domenica 16 agosto 2015

I NURAGHI



I primi nuraghi furono edificati in un'epoca situata quasi certamente nella parte iniziale del II millennio a.C.. Di alcuni è stata effettuata una datazione che ha restituito dei risultati alquanto verosimili, indicanti un periodo iniziale di costruzione intorno al 1800 a.C. (per esempio Duos Nuraghes di Borore).

Secondo l'archeologo Giovanni Lilliu, durante la media Età del bronzo, attorno al 1500 a.C./1100 a.C., si ebbe presumibilmente il maggior sviluppo di questi edifici.

Nell'Età del ferro, ossia dal 900 a.C. in poi, non furono costruiti nuovi nuraghi, tuttavia non furono abbandonati ma anzi in alcuni casi vennero ristrutturati e riadattati, forse come luoghi di culto.

In base ad una classificazione ed alla divisione temporale elaborata dallo studioso Giovanni Lilliu (Nuragico I, II, III, IV, V) l'edificazione dei nuraghi e lo svilupparsi della civiltà nuragica ha seguito diverse fasi collocabili entro l'età del Bronzo e l'età del Ferro. Lo stesso studioso però sconsiglia di adattare schematicamente la sua classificazione alle suddivisioni cronologiche di queste età adoperate per l'Europa continentale, la Penisola italiana e l'Egeo, anche se non mancano parallelismi tra cultura nuragica con elementi delle regioni europee ed egeiche.

La prima fase, denominata Nuragico I, vede il formarsi dei caratteri principali di questa civiltà. Rispetto ai fenomeni megalitici precedenti (menhirs, dolmens, altare preistorico di Monte d'Accoddi, fortificazioni di Monte Baranta) cominciarono ad essere adottate tecniche e schemi costruttivi più specifici e tra la fine del Bronzo Antico e gli inizi del Bronzo Medio (XVIII-XV secolo a.C.) si ha l'edificazione dei primi protonuraghi, denominati anche pseudonuraghi o nuraghi a corridoio.

Si evidenzia nell'architettura funeraria la costruzione delle tombe dei giganti con stele centinata, gli ipogei con prospetto architettonico e le tombe di tipo misto. La cultura materiale utilizza ceramiche tipo Bonnanaro. Costruzioni tipiche di questo periodo sono quelle di Sa Korona di Villagreca e Bruncu Madugui di Gesturi.



Questa fase viene situata nella media Età del Bronzo, intorno al XVII-XIV secolo a.C.; fa la sua comparsa il nuraghe a thòlos, caratterizzato dal modulo ripetitivo della torre tronco-conica. All'interno ospita una o più camere sovrapposte, coperte a falsa volta, con la tecnica cosiddetta ad aggetto. Rispetto alla Fase I si nota una brusca svolta costruttiva nella civiltà nuragica. Un'ipotesi molto accreditata è quella che collega queste innovazioni a influssi esterni minoico-micenei, che hanno portato il tholos in tutta la Grecia e in Sicilia, seppur con funzioni sepolcrali che al nuraghe difficilmente possono essere riconosciute.

Nella fase II si ha la costruzione della maggior parte dei nuraghi, e probabilmente della loro quasi totalità. Le tombe dei giganti presentano una facciata con i caratteristici filari di pietre infisse a coltello, si scolpiscono betili aniconici e poi con segni schematici. Si notano nelle ceramiche le decorazioni a pettine, con nervature o con decorazioni metopale. Le armi sono di importazione orientale.

Il Nuragico III è la fase situata nel periodo del Bronzo Recente e Finale, fra il XII e il IX secolo a.C..

Al singolo nuraghe già esistente, si addossano altre torri e corpi di fabbrica, raccordate da cortine murarie per formare un vero e proprio bastione turrito, fino a realizzare delle strutture di notevole articolazione ed imponenza, con i bastioni provvisti di torri angolari, spesso in numero di tre, come il nuraghe Santu Antine a Torralba o il nuraghe Losa ad Abbasanta, ma anche di quattro torri, come Su Nuraxi a Barumini e il nuraghe Santa Barbara a Macomer, o addirittura anche cinque, come il nuraghe Arrubiu ad Orroli.

Nelle tombe dei giganti si notano fregi a dentelli, compaiono tempietti a cella rettangolare, tempietti a megaron, templi a pozzo. Compaiono inoltre i betili antropomorfi, le ceramiche micenee, i lingotti di rame a pelle di bue, le armi di tipo egeo.

Il Nuragico IV, ormai nell'Età del Ferro, copre un arco temporale che va dal IX secolo a.C. al V secolo a.C., i nuraghi complessi si evolvono ulteriormente e i villaggi aumentano di dimensioni. Nell'architettura funeraria si notano tombe individuali a fossa e a pozzetto.

Si osservano i villaggi santuario, le grotte sacre e i templi a pozzo di tipo isodomo. La cultura materiale utilizza ceramiche geometriche, ambre e bronzi di importazione tirrenica, importazioni fenicio-puniche. Si registra la comparsa della statuaria in pietra a tutto tondo, dei bronzi figurati e delle navicelle in bronzo.

Il Nuragico V va dal V secolo all'invasione romana e vede la nascita della resistenza sarda alla penetrazione cartaginese, e poi le battaglie e le attività di guerriglia contro i romani.

È generalmente a torre tronco-conica con porta architravata, corridoio di accesso e camera circolare interna coperta da pseudocupola. Tutto l’edificio è costruito con rocce sedimentarie o eruttive, sempre senza malta cementizia. Non sono, come si credette un tempo, tombe, bensì strutture abitative di carattere difensivo, presenti sia sulla fascia costiera sia all’interno dell’isola, specie sugli altipiani. Si hanno tipi semplici, a torre isolata, con camerette affiancate, e tipi più complessi, con camere sovrapposte a 2 e a 3 piani con scale a spirale e corpi addossati alla torre, celle a pseudocupola, gallerie. Talora sono parte di sistemi difensivi più articolati, inglobati entro cinte fortificate da numerose torri, a loro volta raccordate da cortine murarie rettilinee. Spesso attorno al nuraghe si sviluppano villaggi di capanne circolari con fondamenta in pietra. In epoca punica e romana è attestata un’utilizzazione dei nuraghi come luoghi di culto.Accanto ai nuraghi le più caratteristiche testimonianze archeologiche della civiltà nuraghe sono costituite dalle cosiddette tombe dei giganti (sepolcri monumentali a corridoio e piccola cella preceduti da una facciata a emiciclo e da una stele centrale) e dai templi a pozzo (strutture ipogee, talora comprese in recinti, con scale d’accesso al vero e proprio pozzo) che attestano un culto delle acque. Particolare sviluppo ebbe la lavorazione dei metalli (inizio 1° millennio a.C.), come dimostrano i numerosi bronzetti votivi, raffiguranti animali, mostri e guerrieri; la produzione ceramica è d’impasto, decorata a impressione o a incisione, con motivi geometrici.



Il quadro che emerge è quello di una società preurbana organizzata per piccoli nuclei territoriali, egemonizzata da una aristocrazia guerriera, fondata sulla pastorizia, sull’agricoltura e su forme di economia predatoria. Ebbe contatti con il mondo miceneo e, dagli inizi dell’età del Ferro, con quello etrusco; la colonizzazione fenicia, pur relegando le popolazioni indigene nelle aree interne dell’isola, la inserì dal 7° sec. a.C. nel circuito del commercio mediterraneo.
La radice Nur della parola nuraghe è di origine prelatina e dovrebbe significare "mucchio di pietre, mucchio cavo". Secondo quanto riferisce lo studioso Giovanni Lilliu:

« ... «preindoeuropeo, o di sostrato mediterraneo, è anche il nome del monumento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti della Sardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specie nel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire fuoco, e fu spiegato come fuoco nel senso di dimora o di tempio del fuoco, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle torri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolo nuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricollegarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale largamente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall'Anatolia all'Africa, alle Baleari, alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario, di mucchio e di cavità. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destinazione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire appunto mucchio cavo, costruzione cava, torre cava, a causa della figura turrita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliforme dell'interno...» »
(Giovanni Lilliu, I Nuraghi. Torri preistoriche della Sardegna, Ilisso, 2005, pag. 57.)
Secondo l'archeologo Giovanni Ugas dell'Università di Cagliari, la parola nuraghe potrebbe derivare invece da Norax o Norace, eroe degli Iberi-Bàlari. È possibile infatti che la radice Nur- sia un adattamento ai timbri mediterranei della radice indoeuropea Nor- che si ritrova in alcuni toponimi della Sardegna (es. Nora, Noragugume), nel Lazio con Norba città dei Volsci o Noreia antica città del Norico.

Il linguista Massimo Pittau ritiene che la parola nuraghes, nelle sue varie forme, è sicuramente da riportare al sostrato linguistico pre-punico, pre-romano e quindi protosardo o nuragico


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