, i sassolini che ingombrano i reni e le vie urinarie. I popoli antichi per far di conto non usavano cifre scritte ma oggetti fisici, come abachi e pallottolieri. Altri esempi di oggetti usati per il calcolo sono i quipos incas, cordicelle variamente annodate, in uso in Sud America dal XII al XIX secolo.
Il limite di questi strumenti deriva dal fatto che i conti così eseguiti non hanno "memoria" ossia non permettono di ripercorrere le fasi di un calcolo per localizzare un eventuale errore, inoltre per contare è utile rappresentare graficamente i numeri, per questi motivi quasi tutte le civiltà inventarono simboli.
Un altro problema è sempre stato quello di scrivere, con un numero limitato di simboli, un numero illimitato di numeri, dato che non si poteva avere un simbolo per ogni numero; vennero così inventati, in tempi diversi e presso popolazioni diverse, molti sistemi di numerazione.
I più antichi concetti di numero si possono riscontrare nella lingua inglese odierna dove i vocaboli eleven e twelve significavano, in origine, "uno in più" e "due in più".

I numeri servivano alla misurazione del tempo, ai primi commerci ed anche a misurare per cui furono usati per risolvere problemi legati all'attività agricola, si può supporre che da questo e da osservazioni di fatti naturali siano nate le prime intuizioni geometriche.

I primi numeri scritti che noi conosciamo sono quelli che furono usati circa 5000 anni a.C. dagli Egiziani e dai Sumeri.
I Sumeri per scrivere i numeri, usavano soltanto due simboli a forma di cuneo, uno verticale rappresentava il numero 1 ed una riga orizzontale il 10, erano in grado di calcolare le potenze di un numero, di estrarne la radice, e sapevano risolvere equazioni anche con due incognite. Ciascun numero, da 1 a 59, era scritto con una combinazione di questi simboli. Organizzarono il loro sistema di numerazione anche in forma sessagesimale e, per il 60, usarono lo stesso simbolo che usavano per indicare l'unità; per distinguere i due segni inventarono il sistema posizionale, lasciando dello spazio tra i simboli che rappresentavano il 60 e quelli che rappresentavano meno di 60.

Il numero è ritenuto troppo importante per essere soltanto una creazione umana e viene quindi addirittura considerato di origine divina ed anzi, per Platone ed Eschilo, numeri e scrittura vengono  "regalati" insieme: la scrittura ed il numero sono quindi intimamente legati.
Platone inoltre nel Timeo narra che il Demiurgo, per operare il passaggio da un primitivo caos nel quale le cose erano mescolate senza alcuna regola ad una natura ordinata, adorna «tutte le cose di forme e di numeri».
Si fa strada l'ipotesi che le risposte a tutte le nostre domande si possono conoscere solo nella matematica. Il mondo non è pertanto soggetto ai capricci degli dei, ma ad una regola che rappresenta la divinità stessa (per i Pitagorici la divinità è il numero stesso!) o alla quale le stesse divinità devono sottostare.


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