giovedì 27 agosto 2015

IL FEMMINICIDIO



Secondo le ricerche disponibili, la più antica citazione del termine femicide (femicidio) avvenne nel 1801 in un libro pubblicato in Inghilterra ad indicare genericamente "l'uccisione di una donna" , senza alcun riferimento alla violenza di genere come movente. In questo periodo, il termine femicide veniva infatti usato come opposto ad homicide, che identificava l'uccisione di un essere di sesso maschile. Fonti legali successive indicano nel 1848 l'anno in cui l'uccisione di una donna divenne un reato giuridicamente perseguibile nel Regno Unito.

La prima citazione del termine nella sua accezione moderna, come "uccisione di una donna da parte di un uomo per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso di possesso delle donne" è invece del 1990, ad opera della docente femminista di Studi Culturali Americani Jane Caputi e dalla criminologa Diana Russell.

Successivamente il termine è stato utilizzato dalla stessa Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing. La Russell identificò nel femmicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di pratiche misogine.

Il termine è stato ripreso e diffuso da numerosi studi di diritto, sociologia, antropologia, criminologia e utilizzato negli appelli internazionali lanciati dalle madri delle ragazze uccise a Ciudad Juárez. "Nuestras Hijas de regreso a casa" è il movimento fondato da Marisela Escobedo Ruiz, uccisa nel gennaio 2010 in Messico nel corso della sua protesta per ottenere la verità sulla morte della figlia. A un anno di distanza Norma Andrade, altra fondatrice di Nuestras Hijas, subisce un attentato.

È proprio dall'analisi della diffusione dei crimini compiuti contro le donne che la Lagarde propone la sua definizione.

Il femminicidio a livello mondiale è diffuso soprattutto nei paesi dell'America Centrale e del Sud.

Non esiste in Italia un osservatorio nazionale sul femminicidio come in altri paesi, per esempio Spagna e Francia. Dal 2005 i Centri antiviolenza raccolgono i dati delle donne uccise dai casi riportati dalla stampa. Solo nel 2012, secondo l'indagine svolta dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna i femminicidi in Italia sono stati 124, i tentati omicidi di donne 47. Il 70% circa delle donne sono state uccise da uomini con cui avevano o hanno avuto una relazione sentimentale (mariti, compagni, ex mariti, ex compagni etc.); la maggior parte degli omicidi vengono compiuti nella casa della coppia, della vittima o dell'autore, circa 80% delle donne sono italiane, come anche gli autori sono spesso italiani; la maggior parte di loro vive nelle Regioni del Nord. Solo negli ultimi anni è nata una certa attenzione soprattutto nei mass-media con trasmissioni televisive come Amore criminale si è potuto notare l'impegno di giornalisti come Riccado Iacona, è nato uno spettacolo teatrale sull'omicidio di donne Ferite a morte, di Serena Dandini. I Centri antiviolenza ma anche molti Comuni e altri Enti pubblici per il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza alle donne e 8 marzo, Giornata internazionale della donna, organizzano flash mob, convegni, seminari, eventi pubblici di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne e il femminicidio. A giugno 2013 il parlamento italiano ha ratificato la Convenzione di Istanbul e ad agosto 2013 il governo italiano ha emanato con decreto legge norme penali che aggravano le ipotesi di atti persecutori od omicidio contro il coniuge od il convivente, tramite specifiche aggravanti dei reati.



La base dati della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) "La salute per tutti" per la Regione Europea, aggiornata fino al 2010-11, mostra chiaramente come:

in Italia il tasso di vittime di omicidi e lesioni colpose sia di uomini che di donne è in lento declino a partire dagli anni settanta;
questo declino è comune alla maggior parte dei paesi europei, con poche eccezioni;
la media in Italia, negli ultimi 20 anni si è mantenuta al di sotto di quella della EU;
il tasso di mortalità violenta per le donne in Italia negli ultimi anni è ampiamente al di sotto di quello degli uomini e si è ridotto anche rispetto agli anni '90, in cui aveva raggiunto 0,6 casi su 100.000, mentre nel 2008 era sceso a 0,39 su 100.000;
il tasso di mortalità per le donne in Italia è molto più basso della media delle donne europee, di quanto non sia quello degli uomini, rispetto alla loro media.
Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite, nel rapporto sulla visita effettuata nel gennaio 2012 in Italia per verificare l'applicazione CEDAW denuncia invece un elevato numero di femminicidi in Italia (127 donne uccise da uomini nel 2010) e richiama il governo a politiche in contrasto a questo fenomeno. Dalla lettura del documento emerge che Rashida Manjoo sottolinei come, a suo parere, ci sia stato un limitato sforzo da parte del Governo e della società civile nel raccogliere dati sulla violenza contro le donne, incluso il femminicidio, e come invece questo sia importante per il corretto funzionamento delle politiche statali.

L'11 maggio 2011 è stata sottoscritta ad Istanbul dai membri del Consiglio d' Europa la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Tuttavia vi è previsto che la convenzione entrerà in vigore (cioè diverrà vincolante per tutti gli stati membri del Consiglio d'Europa) solo dopo che almeno 10 stati membri l'avranno ratificata: sono quattro gli Stati che l'hanno ratificata rapidamente (Albania, Montenegro, Portogallo, Turchia), mentre il quinto è stato l'Italia con effetto dal 16 luglio 2013, mentre successivamente c'è stata la ratifica da parte dell'Austria, della Bosnia-Erzegovina e della Serbia (e quindi la convenzione è oggi in vigore solo negli otto stati che l'hanno ratificata, dei quali solo tre dell'Unione europea).



Imbarazzi e polemiche tra il Vaticano e Kiko Arguello, iniziatore del cammino neocatecumenale, che ha parlato dal palco di San Giovanni in Roma sabato 20 giugno in occasione del Family Day.

Ciò che è stato sottovalutato, passando quasi inosservato, è il passaggio fatto da Arguello sul 'Femminicidio'. "Dicono che questo tipo di violenza di genere sia a causa dalla dualità maschio-femmina. Bene, non è così. Se quest'uomo (riferito all'uomo svizzero che rapì le figlie e poi si uccise) è ateo nessuno gli conferisce l'essere come persona, ha solo una moglie che gli dà un ruolo: "Tu sei mio marito" e così lui si nutre dell'amore della moglie". Dice Arguello.
"Ma se la moglie lo abbandona e se ne va con un'altra donna quest'uomo può fare una scoperta inimmaginabile - prosegue - perché questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l'inferno. Quest'uomo sente una morte dentro, così profonda che il primo moto - spiega Arguello - è quella di ucciderla e il secondo moto, poiché il dolore che sente è mistico e terribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: 'Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto?'Allora uccide i bambini. Perché l'inferno esiste. I sociologi - conclude il passaggio - non sono cristiani e non conoscono l'antropologia cristiana, il problema è che non possiamo vivere senza essere amati prima dalla nostra famiglia, poi dagli amici a scuola, poi dalla fidanzata e infine da nostra moglie".

Il 46 per cento delle donne che si rivolge ai centri antiviolenza lo fa perché subisce violenze psicologiche. Il dato emerge dai quasi 2000 casi di donne che nel 2012 hanno chiesto aiuto a sei centri di Milano e provincia per maltrattamenti di diverso tipo (violenze sessuali, fisiche e psicologiche). “La violenza psicologica comprende una serie di comportamenti che vanno dalla svalutazione all'insulto – spiega Paola Aquaro, psicologa di Telefono donna – e che minano l’autostima della donna, facendola sentire continuamente in ansia e in pericolo”. E invita a considerare che il 15 per cento dei 117 femminicidi avvenuti a livello nazionale nel 2013 sono iniziati proprio con episodi di questo tipo.



Chi mette in pratica la violenza contro le donne non è di solito persona senza lavoro e con una bassa istruzione. Al contrario. Uno su quattro è laureato. Dai dati della cooperativa Cerchi d’acqua emerge che la maggior parte dei maltrattatori lavora: uno su cinque è operaio, ma c’è anche una buona percentuale di imprenditori e professionisti (23 per cento) oltre a commercianti e artigiani (23 per cento).
Quello che i media non dicono. “Dobbiamo cercare di far passare il messaggio che potrebbe succedere a me come a chiunque, indipendentemente dall'età o dalla professione", dice Lorella Zanardo, autrice del documentario di denuncia “Il corpo delle donne”. Al contrario oggi sui media la violenza sulle donne è spettacolarizzata, tanto da perdere il senso della notizia: i servizi che ne parlano fanno "infotainment – aggiunge la regista -. Chi produce i programmi pensa a drammatizzare, a creare suspence con musica e riprese voyeuristiche degne di un film drammatico, ma in questo modo non si fa una corretta informazione”. Anche la scrittrice Loredana Lipperini, autrice con Michela Murgia di “L'ho uccisa perché l'amavo cerca di denunciare il linguaggio dei media che troppo spesso finisce per dipingere le donne come vittime di un dramma sentimentale inevitabile.



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