lunedì 13 luglio 2015

IL FIUMELATTE



C’era una volta, in quel di Varenna, una splendida fanciulla dai grandi occhi azzurri, le trecce d’oro e, naturalmente, un fascino.., irresistibile. Di lei un bel giorno o forse sarebbe più esatto dire un brutto giorno  s’innamorarono pazzamente tre giovani aitanti e coraggiosi che le dichiararono il loro amore ed il relativo desiderio di condurla, al più presto, all’altare. La bella però non sapeva proprio chi scegliere e mentre si tormentava, preda del dubbio, ebbe... un lampo di genio: avrebbe concesso la sua, mano e il suo cuore a chi, dopo un’opportuna ricognizione in loco, le avesse rivelato l’origine del Fiumelatte. A quella proposta i tre innamorati sentirono certamente vacillare il fiero proposito di compiere qualsiasi impresa pur di ottenere (legittimamente) le grazie della donzella, ma alla fine, decisero di tentare l’impresa. Il cupo antro da cui sgorga spumeggiando il celebre rivo  esercitava nei « secoli che furono », sulla  fantasia dei terrazzani, un misterioso fascino, una specie di sottile malia per cui altri ardimentosi  prima dei nostri tre esploratori per amore — vi si erano avventurati con tragici risultati.

Proprio per questo, la bella varennese, al fine di creare una … graduatoria di merito fra i suoi pretendenti, aveva pensato al Fiumelatte come al mezzo più efficace per scegliere l’uomo della sua vita. E i tre si inoltrarono nella grotta. Passò un giorno, due, tre, dieci… Dalla caverna continuavano a sgorgare le acque: soltanto le acque uscivano schiumeggianti per confondersi, dopo una brevissima corsa, con le onde azzurre del Lario. La nostra fanciulla, convinta che i tre animosi siano ormai perduti, si veste a lutto e piange amaramente la sua infelice idea. Ma un giorno — dopo una settimana o un mese, o un anno, chi sa — ecco un’allucinante apparizione: i giovani compaiono all’imbocco dell’antro, i capelli canuti, lo sguardo perduto nel vuoto, le membra tremanti, come fossero invecchiati, di un tratto, di mille e mille anni. Che cosa era successo nelle viscere della montagna? Interrogati dai compaesani, essi raccontarono balbettando le più incredibili avventure.

Dice il primo che una sirena lo prese per mano subito dopo il suo ingresso e lo condusse in una sala sfarzosa ove gli offerse un nappo colmo d’ambrosia. Egli bevve e si sentì subitamente trasportato in paradiso. Le più celestiali delizie, le più ineffabili gioie, gli rapirono cuore e  sensi… Quanto durò l’incanto? Gli parve un attimo e un eternità insieme: ma quando la coppa fu vuota la magia svanì ed egli si ritrovò nel fondo tenebroso d’una voragine senza uscita.

Il secondo giovane fu protagonista di una avventura ancora più fantastica. Dopo aver compiuto un lungo cammino, si trovò al centro di una vasta caverna scintillante di luce in cui mille donzelle lo accolsero danzando. Lo scenario è incantevole: l’antro sfavilla di vividi colori, le irreali fanciulle, delle quali è possibile scorgere, tra i veli scomposti della danza, le più nascoste beltà, circondano il nostro eroe intrecciando carole sull’onda di vaghissime musiche, mentre un canto dolcissimo, che è un inno a godere le gioie caduche della vita, echeggia nella favolosa cattedrale dalle mille stalattiti luccicanti. Ma anche qui l’incanto finisce ben presto: con l’ultima nota della melodia, alla luce si sostituiscono le tenebre, alla vasta sala sfolgorante, le orride pareti di uno stretto cunicolo, popolato di rospi orribili e pipistrelli.

E il terzo giovane? La sua avventura dovette sfiorare l’indicibile. Più volte interrogato, rimase sempre, ostinatamente muto, lo sguardo fisso all’ultimo orizzonte , gli occhi sbarrati, le labbra tremanti. Non volle parlare, o non poté? Quali tremendi o meravigliose visioni gli si erano svelate? Quali bizzarre incredibili creature di altri mondi gli erano apparse? Nessuno poté saperlo. La bella crudele  si prodigò con tutte le sue energie per far dimenticare , ai tre giovani, la tremenda esperienza, ma ogni cura fu vana: dopo tre giorni dalla loro apparizione alla luce del sole, i tre giovani vaneggiando si spensero. Nessuno, da allora, ebbe mai più l’ardire di ridiscendere nella terribile grotta.


Il Fiumelatte è un immissario del Lago di Como che nasce nel Gruppo delle Grigne. È noto per la particolare brevità del suo corso, appena 250 metri.

Una particolarità del fiume è la sua regolare intermittenza dal 25 marzo (festa del borgo e Annunciazione) fino al 7 ottobre (Madonna del Rosario e patrona di Varenna) che motivò il soprannome di "Fiume delle due Madonne". Questa intermittenza è dovuta al fatto che Fiumelatte rappresenta il troppopieno di un sistema carsico, non ancora raggiunta da nessuno, che inizia nel Moncodeno (Grignone). Nel 1992 una colorazione con fluoresceina (colorante atossico) nell'Abisso W Le Donne, situato lungo la Cresta di Piancaformia, dimostrò il collegamento tra Fiumelatte e le cavità carsiche del Grignone.

La grotta alla sorgente del Fiumelatte e l'ambiente suggestivo in cui scorre hanno favorito la nascita di alcune leggende.

Fu chiamato già come "Fiumelaccio" nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci che fu molto incuriosito da questo fenomeno.

Alcuni tipi di roccia, come appunto quella delle Grigne, con il tempo subiscono in parte un processo di disgregazione a contatto con l’acqua: tutti i fenomeni che ne conseguono prendono il nome di “carsismo”. Dalla constatazione di come il Fiumelatte sia una sorgente temporanea, discende l’esistenza di sorgenti perenni a quote però più basse, alcune addirittura sotto il livello del lago. Una prova decisiva a sostegno di quanto teorizzato si è avuta qualche anno fa; nel 1983 lungo la Cresta di Piancaformia (la panoramica dorsale che collega la Bocchetta di Prada a m. 1626, con la vetta del Grignone, a m.2410), fu scoperto a m.2170 l’abisso “W le Donne” che con i circa 1200 m. sino ad oggi esplorati, rappresenta una delle cavità carsiche più profonde d’Italia. Ebbene, nel 1992 una colorazione effettuata nelle acque del torrente che percorre tale abisso, ha effettivamente dimostrato l’esistenza di un collegamento con la sorgente del Fiumelatte, tramite un percorso sotterraneo di circa 8 km. per un dislivello di 1800 metri.

La grotta è nota praticamente da sempre. Tra i primi visitatori e studiosi spicca il nome di Leonardo da Vinci. La grotta è stata rilevata da G. Guzzi nel 1921-1922, da R. Pozzi e A. Binda nel 1954-1956 e infine da A. Bini, A. Buzio, P. Cesana et al. nel 1980-1981. Nel 1983 elementi del G.S.Lecchese Cai Lecco riuscivano a superare un sifone e a percorrere alcune decine di metri di gallerie fermandosi su un nuovo sifone. Nel 1987 speleo sub del Gruppo Speleologico Lecchese Cai Lecco e svizzeri esplorano e topografano il sifone del ramo principale (verticale, -52, stop su strettoia) e quello del "ramo Guzzi" (galleria discendente di duecento metri di sviluppo, -60, continua).

La grotta ha tre ingressi. Quello inferiore è chiuso da un cancello dell'acquedotto (ingresso principale). Da esso in alcuni periodi dell'anno fuoriesce l'omonimo torrente e in questo caso risulta intransitabile. Il secondo ingresso è posto una dozzina di metri più in alto sulla sinistra rispetto al primo ed è sbarrato da un muro. Il terzo ingresso è ancora più a sinistra del secondo, è raggiungibile mediante una traccia di sentiero che inizia a sinistra dell'ingresso principale. L'ingresso, piccolo (0,4x 0,6 m), è mascherato dalla vegetazione ed è difficilmente individuabile. Tuttavia da esso esce (estate) una forte corrente d'aria che agitando i cespugli immediatamente circostanti ne segnala la posizione. In caso di attività del torrente interno la grotta non è visitabile nella sua totalità . Si consiglia pertanto di visitarla in febbraio o comunque durante lunghi periodi di siccità. La cavità è costituita da un intrico di gallerie posti a vari livelli in cui non è sempre facile orientarsi. Le morfologie sono tutte caratteristiche di quelle di una grotta con notevolissima attività idrica.




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