« sapeva ubbidire e comandare, secondo l'occasione, tollerare a tempo il brontolìo e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo tollerar le proprie»
Perpetua ha raggiunto "l'età sinodale dei quaranta", ha rifiutato due pretendenti (Beppe Suolavecchia e Anselmo Lunghigna), motivando la scelta dicendo di "averli rifiutati", mentre le sue amiche dicevano che "non aveva trovato nessun cane che la volesse".
La sua fortuna dipende dagli attributi di spontaneo popolarismo che la informano. La sua indiscrezione è quella affettuosa della "serva padrona"; è donna poco docile, facile al brontolìo e alle fantasticaggini. È una colorita appendice di don Abbondio del quale rivela maggior saggezza. Il dialogo di Perpetua, ricco di proprietà "comaresche", è veloce, incisivo, istintivo. Perpetua muore durante la peste di Milano.
È la domestica di don Abbondio, ovvero una donna di mezza età che, avendo passati i quarant'anni (età stabilita dai Sinodi come quella minima per vivere in casa di un sacerdote) ed essendo rimasta nubile, accudisce il curato alloggiando nella sua abitazione: il suo nome proprio è poi diventato, per antonomasia, il nome comune che sino agli anni Cinquanta del XX secolo ha designato la domestica del sacerdote. Compare nel cap. I, quando il curato torna a casa in seguito all'incontro coi bravi, ed è descritta come una donna decisa ed energica, alquanto incline al pettegolezzo (è il motivo per cui don Abbondio è inizialmente restio a rivelarle il ricatto subìto) e dalla battuta salace, per cui rimprovera spesso al curato la sua debolezza e viltà. Ha un carattere spigoloso e sfoga di frequente il suo malumore con il padrone, del quale subisce peraltro "il brontolìo e le fantasticaggini" e con cui ha comunque un rapporto basato su una sorta di ruvido affetto ricambiato (sicuramente è il personaggio che meglio conosce il carattere e l'indole di don Abbondio). È un personaggio di secondaria importanza, protagonista soprattutto di duetti comici con il curato, anche se ha un ruolo decisivo nella vicenda in quanto è lei a far capire a Renzo la verità sul matrimonio rimandato (II); la sua indole ciarliera verrà poi sfruttata da Agnese, che la distrarrà la notte del "matrimonio a sorpresa" (VIII) con chiacchiere riguardanti il fatto che è rimasta zitella. Curiosamente, nel Fermo e Lucia era inizialmente chiamata Vittoria (I, 1), per poi diventare Perpetua (I, 6) come nella versione definitiva.
A causa sia della mansione da lei svolta (come domestica di Don Abbondio), sia anche per il fatto di non essere riuscita a mantenere un segreto, il nome Perpetua è entrato nel linguaggio comune per indicare, a seconda del contesto, sia le donne che lavorano appunto nelle case dei parroci sia le donne particolarmente pettegole.
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