martedì 21 luglio 2015

UFF....C'E' CARONTE

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La morsa dell’afa non molla l’Italia. Il caldo intenso di Caronte, che da giorni insiste sul nostro Paese, non ha intenzione di abbandonare la presa. 

Ma chi è Caronte? Perchè porta caldo?

Nella religione greca e nella religione romana, Caronte (in greco Χάρων="ferocia illuminata") era il traghettatore dell'Ade. Come psicopompo trasportava i nuovi morti da una riva all'altra del fiume Acheronte, ma solo se i loro cadaveri avevano ricevuto i rituali onori funebri (o, in un'altra versione, se disponevano di un obolo per pagare il viaggio); chi non li aveva ricevuti (o non aveva l'obolo) era costretto a errare in eterno senza pace tra le nebbie del fiume (o, secondo alcuni autori, per cento anni).

Nella Grecia antica vigeva la tradizione di mettere una moneta sotto la lingua del cadavere prima della sepoltura. La tradizione rimase viva in Grecia fino ad epoche abbastanza recenti ed è probabilmente di origine molto antica. Qualche autore sostiene che il prezzo era di due monete, sistemate sopra gli occhi del defunto o sotto la lingua.

Nessuna anima viva è mai stata trasportata dall'altra parte, con le sole eccezioni della dea Persefone, degli eroi Enea, Teseo, Piritoo e Ercole, Odisseo, del vate Orfeo, della sibilla cumana Deifobe, di Psyche e, nella letteratura e nella tradizione successive a quella greca antica, di Dante Alighieri.

Caronte è figlio di Erebo e Notte.

Nella religione etrusca il suo corrispettivo è Charun.



Virgilio lo descrive nel libro VI dell'Eneide, durante la discesa agli Inferi di Enea: è un vecchio dall'aspetto squallido, che fa salire sulla sua barca le anime dei defunti ma lascia sulla riva gli insepolti, come Palinuro. Il Caronte virgiliano si oppone al passaggio di Enea, ma la Sibilla che gli fa da guida lo convince mostrandogli il ramo d'oro da offrire a Proserpina, la regina degli Inferi moglie di Plutone.
Caronte compare in Inferno, III, 82-111, dove Dante si rifà stettamente all'episodio dell'Eneide accentuando i tratti demoniaci del traghettatore e facendone uno strumento della giustizia divina. Inoltre il Caronte dantesco traghetta solo le anime dannate, mentre diverso trattamento è riservato alle anime salve destinate in Purgatorio (esse sono trasportate da un angelo nocchiero che le raccoglie alla foce del Tevere, su un lieve legno che lo stesso Caronte dice dovrà trasportare lo stesso Dante, predicendogli di fatto la salvezza). Il Caronte di Dante è un vecchio coperto di barba bianca, con gli occhi circondati da fiamme, che minaccia severi castighi ai dannati e li fa salire sulla sua barca, battendo col remo le anime che si adagiano sul fondo (forse per stiparne il maggior numero possibile). Anch'egli si oppone al passaggio di Dante, ma è zittito da Virgilio con una formula identica a quella usata poi con Minosse e analoga a quella usata con Pluto.
La demonizzazione di Caronte rientra nell'uso tipicamente medievale di reinterpretare in chiave cristiana le divinità pagane, per cui quelle degli Inferi diventavano altrettante figure diaboliche, in qualche caso con notevoli trasformazioni.



Caronte, il traghettatore delle anime dei morti. La morte. Chi non ne ha paura?
Mentre gli occhi si chiudono e si smette di respirare, mentre la coscienza invoca un altro po' di tempo, è la paura che ci costringe a sperare che non sia finita, che ci sia qualcosa. Oltre.

Non si può non essere attraversati da un brivido, pensando alla propria anima sola e nuda, sballottata nel buio. Ecco, allora, che occorre credere che nel passaggio dal presente appena concluso al futuro incerto nessuno rimarrà indietro, indeciso tra la vita terrena e l'aldilà e che ognuno, nel bene e nel male, troverà la sua collocazione.

Ogni religione ha i suoi psicopompi (dal greco ψυχοπομπός che letteralmente significa la "guida delle anime"), il cui compito è fornire un passaggio sicuro alla nostra parte immortale verso ciò che l'attende.

Nella mitologia greca, Caronte o Kharon è il traghettatore dell'Ade. Sulla sua barca trasporta le anime attraverso l'Acheronte, il fiume che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.

Figlio di Erebo (personificazione della notte nel mondo infernale) e della sorella Notte (personificazione della notte terrestre), il nocchiero è disposto ad accogliere sulla sua barca solo le anime che hanno un tributo da rendergli: da qui l'usanza (anche questa trasversale a molte religioni) di lasciare, nel ricomporre il corpo del defunto, un obolo sotto la lingua o due monete appoggiate sugli occhi.
Per le anime che non possano pagare il tributo solo un Limbo eterno e una via di mezzo tra la vita e la non-vita.

Per i greci e i romani questo eterno vagare senza meta era la peggiore tra le sorti e un corpo tumulato senza esequie era senz'altro destinato a un futuro di eterna afflizione.
Ciò spiega la scena straziante narrata nell'Iliade in cui l'anziano re Priamo implora Achille di restituirgli il corpo del figlio Ettore al fine di garantirgli un'adeguata sepoltura.

Le rappresentazioni di Caronte nell'arte della Grecia antica sono in molti casi coincidenti. Dai vasi funerari attici dei secoli quinto e quarto a.C. al vasellame più minuto di epoca successiva, in queste manifestazioni appare ruvido: un marinaio ateniese, trasandato, vestito di rosso-bruno, con un remo nella mano destra e la sinistra protesa a ricevere il defunto.

Caronte è mutevole nella sua rappresentazione iconografica: da semplice traghettatore, diventa, nell'accezione cristiana di cui il Poema è intriso, un essere furioso che per prima cosa odia sé stesso e che, di riflesso, odia coloro che accompagna, destinati ad avere una collocazione nel grande disegno divino. 

Caratteristica comune sono, tuttavia, gli occhi: quelli di Caronte sono sempre feroci, lampeggianti, febbrili, di un colore tra il blu e il grigio (qualcuno sostiene siano gli specchi del suo compito: né chiari, figli della bellezza di Dio, né neri, rappresentativi del colore della Morte e del Diavolo).

In chiave moderna, il noto psichiatra e psicoanalista Carl Gustav Jung ha riformulato il concetto di psicopompo e la figura mitologica Caronte. Il nocchiero di anime diviene, addirittura, l’Animus (archetipo del maschile nella psiche della donna, contrapposto all'Anima archetipo del femminile nell'uomo), figura centrale della sue teorie psicanalitiche, e mediatore tra conscio e inconscio. 

In molte culture, lo sciamano svolge anche il ruolo di Caronte il quale, tuttavia, non solo accompagna l'anima dei morti, ma anche viceversa: per favorire la nascita, per introdurre l'anima del neonato al mondo. Non più, quindi una figura che spinge le anime a colpi di remo per lasciare il corpo mortale, ma qualcuno che aiuta la vita, invogliando l'anima raminga a indossare un nuovo corpo.






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