mercoledì 12 agosto 2015

OSS



Nel karate giapponese il saluto è spesso accompagnato dalla parola "osu" (pronunciata oss). Nel karate tradizionale di Okinawa questo termine viene considerato inappropriato e scortese.

La parola “oss” viene considerata come l’abbreviazione del saluto giapponese “ohayo gozaimasu”, espressione educata per dire “buongiorno”. Possiamo comparare l’ “oss” ad un “’giorno” oppure ad un “ciao” al posto del “buongiorno signore”.

L’osu è la resa fonetica di due ideogrammi cinesi, che di volta in volta assumono un significato diverso.
Il primo letteralmente significa “cozzare”(proprio nel senso di dare una botta) e simboleggia in senso traslato l’atteggiamento per cui una persona s’impegna a superare i problemi quotidiani con la propria attività.
Il secondo significa “soffrire” e designa la capacità di tener duro, la resistenza e la pazienza di cui ha bisogno una persona per essere all’altezza delle situazioni difficili della vita.

L’osu comprende per questo due opposti (l’aspirazione e la pazienza), che tuttavia fusi contrassegnano la vera condotta.
Esso definisce l’energia attiva dell’aspirazione di cui una persona ha bisogno per risolvere i suoi problemi e l’energia passiva della tenacia, necessaria per contrastare le avversità.
Nel dojo si usa questa espressione quando si salutano i compagni o il sensei oppure come segno che si ha capito e che si è d’accordo.
Con tale espressione inoltre nel karate-dojo si trasmette un importante messaggio.
Se un praticante ne fa uso nel dojo, segnala ai propri compagni che è pronto a comportarsi conformemente al significato filosofico dell’osu.
L’espressione in parola è stata recepita nelle arti marziali per rammentare al singolo la giusta condotta.
È facile che qualcuno venga nel dojo di cattivo umore e che perda ben presto la pazienza con gli altri, e in certi casi ci si permette di comportarsi in modo irrispettoso nei confronti del prossimo.
Questo è un atteggiamento sbagliato e allora si dice oss per rammentare che il dojo è il luogo del perfezionamento dei valori umani.
La giusta concezione di allenamento richiede da una parte pazienza, controllo dei sentimenti e superamento dell’io e dall’altra un lavoro disciplinato, costanza  e diligenza.
Gli sforzi duri nel tempo plasmano la personalità forte perché una tale personalità si basa  su un’essenza interna equilibrata e tutto ciò viene ad identificarsi con l’obiettivo delle arti marziali.
Conseguire questo obiettivo con l’esercizio richiede più dell’esercizio ed è proprio di questo che bisogna ricordarsi quando si dice oss.
Contrariamente a quanti pensano  che “osu” sia in uso solo nel mondo del karate-do sbagliano.
Nell’università – dove la pratica del budo (kendo, kyudo, judo, karate, ecc) – è molto sviluppato ed è materia d’esame.
“Oss” rappresenta il concetto di rispetto, dell’umiltà e, come in uso in certe località, “comandi”.




L’espressione Osu è piuttosto recente e prende piede all’inizio del XX secolo fra gli ufficiali della Marina Militare Giapponese, e può essere paragonato al nostro “sissignore” “signorsì”. Questo ci dà subito una prima, importante informazione:

Il termine non ha origine dove ha origine il Karate, cioè Okinawa.
Ha toni militareschi, il che lo pone anche in contrasto con ciò che significavano le arti marziali all’epoca per i giapponesi, specialmente gli abitanti di Okinawa, che senza dubbio avevano riferimenti settari, feudali, successivamente anche pedagogici, ma certo lontani dalla struttura di un moderno esercito.
Va ricordato che invece per quel che concerne l’origine strettamente linguistica di tale termine vi sono varie teorie, alcune delle quali anche piuttosto popolari. Saranno le uniche che ricorderemo qui di seguito. Tuttavia una premessa va fatta: buona parte dei giapponesi NON HA MAI PRONUNCIATO QUESTA PAROLA IN VITA SUA e se lo ha fatto lo ha fatto per voi, che siete gaijin e gli state simpatici.

IL KYOKUSHIN

Questa teoria vuole che il termine sia l’abbreviazione del più lungo “Osu no Seishin”, composto da due Kanji: il verbo “osu” che significa “spingere” e “shinobu” che significa “sopportare la sofferenza” oppure “nascondersi”. Una volta combinati questi due ideogrammi danno origine ad una parola composta che può significare molte cose: “nascondere la sofferenza”, “necessità di superare gli ostacoli mettendoli da parte” “l’importanza della fatica” e via all’infinito.

In poche parole, data la fatica e l’estrema condizione fisica che viene richiesta dal karate Kyokushin, per mantenere il morale e la tempra sempre al massimo ci si ripete “osu” ogni volta che ci si mette alla prova.

Una teoria piuttosto plausibile per l’uso universale della parola OSU.  Tuttavia se sia questo il motivo principale, come nella migliore tradizione orientale, non è dato saperlo con certezza.

Invece la nota teoria del dr. Mizutani Osamu, un linguista dell’Università di Nagoya, che basandosi sui suoi studi porta l’esempio di come un gruppo casuale di persone risponda ad un semplice saluto mattutino. In parole povere il dottor Mizutani appuntava tutte le risposte di campioni casuali di sconosciuti al saluto “Ohayo gozaimasu” che è la forma più cortese di “Buongiorno” in giapponese.

Il risultato fu che la maggior parte dei soggetti rispose in maniera perfettamente identica al saluto, ma il dottor Mizutani rilevò che la risposta variava a seconda della situazione: ad esempio i soggetti impegnati in una corsa rispondevano con un linguaggio più spiccio (in Giappone questo ha una certa rilevanza) rispetto a quelli che erano semplicemente in giro o camminavano in maniera tranquilla. I corridori, annota il dr. Mizutani rispondono con forme sempre più abbreviate come “Ohayossu!”, “Ohayoosu!”, “”Oossu!” o semplicemente “Osu!”.




Il principio di questa terza ed ultima teoria è simile agli altri, cioè l’abbreviazione (meno educata) di un termine più lungo.

In questo caso il termine troppo lungo è “Onegaishimasu”, che viene abbondantemente utilizzato in molte palestre, ma è di uso più che comune anche nella lingua giapponese quotidiana. È anch’esso complicato da tradurre, probabilmente i suoi equivalenti più corretti sono “Per favore”, “Può farmi la cortesia”, “Può farmi il piacere” in forme più cortesi ancora è una richiesta di considerazione, ad ogni modo dà sempre un’idea di sentimento di mutua gratitudine e reciprocità.

L’abbreviazione in questo caso è del tutto colloquiale e legata all’evoluzione della lingua, al di là dello stimolo che viene rivolto all’interlocutore, per lo stesso impalpabile motivo per il quale “Irashaimasen” diventa “Irashai” oppure “Otsukaresamadeshita” diventa “tsukare”.

Anche in questo caso, se sia questo il motivo definitivo per il quale Osu riecheggia in tutte o quasi le palestre rimane, come nella migliore tradizione orientale, mera speculazione.

Il termine in sé genera imbarazzo specialmente nell’emisfero marziale occidentale. Se ne abusa probabilmente perché è breve, diretto e facile da pronunciare e ricordare, inoltre ci si può sperticare in varie speculazioni sulla sua etimologia e una sera che sei particolarmente provato può anche svoltarti una lezione. Ma ecco quando va assolutamente evitato:

RIVOLGENDOSI AD UN GIAPPONESE, ANCHE SE PIU’ GIOVANE MAI E POI MAI SE SIETE UNA DONNA O SE VI RIVOLGETE AD UNA DONNA.


I giapponesi fanno molto caso al rango, all’età e al sesso, la loro linguistica è fondamentalmente basata anche su tali distinzioni, persino i ventenni ci badano, a prescindere da quello che vi diranno, perciò il contesto in cui va usato deve essere scelto accuratamente, di certo non è sbagliato in sé, se il Maestro lo richiede per uno dei succitati motivi è più che giusto, ma l’abuso come in tutte le cose può generare problemi. Nella maggior parte dei casi, per evitare di sembrare troppo rudi o prevaricatori o, peggio ancora privi di discernimento personale, (e sì, se ve lo state chiedendo anche quando rispondete ad un Maestro Giapponese, c’è il rischio che con osu ritenga che non abbiate capito nulla ma gli diciate comunque sissignore, alleniamoci duramente, buongiorno, o grazie della cortesia) è sempre meglio dire “Hai” che significa “sì”, oppure affidarsi ad un grande classico senza tempo: annuire stando zitti!




LEGGI ANCHE : http://popovina.blogspot.it/2015/08/i-samurai.html




.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



Nessun commento:

Posta un commento

Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com .

Elenco blog Amici