sabato 15 agosto 2015

I TERREMOTI

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Terremoto  tra Trentino e Veneto. Scossa di terremoto  registrata alle 6:58 di Venerdì 14 Agosto 2015. Terremoto di magnitudo 3.2 Richter in Trentino Alto Adige e Veneto. Ipocentro profondo 12 chilometri nel sottosuolo. Epicentro in provincia di Trento  e Vicenza, rispettivamente in prossimità dei comuni di Vallarsa e Posina. Il sisma è stato avvertito dalla popolazione in prossimità dell’epicentro, data anche la superficialità del sisma. In nottata invece l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non ha registrato scosse di terremoto sulla Penisola italiana.Tre scosse di magnitudo M 2.2 in Sicilia, distretti Isole Eolie e costa siciliana settentrionale.

L’Italia, cosi come tutta l’area Mediterranea, si trova proprio nella zona di collisione tra due grandi placche tettoniche note con il nome di zolla Euro-Asiatica e Africana, zolle che un centinaio di milioni d’anni fa diedero origine alla catena alpina. Una cosa simile accadde in Oriente per lo scontro tra la zolla Indiana ed Euro-Asiatica dando cosi vita all’immensa catena montuosa Himalaiana.

Ma l’Italia non è formata soltanto dalle Alpi. L’intera Penisola è attualmente per più del 70 per cento del territorio a rischio sismico. Gli Appennini, formatisi  in tempi più recenti rispetto alle Alpi (40 milioni d’anni fa), si sono generati dalla spinta della zolla Europea contro la micro- zolla Adriatica, nota anche con il nome di Adria, con derivante innalzamento delle rocce sottomarine presenti in quello che è oggi è il Mar Tirreno. L’Adria è una sorta di ”cuneo” che oggi si estende a partire dal Mar Ionio fino all’estremità occidentale della pianura Padana e costituisce un frammento della grande placca africana staccatasi indipendentemente migliaia di anni fa. E’ in lento movimento verso Nord-Est ( in direzione di Alpi Italiane e Alpi Dinariche) ; ad essa si può ricondurre, per esempio, il grave terremoto in Friuli nel 1976.





Tuttora gli Appennini stanno continuando nel loro movimento verso la Pianura Padana e il Mar Adriatico, testimonianza ne è l’alta sismicità lungo tutta la dorsale appenninica adriatica. Anche il resto d’Italia e delle Isole attorno rappresenta un complicato puzzle di micro- faglie , figlie dello scontro tra la placca africana e quella europea, con conseguenti fenomeni di subduzione (sprofondamento) e compressione , che sfociano poi nella liberazione di energia mediante eventi sismici e vulcanici.

La pianura Padana si può dire piatta solamente in superficie.  Sotto gli strati di sedimenti rocciosi portati durante le varie epoche dai grandi fiumi,laghi e ghiacciai, in realtà si nasconde una struttura geologica articolata e tuttora attiva. Si fronteggiano, infatti, i giovani Appennini e la placca Adriatica , che secondo gli esperti presenta un moto indipendente rispetto alla zolla “madre” africana.
Il risultato è che nel sottosuolo della Pianura Padana si sono formate, e continuano a formarsi, grandi pieghe e frammentazioni tettoniche che si sovrappongono le une sulle altre.
Queste strutture da un punto di vista economico e di approvvigionamento energetico risultano strategiche per l’estrazione e l’immagazzinamento di idrocarburi e metano,  grazie alla scoperta di ricchi giacimenti e cavità sottosuperficiali in gran parte della pianura e nel mar Adriatico.



Di contro, invece, questo movimento di faglie sta causando un susseguirsi di terremoti superficiali lungo tutta la pianura Emiliana, con epicentri ubicati tra le province di Ferrara e Modena, e con attività sismica che non è da escludere possa continuare ancora per diverse settimane, data la lunghezza del fronte interessato.

Secondo un recente studio, sotto il Mediterraneo si sta formando una nuova zona di subduzione che potrebbe far aumentare il rischio sismico anche in Italia
La placca tettonica europea potrebbe aver cominciato a scorrere sotto quella africana: secondo uno studio recente, la nuova zona di subduzione potrebbe determinare un maggior rischio di terremoti nel Mediterraneo occidentale, e naturalmente anche nel nostro paese.

Le zone di subduzione si creano quando, nella collisione tra due placche tettoniche, una comincia a scorrere sotto l'altra, sprofondando fino al mantello terrestre. A volte sono collisioni graduali, ma spesso hanno accelerazioni improvvise che possono innescare terremoti; e poiché le zone di subduzione si trovano di solito sotto il fondo marino, i sismi possono a loro volta scatenare tsunami come quello che ha colpito il Giappone.

Da milioni di anni la placca tettonica africana, che contiene parte del fondo del Mediterraneo, si muove verso la placca eurasiatica, a nord, alla velocità di circa un centimetro l'anno. Ma una ricerca condotta sui terremoti più recenti indica che forse, nel punto di collisione delle placche, tra le coste nordafricane e quelle siciliane, si sta formando una nuova zona di subduzione. "È un fatto molto raro", dice Rinus Wortel, geofisico all'Università di Utrecht, in Olanda, e responsabile della ricerca.

Secondo Wortel, 30 milioni di anni fa la situazione era opposta: la placca africana scorreva sotto quella eurasiatica lungo una zona di subduzione di notevoli dimensioni. Per milioni di anni l'Africa si spinse a nord, e le rocce del suo fondo marino scivolarono sotto la placca eurasiatica; finché rimasero solo le rocce continentali, più leggere, e la subduzione si arrestò.

Ma le due placche hanno continuato a scontrarsi; la spinta da sud ha fatto sì che la placca eurasiatica si "accartocciasse" dando vita a catene montuose come le Alpi, il Caucaso o i monti Zagros, tra Iraq e Iran.

Oggi, analizzando le posizioni e i movimenti dei recenti terremoti lungo i confini delle placche, Wortel e i suoi colleghi pensano che la situazione si sia invertita: lungo la nuova zona di subduzione, sarebbe l'Europa a essere spinta sotto la placca africana.

I risultati della ricerca, annunciati in un recente convegno della European Geosciences Union a Vienna, sono molto interessanti, perché le zone di subduzione, una volta formate, tendono a esistere per periodi geologici molto lunghi.

Altri studiosi si dicono incuriositi dalla possibilità che esista una nuova zona di subduzione, ma restano cauti. "Non ho partecipato al convegno, ma mi sembra perfettamente plausibile", dice Seth Stein, docente di geofisica alla Northwestern University di Evanston, nell'Illinois. Ad esempio, la tettonica di altre zone del Mediterraneo, come l'Italia continentale, è cambiata negli ultimi due milioni di anni.

Ma decifrare questi cambiamenti è molto complesso, ribatte Chris Goldfinger della Oregon State University. "Dovrei studiare i dati per una settimana per avere un'idea valida".

Wortel aggiunge che la formazione della zona di subduzione è un processo molto lungo: "Avviene su una scala temporale di milioni di anni. Ad esempio, sostiene, le zone di subduzione più antiche sono contrassegnate da gigantesche fosse sottomarine. Una fossa simile dovrebbe alla fine formarsi nel Mediterraneo, ma certo non da un giorno all'altro.

Tuttavia Wortel ritiene che i nuovi dati indichino che il rischio di terremoti nel Mediterraneo occidentale è stato finora sottovalutato, e forse si sta aggravando. "Si pensa che la sismicità della regione non sia così elevata da causare eventi devastanti come il terremoto del mese scorso in Giappone", spiega lo studioso. Ma forse è solo per abitudine: "che una tragedia del genere non avvenga da un centinaio d'anni non significa che il rischio sia inesistente", prosegue Wortel. In fondo, il terremoto di Messina del 1908 - una scossa di magnitudo 7,1 che provocò uno tsunami con onde alte fino a 12 metri - causò 70 mila morti. E il terremoto di Lisbona del 1755, che ebbe l'epicentro poco a ovest dello stretto di Gibilterra e fu anch'esso accompagnato da un maremoto, uccise secondo alcune stime almeno 100 mila persone.





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