Abitavano, un tempo, a Colere, paese posto sotto le pendici della Presolana, quattro giovani sorelle, belle e vanitose che si chiamavano: Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina e più di un giovane nella vallata se n’era innamorato, fino a compiere le più strane pazzie per conquistarle, ma senza alcun risultato.
Gli anni passavano, però, anche per loro e, prima che la bellezza e la leggiadria dei loro volti appassisse, decisero di fidanzarsi. Scelsero quattro avvenenti pastori del posto, fratelli anche loro. Si era ormai vicini alle nozze e, l’argomento era all’ordine del giorno nell’intera Valle, quando in un fresco mattino di primavera accadde l’imprevisto. Recatesi a far legna nell’abetaia che si arrampica fino ai piedi della cupa parete est della Presolana, Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina incontrarono un gruppo di gnomi.
Erano, questi abitatori del bosco, degli esseri strani, di piccola statura e di aspetto alquanto buffo e ridicolo.
Gli abitanti della Val di Scalve evitavano questi esseri e rabbrividivano solo a nominarli. Ad essi attribuivano il potere di rivestire di bianco la montagna, di scatenare le bufere più violente, di scatenare frane e valanghe. In poche parole a loro erano attribuiti tutti gli eventi tragici che avvenivano nei boschi e sulle rupi della montagna. Le quattro sorelle ne avevano sentito parlare, ma per il loro carattere strafottente presero alla leggera l’incontro fissato con gli spiritelli. Esse, divertite, invitarono gli gnomi a consumare la colazione in loro compagnia. Continuarono, poi, la giornata con balli sempre con la strana compagnia dei folletti. I nani, invaghitisi delle ragazze, si fecero promettere che ogni sabato, al calar del sole, sarebbero tornate all’abetaia con loro.
Era un pegno d’amore che le fanciulle, scherzosamente, sottoscrissero. Ogni sabato sera, le quattro sorelle, tornarono all’abetaia per incontrare i folletti, credendo di poter impunemente beffare gli abitatori della montagna. Ma un giorno uno gnomo, vagando nel bosco vicino al paese, vide due boscaioli che discutevano. Incuriosito s’avvicinò per ascoltare i loro discorsi. Apprese così che le quattro sorelle si vantavano di aver gabbato i temibili folletti del bosco e che andavano in spose ai quattro fratelli pastori.
Il folletto, adirato, corse ad avvisare il loro capo il quale indisse immediatamente un’assemblea dei suoi sudditi. Nella notte cupa, gravida di cattivi presagi, mai si videro sulla Presolana così tanti gnomi. Essi erano giunti da ogni dove ad emettere la sentenza contro le figlie degli uomini, ree di tradimento. L’indomani, l’ultimo sabato in cui le fanciulle sarebbero salite ad incontrare i nani, esse, non sarebbero più ritornare alle loro case. Questa fu la sentenza del gran Consiglio dei folletti.
Alle parole di vendetta, pronunciate dal re degli gnomi, anche le piante rabbrividirono e gli animali scapparono nel folto della boscaglia a cercare riparo. Venne l’alba, il sole risorto inondò la vallata, riscaldandola. Quando già si preparava per morire nuovamente dietro la Presolana, Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina salirono, ridendo, all’abetaia per dare l’addio ai loro piccoli amanti. I folletti stavano ad aspettare, bianchi in volto, con sguardo cupo e minaccioso e, quando le videro apparire, le invitarono con semplici lusinghe a seguirli. Ovunque, lungo il loro cammino, era silenzio, mistico, irreale.
Le ragazze seguivano i piccoli nanetti come automi, attratte da una forza misteriosa. Salirono per scoscesi pendii, superarono anfratti e cenge e man mano ai primi si unirono altri folletti. Mentre salivano, gli gnomi, cantavano una nenia, strana, ammaliante e le membra delle fanciulle diventavano sempre più rigide e fredde. Quando i folletti furono giunti sulla sella a picco su Colere, pronunciarono alcune parole magiche, quindi si allontanarono intonando un’altra nenia, lugubre e triste. Le quattro sorelle, impazzite di terrore, restarono immobili, l’una accanto all’altra a guardare l’abisso sottostante. Un lampo accecante illuminò le rocce e la vallata immersa nel sonno e la terribile vendetta dei folletti si compì: le ragazze si erano trasformate in pietra.
All’alba un pastorello uscito dal suo riparo per portare le pecore al pascolo, udì un flebile lamento salire verso il cielo azzurro. Egli vide le quattro figure e corse al paese a chiamare aiuto. Ma ormai gli uomini accorsi sul posto, non poterono fare più niente per le quattro disgraziate: esse erano divenute parte della montagna stessa e per sempre sarebbero rimaste nel regno dei folletti. Ancora oggi a picco sul paese di Colere si ergono quattro pinnacoli incastonati tra due poderose cime.
Chi, nelle fresche mattinate domenicali sale sulle creste della Presolana ode ancora il lamento delle sorelle: le Quattro Matte.
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